Violenza omicida: lo studio psicobiografico di un caso
Autori
Angela Giannetto
Nunzio Cosentino
Abstract
Gli autori analizzano il fenomeno della violenza omicidiaria adottando il punto di vista psicodinamico nella ricostruzione biografica di un particolare soggetto pluriomicida internato in un Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Lo studio di tale caso è apparso agli autori particolarmente interessante dal punto di vista criminologico. Il delitto commesso rimanda infatti ad una tipologia di omicida simile al mass murder, ovvero ad un individuo che mette in atto nello stesso episodio, una forma di violenza omicidiaria che impressiona per l’intensità e la distruttività con cui si manifesta. La criminodinamica del delitto e la psicobiografia del reo vengono delineate tramite la raccolta delle informazioni e dei dati maggiormente significativi ricavati dalle cartelle trattamentali e sanitarie, nonché dal confronto con gli operatori penitenziari che ne seguivano il percorso riabilitativo. Gli autori tentano pertanto di studiare il reato non come fatto isolato ma come parte di una storia di vita elaborata a partire dalle parole stesse del soggetto, con il quale sono stati condotti dei colloqui con finalità di ricerca criminologica. Considerare un individuo che ha commesso un grave reato, nella sua interezza e complessità, cercando di andare oltre la colpevolezza e oltre l’imputabilità, significa allargare lo sguardo sull’intera sua esistenza, partire dall’ hic et nunc, dall’attimo presente, per spingersi a ritroso ed afferrare i punti salienti del suo iter personale e del suo “essere nel mondo” dall’inizio, o meglio da quello che la sua memoria considera l’inizio, ad oggi. L’illustrazione del caso prescelto, contenente anche alcune osservazioni rilevate in itinere dagli autori, è stata realizzata coniugando il punto di vista criminologico con una lettura di tipo psicoanalitico. Ciò permette di tenere presenti, nello studio di questo soggetto, varie dimensioni e di abbozzare un quadro che sicuramente risulta essere diverso dalla descrizione dettagliata, incalzante e superficiale del delitto e del suo autore diffusa dai mass media e dagli stessi organi giudiziari. Nel racconto “collettivamente costruito” di un reato violento si rintracciano infatti spesso le proiezioni delle paure e delle angosce che attraversano la società contemporanea.