La critica dell’isolamento cellulare del carcerato nel pensiero di Luigi Ferrarese (1795-1855)
Abstract
Gli autori presentano alcuni aspetti del pensiero del medico Luigi Ferrarese, alienista napoletano di primo Ottocento, interessato
alla conduzione dei manicomi e all’organizzazione delle carceri. Questa figura di scienziato ai confini tra medicina e
psicologia filosofica appare poco studiata nella nostra storiografia e ciò può sorprendere considerando l’originalità di molte
delle sue idee. Ferrarese era interessato alle questioni medico legali della professione ed esprimeva una precoce sensibilità per
la criminologia. Conosceva la letteratura internazionale aggiornata, ma non mancava di sostenere proprie convinzioni anche
in antagonismo alle posizioni correnti. Qui si affronta la sua discussione intorno alle problematiche del penitenziario come
apparivano agli inizi del secolo XIX.
Mentre gli ordinamenti carcerari americani ed europei confidavano nella qualità nel sistema dell’isolamento cellulare del
detenuto, Luigi Ferrarese si esprimeva decisamente in senso contrario, convinto che quel metodo nuocesse gravemente alla
salute dei carcerati. Sosteneva che l’isolamento poteva essere sopportato bene dai Quaccheri o da popolazioni con costumi
rigorosi come i loro, rispettosi del silenzio e dell’ordine. A suo parere invece popolazioni “vivaci e inoltrate nella civiltà”
come quelle italiane e in genere quelle meridionali d’Europa avrebbero subito l’isolamento e il silenzio come una vera ed
inaccettabile tortura.