Riflessione giuridica circa il diritto alla sessualità entro le mura carcerarie

Autori

  • Palmina Caruso University of Milano
  • Silvia Martino Università Vita-Salute San Raffaele

DOI:

https://doi.org/10.7347/RIC-022024-p116

Abstract

Nonostante siano sempre di più gli Stati, europei e non solo, che garantiscono il diritto alla sessualità entro le mura carcerarie, il tema in Italia resta coperto da un tabù. Di conseguenza, lo scopo della presente analisi è comprendere, innanzitutto, se in tema di tutela della sfera sessuale della persona si possa opportunamente utilizzare il termine “diritto” e, soprattutto, se tale prerogativa valga anche nei confronti della popolazione detenuta. A tal fine, verrà svolta un’analisi delle pronunce giurisprudenziali più importanti sul tema, a partire dalla sentenza n. 561 del 1987 della Corte costituzionale, la quale per prima ha elevato il diritto alla sessualità a diritto inviolabile, fino a giungere alla sentenza n. 301 del 2012, la quale ha inviato un chiaro monito al Legislatore affinché intervenga sul tema, passando per la sentenza n. 26 del 1999, la quale ha chiarito che la condizione di detenzione non scalfisce i diritti fondamentali di cui il detenuto è (e resta) titolare. Successivamente verrà analizzato lo “stato dell’arte” nell’ordinamento italiano e, in particolare l’istituto del permesso premio, unico strumento che, attualmente, affronta, seppur in modo inadeguato, il tema della sessualità in Italia. Da ultimo, verranno elencate le proposte di legge che dal 1993 al presente hanno tentato (senza successo),di innovare la normativa vigente.

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Pubblicato

2024-06-29

Fascicolo

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Articoli