Images and University Teaching: A study through Video Analysis in Science Education
Immagini e didattica Universitaria: Un’indagine attraverso la videoanalisi nell’insegnamento delle scienze
ABSTRACT
In a university context undergoing continuous transformation, critical reflection on teaching practices and the use of effective visual tools emerge as key factors in the enhancement of educational quality. This article presents an exploratory study carried out at the University of Udine, involving four university lecturers in the analysis of their own teaching practices through video recordings of lessons and structured interviews. The study investigated the use of images and visual metaphors in the communication of scientific content, showing how unintentional or uncritical use may generate misunderstandings and hinder comprehension. Video analysis proved to be a useful tool for fostering critical awareness and stimulating deeper pedagogical and methodological reflection. Although limited in scope, the study highlights the need for specific training on the educational use of visual resources and proposes a collaborative model between lecturers and researchers aimed at fostering innovation in university teaching.
In un contesto universitario in continua trasformazione, la riflessione sull’insegnamento e l’adozione di strumenti visivi efficaci diventano elementi chiave per il miglioramento della didattica. Questo articolo presenta una ricerca esplorativa condotta presso l’Università degli Studi di Udine, che ha coinvolto quattro docenti universitari nell’analisi delle proprie pratiche didattiche tramite videoregistrazioni delle lezioni e interviste strutturate. L’indagine ha approfondito l’uso delle immagini e delle metafore visive nella trasmissione dei contenuti, evidenziando come un impiego non consapevole possa generare fraintendimenti e ostacolare la comprensione. La videoanalisi si è rivelata uno strumento utile per sviluppare consapevolezza critica, stimolando nei docenti una riflessione metodologico-didattica più profonda. Sebbene limitata a un numero ristretto di partecipanti, la ricerca ha messo in luce la necessità di formazione specifica sull’uso pedagogico delle immagini, proponendo un modello di collaborazione tra docenti e ricercatori volto all’innovazione della didattica universitaria.
KEYWORDS
Educational innovation, Video analysis, University teaching, Images and metaphors, Scientific learning
Innovazione didattica, Videoanalisi, Didattica universitaria, Immagini e metafore, Apprendimento scientifico
AUTORSHIP
Conceptualization (M. Bardelli; M. D’Agostini); Data Analysis (M. Bardelli); Methodology (M. D’Agostini); Writing – Original Draft (M. Bardelli; M. D’Agostini); Writing – Review & Editing (M. Bardelli; M. D’Agostini; F. Zanon; G. Lucilli).
CONFLICTS OF INTEREST
The Authors declare no conflicts of interest.
RECEIVED
May 12, 2025
ACCEPTED
September 10, 2025
PUBLISHED ON-LINE
September 11, 2025
1. Introduzione
Il contesto in cui il docente opera quotidianamente è in continua trasformazione e richiede adeguamenti sia sul piano disciplinare che su quello della consapevolezza degli apprendimenti. Aumenta così anche l’esigenza di agire con nuovi strumenti e metodologie didattiche e di rispondere a emergenti esigenze educative.
In questo panorama, la riflessione sull’insegnamento è riconosciuta a livello internazionale da ricercatori e formatori come uno dei principali fattori di sviluppo professionale dei docenti sia in formazione che in servizio (Schön, 1983; Tripp & Rich, 2012) in quanto, come sosteneva Dewey, “significa decentrare il pensiero, osservare e analizzare i diversi fattori in gioco e direzionare in maniera deliberata l’azione rifuggendo dalle risposte impulsive e abitudinarie” (Bonaiuti et al., 2017, p. 4). Una delle principali sfide nell’utilizzo della riflessione sulle pratiche di insegnamento nei percorsi di formazione con gli insegnanti deriva dall’ampiezza e vaghezza del termine “riflessione” (Korthagen & Wubbels, 1995) che rende necessari sia una guida attenta da parte di facilitatori che un utilizzo mirato di strumenti di analisi e valutazione adeguati ad individuare il livello di riflessività critica sul proprio insegnamento (Stîngu, 2012).
La videoanalisi, consolidato strumento che consente autoriflessione e valutazione critica dell’insegnamento, può essere considerato un dispositivo di valore, anche in un panorama universitario in cui si moltiplicano modelli e scenari di utilizzo dei video, con implicazioni epistemiche e metodologiche rilevanti (Moffitt & Bligh, 2025; Stark, 2025).
Nella scuola primaria e secondaria, i programmi di formazione per i docenti che integrano la videoanalisi si sono dimostrati particolarmente efficaci. In particolare, la presenza di una progettualità formativa ben definita e il supporto di tutor che guidano i docenti nell’analisi delle lezioni videoregistrate sono elementi molto apprezzati. Questi approcci hanno portato a evidenziare risultati formativi positivi in numerose ricerche (Sherin e van Es, 2009; Santagata, 2012; Calvani et al. 2014; Gaudin & Chaliés, 2015). La videoregistrazione acquista valenza come “amplificatore pedagogico” (Cescato et al., 2015) per le sue potenzialità di riduzione della distanza presente tra gli aspetti teorici e gli aspetti pratici e la semplificazione dell’osservazione della realtà.
Gli insegnanti che hanno seguito un percorso di sviluppo professionale, in cui la pratica riflessiva era orientata dall’osservazione dei video delle proprie lezioni, hanno sottolineato l’importanza di tale esperienza nel miglioramento della capacità di valutare il proprio insegnamento e nel maggiore potenziale di supporto all’innovazione didattica nelle pratiche di istruzione (Le Fevre, 2004; Seidel, 2005, MacLean & White, 2007).
La capacità di valutare il proprio insegnamento riguarda molteplici aspetti come: il riconoscimento della distanza tra le credenze su un insegnamento efficace e la reale pratica d’aula (Bryan & Recesso, 2006; Rich & Hannafin, 2008, Calvani, 2011), il notare aspetti dell’insegnamento che prima non erano stati notati (Rich et al. 2007) e infine il riconoscere punti di forza e criticità del proprio insegnamento per bilanciarne le aree di priorità (Rich et al. 2007; Wu & Kao, 2008). Il supporto all’innovazione didattica risulta in un aumento dei comportamenti efficaci degli insegnanti come, ad esempio, la capacità di porre domande agli studenti, di organizzare una discussione tra studenti su alcuni contenuti specifici, utilizzare adeguatamente le nuove tecnologie (Sherin & van Es, 2005).
Il fine ultimo dell’auto-riflessione e analisi è il raggiungimento di una consapevolezza che comporti il miglioramento del proprio agire didattico in quel processo decisivo che trasforma le conoscenze personali acquisite nel tempo, in saperi collettivi del gruppo-classe e dei discenti in genere. Lo scopo è quindi individuare le migliori soluzioni metodologiche in termini di mediazione anche attraverso processi di metaforizzazione (Damiano, 2013) che permettano di sostituire il reale con altro che a esso corrisponde.
Come per gli insegnanti della scuola primaria e secondaria, anche nelle università il miglioramento delle esperienze di insegnamento è auspicabile possa partire da una riflessione critica e motivata da parte dei docenti. Recenti ricerche, infatti, testimoniano come tra i fabbisogni formativi dei docenti universitari figurino le strategie didattiche attive (Maniero et al., 2023) e la digital literacy (Nicchia et al., 2024) che insieme possono supportare lo sviluppo delle competenze richieste per comprendere e facilitare i processi di apprendimento degli studenti (van Dijk et al., 2020; Coggi & Ricchiardi, 2020). Anche in questo con- testo, la complessità delle varie dimensioni e delle numerose variabili su cui concentrarsi può essere definita e analizzata approfonditamente grazie allo strumento della videoanalisi.
Questa opera di trasformazione con la conseguente relativa progettazione che il docente deve compiere, principio cardine della didattica, necessita di almeno tre elementi chiave che determinano l’efficacia del singolo insegnamento: conoscenza dei contenuti da esporre, competenze pedagogiche, padronanza degli strumenti a disposizione, tra cui le nuove tecnologie digitali (Mishra & Koehler, 2006). Tra le competenze relative all’utilizzo dei sussidi digitali per la didattica comprendere le potenzialità ma anche i rischi di un utilizzo errato o portatore di possibili fraintendimenti delle immagini mostrate, si innesta in quel processo di ulteriore conoscenza degli strumenti a disposizione in un’ottica di miglioramento della professione dell’insegnante. Illustrazioni e altri materiali visivi possono contribuire all’efficacia dell’insegnamento consentendo agli studenti di immagazzinare lo stesso materiale in due forme di rappresentazione mnemonica, linguistica e visiva (Clark & Paivio, 1991). Quando l’obiettivo è aiutare gli studenti a comprendere le relazioni causa-effetto o il comportamento dei sistemi, i diagrammi devono mostrare non solo i componenti dei sistemi, ma anche come interagiscono e si relazionano tra loro (Mayer & Gallini, 1990). Quando il compito prevede l’apprendimento di fenomeni dinamici, i diagrammi animati potrebbero essere migliori delle visualizzazioni statiche perché descrivono il movimento e la traiettoria in modo più efficace. Rieber (1990; 1991) ha evidenziato che spesso gli studenti non sanno quali informazioni devono osservare in una visualizzazione e che è probabile che traggano conclusioni errate da ciò che vedono. Questa considerazione mette in luce la necessità di una conoscenza specifica del docente che gli permetta di individuare le criticità e le potenzialità collegate a un uso didattico delle immagini e dei grafici a supporto dell’apprendimento degli studenti (Mayer & Moreno, 2003).
Nei processi di rielaborazione delle conoscenze (Calvani, 2011; Landriscina, 2012; Cardarello & Contini, 2012; Panciroli & Luigini, 2018; Macauda, 2018) diventa quindi inevitabile mantenere una prospettiva multimodale dell’esperienza educativa attraverso l’utilizzo integrato di differenti linguaggi (visivo, grafico, sonoro, video, corporeo). Come già evidenziato da Panciroli, nell’ambito del linguaggio visivo, l’impiego delle immagini consente di attivare e sollecitare preconoscenze pertinenti agli oggetti di apprendimento (Robertson, 2003; Cicalò, 2016), promuovendo al contempo lo sviluppo della capacità di problematizzare criticamente il proprio sapere in relazione a contesti complessi (Panciroli, 2018). L’uso delle immagini, pur essendo riconosciuto come importante, è stato sovente interpretato, in modo fuorviante, come non ambiguo in quanto le immagini avrebbero carattere autoevidente per chi le osserva. Tuttavia la comprensione, la creazione e l’utilizzo delle immagini nel contesto dell’educazione scientifica sono processi impegnativi che richiedono un insegnamento mirato (Kress, 2003; Glazer, 2011; Christidou et al. 2023). Non riconoscere questi requisiti priva gli studenti di competenze fondamentali legate all’alfabetizzazione scientifica (visiva), particolarmente essenziali in un’epoca dominata dalla comunicazione visiva.
2. Obiettivi, partecipanti e metodi della ricerca
Nell’anno accademico 2023/24, presso l’Università degli Studi di Udine, alcuni docenti del dipartimento di Scienze Agroalimentari, Ambientali e Animali (DI4A) insieme ai docenti del Laboratorio di Innovazione Didattica (LID) del Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società (DILL), hanno costituito il Gruppo di lavoro per l’Innovazione didattica DI4A INNDID4A, con la finalità di seguire un percorso di formazione sulle metodologie didattiche centrate sullo studente, unito a una riflessione sulle personali modalità di conduzione dell’azione di insegnamento e di presentazione dei contenuti. I 15 docenti partecipanti al progetto hanno espresso l’esigenza di modificare la propria didattica verso modalità che coinvolgessero maggiormente gli studenti rilevando come, soprattutto negli anni iniziali del percorso triennale, molti studenti abbiano difficoltà a raggiungere gli obiettivi considerati essenziali in alcune discipline scientifiche fondamentali nel percorso di laurea.
In questo contesto formativo, quattro dei quindici docenti partecipanti hanno scelto di prendere parte a un’indagine finalizzata ad analizzare in profondità l’azione didattica attraverso le osservazioni delle videoregistrazioni delle proprie lezioni con relative interviste sulle personali esperienze e modalità di insegnamento. A partire dalle esigenze di innovazione didattica espresse all’inizio del percorso di formazione, ci si è inizialmente focalizzati sul capire meglio come la videoanalisi possa aiutare gli insegnanti universitari a riflettere sulle pratiche didattiche portandoli a notare aspetti dell’azione didattica che altrimenti non vengono facilmente messi in luce (Tripp & Rich, 2012).
In questo articolo verrà approfondito l’utilizzo delle immagini nella didattica di quattro docenti universitari attraverso l’analisi e la discussione degli estratti video delle lezioni. Questo processo di confronto e approfondimento ricercatori-docenti ha consentito di riflettere sull’adeguatezza delle trasposizioni dei contenuti e sull’utilizzo delle immagini e dei software in funzione dell’apprendimento degli studenti. La ricerca si è svolta tra novembre 2023 e maggio 2024. Sono state videoregistrate e analizzate quattro lezioni da un’ora di quattro diversi insegnanti nelle seguenti discipline: Patologia Generale (SSD VET/03), Chimica del suolo e Pedologia (SSD AGR/13), Geografia e Biodiversità dei Paesaggi e dei Prodotti Alimentari (SSD BIO/03 ), Chimica Generale e Inorganica (SSD CHIM/03) (Tabella 1). Si sottolinea che i docenti appartenevano ai settori scientifico-disciplinari di Medicina Veterinaria, Scienze Agrarie, Geografia e Chimica, mentre i ricercatori coinvolti provenivano da ambiti pedagogici e metodologico-didattici. Questa specificazione consente di comprendere meglio come l’approccio interdisciplinare abbia influito sia sulla lettura dei dati sia sulle proposte di riflessione didattica.
Patologia Generale | Chimica del suolo e pedologia | Geografia dei paesaggi e dei prodotti alimentari | Chimica generale e inorganica | |
Corso di Studi | Corso di Laurea in Allevamento e Salute Animale. | Corso di Laurea in Scienze per l’ambiente e la natura. | Corso di Laurea in Scienza e cultura del cibo. | Corso di Laurea in Scienze per l’ambiente e la natura. |
Anno | 2° anno - Laurea Triennale | 3° anno - Laurea Triennale | 1° anno – Laurea Triennale | 1° anno – Laurea Triennale |
Carico Didattico | 6 CFU. 45 ore di lezione, 15 ore di laboratorio. | 8 CFU. 64 ore di lezione | 5 CFU. 35 ore di lezione | 6 CFU. 48 ore di lezione |
Esperienza Docente | Insegna dal 1986 Patologia Generale. Insegna anche in altri corsi Universitari. | Primo anno di insegnamento all’Università. Precedentemente aveva condotto seminari o laboratori. | Insegna dal 2012 ed ha un’esperienza di insegnamento alla facoltà di Scienze della Formazione Primaria dove ha tenuto un laboratorio di didattica delle scienze ecologiche. | Insegna all’Università dal 2009 ma è la prima volta che insegna questo corso. |
Tabella 1. I quattro insegnamenti oggetto di indagine.
La predisposizione di una guida con liste di indicatori, raggruppati in dimensioni più ampie, ha orientato l’osservazione delle videoregistrazioni su due ambiti di analisi.
In particolare, la guida è stata costruita a partire da criteri condivisi dai ricercatori, includendo indicatori legati sia alla chiarezza comunicativa sia all’uso di immagini e metafore visive. Gli indicatori sono stati selezionati sulla base di evidenze emerse in letteratura (Mayer & Moreno, 2003; Ciani et al., 2021) e successivamente organizzati in dimensioni funzionali all’osservazione operativa: gestione del carico cognitivo e mediazione visiva dei concetti scientifici.
Tale approccio trova riscontro anche nelle recenti rassegne sulla video-didattica che evidenziano come la progettazione degli strumenti debba considerare caratteristiche audiovisive, testuali e interattive dei materiali (Navarrete et al., 2023).
Successivamente, ogni docente ha ricevuto via e-mail la sua ora di lezione videoregistrata con un questionario a domande aperte poste allo scopo di supportarne la visione focalizzando l’attenzione sugli stessi aspetti presenti nelle dimensioni e negli indicatori utilizzati dai ricercatori per l’analisi dei video. Le risposte al questionario sono state fornite dai docenti in forma scritta e utilizzate dai ricercatori per preparare l’incontro-intervista conclusivo con i singoli docenti.
Sono stati infine organizzati quattro incontri presso il LID dove i docenti sono stati intervistati a partire dalle risposte fornite ai questionari e dall’analisi di estratti video, ai fini di precisare le interpretazioni delle loro azioni didattiche. Durante le interviste i docenti hanno potuto visionare e discutere alcuni estratti video delle proprie lezioni. Le interviste, pur basandosi sulle risposte alle domande guida del questionario, hanno permesso ai docenti di esprimere considerazioni personali e di ampliare o restringere il focus iniziale. In questo modo, sono emersi aspetti che ciascun docente riteneva più rilevanti per una riflessione efficace sul proprio insegnamento. In accordo con i docenti partecipanti, le interviste sono state tutte audio-registrate e trascritte dai ricercatori.
L’analisi dei questionari e dei video è stata condotta e discussa dai ricercatori per ottenere una prospettiva condivisa sui fenomeni osservati e sugli aspetti rilevanti da approfondire tramite le interviste.
3. Le lezioni videoregistrate e le interviste con i docenti
In tutte le lezioni i docenti hanno fatto uso di slides in Power Point. Solo nel corso di Chimica generale e inorganica la docente ha utilizzato anche software dinamici e video. Le slides utilizzate contenevano solo testo o una combinazione di testo, grafici e immagini. Le immagini erano fotografie o disegni. La tabella sottostante (Tabella 2) mostra come i docenti si sono distinti per il tipo e quantità di slides utilizzate in un’ora di lezione.
Patologia Generale | Chimica del suolo e pedologia | Geografia dei paesaggi e dei prodotti alimentari | Chimica generale e inorganica | |
Solo testo | 11 | 2 | nil | 7 |
Solo grafici o immagini | nil | 4 | 7 | 7 |
Grafici con testo | nil | 7 | 3 | 7 |
Immagini con testo | 3 | 3 | 2 | 2 |
Immagini e grafici con testo | nil | nil | 5 | 1 |
Immagini da software dinamico | nil | nil | nil | 8 |
Totale Slides | 14 | 16 | 17 | 32 |
Tabella 2. Le diverse immagini da software dinamico sono state contate come slides.
Le slides hanno generalmente accompagnato le spiegazioni frontali dei docenti come supporto visivo/testuale. Due docenti hanno utilizzato un software per porre delle domande a risposta multipla agli studenti, in un caso come ripasso finale dei concetti esposti nelle lezioni precedenti mentre nell’altro per sondare la comprensione di concetti presentati nel corso della stessa lezione e rappresentati sullo schermo attraverso dei grafici.
Nelle successive interviste dei ricercatori ai docenti, questi ultimi non hanno approfondito molto le ragioni delle loro scelte in merito all’uso delle slides e al tipo di slides utilizzate, dando per scontato che queste contribuiscano in qualche modo a facilitare in linea generale la capacità degli studenti di seguire le spiegazioni. Due docenti hanno dichiarato che le slides sono un utile supporto per loro come filo conduttore della lezione. Diverso è stato invece il grado di approfondimento delle spiegazioni supportato con le slides: alcune sono servite come solido supporto per approfondimenti durante le spiegazioni altre invece anche con funzione coreografica alle spiegazioni orali. Tutti i docenti hanno utilizzato la tecnica di non proiettare subito tutti i contenuti delle singole slides ma di renderli visibili man mano che la spiegazione introduceva nuovi contenuti. Tre docenti hanno reso disponibili le slides prima delle lezioni ritenendo che ciò potesse facilitare in qualche modo l’apprendimento degli studenti. Un docente ha affermato che a livello di consiglio di corso di studi c’è stato l’invito a usare questa pratica. Infine, è emerso anche come un docente non ritenga del tutto adeguato il suo modo di presentare i contenuti attraverso le slides che aveva preparato.
4. Discussione
Uno dei momenti più fecondi dell’indagine tra ricercatori e docenti è stato quello riguardante l’utilizzo di sussidi e nuove tecnologie (slides, software interattivi, audiovisivi, ecc.) per l’esposizione dei contenuti delle lezioni. I differenti livelli di competenza tecnologica e didattica, dichiarati dai docenti nelle interviste, hanno trovato conferma nel tipo di materiali prodotti a supporto del loro insegnamento.
Con riferimento alla letteratura scientifica in merito, l’apprendimento degli studenti universitari non risente in generale dell’utilizzo di slides prodotte con Power Point se l’insegnamento è condotto in forma tradizionale con lezioni frontali (Baker et al., 2018). Specifiche caratteristiche delle slides, se utilizzate consapevolmente rispetto al carico cognitivo generato negli studenti, possono risultare più efficaci di altre se il docente le adopera in modo mirato rispetto al tipo di apprendimento che si intende sollecitare (Mayer & Moreno, 2003; Garner & Alley, 2013). Questa conoscenza non è emersa come rilevante nel corso delle interviste. I docenti hanno utilizzato le slides più in base al livello delle loro competenze tecniche che rispetto a conoscenze pedagogico-disciplinari. Nel corso delle lezioni si è evidenziata l’attenzione a non esporre gli studenti a un eccessivo carico informativo di carattere testuale e visivo, gestito attraverso una progressiva presentazione dei contenuti delle singole slides. Questa modalità trova conforto nella teoria del carico cognitivo (Sweller et al. 2019) ed è stata tenuta come riferimento forse in parte in modo intuitivo o a seguito di replicazione di pratiche già osservate nel corso della propria esperienza professionale.
D’altra parte, docenti partecipanti con anni di esperienza di insegnamento alle spalle che non ritengono di avere competenze sufficienti per associare immagini o grafici ai testi delle slides in modo da facilitare gli apprendimenti, hanno evitato di farlo senza così correre il rischio di inserire elementi che avrebbero limitato l’efficacia delle presentazioni (Bartsch & Cobern, 2003); anche se resta valido che le slides con immagini, unite alle spiegazioni orali, favoriscono l’apprendimento più dell’associazione tra immagini e testi scritti oppure delle slides con soli testi scritti (Mayer & Moreno, 1998; Tufte, 2006).
Rispetto alla pratica di fornire le slides agli studenti in anticipo, attualmente non risultano evidenze scientifiche che questa pratica si traduca in un progresso dell’apprendimento o in un aumento della frequenza alle lezioni (Maydosz & Raver, 2010; Worthington & Levasseur, 2015). Sembra che l’attenzione in generale sia focalizzata più sulla produzione di slides e presumibilmente sulla loro quantità per coprire tutti i contenuti esposti che sulla loro reale efficacia per l’apprendimento.
Con riferimento alla presenza o assenza di grafici e immagini, come indicato in tabella 2, due docenti nelle loro lezioni hanno proposto un ampio ventaglio di tipi di slides mentre gli altri due una varietà più limitata. Le slides con solo testo, per loro natura, non forniscono specifici stimoli agli studenti se non a seguito di quanto esposto verbalmente dal docente e non offrono quindi un ulteriore supporto didattico. Per contro, slides con presenza di molte immagini e grafici, anche complicati, talvolta presentati tutti assieme, possono generare un sovraccarico cognitivo, soprattutto se non vengono adeguatamente spiegati.
Slides ricche di grafici e immagini di difficile interpretazione (Figura 1) sono state inizialmente giustificate dai docenti come stimolo per incuriosire gli studenti. Ad un’attenta analisi durante il confronto docenti-ricercatori, questo presupposto si è rivelato meno efficace di quanto previsto; infatti, le domande e gli interventi degli studenti durante l’utilizzo di queste slides sono stati assenti. Slides molto elaborate e ricche di immagini e/o grafici, possono risultare impegnative e poco incentivanti per studenti che in quei frangenti devono prestare attenzione simultaneamente alla spiegazione del docente e alla decifrazione della slides. Dati i limiti nella capacità della memoria di lavoro, soprattutto in assenza di un’organizzazione spaziale che sfrutti la connettività tra grafici e testo secondo i principi della Gestalt (Larkin e Simon 1987) i vantaggi che ne avrebbero potuto trarre erano ridotti, a causa delle difficoltà nell’integrare le informazioni in modo coerente.

Figura 1. Esempio di slide con grafici utilizzata durante una lezione.
Una ulteriore criticità è stata la difficoltà nel collegare metafore visive, ovvero immagini o grafici da interpretare in modo che facilitino la comprensione di contenuti che il più delle volte sono astratti e concettualmente impegnativi, a relazioni tra variabili e concetti nell’ambito delle scienze naturali.
In due casi analizzati nel confronto tra ricercatori e docenti, sono emerse le difficoltà di interpretazione da parte degli studenti di ciò che veniva loro mostrato. La metafora visiva proposta non si è rivelata efficace ed anzi ha generato confusione e poca comprensione.
Il primo episodio è tratto dalla lezione di Chimica del suolo. L’insegnante distingue il contributo relativo di ioni idrogeno (H+), provenienti da diverse fonti di ioni, nel determinare l’acidità di un terreno. Vengono distinte due tipologie di fonti: l’acidità attiva, ovvero il contenuto di ioni Idrogeno presenti in soluzione nel terreno e l’acidità scambiabile, ovvero il contenuto di ioni Idrogeno presente sulla superficie delle particelle di argilla nel terreno che possono, se scambiati ovvero rilasciati in soluzione nel terreno, contribuire all’acidità complessiva. Le due acidità nel terreno sono in equilibrio tra loro e si possono modificare alla presenza di altri ioni presenti nel suolo. Per spiegare questa relazione l’insegnante introduce un modello come quello in Figura 2 e nel dettaglio in Figura 3, presente nei testi di chimica del suolo, dove è rappresentata una macchinetta per il caffè comunemente in uso negli uffici.
Il modello propone la seguente analogia: gli ioni presenti sulla superficie delle particelle d’argilla corrispondono al liquido nel contenuto nella macchinetta del caffè, mentre gli ioni presenti nel terreno in soluzione corrispondono al caffè nel bicchiere.
Le quantità di caffè presenti nei due contenitori rappresentano le tipologie di acidità che hanno diversa rilevanza per l’acidità totale del suolo. Nel corso della lezione l’insegnante pone diverse domande tese a definire una medesima risposta ovvero: quale delle due acidità può essere definita più rilevante per l’acidità di un terreno. L’insegnante a più riprese chiede: quale delle due acidità può essere più difficile da modificare? In quale dei due contenitori potrebbe andare a finire? (quella più difficile da modificare n.d.a.), Se vogliamo neutralizzare una delle due acidità quale delle due potrebbe essere più facile da neutralizzare?
Nonostante le diverse domande che cercavano di dimostrare l’assunto, gli studenti non sono stati in grado di rispondere. Dopo alcuni secondi di silenzio, l’insegnante ha calcolato le due acidità non ritornando sulla metafora visiva della macchinetta del caffè. Resta quindi non chiarito se il supporto della metafora visiva abbia fornito un aiuto alla comprensione degli studenti o un’inutile complicazione.

Figura 2. Modello di metafora visiva: la macchinetta del caffè.
Nel corso dell’intervista, dopo la visione dell’estratto, l’insegnante ha criticato la validità della metafora visiva proposta e della sua presentazione. Ha riscontrato una eccessiva distanza tra il contenuto della spiegazione e quello della figura (“forse sarebbe stato meglio un disegno con dell’acqua che viene drenata...”) e ha sostenuto che sarebbe stato più efficace un modello dinamico dato che la domanda riguardava la variazione nel tempo di contenuto ionico del terreno. Analizzando il video, nel momento delle domande poste agli studenti, la docente ha evidenziato come fossero troppo difficili. In questo caso è emerso come l’utilizzo di una metafora visiva, soprattutto se non collegato in maniera solida con i contenuti presentati, si può rivelare di scarsa utilità per gli studenti.
L’insegnante ha la responsabilità di testare tali modelli per valutarne l’efficacia e l’opportunità di utilizzo anche al fine di non creare errate concezioni negli studenti in argomenti che sono di una certa complessità. L’intenzione di chi ha ideato l’immagine era probabilmente di evidenziare come il contributo di ioni presenti in superficie delle particelle d’argilla fosse superiore, come una sorta di serbatoio da cui attingere per il rifornimento di ioni idrogeno, rispetto a quello presente in soluzione nel terreno. Probabilmente l’immagine potrebbe essere riutilizzata più efficacemente per fissare il concetto del contributo relativo di ioni, dopo un’opportuna spiegazione, ma difficilmente può fornire un supporto all’intuito per trovare una ragione di quale contributo può essere più rilevante, in quanto non fornisce sufficienti elementi di comprensione se non associando in modo casuale, per via meccanica, un contenitore a una delle due fonti di ioni idrogeno.

Figura 3. Modello di metafora visiva applicata: la macchinetta del caffè.
Il secondo episodio, tratto dalla lezione di Chimica Generale, riguarda la comprensione della distribuzione omogenea di carica negativa nel modello atomico di Thomson. In questo modello rappresentato in Figura 4, le cariche negative sono rappresentate come piccole aree circolari distribuite uniformemente all’interno della massa positiva dell’atomo.

Figura 4. Il modello di Thomson rappresentato attraverso la metafora visiva del “modello panettone”.
Nel corso della spiegazione, per sottolineare la struttura del modello, l’insegnante utilizza la metafora del panettone indicando, anche con gesti, la posizione delle cariche negative all’interno della massa atomica dove l’impasto rappresenta la massa con carica positiva e i canditi rappresentano le cariche negative. In questa metafora, le cariche negative sono quindi piccoli nuclei (in rosso nell’immagine a sinistra in Figura 4) all’interno di un impasto a massa positiva (in blu nella stessa immagine).
Successivamente, per riprendere e chiarire ulteriormente i concetti appena esposti con la metafora visiva del panettone con canditi, viene utilizzato un software dinamico di simulazione (Figura 5) che rappresenta il passaggio di fasci di particelle positive inviate da un emettitore attraverso del materiale (una lamina d’oro sottilissima).

Figura 5. Il simulatore impiegato per rappresentare il passaggio di fasci di nuclei di particelle positive inviati da un emettitore attraverso un materiale.
L’insegnante spiega che il simulatore, in coerenza col modello atomico spiegato, che sottintende una distribuzione omogenea di cariche positive e negative nell’atomo, non mostra deviazioni dei fasci di particelle positive dalla loro direzione iniziale. Nel corso di questa spiegazione una studentessa chiede perché nel modello atomico di Thompson i fasci di particelle positive non dovrebbero venire deviati, dato che potrebbero casualmente colpire una zona positiva dell’atomo, costituita dall’impasto del panettone.
Il problema che emerge è il seguente: la metafora visiva utilizzata e i gesti espliciti dell’insegnante, che mimava la presenza dei canditi all’interno dell’impasto, hanno condotto la studentessa a un’interpretazione errata del concetto di omogeneità di carica, focalizzando invece l’attenzione sulle masse puntiformi delle particelle negative e distraendo l’attenzione dal concetto di carica elettrica.
La visione successiva della lezione registrata ha permesso all’insegnante di valutare positivamente l’intervento della studentessa, realizzando come in effetti la metafora visiva del panettone non fosse così chiara. Questa riflessione ha indotto l’insegnante a formulare il proposito di adeguare questa parte di spiegazione alle difficoltà di comprensione emerse nella studentessa. Si rimarca qui il fatto che nel corso della spiegazione l’insegnante ha più volte sottolineato l’idea di omogeneità di carica ma questa informazione contrastava con la gestualità e la metafora visiva utilizzata. Inoltre, la stessa perplessità sull’adeguatezza del modello e della metafora proposta, come supporto alla comprensione degli studenti, era stata discussa dai ricercatori nel corso della visualizzazione prima della domanda posta dalla studentessa. Ciò conferma la validità della videoanalisi come stimolo alla riflessione sulla didattica.
L’episodio evidenzia come l’utilizzo di metafore visive nella trasmissione dei concetti in ambito scientifico, anche se attuato con l’intenzione di semplificare l’apprendimento, può in alcuni casi non essere efficace. Le metafore, infatti, trasportano immagini e convinzioni implicite che passano da un dominio di conoscenza a un altro talvolta senza essere notate (Sfard, 1998). In questo caso le assunzioni previste per la materia e la sua struttura, esemplificate nel modello a panettone, confliggono con quelle previste per il modello delle cariche elettriche come un insieme omogeneo costituito da parti diverse per tipo di carica. Il rischio è quindi anche quello di presentare modelli semplici per facilitare l’apprendimento che non mantengono aspetti sostanziali dei concetti necessari per l’apprendimento dei contenuti e che anzi entrano in conflitto con questi generando il tipo di difficoltà di comprensione espresse dall’intervento della studentessa.
L’eterogeneità disciplinare dei docenti e dei ricercatori ha rappresentato un valore aggiunto dell’indagine, favorendo uno scambio di prospettive che ha permesso di valorizzare la ricchezza dei contesti accademici di appartenenza e di individuare criticità comuni, indipendenti dal contenuto scientifico trattato (Tucholka & Gold, 2025).
5. Conclusioni
L’innovazione didattica, per non ridursi a un mero adeguamento alle nuove tecnologie e metodologie di insegnamento/apprendimento, richiede nei docenti universitari la consapevolezza di come adattare i contenuti disciplinari alle modalità e capacità di apprendimento degli studenti.
L’indagine presentata, pur con un campione ridotto, si configura come uno stimolo per percorsi di faculty development, rivelandosi utile non solo alla formazione individuale, ma anche alla promozione dell’interdisciplinarità e alla condivisione di buone pratiche tra colleghi. Ciò è in linea con esperienze recenti che hanno mostrato l’efficacia di strategie collaborative (Bifulco et al., 2023) e di MOOC dedicati (Dubois et al., 2024) nel favorire processi di innovazione didattica condivisi e replicabili.
Un elemento centrale emerso riguarda il ruolo della videoanalisi, che si conferma un supporto efficace alla riflessione dei docenti: essa consente di riconsiderare le routine legate alla progettazione dei materiali didattici, di problematizzare l’uso delle immagini come supporto all’apprendimento e di valorizzare le domande degli studenti come strumento per affinare le spiegazioni e ricalibrare le metafore visive. L’esempio della domanda sulla comprensione del concetto di carica elettrica dimostra come la partecipazione attiva degli studenti, accompagnata da una successiva riflessione, possa migliorare la qualità dell’insegnamento e favorire un apprendimento più profondo.
La ricerca, a carattere esplorativo, ha permesso di lavorare in profondità con i docenti attraverso interviste supportate da videoregistrazioni delle lezioni. Rivedersi e dialogare con i ricercatori ha offerto ai partecipanti quel necessario distanziamento critico per riconsiderare le proprie pratiche e individuare aree di miglioramento nella produzione e nell’uso delle immagini a supporto dell’insegnamento.
In prospettiva di faculty development, l’indagine rappresenta un primo passo verso la strutturazione di percorsi formativi interdisciplinari, finalizzati a promuovere l’apprendimento riflessivo individuale. Nel contesto italiano, ciò risponde anche alle indicazioni del PNRR, che individua nello sviluppo professionale dei docenti e nella capacità di innovazione didattica una priorità strategica. La convergenza di docenti provenienti da diversi settori disciplinari risulta particolarmente vantaggiosa per affrontare problematiche comuni e per orientare le pratiche verso modelli di apprendimento efficaci e sostenibili, coerenti con le teorie dell’apprendimento proprie di ciascuna disciplina.
Infine, la diffusione e la replicabilità di ricerche analoghe possono alimentare un movimento più ampio di innovazione didattica, con ricadute significative sulla qualità dell’insegnamento universitario. L’esplicitazione delle metodologie adottate e la trasparenza dei protocolli di ricerca costituiscono condizioni essenziali per consolidare un dialogo scientifico e pedagogico tra discipline diverse e per rendere tali esperienze trasferibili in contesti più estesi.
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