Pasquale Penta (1859-1904), un antropologo criminale non soltanto “lombrosiano”

Autori

  • Ilaria Gorini
  • Giuseppe Armocida
  • Jutta M. Birkhoff

DOI:

https://doi.org/10.7347/RIC-012020-p12

Abstract

Nell’aggiornamento della storiografia medica sembra non essere mai cessato il dibattito circa l’esprimersi pro o contro l’antropologia
criminale così come proposta da Lombroso. Alcune osservazioni critiche erano peraltro già nate dentro gli stessi confini della scuola
che lo riconosceva maestro. Nel ripercorrere l’incessante discussione la nostra attenzione si è focalizzata sulla quasi dimenticata
figura di Pasquale Penta, psichiatra e antropologo criminale di fine Ottocento che pure ebbe buona notorietà tra i suoi contemporanei
proponendosi nel mondo scientifico italiano come uno dei più validi esponenti degli studi di settore. Conobbe presto le opere di
Cesare Lombroso e ne accettò il dettato, ma con una personale posizione. Si collocava a fianco di quanti sentivano di dover contrastare
un determinismo criminale basato sull’antropometria individuale ed in particolare sull’osservazione metrica del cranio.
La nostra analisi si incentra inoltre sul testo delle sue lezioni dettate nell’anno accademico 1899-1900 nell’Università di Napoli e
raccolte in forma litografata in volume, strumento davvero utile per conoscere la storia dell’insegnamento della psichiatria e dell’antropologia
criminale in un periodo fondamentale dello sviluppo dottrinario di queste due discipline.

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Pubblicato

2020-03-30

Fascicolo

Sezione

Articoli