Psicoanalisi e Psichiatria forense: una difficile integrazione

Autori

  • Ugo Sabatello

Abstract

Il lavoro si propone di evidenziare quelle che possono essere le convergenze tra lo strumento analitico e la psichiatria forense e l’apporto che la psicoanalisi può fornire in ambito peritale. Il contributo è suddiviso in tre parti che corrispondono ai tre temi principali trattati. Il primo tema è relativo alle similitudini tra psicoanalisi e psichiatria forense da un punto di vista gnoseologico. Se è possibile immaginare la posizione analitica come uno strumento che permetta di costruire la “storia” di una persona cercando di non lasciarsi trascinare da un’ipotesi preconcetta o dalle proprie convinzioni, ciò è valido anche nella psichiatria forense in cui è fondamentale ricercare e registrare dati in un’ottica falsificazionista, e verificabile. Ciò che diviene essenziale, in entrambe i campi, è il metodo sia esso clinico o peritale, come garanzia del processo conoscitivo ed il “dubbio sistematico” come garanzia alla autoreferenzialità. Il secondo tema riguarda il problema del rapporto tra la posizione analitica e la posizione interna del perito durante una Consulenza. Due sono i concetti qui approfonditi e che si potrebbero ritenere significativi in entrambi i campi, quello di “astinenza” e quello di “distanza ottimale”. Se l’astinenza per gli psicoanalisti è un concetto ormai noto da tempo, per i periti si concretizza quale regola deontologica nella necessità di definire il proprio ruolo davanti al magistrato ed al periziando. Il perito si trova, infatti, in una posizione molto diversa da quella del medico con il proprio paziente. Il concetto di distanza ottimale implica, invece, la necessità della ricerca di una “giusta distanza” tra analista e paziente come tra perito e periziato. Ovviamente, nella pratica forense tale neutralità è resa ancora più ardua dalla risposta emotiva, ineliminabile, del tecnico di fronte al reato o alla vittima. Il terzo tema infine, ha a che fare con il concetto di reale e di realtà con il quale si confrontano sia l’analista sia lo psichiatra forense. Il perito non è chiamato a rispondere della realtà processuale, non può e non deve, a differenza del Magistrato, definire la realtà, l’ambito di indagine del perito è la realtà clinica del periziando e non la sua realtà storica. In ciò la funzione peritale e la funzione analitica differiscono profondamente in quanto la realtà della coppia analitica è fruibile solo da quel particolare paziente ed analista mentre, quanto rilevato dal perito deve essere dimostrabile e garantito da leggi scientifiche di copertura

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Pubblicato

2014-12-12

Fascicolo

Sezione

Articoli