La formazione interculturale degli insegnanti per una scuola inclusiva: un atto d’equilibrismo fra teoria e realtà in Alto Adige
DOI :
https://doi.org/10.7346/-fei-XVIII-01-20_16Résumé
Più di quarant’anni fa, in Italia furono eliminate sia le scuole d’insegnamento speciale sia le classi differenziali e da allora qualsiasi misura che implichi una formale differenziazione nel rapporto con l’eterogeneità è un tabù. Quel sistema fu soppiantato da un sistema scolastico unificato caratterizzato dalla metodologia della differenziazione interna, che prevede un percorso formativo per bambini e ragazzi di tipo inclusivo. Nell’esperienza italiana la provincia autonoma dell’Alto Adige, dove le lingue ufficiali sono tre, rappresenta un caso a parte. Chiamato anche “la Finlandia del Sud”, l’Alto Adige viene spesso citato come esempio di un’inclusione (inter)culturale riuscita. Quanto esposto in seguito prende spunto dalle condizioni generali per il raggiungimento di una “pedagogia dell’inclusione” in Italia, con un occhio di riguardo per la situazione dell’Alto Adige. Il presente articolo tratta l’evoluzione, in termini di politica educativa, sperimentata dal processo d’integrazione per raggiungere la “Full Inclusion” e mette a fuoco in particolar modo le riforme che interessano la formazione degli insegnanti. Parallelamente analizza con occhio critico il rapporto con il multilinguismo. Infine prende in esame, anche qui con occhio critico, la formazione degli insegnati orientata all’inclusione e la sua concretizzazione nei piani di studi per il corso di studi della Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano.
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