Saggio di commento a G. Leopardi. Nelle nozze della sorella Paolina

Autori

  • Luigi Blasucci

Abstract

Canzone composta a Recanati tra l’ottobre e il novembre del 1821, secondo l’indicazione di An; pubblicata per la prima volta in B24, dove occupava il quarto posto, tra l’Angelo Mai e A un vincitore; ristampata in F e nelle successive edizioni dei Canti, sempre con la medesima collocazione.

Metro. Sette stanze di quindici versi, endecasillabi e settenari, disposti secondo lo schema aBCACBDefGFEghH, col settimo verso irrelato; la quarta strofa presenta la variante aBCBAC. Rispetto alle stanze del Mai, di uguale numero di versi, aumenta la quantità dei settenari (5 a 3); la fronte si regolarizza in due veri e propri piedi (aBCACB); ma la frequenza degli enjambements e delle pause interne ai versi, anche settenari (vv. 28, 39, 53), dà luogo a unità sintattiche spesso non coincidenti con gli schemi metrici, salvo la nettezza epigrafica dei versi di clausola, rinforzata dalla rima baciata («Nè pura in gracil petto alma si chiude», «Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta», ecc.). Circa la distribuzione delle strofe in rapporto al tema, vale la seguente descrizione di Edoardo Sanguineti: «la canzone si presenta, con le sue sette strofe, nettamente, e quasi geometricamente, tripartita, con le due stanze iniziali rivolte naturalmente alla sorella sposa, le tre centrali alle donne, alle madri italiche, e le due conclusive a Virginia romana, di cui si celebra la sublime figura e l’esemplare sacrificio» (SANGUINETI 2002, 51).

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Pubblicato

2015-01-22

Fascicolo

Sezione

Articoli