La violenza dei “buoni”. Quo vadis?

Autori

  • Ernesto Calvanese
  • Chiara Colosimo

Abstract

Obiettivo del presente lavoro, nell’ambito di una esplorazione delle aree concettuali, delle espressioni e dei miti in tema di “Violenza individuale e violenza collettiva”, è lo studio non di chi in tali forme di violenza personalmente agisce, bensì delle opinioni di chi è chiamato a giudicare e a sanzionare gli autori di condotte aggressive e violente. Nel lavoro sono riportati i risultati conseguiti attraverso due diverse ricerche. La prima è relativa alla percezione nei riguardi di alcuni comportamenti delittuosi presentati al giudizio di un campione di studenti delle scuole medie superiori, comportamenti caratterizzati dalla messa in atto di violenza anche estrema (dalla difesa del bene proprietà con l'uso delle armi, all'uccisione del potenziale ladro [persona immigrata], all'uso illegittimo delle armi a un posto di blocco da parte della forza pubblica, alla violenza della tifoseria ultras, fino a quella esercitata nei riguardi di un extraxcomunitario). Vi emergono posizioni che non si fa fatica a definire altrettanto violente, proprio nel momento in cui la vendetta, o comunque la giustificazione (se non addirittura la lode) nei loro riguardi, finiscono con l’elidere una visione dei fatti criminosi maggiormente critica e razionale. La seconda è incentrata sui giudizi espressi da un campione di giovani e di insegnanti nei riguardi della pena di morte: ne scaturisce una preoccupante adesione alla lex talionis, estrinsecantesi con un esiguo dominio sulle istanze vendicative ed emotive più profonde e arcaiche. Entrambi i lavori sono stati effettuati attraverso somministrazione di questionari strutturati a soggetti residenti in Milano e in altre realtà urbane della Lombardia. Per quanto attiene alla prima ricerca, molti degli intervistati si sono posti su posizioni che non ci si esime dal definire di significativa violenza, essendosi evidenziate su alti valori percentuali valutazioni sottendenti istanze vendicative, veementi, assai poco mediate sul piano razionale. Tale andamento ha trovato poi ulteriore verifica nei dati scaturiti dallo studio in tema di sanzione capitale, posto l'alto numero di risposte, soprattutto nella quota giovanile del campione, favorevoli alla sanzione capitale. In questa prospettiva, se pure appare comprensibile che la reazione sanzionatoria nei confronti del male esplicitamente agito non possa non essere sottesa, nelle sue motivazioni più profonde, da impeto vendicativo e anche da pulsioni fortemente aggressive, quanto emerso dal presente lavoro induce perplessità e preoccupazione allorquando tali istanze si manifestino in giudizi che mantengono intatti la loro virulenza e il loro contenuto di violenza anche nel momento in cui sarebbe stato legittimo attendersi dagli intervistati una riflessione maggiormente lucida, critica e distaccata dal mondo dell’inconsapevole e dell’irrazionale.

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Pubblicato

2014-12-17

Fascicolo

Sezione

Articoli