Colloquio psichiatrico e credulità terapeutica nelle istituzioni penitenziarie
Autori
Gian Carlo Nivoli
Liliana Lorettu
Fabrizia Nivoli
Noemi Sanna
Alessandra Nivoli
Abstract
Oggetto del presente studio è di illustrare, attraverso la descrizione di dodici casi clinici esemplificativi, la possibilità che lo psichiatra, nel suo colloquio clinico con pazienti in istituzione carceraria, riceva da questi errate informazioni. È importante, per lo psichiatra che opera in un’istituzione penitenziaria, sapere che il paziente può fornire informazioni di interesse psichiatrico, che non corrispondono al vero per vari motivi, tra cui: la difesa della propria vita, la protezione della sua integrità fisica, il desiderio di nascondere un reato commesso in carcere, uno stratagemma per evitare od abbreviare la durata della pena, l’ottenimento di un beneficio personale, un’opportunità ludica da sfruttare, la verbalizzazione mascherata di desideri di violenza, il bisogno di essere accettato, la ricerca del contatto fisico rassicurante, la simulazione consapevole ed inconsapevole, la dissimulazione per evitare conflitti, la presentazione del proprio doppio. È importante, quindi, che lo psichiatra che opera in carcere esamini ed approfondisca sempre con critica le informazioni che vengono fornite dal paziente e che conosca gli aspetti antropo-socio-psicologici della vita penitenziaria, per meglio contestualizzare le sue osservazioni psichiatriche.