Due poesie di Zanzotto: Non si sa quanto verde… e Dirti “natura”

Autori

  • Laura Barile

Abstract

La natura dei frammenti è infatti interna al farsi della poesia: «[…] il fatto di non arrivare all’esplicitazione poetica – ha detto Zanzotto nel 1992 – corrisponde a un permanere in uno stato caotico, che è fervidissimo di spinte iniziali […] ma anche di mille squilibri. In questi ultimi anni anche la meditazione scientifica e matematica si è sviluppata intorno al tema del Caos, rispetto a quella precedente che era tutta fondata sul Cosmos. congiunta alla sua necessità. Queste poesie sono tratte dalle ultime raccolte di Zanzotto (Meteo, 1996 e Sovrimpressioni, 2001), e partecipano di quello che è stato definito un «illimpidimento» del suo linguaggio: un illimpidimento di quella sua lingua accidentata e sconvolta, scentrata e proliferante sulla base di una inesausta attività del significante e delle sue associazioni, che ha sedotto e sfidato tanti appassionati lettori, a partire da La Beltà nel 1968.

Il processo verso la limpidezza prende l’avvio dalle zone più colloquiali dell’ultima raccolta della cosiddetta «trilogia», Idioma, del 1986 (Il Galateo in Bosco era del 1978 e Fosfeni del 1983). Dieci anni, sembrerebbe, di silenzio prima di Meteo: ma secondo la Nota dell’autore Meteo è costituito invece di «incerti frammenti» in parte successivi, ma in parte anche contemporanei a Idioma. Una connotazione di instabilità segna questo dimesso e semicasuale, fraterno riferimento e presa di distanza dai «Rerum vulgarium fragmenta» petrarcheschi: è in gioco l’instabilità della lingua e del farsi della poesia, strettamente congiunta alla sua necessità.

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Pubblicato

2015-01-21

Fascicolo

Sezione

Articoli