Strategie dell’anti-formazione: il presente della distopia
Resumo
La convinzione che orienta la nostra analisi è che alcune celebri distopie narrative del Novecento abbiano intuito, con sensibilità “profetica”, il crescente malessere della civiltà occidentale concretizzatosi nei totalitarismi che, in quanto tali, non sono né di destra né di sinistra.
Come cercheremo di dimostrare, la fragilità del tessuto democratico è stata accompagnata da una sostanziale crisi della formazione, che si può cogliere nelle simbologie della distruzione dei libri o nel riduzionismo linguistico ai fini propagandistici del pensiero unico. Da parte nostra leggiamo le distopie come sintesi di un male che trova in una tecnologia pervasiva, la di fuori di ogni controllo da parte dei soggetti umani che ne usufruiscono con fiducia, il proprio fulcro irradiante. I cittadini possono essere sottomessi al potere tecnocratico, solo nella misura in cui smarriscano la capacità di riflettere criticamente e di confrontarsi nella libertà del dialogo. Crediamo che il potere dispotico oggi risieda, pertanto, nell’impiego anti-formativo del digitale informatico, che funzione come il “Grande Fratello” orwelliano, senza che se ne avverta la consapevolezza. Di qui la necessità di rivedere non solo le forme dell’educazione, ma anche la sostanza formativa della politica, che appare sempre più anonima, incolore e sottoposta alla volontà sfuggente degli interessi finanziari, pronti a servirsi di ogni mezzo senza alcun rispetto per le regole democratiche. Lo sfondo epistemologico è di tipo ermeneutico l’approccio metodologico qualitativo.
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