Un'incursione nel corpus cavalcantiano: l'esperienza della "disaventura"
DOI:
https://doi.org/10.7347/PLXXIII-452023-01Abstract
Il saggio si propone di indagare i tre componimenti di Guido Cavalcanti posti in chiusura delle Rime: Io temo che la mia disaventura, La forte e nova mia disaventura e Perch'i' no spero tornar giammai. L'analisi dei testi permette di rilevare alcuni elementi centrali nella poesia del "poeta filosofo" fiorentino, primo tra tutti lo sviluppo del sentimento amoroso nei termini, appunto, di una disaventura cui è impossibile sottrarsi. Prima di arrivare al commento, mi è parso opportuno dedicare qualche osservazione, attraverso un rapido excursus all'interno dei gruppi in cui sono suddivisi i trentacinque testi, all'ordinamento che attualmente ne caratterizza l'edizione. Infatti, oltre a ragionare sulla valenza delle singole rime, è interessante interrogarsi sulle modalità di organizzazione e di presentazione di un corpus come questo; modalità che si devono confrontare con le caratteristiche insite nella struttura stessa della lirica di Cavalcanti.