Il crimine sessuale tra identità reale ed identità virtuale
Abstract
Il presente contributo si prefigge di fornire alcuni spunti di riflessione sulla criminogenesi e sulla criminodinamica dei reati sessuali compiuti utilizzando le chat-line e le chat-room. Al riguardo, si prende spunto da un caso peritale, esemplificativo di alcuni aspetti del fenomeno generale. Innanzitutto, viene esaminato il cambiamento della morale nella c.d. modernità liquida, cioè in un contesto socio-culturale dove i concetti di individuo e di comunità, di libertà e di responsabilità, sono diventati sempre più incerti e, al limite, indecifrabili, a causa del mutamento dei rapporti spazio-temporali provocati anche dal crescente utilizzo del Web. In tale dimensione, l’incontro interpersonale si realizza sempre più in luoghi dove viene stimolata l’azione, ma non l’interazione, oppure in spazi privi di senso, che si prestano ad accogliere contemporaneamente tutto e il contrario di tutto; a ciò si aggiunga il predominio di una temporalità istantanea ed immediata, oltremodo facilitata dal mezzo tecnologico e suggestiva di un’illusione di immortalità. In questa “vita liquida”, perciò, l’altro viene generalmente incontrato come simulacro e non come persona antropologicamente ed ontologicamente fondata, che, come ed in quanto tale, è e resta comunque titolare di diritti e di doveri inalienabili, primo fra tutti quello della libertà personale.
Inoltre, si prendono in considerazione non solo gli innegabili vantaggi, ma anche i concreti rischi della comunicazione umana in rete, poiché, pur potendo realizzarsi in tempo reale anche a distanze enormi e coinvolgere un numero sempre maggiore di soggetti, questa avviene senza la mediazione della corporeità, intesa sia come corpo-oggetto, che come corpo-soggetto; ne consegue la progressiva trasformazione delle relazioni fra corpo e identità, individuo e gruppo, perché nel mondo virtuale l’interazione sociale è del tutto avulsa dalla fisicità del corpo umano e dal genere sessuale di appartenenza; al punto che la trasmissione delle emozioni, collegata a quella delle informazioni, nel web può veicolare più facilmente cariche di aggressività. Infine, si valuta il potenziale distruttivo insito nella c.d. identità virtuale, intesa come sé frammentato derivante dal rapporto vissuto nella rete, rispetto a quella c.d. reale, quale formazione in continuo divenire sottesa da processi identificatori rispetto ai quali l’interazione sociale mediata dal corpo svolge una funzione fondamentale. In questa prospettiva, si sottolineano i rischi di perdere sia il senso della realtà, sia quello del limite; al punto da non poter più riconoscere, in certi casi, la differenza tra il reale ed il fantasmatico, con tutte le pericolose conseguenze sul comportamento, agito da un Sé poco o punto coeso. Infatti, nel passaggio dalla condotta immaginata a quella concretamente agita, può estrinsecarsi quella potenzialità criminogena che motiva anche un reato di tipo sessuale: non a caso, quando avviene tra soggetti conosciutisi e frequentatisi solamente in una chat-line o in una chat-room, tale crimine qualifica il mezzo di comunicazione non solo come strumento che pone in contatto la vittima con il carnefice, ma anche come luogo dell’ambiguità per antonomasia, perché offre l’effettiva opportunità a chi, per essere sé stesso, è costretto o a negare sé stesso, celandosi dietro una maschera virtuale, o a negare l’altro, perché lo rende vittima di una violenza che ne annienta comunque la libertà di scelta.