Il diritto allo studio universitario in carcere e l’emergenza Covid-19
DOI:
https://doi.org/10.7347/RIC-042020-p305Abstract
L'inviolabilità del diritto allo studio è sancita dall'art. 34 della Costituzione italiana, che stabilisce che la scuola è aperta a tutti, senza alcun riferimento alle condizioni personali dello studente che può quindi anche essere privato della libertà. L'istruzione è essenziale perché la pena assolva alla sua funzione rieducativa: l'articolo 17 dell'ordinamento penitenziario sancisce infatti la necessità della partecipazione della comunità esterna, e di soggetti pubblici e privati, per portare a compimento l'azione rieducativa e risocializzante di detenuti e internati. Se in condizioni normali tali enunciazioni di principio si scontrano spesso con le contraddizioni della realtà della condizione detentiva, la crisi sanitaria legata al covid-19 ha rischiato
di veder crollare conquiste che in tale ambito si erano raggiunte. A partire da riflessioni sul diritto allo studio in Carcere e sulla storia dell’attenzione della Criminologia al trattamento dell’autore di reato e, quindi, allo studio nel settore dell’esecuzione della pena, l’articolo presenta i dati di una ricognizione sullo stato dell’arte dello studio universitario effettuata dalla Conferenza Nazionale del Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari, presso le strutture penitenziarie dove esse sono istituite, durante la Pandemia da Coronavirus.