Il “giallo” come pretesto, il “giallo” come erede

Autori

  • Isabella Merzagora

DOI:

https://doi.org/10.7347/RIC-022020-p156

Abstract

In Italia il romanzo poliziesco si chiama così perché a partire dal 1929 e per decenni vi fu un’unica collana per questo genere
di letteratura che appunto aveva una copertina gialla, e questa collana fu poi chiusa dal regime fascista che non voleva che si
pensasse che anche in Italia sotto l’occhio vigile del Duce accadevano delitti. Già queste poche note ci fanno capire che la letteratura
di genere poliziesco è immersa nella cultura del suo momento storico, e proprio per questo il poliziesco è pretesto per
parlare dall’ambiente storico, sociale, politico come fa la letteratura “alta”. E se il poliziesco può aiutare a capire il mondo che ci
circonda, esso ha tanto successo perché è l’erede del romanzo della Letteratura con la maiuscola. La tesi verrà sostenuta con una
serie di esempi tratti dai più diversi “sottogeneri” di poliziesco, e anche dai grandi scrittori che hanno affrontato il tema del crimine.
Quanto ai rapporti fra il poliziesco e la criminologia, la criminologia inizia dove il poliziesco finisce; nel poliziesco si
vuole risolvere il mistero, scoprire chi è stato, la criminologia ha già in mano l’autore e vuole sapere com’è fatto, perché lo ha
fatto, cosa farne di lui e come fare perché non ricapiti. Ma se da sempre gli scrittori, anche i più grandi, occupandosi del male
hanno finito per occuparsi del crimine, non sarà perché la criminologia è non solo scienza del crimine ma è scienza del male?

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Pubblicato

2020-06-12

Fascicolo

Sezione

Articoli