Guerre contemporanee e conseguenze ambientali. Un approccio di green criminology
Abstract
Le guerre contemporanee hanno prodotto gravi conseguenze in termini di danni all’ambiente, dai defolianti usati in Vietnam
ai pozzi incendiati in Kuwait, fino all’uso dell’uranio impoverito a partire dalla Guerra del Golfo. Il presente contributo propone
una lettura di questi fenomeni da inedite coordinate socio-criminologiche. In primo luogo, verranno tracciate alcune
traiettorie teoriche utili per riposizionare la nostra idea di guerra nel contesto dei mondi sociali ed ecologici della contemporaneità.
Nella seconda parte del contributo, ripercorreremo alcune proposte teoriche che contribuiscono a mettere a fuoco
gli aspetti più salienti delle guerre per un approccio di green criminology – una prospettiva criminologica che studia i crimini
e i danni ambientali, assieme alle varie forme di (in)giustizia riguardanti la relazione tra l’uomo e l’ecosistema. Concentrando
l’attenzione sull’uranio impoverito utilizzato nei contesti delle guerre contemporanee, saranno esplorate le c.d. politiche di
diniego attuate dagli Stati per ridimensionare le conseguenze dannose che derivano da queste azioni, riconducibili alla
nozione di state crime. Le dimensioni di vittimizzazione ambientale rappresenteranno poi l’ulteriore tassello analitico necessario
per rendere conto della rilevanza criminologica degli scenari bellici descritti. Nella terza e ultima parte, verranno suggerite
alcune possibili direzioni di rotta per una criminologia che intenda confrontarsi adeguatamente con la dimensione ecologica
delle guerre contemporanee, ridirezionando il “telescopio” criminologico verso nuovi orizzonti conoscitivi e di intervento.