Perversioni, pervertimenti e perversità, ovvero parafilie
Abstract
Gli autori conducono una indagine storica sull’uso dei lemmi perversioni, pervertimenti e perversità che si incontrano frequentemente
nella letteratura psichiatrico forense di fine Ottocento e che sembrano successivamente ricompresi nella definizione
e nel concetto di parafilia. La ricerca ha inteso soffermarsi sul concetto che, in materia di sessualità, è stato mutuato
dal pensiero clinico ed è servito a dare etichetta di patologia a certi comportamenti non convenzionali. Si mette a confronto
il ben noto trattato Psychopatia Sexualis di Krafft-Ebing con la produzione scientifica di alcuni autori italiani suoi contemporanei
(Tamassia, Bonfigli, Penta, ecc.). In chiave storica sembra che il dottrinario medico e in particolare quello della psichiatria
si sia trovato in consonanza con il corrente giudizio morale del periodo in cui agiva e sembra che in questo senso
alla medicina sia toccato il compito di istruire su un concetto scientifico di normalità-anormalità. Si poneva, peraltro, il problema
dell’accertamento peritale in sede penale quando si fosse chiamati ad esprimersi sulla responsabilità di un soggetto autore
di reato sessuale. Evidenziata l’incertezza dei criteri valutativi di allora, ci si chiede se nel panorama classificatorio attuale
delle parafilie la psichiatria abbia risolto certi sostanziali dubbi.