Il paradigma ri-educativo nel trattamento penitenziario. Azioni e valutazione possibile
Abstract
La centralità dell’azione ri-educativa della pena sancita dalla Costituzione e successivamente dall’ordinamento penitenziario, impone una riflessione sui principi del “trattamento penitenziario”, teoricamente basati su grandi valori, praticamente contraddetti da altrettante incongruenze. Superando la mera considerazione del carcere come luogo di contenimento e punizione, all’azione pedagogica/ri-educativa si devono unire attività interconnesse tra loro i cui obiettivi siano la relazione, la socializzazione e la progettualità. Un percorso di “progressione trattamentale”, quindi calibrato sulla specificità dell’individuo al fine di favorire il suo graduale rientro nell’ambito sociale di appartenenza, senza disattendere il principio dell’effettività della pena, che diviene flessibile in funzione del tempo trascorso e del “cambiamento” possibile, così come ci
confermano oggi le neuroscienze. Il presente contributo riflette, oltre che sull’azione educativa e sulla capacità di indurre al cambiamento fornita dai modelli educativi, sulla necessità di verificare con rigore scientifico il risultato del percorso da parte della persona detenuta, al fine di offrire indicazioni di miglioramento per il raggiungimento dell’obiettivo dei percorsi trattamentali*.
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