Percezione ed autorappresentazione della paternità ed esperienze detentive: risultati di una ricerca negli istituti penitenziari della Puglia e della Emilia Romagna
Abstract
L’esperienza della detenzione comporta spesso l’isolamento affettivo, relazionale, culturale, del soggetto ristretto, contribuendo a sgretolare le relazioni familiari e rendendo particolarmente difficile il mantenimento di rapporti affettivi, in un ambiente, quale quello detentivo, ca-ratterizzato da grandi restrizioni. La letteratura non ha mancato di rilevare i riflessi della esecuzione della pena sui diritti fondamentali della personalità ed, in particolare, della genitorialità. Lo stato detentivo, infatti, impedendo l’esercizio, la pratica e l’esperienza sui quali la genitorialità si fonda, porta i genitori a sperimentare costantemente un sentimento di fallimento e di inadeguatezza. Sono estremamente complesse le interrelazioni che si creano tra dinamiche familiari e fasi della esecuzione penale del soggetto. L’esecuzione della pena detentiva rappresenta, infatti, un momento altamente critico per il detenuto, ma anche per la sua famiglia. Nel nostro contributo ci siamo soffermati solo sulla figura del padre detenuto, tentando con l’aiuto di uno strumento psicodiagnostico preciso e riconosciuto dalla letteratura scientifica in tema di percezione ed autopercezione della propria genitorialità, di misurare e verificare in qualche modo, la percezione e le rappre-sentazioni che hanno di sé come padri, soggetti ristretti E’ opinione degli autori, alla luce dei risultati della ricerca effettuata in istituti penitenziari di due regioni italiane e grazie alla disponibilità degli operatori e alla sensibilità dei loro dirigenti, che l’esercizio della genitorialità e la sua tutela, nei soggetti ristretti, rappresentino un valore aggiunto nei programmi e progetti di rieducazione e trattamento dei soggetti detenuti.