Criminalità organizzata in Basilicata: la percezione sociale del fenomeno da parte dei giovani lucani
Autori
Ernesto Calvanese
Abstract
Costituiscono obiettivi del presente lavoro – che è parte di una ricerca più vasta effettuata anche nelle regioni Sicilia, Calabria, Campania, Puglia – lo studio e l’analisi critica della reazione sociale in tema di delinquenza organizzata nella regione Basilicata, espressa da studenti frequentanti gli ultimi tre anni delle scuole medie superiori (licei, istituti tecnici, scuole professionali). A tale fine si è proceduto alla somministrazione di un questionario, all'uopo predisposto, a 270 giovani residenti nella provincia di Matera. Raccolti preliminarmente i dati anagrafici e socio-ambientali, gli intervistati sono stati coinvolti sulle tematiche di merito, relative agli aspetti definitori e nominalistici della criminalità associativa, alle attività delinquenziali, alle forme di risposta dello Stato, ai rapporti tra apparato pubblico e delinquenza organizzata, all’omertà, al pentitismo.Nonostante l’evidenziarsi di un tasso elevato di rifiuto a rispondere, emerge una sufficiente conoscenza della delinquenza organizzata, degli aspetti costitutivi, dei reati messi in atto, degli obiettivi, del controllo sul territorio. Si rileva una disapprovazione unanime e rigorosa della criminalità mafiosa, dei (contro)-valori che la caratterizzano, delle finalità di potere al di là di qualunque regola, della violenza, della strutturale pratica di attività illecite. Giudizio marcatamente di biasimo emerge verso l’omertà, anche se da molti temperato in considerazione del peso delle minacce mafiose. Emergono poi sfiducia e pessimismo nei riguardi dei pubblici poteri, sia nella indicazione di collusione, complicità, collaborazione tra delinquenza organizzata e Stato, sia nel riferimento alla inadeguatezza dell’apparato pubblico nelle funzioni di controllo e prevenzione-repressione. Aleggia infine un vissuto quasi di rassegnazione, di inevitabile convivenza, di forzata passività, profilandosi, anche se in modo più ridotto rispetto a quanto emerso nel- le ricerche effettuate in Campania e in Calabria, un atteggiamento ostile alle mafie, ma, nel contempo, aduso alla convivenza con esse, giudizio che pare ragionevolmente connettersi non solo al “potere” mafioso, ma anche alle valutazioni di inefficienza e di correità dei pubblici apparati emesse dagli intervistati.