Il canto VI del Purgatorio

Autori

  • Umberto Carpi

Abstract

Or sono più di sessantacinque anni, il 19 marzo 1939, toccò alla massima autorità politico-culturale del regime fascista, il senatore professor Giovanni Gentile, di leggere a Roma, nella Casa di Dante in pieno trionfalismo imperiale e prima che la cruda realtà riportasse tutti alla consapevolezza della ‘miseria italiana’, il canto di Sordello. Non occorre neppur avvertire che quel giorno gli uditori dovettero ascoltare - e d’altronde non potevano non attendersela - un’interpretazione del sesto del Purgatorio come, tout court, del «canto della patria », di quell’amor di patria da cui è ispirata «la sua accesa invettiva alla Italia», con un Dante (nel lampo provvidenzialistico dell’interrogativo se Dio «ne l’abisso del suo consiglio» non stesse per caso preparando «alcun bene / in tutto dall’accorger nostro scisso») capace nientemeno che di «intravvedere l’avvenire: serva ancora per secoli la sua Italia a causa delle intestine discordie, ma grande, tuttavia, alta, splendida agli occhi e al cuore di ogni nazione civile».

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Pubblicato

2015-01-15

Fascicolo

Sezione

Articoli