Tra il “facchino” e il “filosofo”: il “Terzo istruito”
Resumo
L’educabilità dell’uomo sembra rimessa in discussione alla luce delle nuove credenze sulla formazione dei saperi e delle competenze. La chiave interpretativa può essere solo di natura epistemologico-ermeneutica. Emerge con la massima evidenza l’unità tra teoria e prassi che comporta il passaggio dalla conoscenza contemplativa alla conoscenza attiva: dal sapere dello spettatore a quello dell’attore, impegnato attivamente a far fronte ai problemi educativi. Ne risulta che l’istanza educativa deriva dal mescolamento di categorie spazio-temporali; da una convenzionalità ed una soggettualità che portano a reinterpretare la scientificità della ricerca educativa su basi più instabili e flessibili, su “palafitte”. Nelle scienze dell’educazione vanno bandite le costrizioni derivanti da programmazioni adultistiche e le infatuazioni attivistiche esaltate in nome di uno spontaneismo privo di autentica umanità.
Educatori e pedagogisti dovranno interrogarsi intorno alle “eventuali” responsabilità, intendendo il termine derivante dal sostantivo evento.
La pedagogia dovrà percorrere strade diverse, rispetto a quelle percorse fino ad ora, che spesso l’hanno condotta in una sorta di isolamento rispetto alle altre scienze umane. Per far questo dovrà avere la capacità di dialogare sia con il filosofo che con il facchino.
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