Methodological indications for motor and sport education in primary school

 

Indicazioni metodologiche per l’educazione motorio sportiva nella scuola primaria

 

Giovanni Esposito

Università degli studi di Salerno – gioesposito@unisa.it

https://orcid.org/0000-0002-3659-8943

 

Felice Di Domenico

Università degli studi di Salerno – fdidomenico@unisa.it

https://orcid.org/0000-0002-5897-9704

 

ABSTRACT

Motor-sports education in the Italian primary school and its didactic and organizational issues have long been a central theme of the political and scientific debate; however, the various actions carried out so far have not been sufficient to recognize properly educational content and methods, often reducing the time of curricular physical education or the design experiences of motor and sports literacy to simple physical-technical exercises. This study, through archival research with a documentary approach, aims to extrapolate from the thematic nuclei of the national indications for the primary school curriculum those methodological elements that can contribute to a better motor education sport in the age group 6-11 years. The proposals identified are aimed at fostering both the development of technical-tactical skills of sports disciplines adapted to age, and the transversal inferences on social skills (key competences).

 

L’educazione motorio-sportiva nella scuola primaria italiana e le sue problematiche didattiche e organizzative sono da tempo un tema centrale del dibattito politico e scientifico; tuttavia, le varie azioni svolte finora non sono state sufficienti a riconoscere contenuti e metodi correttamente orientati in senso educativo, riducendo spesso i tempi dell’educazione fisica curricolare o le esperienze progettuali di alfabetizzazione motoria e sportiva a semplici esercizi fisico-tecnici. Tale studio, attraverso la ricerca d’archivio con approccio documentale, intende estrapolare dai nuclei tematici delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola primaria quegli elementi metodologici che possono concorrere a una migliore educazione motorio-sportiva nella fascia d’età 6-11 anni. Le proposte individuate sono volte a favorire sia lo sviluppo delle abilità tecnico-tattiche delle discipline sportive adattate all’età, che le inferenze trasversali sulle abilità sociali (competenze chiave).

 

KEYWORDS

Physical Education, National Guidelines, Key Competences, Life and Soft Skills

Educazione Fisica, Indicazioni Nazionali, Competenze Chiave, Life e Soft Skills

 

AUTHORSHIP

G. Esposito (Paragrafi §1, §2 e §4); F. Di Domenico (Paragrafo §3; revisione del manoscritto).

 

CONFLICTS OF INTEREST

Gli Autori dichiarano che non sussistono conflitti di interesse.


 

1. L’educazione motorio-sportiva nella scuola primaria italiana

 

Il mondo della scuola è cambiato notevolmente negli ultimi anni. I maggiori cambiamenti si sono registrati soprattutto nel primo ciclo di istruzione, sulla spinta delle esigenze di mutamento dell’assetto produttivo europeo e del suo assetto sociale. Il modello di riferimento si è fortemente indirizzato verso un’ottica europea e di apprendimento permanente, istituito dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea attraverso la Raccomandazione del 18 dicembre 2006, e successive modificazioni e integrazioni, individuando otto competenze chiave necessarie per la realizzazione personale, per condurre uno stile di vita sano e sostenibile, per l’occupabilità, la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale (European Parliament, 2006; Council of Europe, 2018). Concepire la scuola in un’ottica europea significa, per ciascun insegnante, avvertire in modo più forte l’esigenza non solo personale, ma soprattutto professionale, di essere aggiornato su tutti i linguaggi disciplinari e sui contenuti portanti, su cui la scuola del primo ciclo poggia le sue solide basi (Pesce, 2016). In tale scenario alla scuola spettano alcune finalità specifiche (Comitato scientifico nazionale…, 2018):

 

«Offrire agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base; far sì che gli studenti acquisiscano gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni; promuovere negli studenti la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da bussola negli itinerari personali; favorire l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando la propria didattica alla costruzione di saperi a partire da concreti bisogni formativi» (MIUR, 2013, p. 7).

 

In Italia a livello di istruzione primaria il curriculum è definito attraverso le Indicazioni nazionali, in vigore dall’anno scolastico 2012/2013 (MIUR, 2013) e aggiornate nel 2018. Secondo queste Indicazioni,

 

«la finalità generale della scuola è lo sviluppo armonico e integrale della persona, all’interno dei principi della Costituzione italiana e della tradizione culturale europea, nella promozione della conoscenza e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali, con il coinvolgimento attivo degli studenti e delle famiglie» (MIUR, 2013, p. 11).

 

Nello specifico, lo scopo dell’educazione primaria è quello di permettere agli alunni di acquisire le conoscenze e le abilità fondamentali per sviluppare la competenza culturale di base. Le materie insegnate durante i 5 anni della scuola primaria sono: Italiano, inglese, storia, geografia, matematica, scienze, tecnologia, musica, arte, educazione fisica, religione cattolica (facoltativa) ed educazione civica (D’Elia, 2020). Ogni materia ha dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, da raggiungere al termine della scuola primaria, e sono obbligatori per gli insegnanti (Commissione europea/EACEA/Eurydice, 2013). Le indicazioni nazionali fissano anche, per ogni materia, gli obiettivi specifici di apprendimento che indicano i campi di esperienza, le conoscenze e le abilità necessarie per raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze. In Educazione fisica, tali traguardi si articolano in quattro aree: 1. il corpo e la sua relazione con lo spazio e il tempo; 2. il linguaggio del corpo come modalità comunicativo-espressiva; 3. il gioco, lo sport, le regole e il fair play; 4. salute, benessere, prevenzione e sicurezza (D’Elia & Raiola, 2019). In accordo a questi traguardi, attraverso l’educazione fisica al termine della scuola primaria lo studente:

 

«Acquisisce consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio corpo e la padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo adattamento alle variabili spaziali e temporali contingenti. Utilizza il linguaggio corporeo e motorio per comunicare ed esprimere i propri stati d’animo, anche attraverso la drammatizzazione e le esperienze ritmico-musicali e coreutiche. Sperimenta una pluralità di esperienze che permettono di maturare competenze di giocosport anche come orientamento alla futura pratica sportiva. Sperimenta, in forma semplificata e progressivamente sempre più complessa, diverse gestualità tecniche. Agisce rispettando i criteri base di sicurezza per sé e per gli altri, sia nel movimento che nell’uso degli attrezzi e trasferisce tale competenza nell’ambiente scolastico ed extrascolastico. Riconosce alcuni essenziali principi relativi al proprio benessere psico-fisico legati alla cura del proprio corpo, a un corretto regime alimentare e alla prevenzione dell’uso di sostanze che inducono dipendenza. Comprende, all’interno delle varie occasioni di gioco e di sport, il valore delle regole e l’importanza di rispettarle» (MIUR, 2013, pp. 65–66).

 

Si tratta di obiettivi molto ambiziosi se si considerano alcuni problemi didattici e organizzativi, come la mancanza di competenze degli insegnanti sull’educazione fisica, l’inadeguatezza delle strutture scolastiche e la mancanza di palestre attrezzate, il tempo limitato dedicato all’insegnamento dell’educazione fisica, che in alcuni casi rendono difficile il raggiungimento dei risultati di apprendimento dell’educazione fisica (Raiola et al., 2018). Negli ultimi anni, le scienze dell’educazione hanno riconosciuto sempre maggiore dignità scientifica allo sport (Coco, 2014).

Grazie a riflessioni pedagogiche originali e innovative, le attività sportive sono finalmente tornate a pieno titolo nelle scienze dell’educazione, offrendo una nuova prospettiva culturale. Infatti, lo sport e l’attività fisica rappresentano un importante momento formativo, sia dal punto di vista motorio che psico-emotivo, contribuendo positivamente alla formazione della personalità del soggetto (Federici et al., 2014). Per i suoi principali valori, come ad esempio lo spirito di squadra ed il rispetto delle regole, lo sport ha sempre rappresentato un contesto sociale predisposto a sostenere lo sviluppo educativo (Di Palma et al., 2017). È proprio l’esperienza sportiva, se praticata costantemente e in modo vario, ad essere d’aiuto allo sviluppo di abilità motorie adattabili, che possono emergere a scuola per poi essere trasferite in altri contesti; abilità di vita, che consentono di risolvere problemi in modo divergente e creativo e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità identifica come fondamentali per la prevenzione del disagio, della dispersione scolastica e dei comportamenti devianti (Sport e Salute, 2022).

Per conseguire questi obiettivi, in particolar modo la diffusione della cultura del benessere e del movimento, il potenziamento dell’attività motoria, partecipazione attiva degli alunni con disabilità, da oltre vent’anni si è assistito all’avvicendarsi di diverse proposte e tentativi di realizzare, anche attraverso progettualità speciali con la partnership del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) prima, e recentemente con l’agenzia governativa Sport e Salute S.p.A., percorsi di educazione all’attività fisica e sportiva per la scuola primaria inserendo una figura specializzata, il Tutor Sportivo Scolastico per i bambini delle classi IV e V. Nel 2007, in attuazione della direttiva del 3 agosto 2007 inerente alla promozione e al potenziamento dell’attività motoria e sportiva a scuola, il MIUR decise di ampliare il percorso di sperimentazione già avviato nel precedente anno scolastico affinché le scuole potessero utilizzare un servizio di consulenza e di collaborazione per interventi di supporto all’educazione motoria e sportiva. In tal senso, a partire dall’anno scolastico 2009/2010 nella scuola primaria venne realizzato un progetto di “Alfabetizzazione motoria”. Tale progetto era «finalizzato a migliorare le competenze motorie degli allievi e incentivare stili di vita attivi attraverso specifici programmi di educazione motoria» (MIUR, 2009; D’Elia & Raiola, 2019, pp. 33–34). Per tale scopo, ai docenti curricolari venne affiancato un tutor sportivo, laureato in scienze motorie o diplomato ISEF.

 

«Dopo una prima fase pilota e la successiva fase sperimentale, l’esperienza di Alfabetizzazione motoria, d 2014/2015, si è evoluta nel progetto “Sport di classe” finalizzato alla promozione dell’educazione fisica e del gioco sport come occasioni educative e formative per stimolare la riflessione dei ragazzi e veicolare valori chiave come l’inclusione, l’integrazione e il fair play (MIUR, 2014b). Anche il progetto “Sport di Classe” prevedeva il coinvolgimento del Tutor Sportivo [le cui mansioni consistevano nell’]affianca[re] il docente curricolare per un’ora a settimana, collabora[re] alla programmazione e alla realizzazione delle attività motorie, organizza[re] i giochi di fine anno, promuove[re] la partecipazione delle classi al percorso valoriale, supporta[re] gli insegnanti per favorire la partecipazione all’attività motoria e l’inclusione degli alunni con disabilità» (D’Elia & Raiola, 2019, p. 34).

 

Dopo diversi anni di progettazione curricolare e speciale il MIUR, d’intesa con l’agenzia governativa Sport e Salute S.p.A., ha riproposto per l’anno scolastico 2021/2022 il progetto nazionale “Scuola attiva Kids”. Tale progetto, rivolto a tutte le classi della scuola primaria delle istituzioni scolastiche e paritarie, ha come obiettivo di valorizzare l’educazione fisica per le sue valenze educativo/formative, per favorire l’inclusione e la promozione di corretti e sani stili di vita (MIUR, 2021). Bisogna considerare che tali percorsi di educazione all’attività fisica e sportiva, seppur sistematici, non hanno coinvolto la totalità delle scuole e la totalità degli alunni, sebbene ben strutturati (Raiola, 2019). Solo recentemente si sono concretizzate misure tangibili e sostenibili grazie alle determinazioni e alle risorse del PNNR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che rendono possibile l’implementazione dell’attività fisica a scuola attraverso l’introduzione e l’obbligatorietà, di fatto, di ulteriori 2 ore da destinare all’educazione motoria e da tenersi a cura di docenti specialisti, ferma restando la possibilità di compresenza per le classi che adottano il tempo pieno (Parlamento Italiano, 2021). Nella consapevolezza che l’Educazione fisica è un diritto di tutti gli alunni, in accordo con la “Carta Internazionale per l’Educazione Fisica, l’Attività Fisica e lo Sport” (UNESCO, 2015), il progetto Scuola Attiva sostiene ed incoraggia docenti e scuole a migliorare la quantità, la qualità e la continuità dell’attività motoria e sportiva, garantendo la partecipazione di tutti gli alunni, affinché gli effetti positivi abbiano una ricaduta sia sul piano educativo, sia su quello della promozione dei sani e corretti stili di vita. In quest’ottica si inseriscono le proposte del progetto, create per valorizzare l’Educazione fisica e sportiva nella scuola primaria e le sue valenze trasversali, anche nell’ottica dell’inclusione sociale.

L’obiettivo di questo studio è individuare delle proposte operative che possono concorrere a una migliore educazione sportiva nella fascia d’età 5-11 anni, per adempiere sia agli obiettivi educativi specifici delle Indicazioni Nazionali per il curriculo per la scuola primaria, che conseguire lo sviluppo delle abilità tecnico-tattiche delle discipline sportive adattate all’età e le inferenze trasversali sulle abilità sociali (competenze chiave). Per tale scopo è stata condotta una ricerca d’archivio analizzando i documenti normativi e quelli professionali per ricavarne le deduzioni più significative, estrapolando dai nuclei tematici delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola primaria quegli elementi metodologici che possono concorrere a una migliore educazione motorio-sportiva nella fascia d’età 5-11 anni. Le proposte individuate sono volte a favorire sia lo sviluppo delle abilità tecnico-tattiche delle discipline sportive adattate all’età, che le inferenze trasversali sulle abilità sociali (competenze chiave).

 

2. Strategie d’insegnamento e apprendimento delle competenze motorie

 

Le strategie didattiche per stimolare soluzioni spontanee ai problemi motori devono far capo a un unico principio: sfruttare la variabilità esecutiva (Newell & Slifkin, 1998).

 

«Occorre mettere in atto un processo di ricerca di soluzioni motorie che passa attraverso la continua variazione dei gesti […] [e] può risultare utile far svolgere il processo di soluzione di un certo compito motorio variando la velocità di esecuzione oppure modificando le condizioni ambientali» (Altavilla, 2021, p. 103).

 

Per stimolare la creatività motoria occorre proporre dei compiti semi-definiti, ossia attività in cui la fase iniziale e l’obiettivo del compito sono chiaramente esplicitati, mentre non è definita la procedura per raggiungere l’obiettivo e non è prevista un’unica risposta corretta (Pesce, 2016). Ciò sembra facilitare il processo creativo, in quanto da una parte si escludono le difficoltà legate alla comprensione del compito e del suo obiettivo, dall’altra proprio la presenza dell’obiettivo stimola il processo creativo, fornendo un tema intorno cui concentrare gli sforzi.

Particolarmente utile potrebbe essere il Teaching Games for Understanding (TGfU), un modello di insegnamento caratterizzato da un approccio polisportivo tale da consentire agli allievi di apprendere, in una situazione integrata, competenze tattiche e abilità tecniche (Bunker & Thorpe, 1982). Elemento importante del TGfU è quello di fornire agli studenti l’opportunità di sviluppare il pensiero critico, la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi (Harvey & Jarrett, 2014).

L’idea del TGfU è quella di proporre un “game-form” (gioco iniziale) che consiste nella versione semplificata del gioco reale (Li & Cruz, 2008). Il game-form rappresenta il problema da analizzare, il cui fine è quello di favorire la creazione di una serie di connessioni che possano consentire agli studenti di comprendere che cosa fare in una particolare circostanza del gioco in maniera consapevole, sulla base di intuizioni derivanti dall’osservazione del gioco stesso (Sannicandro et al., 2020). Dalla fase globale si passa poi a quella analitica, lavorando sulla costruzione progressiva del comportamento motorio degli allievi, partendo da ciò che non sono in grado di fare oppure da quello che eseguono in maniera non corretta. I percorsi formativi del Volley S3 e dell’mini-basket si basano proprio su questi principi. Essi intendono avviare al gioco in maniera diversa, avvalendosi di tre concetti fondamentali:

 

·       il gioco, attraverso la proposta non di esercizi ma di attività ludiche,

·       la facilitazione, con la modifica di alcune regole cardine della disciplina

·       la flessibilità, perché il numero di giocatori per squadra sarà determinato dal numero di alunni che parteciperanno alla lezione e dal numero di palloni che si avranno a disposizione.

 

Tali accorgimenti permettono di giocare fin da subito, dal momento che non è richiesto il possesso del fondamentale specifico, ma ci si concentra sullo sviluppo del concetto di attacco e difesa, sia esso effettuato con un lancio a una mano che a due mani, sia con un tentativo di schiacciata. Tale approccio consentirà di passare progressivamente dal gioco individuale al gioco di squadra, modulando il numero di passaggi richiesti in base alle abilità, proponendo un percorso alternativo a quello nozionistico centrato sull’insegnamento; un percorso che metta in primo piano l’apprendimento. Un apprendimento che risulti un arricchimento di competenze e non una semplice sostituzione delle stesse. Un’ulteriore strategia didattica per favorire l’acquisizione delle abilità tecniche e tattiche consiste nell’utilizzo di tutorial e video che non sono prescrittivi, in quanto attività di comunicazione assimilabili alle tecniche mutuate dalla psicologia, già menzionate da D’Isanto et al. (2022),

 

«come il focus group, il peer tutoring, il circle time, ecc. Tramite essi gli atleti possono autoelaborare, autodeterminarsi e autoregolarsi nelle attività, sostituendo l’azione prescrittiva del tecnico. Tramite lo strumento del video l’atleta può avere direttamente contezza non solo della giusta sequenza dei movimenti necessari, ma anche visionare eventuali errori esecutivi commessi adottando autonomamente delle correzioni (Strenge, Koester, & Schack, 2020). Oggi l’utilizzo dell’analisi video si sta sempre più consolidando, sviluppandosi in ogni aspetto degli sport di squadra (Rangasamy, As’ ari, Rahmad, Ghazali, & Ismail, 2020). La video analisi ha assunto una funzione sempre più invasiva perché con la visione etero guidata consente di analizzare con maggiore contezza l’interezza dell’azione motoria complessiva, del singolo gesto e del particolare esecutivo motorio che correntemente andrebbe inevitabilmente perso; consente anche di ritornare più volte sul problema motorio per una pervasiva valutazione visiva. L’utilizzo di computer e programmi su larga scala per misurare la prestazione tecnico tattica ed atleti è una realtà sempre più consolidata di cui non si può fare a meno, pena la riduzione dell’efficacia dell’azione allenante (Gómez-Ruano, 2018). L’analisi computerizzata della competizione di squadra consente l’enucleazione delle performance dei singoli e in che termini esse incidono sull’evento, traendo anche le relazioni di frequenza dell’evento aritmeticamente. In tal guisa si mettono in relazione i dati ascritti alle singole prestazioni con quelli globali in termini percentuali e così si restituisce agli atleti quel dato altrimenti perso. Grazie ai video è possibile anche studiare la tattica avversaria o migliorare la propria. All’inizio o alla fine dell’allenamento sarebbe auspicabile adottare la pratica del circle time, dove ognuno ha un limite di tempo all’interno di cui può esprimere le proprie sensazioni e motivare la scelta delle proprie decisioni (Raiola, 2017). Ciò permetterà all’allenatore di capire il livello dell’atleta e i suoi processi comportamentali. L’attuale tendenza è anche quella di comunicare mentre si svolge l’attività, cercando sempre di non entrare nel processo decisionale dell’atleta (Watson, Hilliard, & Way, 2017). La scelta comunicativa gruppo-docente/tecnico è affidata all’estemporaneità del momento e facilitata dal docente/allenatore costantemente. Le tecniche di comunicazione non possono essere preventivamente sequenziate perché risentono della mutevolezza del contesto» (D’Isanto et al., 2022, par. 3).

 

3. Il contributo dell’educazione fisica all’acquisizione delle competenze chiave

 

L’individuazione delle competenze chiave europee da parte dell’Unione Europea è il frutto di un percorso lungo iniziato nel 2006 e profondamente innovato nel 2018 (European Parliament, 2006; Council of Europe, 2018). Oggi le competenze chiave europee rappresentano un punto di riferimento per la normativa italiana, soprattutto in tema di scuola e didattica. Risultano essere otto, non ordinate gerarchicamente ma da considerarsi tutte «di pari importanza»:

 

«Competenza alfabetica funzionale; competenza multilinguistica; competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie; competenza digitale; competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare; competenza sociale e civica in materia di cittadinanza; competenza imprenditoriale; competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali» (Council of Europe, 2018, pp. 8–9).

 

Fin dalla scuola dell’infanzia, nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado l’attività didattica è orientata alla qualità dell’apprendimento di ciascun alunno e non a una sequenza lineare, e necessariamente incompleta, di contenuti disciplinari (MIUR, 2014a). Pertanto, diventa essenziale sostenere gli insegnanti nel loro compito che, nel primo ciclo d’istruzione, è fortemente incentrato sulla corporeità, sul movimento e quindi su tutta l’area della motricità (Federici et al., 2008). In questa sensibile fascia d’età, ogni apprendimento passa attraverso l’esperienza corporea, si consolida nel movimento e si amplia attraverso le attività motorie e di gioco; ogni disciplina viene in qualche modo coinvolta, ma soprattutto arricchita dall’apporto dell’area motoria, che diviene pertanto elemento insostituibile (Raiola, 2012). Sulla base di questi presupposti, la logica dell’interdisciplinarietà, dello scambio continuo tra diverse discipline potrebbe rappresentare un vero punto di forza per realizzare un insegnamento efficace nella scuola del primo ciclo.

Lavorando in ottica interdisciplinare si può indurre nei bambini la curiosità della scoperta, la volontà di persistere nella ricerca di nuove soluzioni, la capacità di farsi domande e soprattutto d’impegnarsi per escogitare nuove risposte (Colella, 2018).

A ciò può sostanzialmente contribuire l’educazione fisica, attraverso la conoscenza e la consapevolezza di cosa sia la corporeità e attraverso lo sviluppo di capacità e abilità motorie (Pesce et al., 2010). L’educazione fisica offre quindi agli insegnanti l’opportunità di cogliere quotidianamente le connessioni e le strette correlazioni tra quanto i bambini fanno in palestra e quanto nello stesso tempo essi possono imparare, non solo nel dominio motorio, ma anche in altri domini, attraverso la ricerca di un senso dell’azione e del gioco, dove il perno dell’apprendimento non è il movimento stereotipato, ripetuto, ma è il gioco, la creatività motoria, la correlazione tra i saperi e le discipline che in questo modo diventano reale costruzione di competenza per ciascun alunno (Colella, 2016). È proprio con le esperienze di movimento intenzionale e creativo che il bambino si appropria gradualmente dell’autonomia in tutte le sue forme: fisica, organizzativa, cognitiva, affettiva e relazionale. Attraverso il gioco si possono strutturare una serie pressoché illimitata di proposte didattiche ed educative, per stabilire le migliori condizioni di partenza per lo sviluppo di capacità motorie e soprattutto per la realizzazione di un percorso didattico mirato ed efficace, nel rispetto delle capacità e dei tempi di ciascuno, che parta dalle competenze individuali per poi estendersi in un’ottica di acquisizione di buone prassi fortemente strutturate, dando garanzie che l’esperienza non sia isolata, sia disseminabile in contesti diversi e soprattutto sia sostenibile a lungo nel tempo (Nicolosi et al., 2017). Rispetto ai contenuti e alla metodologia le Indicazioni Nazionali non prevedono attività specifiche e obbligatorie, ma raccomandano di scegliere un approccio didattico che faciliti l’apprendimento attraverso esperienze, scoperte, prese di coscienza e abilità nuove, individuali e collettive che diventano patrimonio personale dell’alunno.

La parola chiave legata alla scelta di operare in un’ottica interdisciplinare è quella della trasferibilità degli apprendimenti e delle acquisizioni. È proprio attraverso questa pratica che i bambini possono essere motivati ad apprendere e, soprattutto, a mettersi in gioco in modo creativo e autonomo.

 

4. Conclusioni

 

L’analisi dei documenti programmatici della scuola nonché delle esperienze progettuali specifiche hanno fatto emergere la necessità di procedere verso la strutturazione di metodologie didattiche che, attraverso un approccio di tipo euristico e al contempo interdisciplinare, tale da favorire l’apprendimento delle abilità sportive e sociali. Vi è la necessità di ricercare il valore di un nuovo approccio nella formazione degli insegnanti che garantisca l’acquisizione di competenze chiave, secondo la Raccomandazione del Parlamento Europeo. Tale prospettiva può essere facilmente realizzata all’interno dell’utilizzo di un core curriculum uniformemente applicato a livello nazionale. Lo studio va sottoposto a coloro che possono avere un’influenza in eventuali consultazioni, le società scientifiche di riferimento e quelle pedagogiche, per verificare se le problematicità evidenziate possano essere risolte con la recente prospettazione normativa o necessitano di ulteriori modifiche.

 

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