Dissociation, denial and lack of thought in the crimes of the shoah

Authors

  • Renzo Di Cori

DOI:

https://doi.org/10.7347/RIC-032021-p162

Abstract

I crimini della Shoah sono rappresentazioni d’un male, di una violenza che riduce le persone ad oggetti e ne cancella arbitrariamente la vita, perpetrata in buona parte da individui ritenuti “normali”. A partire dalla nota tesi della Arendt, secondo la quale Adolf Eichmann era un uomo tutt’altro che fuori dal comune, un “carnefice senza qualità”, un homo totalitarius, e dall’esame della letteratura esistente sull’argomento, l’autore esamina come fattori interni ed esterni, processi individuali e di gruppo “reciprocamente intersecanti” abbiano determinato la violenza collettiva, estrema. Vengono esaminate da un lato le distorsioni cognitive, i meccanismi di diniego, dello spettro dissociativo, di erosione dell’empatia e l’assenza di pensiero, e dall’altro – attingendo dalle ricerche sull’obbedienza all’autorità e dalle teorie di matrice psicoanalitica – i fattori situazionali, i processi di regressione delle masse lungo linee narcisistico-paranoiche che insieme hanno co-determinato la de-umanizzazione e condotto alla distruzione di sei milioni di ebrei.

Published

2021-09-30

Issue

Section

Articles