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Una ricerca-azione partecipativa sull'inclusione nei contesti multiproblematici
DOI:
https://doi.org/10.7346/sipes-02-2022-06Resumen
La scuola è veramente aperta a tutti? Consente cioè ad ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza di accedervi con facilità e, soprattutto, di restarci? Quali sono le caratteristiche di una scuola accessibile? Un bambino che viene da una famiglia al servizio della malavita, che vive un contesto di deprivazione socio-culturale e che, magari, sviluppa a causa di queste circostanze (o anche per cause biologiche) una difficoltà di apprendimento, trova davvero il suo spazio di accoglienza nella classe? E questo spazio assume realmente le dimensioni della possibilità e del cambiamento come costitutive di un processo educativo inclusivo o ha, piuttosto, le caratteristiche di un “parcheggio”, di uno spazio delimitato dal suo stare fisicamente in aula, co-esistendo con i compagni? Questo contributo intende proporre possibili riflessioni e strumenti a partire da un’esperienza di ricerca-azione che da 18 anni si realizza in un contesto di deprivazione socio-culturale con bambini provenienti da famiglie di camorra o comunque appartenenti alla folta schiera dei gruppi sociali “a servizio” della malavita organizzata. Molti di questi bambini sommano a gravi limitazioni economiche, sociali e culturali, anche difficoltà di apprendimento, o disabilità che li rendono assolutamente lontani dalle possibilità, pur eventualmente presenti nel sistema scolastico e extrascolastico, del loro territorio. Si tenterà di isolare gli elementi che nel corso degli anni hanno reso possibile la costruzione di traiettorie di cambiamento per questi bambini e bambine, ragazzi e ragazze ed evidenziare quali buone pratiche appaiono trasferibili a contesti o situazioni similari.