Adapted Sports Practice and the Educational Process

 

Pratica sportiva adattata e processo educativo

 

Giacomo Pascali

Università del Salento (Lecce, Italy) – giacomo.pascali@unisalento.it

https://orcid.org/0009-0003-1617-403X

 

Dario Colella

Università del Salento (Lecce, Italy) – dario.colella@unisalento.it

https://orcid.org/0000-0002-8676-4540

 

ABSTRACT

The teaching of motor and sports activities adapted to disabilities is a fruitful field of educational intervention in continuous evolution. The analysis, adaptation of the motor task supports the implementation of teaching models that promote an inclusive sports experience for all students. Sport integrated into the teaching-learning process, in fact, pursues inclusive goals according to an adapted methodological approach, i.e. accessible and personalized. The following contribution aims to highlight the educational purposes of motor and sports activity, focusing on the vision of both Adapted Physical Activity and integrated sports activity. There is also the regional project “School, Sport and Disability” promoted by CIP Puglia in collaboration with USR Puglia, which over the years has involved a high number of students with disabilities from lower and upper secondary schools in order to promote the participation of disabled pupils in student championships, with the aim of implementing sports and relational experiences, and encourage continuity of extracurricular practice.

 

L’insegnamento delle attività motorie e sportive adattate alle disabilità costituisce un fecondo ambito d’intervento educativo in continua evoluzione. L’analisi, l’adattamento del compito motorio supportano l’implementazione di modelli didattici che promuovono un’esperienza sportiva inclusiva per tutti gli studenti. Lo sport integrato nel processo d’insegnamento apprendimento, infatti, persegue finalità inclusive secondo un approccio metodologico adattato, cioè accessibile e personalizzato. Il seguente contributo si propone di evidenziare le finalità educative dell’attività motoria e sportiva, rivolgendo l’attenzione alla visione sia dell’Attività Fisica Adattata sia dell’attività sportiva integrata. Si presenta, altresì, il progetto regionale “Scuola, Sport e Disabilità” promosso dal CIP Puglia in collaborazione con l’USR Puglia, che negli anni ha coinvolto un alto numero di studenti con disabilità delle scuole secondarie di 1° e 2° grado al fine di promuovere la partecipazione degli alunni disabili ai campionati studenteschi, con l’obiettivo di implementare le esperienze sportive e relazionali, e favorire una continuità della pratica extrascolastica.

 

KEYWORDS

Adapted physical activity, Inclusion, Integrated sport, Motor task, Special pedagogy

Attività fisica adattata, Inclusione, Sport integrato, Compito motorio, Didattica speciale

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Authors declare no conflicts of interest.

 

RECEIVED

April 8, 2024

 

ACCEPTED

May 13, 2024


 

1. Introduzione

 

L’attività motoria e sportiva, svolta in diversi contesti formativi, è ampiamente riconosciuta per il suo contributo alla crescita della persona, all’inclusione ed alla promozione della salute, specialmente per i giovani e gli adolescenti (Cioni & Magnanini, 2023).

Per la sua natura intrinsecamente educativa, essa richiede una progettazione e conduzione ben sostenuti metodologicamente che tenga conto della diversità individuale, al fine di favorire la massima partecipazione e rispettare le specifiche esigenze di ciascun individuo.

La pratica sportiva rappresenta un’eredità culturale universale che offre significative opportunità di crescita individuale, indipendentemente dalle circostanze personali e sociali, contribuendo alla promozione del benessere fisico e mentale, nonché alla qualità della vita e all’inclusione sociale (Moliterni, 2013).

Le linee guida dell’OMS (WHO, 2010) raccomandano che i bambini e gli adolescenti, con e senza disabilità, svolgano almeno 60 minuti al giorno di attività fisica di intensità da moderata a vigorosa (MVPA), principalmente aerobica, durante la settimana.

Inoltre, è fortemente consigliato includere attività che rafforzino il sistema muscolo-scheletrico per almeno tre giorni a settimana. Abitudini sedentarie prolungate nei bambini e negli adolescenti sono associate a effetti dannosi sulla salute, inclusa una ridotta forma fisica e salute cardio-metabolica, un aumento dell’adiposità, un cambiamento comportamentale negativo e una minore durata del sonno. Di conseguenza, si raccomanda che i bambini e gli adolescenti limitino il tempo trascorso inattivi, specialmente il tempo trascorso di fronte a schermi durante il tempo libero (Bull et al., 2020).

Bailey e colleghi (2009), tramite una revisione volta a indagare sui benefici dell’educazione fisica e dello sport nei domini fisico, sociale, affettivo e cognitivo della persona, hanno sottolineato che per ottenere benefici sociali, come ad esempio un miglioramento della collaborazione con gli altri, sono più importanti i processi generati dalla partecipazione collettiva all’educazione fisica che il contenuto dell’attività stessa. Gli effetti di mediazione educativa, infatti, determinati da insegnanti, genitori, allenatori, sono essenziali. In questo contesto, il valore dell’educazione fisica risiede nell’opportunità offerta attraverso l’interazione positiva con gli altri, che consente di sperimentare e acquisire una vasta gamma di abilità personali, sociali e socio-morali. Queste competenze, fungendo da capitale sociale nel tempo, consentono ai giovani di funzionare in modo adeguato e accettabile in molteplici contesti sociali.

Le argomentazioni sui vantaggi sociali derivanti dall’educazione fisica si basano principalmente sull’idea che l’attività motoria e sportiva sia un efficace strumento per favorire lo sviluppo di competenze sociali. Le ricerche hanno effettivamente confermato questa ipotesi, dimostrando che attraverso l’educazione fisica si possono sviluppare capacità di lavoro di gruppo e senso di responsabilità personale (Bailey et al., 2009; Opstoel et al., 2019).

Nel seguente contributo verranno illustrate le caratteristiche dei differenti modelli d’intervento che si sono evoluti nel tempo riguardanti l’attività fisica adattata, evidenziandone le differenze e le teorie sugli adattamenti del compito motorio, sia in ambito scolastico che sportivo. Per quest’ultimo, viene preso in considerazione lo Sport Integrato come modello di riferimento. L’obiettivo è quello di fornire degli strumenti operativi per favorire una didattica inclusiva. Infine, si presenta il progetto Regionale Scuola, Sport e Disabilità, promosso del CIP Puglia e dell’USR Puglia e rivolto alle scuole secondarie di primo e secondo grado e finalizzato a promuovere l’avviamento sportivo e la partecipazione ai campionati studenteschi dei preadolescenti con disabilità.

 

2. Dall’Educazione Fisica Adattata alla pratica sportiva

 

L’attività fisica adattata agisce sul miglioramento della salute e del benessere tramite la personalizzazione dell’intervento didattico, l’attività sportiva adattata di conseguenza, pone un focus sulle strategie didattiche e sui contesti per garantire la partecipazione alle competizioni sportive o alle attività ricreative, personalizzate e/o adattate alle persone con disabilità.

L’educazione fisica adattata non è un’altra disciplina o una sub-disciplina rispetto all’educazione fisica ma si caratterizza per la personalizzazione dell’intervento didattico-educativo-inclusivo. Gli snodi della progettazione educativa, essenziali e irrinunciabili, sono: l’analisi del compito motorio e le varianti esecutive; l’uso di attrezzi adattati alle differenze ed ai bisogni individuali; le regole di comportamento e di relazione, le relazioni interpersonali, il setting, cioè gli spazi e gli ambiti significativi di apprendimento ed inclusione.

Senza dubbio, l’insegnamento dell’educazione fisica all’interno dell’ambiente scolastico offre una serie di vantaggi rispetto alle attività fisiche svolte al di fuori della scuola.

Tra questi vantaggi vi sono la partecipazione simultanea di tutti i ragazzi e le ragazze della stessa fascia d’età nello stesso contesto, una minore pressione esterna che riduce l’accento sull’aspetto competitivo e sui risultati, e l’integrazione di un percorso di educazione sociale nel programma di studi scolastico (Bailey, 2006).

Per garantire il diritto all’educazione fisica di qualità, parte integrante di ogni curriculum scolastico, sarebbe appropriato includerla nel contesto del modello dell’inclusive education (UNESCO, 1994).

Seguendo questa linea di pensiero che promuove la coerenza concettuale, è importante chiarire a quale modello di educazione fisica ci stiamo riferendo quando inseriamo questa disciplina nel contesto più ampio dell’inclusione scolastica. Proviamo a farlo attraverso un percorso di analisi teorica che inizia con il modello al quale facciamo meno riferimento, ovvero quello dell’Adapted Physical Education (APE).

A seguito della confusione sui termini e concetti legati alle discipline delle attività motorie adattate è risultato necessario negli anni ricercare definizioni comuni tra le differenti culture dei vari continenti, per differenziare in primis i concetti di APE e di APA.

L’APE viene inizialmente concepito negli USA come un programma scolastico di attività differenziate, svolto in un ambiente separato, per gli studenti non in grado di partecipare in modo sicuro o efficace al programma standard di educazione fisica. Invece, l’Adapted Physical Activity (APA), è inquadrata come una scienza che analizza il movimento, identifica i problemi nel dominio psicomotorio e sviluppa strategie didattiche applicabili a chiunque, indipendentemente dal contesto (Hutzler & Sherrill, 2007).

L’Attività Fisica Adattata (APA), termine introdotto dall’International Federation Of Adapted Physical Activity (IFAPA) nel 1973, costituisce un campo interdisciplinare finalizzato all’identificazione e alla risoluzione delle varie differenze individuali nell’ambito dell’attività fisica. Essa rappresenta sia una professione di fornitura di servizi che un campo di studio accademico, mirando a promuovere un atteggiamento di accettazione delle diversità individuali, facilitando l’accesso a stili di vita attivi e alla pratica sportiva, e incoraggiando l’innovazione, la cooperazione nei programmi di servizio e l’empowerment. L’attività fisica adattata, inclusiva ma non limitata a educazione fisica, sport, attività ricreative, danza, arti creative, nutrizione, medicina e post-riabilitazione, è parte integrante di questo approccio (IFAPA, 2004).

Dunque il concetto fondamentale dell’APA dovrebbe riguardare non solo l’adattamento delle attività fisiche in palestra, ma piuttosto l’adattamento di tutti i processi coinvolti nella presa in carico della persona e nell’incremento dell’autonomia. Ciò include la pianificazione, la scelta del metodo, la valutazione, il coaching, il sostegno, e così via, i quali devono essere personalizzati per rispondere alle esigenze individuali (Hutzler & Sherrill, 2007).

Riportando il focus esclusivamente sul campo dell’Educazione Fisica Adattata (APE), emerge ancora una scarsa corrispondenza tra i principi del modello adattato e quelli del modello dell’inclusione scolastica.

Esaminando le definizioni fornite da Dunn e Leitschuh (2010) e da Block (2016) è possibile cogliere questa disparità tra i due approcci. Dunn e Leitschuh (2010) definiscono i programmi di educazione fisica adattata come quelli che hanno gli stessi obiettivi del programma curriculare-regolare di educazione fisica e rivolto agli alunni normodotati, ma con adattamenti per rispondere alle esigenze e alle abilità degli allievi da loro definiti “eccezionali”.

Block (2016) invece descrive l’APE come una sotto-disciplina dell’educazione fisica con un’enfasi sull’educazione fisica per gli studenti con disabilità. Entrambe le definizioni evidenziano una chiara distinzione tra l’educazione fisica standard e l’Educazione Fisica Adattata (APE). Ad ogni modo, nella prima definizione, l’APE è considerata un’attività che interviene in un secondo momento, apportando modifiche alle attività regolari per adattarle alle esigenze speciali, mentre nella seconda viene vista in una posizione subordinata.

Il problema, rispetto la prima definizione, non è tanto la condivisione degli stessi obiettivi con sottili variazioni semantiche, quanto piuttosto il fatto che l’APE sembra intervenire solo dopo che la progettazione delle attività curriculari sia già iniziata, per apportare correzioni successive. In sostanza, sembra essere enfatizzato l’approccio della differenziazione didattica, mentre viene trascurata l’adozione di un approccio universale alla progettazione delle attività.

Entrambi gli approcci sono caratterizzati da strategie didattiche altamente inclusive, gli adattamenti però si attuano sul contenuto, sul processo (sul metodo) e sul prodotto, mantenendo gli stessi spazi e gli stessi tempi, con attività didattiche ed esperienze di apprendimento specifiche in base alle differenze individuali. L’approccio della progettazione universale, il cui modello più conosciuto in ambito educativo è forse l’Universal Design for Learning (UDL) (Rose, 2000; Hall et al., 2012), invece promuove l’elaborazione di progetti flessibili fin dalle fasi iniziali, integrando soluzioni diversificate per rispondere alle diverse modalità di apprendimento degli individui.

Ciò permette a ogni allievo di progredire partendo dal proprio punto di partenza reale.

L’obiettivo non è semplicemente adattare il curriculum per gli studenti considerati “speciali”, ma piuttosto renderlo efficace per tutti, anticipando tale adattamento già nella fase di progettazione.

Negli ultimi anni, molti studiosi hanno adottato il termine Educazione Fisica Inclusiva (Inclusive Physical Education – IPE) per mantenere una stretta associazione, almeno a livello terminologico, con il concetto di inclusive education. Tuttavia, la definizione di IPE ha assunto significati diversi in base al contesto culturale, generando confusione. Secondo Heck e Block (2021), l’IPE si riferisce a interventi che adattano le attività di educazione fisica generale, spesso coinvolgendo uno specialista di APA.

Tuttavia, emerge una contraddizione nel considerare inclusiva un’attività che, in realtà, viene svolta in classi speciali in diversi Paesi.

Si continua a diffondere l’idea errata che l’inclusione, anche in educazione fisica, sia un’aggiunta eccezionale al contesto generale, anziché un principio educativo fondamentale e ineludibile. Inoltre, si attribuisce l’etichetta di “inclusiva” ad attività di educazione fisica che sono in realtà escludenti secondo i principi dell’inclusive education.

È importante sottolineare che, coerentemente con il linguaggio internazionale, l’IPE dovrebbe essere considerata un’applicazione dell’inclusive education all’educazione fisica. In Italia, l’educazione fisica ha seguito il percorso della full inclusion dagli anni settanta, garantendo l’accesso a tutti gli alunni, con e senza disabilità.

Tuttavia, solo dagli anni duemila si sono sviluppate specifiche esperienze di Educazione Fisica Inclusiva, proponendo modelli di attività motorie integrate in ambienti inclusivi.

Questi nuovi approcci educativi mirano a trasformare le attività motorie e sportive, abbracciando un paradigma inclusivo che permetta a ogni individuo di esprimersi e sviluppare le proprie potenzialità. È fondamentale che le persone con disabilità abbiano accesso ad attività motorie più inclusive, oltre alle semplici attività adattate, che pur avendo benefici fisici e riabilitativi, possono creare segregazione ed esclusione (de Anna, 2007; Magnanini, 2009).

 

3. Attività fisica adattata: accessibilità e pari opportunità

 

Come sottolineato da Moliterni (2013), un’educazione fisica di qualità deve essere non discriminante ma rispettosa delle diversità, consentendo a tutti gli alunni di partecipare pienamente e valorizzando le loro specificità educative e bisogni individuali.

In questa ottica, l’Educazione Speciale ci invita a considerare il mondo delle persone con disabilità e quello delle persone senza disabilità come parte di un’unica realtà, abbracciando appieno il concetto di integrazione. Questo approccio sottolinea che il sistema educativo funziona pienamente solo quando coinvolge attivamente e partecipativamente tutti i suoi membri, valorizzando il contributo di ciascuno (Gelati, 2004).

Assume quindi, particolare rilevanza il concetto di accessibilità, che non riguarda, unicamente, l’eliminazione delle barriere architettoniche e fisiche, ma costituisce anche l’elemento fondamentale di un modello di progettazione universale, capace di esaminare gli elementi che risultano inutilizzabili poiché non concepiti considerando le diverse esigenze degli individui (Mura, 2011). Questo approccio richiede una ri-considerazione e una ri-strutturazione del processo didattico-educativo in termini di inclusione, un processo che solo l’educazione può realizzare pienamente.

Come anche riportato nelle linee guida del MIUR (2009), l’accettazione e l’integrazione delle persone con disabilità nell’ambito scolastico rappresentano una trasformazione profonda sia per le istituzioni educative che per la società nel suo complesso. Questo cambiamento ha stimolato la riflessione sulla prassi educativa tradizionale, aprendo nuove prospettive di ricerca pedagogica che includono l’approccio metacognitivo, il tutoraggio tra pari, l’apprendimento cooperativo, l’analisi dei compiti e l’uso di supporti didattici. Tali approcci non solo mirano a facilitare e sostenere il processo di apprendimento delle persone con disabilità, ma anche a promuovere l’esperienza condivisa di apprendimento, alla ricerca di continui punti di contatto tra le metodologie della didattica speciale e quelle della didattica comune (Magnanini & Trull, 2015).

È fondamentale promuovere interazioni di qualità, le quali dipendono dalla capacità degli insegnanti ed educatori di progettare interventi adatti alle situazioni comportamentali che si presentano di volta in volta (Bailey, 2006).

Attraverso le attività formative teoriche e pratiche, l’insegnante di educazione fisica ha il potenziale per garantire agli studenti parità di accesso, partecipazione e uguali opportunità.

Questi tre aspetti costituiscono le fondamenta dell’approccio educativo inclusivo, evidenti nella progettazione del contesto, nell’innovazione e nell’utilizzo originale di risorse, nella strategia adottata (come il peer tutoring o l’apprendimento cooperativo) e nella preparazione di attività e giochi adattati alle varie competenze presenti in classe (Magnanini, 2021).

La pratica della didattica inclusiva si basa sull’adozione della cultura dell’analisi del compito. nota anche come task analysis e sull’impiego della metodologia per la sua proposta,

L’analisi del compito consiste innanzitutto nell’analisi delle sue valenze formative, ovvero nello studio delle funzioni cognitivo-motorie e sociali che coinvolge o richiede e, contestualmente, nel destrutturare i compiti complessi in compiti più semplici (Tabella 1). A tal proposito, diversi sono gli approcci scientifici che sollecitano una forte integrazione per rispondere ai bisogni emergenti nelle pratiche motorie e sportive (Pesce, 2002, 2019; Avanzino et al., 2015; D’Alessio, 2016; Olivieri, 2016; Gola, 2020). La didattica del compito è essenziale per avviare il processo didattico in qualsiasi ambito disciplinare purché sia costantemente agganciato alle modalità di apprendimento dell’allievo, senza perdere di vista lo sviluppo del processo educativo.

Nella prassi didattica, la destrutturazione dei compiti, com’è noto, segue la progettazione del carico motorio (facilitato, facile-difficile, semplice-complesso). Ad esempio, nell’ambito dell’attività sportiva, si richiede un’abilità tecnica come il palleggio nel volley; queste abilità tecniche derivano dall’evoluzione delle abilità motorie fondamentali, (ricevere una palla da fermo e calciare verso il compagno, ecc). La didattica del compito implica la partecipazione dell’allievo e del gruppo al processo d’insegnamento e apprendimento (Pesce, 2002; Pesce et al., 2019), senza esclusioni ma con particolare attenzione ai bisogni educativi speciali.

 

Preparazione di situazioni-stimolo facilitate

Scomposizione di un compito motorio/obiettivo complesso in compiti/sotto-obiettivi più facili/semplici, in ordine sequenziale

Utilizzo dei risultati positivi per sostenere e rinforzare l’apprendimento

Tabella 1. Task analysis steps (Gardner et al., 1983).

 

Gli adattamenti devono essere considerati secondo le potenzialità del soggetto con disabilità e lo svolgimento di attività motorie e sportive adattate richiede di effettuare gli adattamenti necessari di volta in volta, di maggiore o minore entità (Tabella 2), su diversi piani (Figura 1) (Rosa & Colella, 2004).

 

Minime

Moderate

Considerevoli

Aiuti visivi e sonori (ridurre distrazioni ambientali, guide visive e sonore, scelta dei colori)

Attrezzature, regoli, ruoli nelle attività

Adattare il compito i bisogni dell’allievo (personalizzazione) senza però sganciarlo completamente dal modello esecutivo (es. il compagno, opportunamente preparato, guida l’alunno con disabilità)

Tabella 2. Tre tipologie di modificazioni (De Potter, 2003).

 

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Figura 1. Gli adattamenti nell’attività fisica adattata (Rosa & Colella, 2004).

 

Per favorire l’apprendimento, è essenziale non solo selezionare i compiti motori e le attività da proporre, attraverso l’analisi del compito motorio, ma anche valutare le modalità di interazione e comunicazione con gli allievi attraverso cui favorire l’acquisizione di abilità, conoscenze e fattori correlati. Non solo gli obiettivi di apprendimento, ma anche le modalità di comunicazione insegnante-allievo-allievi ed i contesti in cui si realizza il processo educativo richiedono intenzionalità didattica (Colella, 2018).

Con un’attenzione specifica ai rapporti tra insegnante e studenti, la decisione di variare ed adattare gli stili d’insegnamento (Mosston & Ashworth, 2008), assume un’importanza significativa nei processi di apprendimento ed i processi cognitivo e sociali correlati.

La relazione tra l’oggetto dell’insegnamento-apprendimento motorio e lo stile d’insegnamento, riguarda (Colella, 2019):

 

a.      le modalità della relazione educativa e la presentazione del compito;

b.     le risposte motorie richieste agli allievi;

c.      gli spazi-ambienti in cui avviene l’apprendimento.

 

Le variazioni nella presentazione del compito, nelle modalità organizzative, nella formazione dei gruppi e nelle risposte motorie richieste agli studenti dipendono dallo stile di insegnamento adottato.

Le modalità di apprendimento degli studenti sono stimolate tramite opportunità strutturate di esperienze motorie, supportate dalla selezione e dalla variazione degli stili di insegnamento, dunque il ruolo delle metodologie è decisivo e ineludibile (Colella et al., 2023).

Pertanto, gli stili di insegnamento agiscono come mediatori nello sviluppo cognitivo, motorio, emotivo e sociale degli studenti, trasformando i contenuti di insegnamento oggettivi in contenuti di insegnamento personalizzati e adattati.

 

4. I benefici dell’attività sportiva per la persona con disabilità

 

Lo sport è educativo quando favorisce lo sviluppo delle attitudini motorie in connessione con gli aspetti affettivi, cognitivi e sociali della persona (Le Boulch, 2017).

Per le persone con disabilità, l’attività sportiva assume un’importanza significativa, poiché fornisce varie e numerose opportunità per migliorare le condizioni fisiche, mentali e sociali.

Un processo di allenamento fisico continuo e la partecipazione a diverse discipline sportive non solo contribuiscono al potenziamento delle capacità motorie, come la forza, la resistenza e la coordinazione, ma favoriscono anche lo sviluppo delle capacità percettivo-cognitive. Inoltre, la possibilità di partecipare ad attività personalizzate ed interagire in un ambiente sportivo organizzato, attrezzato e sicuro offre loro un senso di appartenenza e di inclusione sociale, contribuendo così alla loro crescita e autostima (Bloemen et al., 2015).

L’attività sportiva oltre a svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere l’inclusione e il benessere delle persone con disabilità, contribuisce a modificare la percezione della comunità nei loro confronti, evidenziando le loro abilità e attenuando così l’attenzione sulla disabilità stessa. Tale impatto si estende anche alla persona con disabilità, poiché spesso rappresenta la prima occasione di agire in modo indipendente, assumere decisioni e affrontare rischi.

Il processo graduale di apprendimento di abilità motorie e il conseguimento di risultati positivi contribuiscono alla costruzione della fiducia in sé stessi, la quale è essenziale per affrontare ulteriori sfide nella vita quotidiana, come l’istruzione e l’occupazione (Farinella et al., 2016).

In aggiunta, lo sport offre significative opportunità per lo sviluppo di abilità sociali, la formazione di nuove amicizie al di fuori dell’ambiente familiare, l’assunzione di responsabilità e l’assunzione di ruoli di leadership. Attraverso l’esperienza sportiva, le persone con disabilità acquisiscono competenze cruciali per l’interazione sociale, sviluppando un senso di autonomia e la capacità di influenzare positivamente un cambiamento socio-culturale (Cioni & Magnanini, 2023).

Il gioco e lo sport costituiscono delle opportunità per esplorare e mettere in atto la propria creatività, consentendo la scoperta e lo sviluppo delle proprie abilità e conoscenze. Questi contesti, caratterizzati da regole e ruoli predeterminati, fungono da ambienti artificiosi che spingono l’individuo a confrontarsi sia con sé stesso che con gli altri. Tale interazione stimola la crescita personale e favorisce un maggiore grado di consapevolezza di sé.

Nonostante il suo sviluppo socio-culturale nel corso del tempo, lo sport dovrebbe rimanere fedele alla sua natura originaria di opportunità di intrattenimento e divertimento-gradimento nel confronto motorio. Questo richiamo alla radice del termine “sport”, derivante dall’idea di divertimento e svago, rimane fondamentale nel mantenere vivo lo spirito ludico dello sport, ispirandosi al modello inglese alla fine del Diciassettesimo secolo (Cambi, 2003; Magnanini & Trull, 2015).

Il 20 settembre 2023 segna un momento storico per lo sport in Italia, con l’approvazione unanime della Camera dei deputati del disegno di legge costituzionale n. 715-B che inserisce lo sport nella Costituzione. Questa modifica riconosce il valore educativo, sociale e promotore del benessere psicofisico dello sport in tutte le sue forme, sottolineando la sua importanza sociale e culturale nella società contemporanea.

Il riconoscimento del diritto allo Sport per tutti è stato formalmente enunciato, almeno a livello teorico. Però, come affermano Magnanini & Trull (2015), emerge un interrogativo cruciale: nella pratica, esiste effettivamente l’opportunità di partecipare allo sport per tutti, o ci troviamo piuttosto limitati a scegliere solo tra discipline che segregano gli individui in categorie distinte? L’approccio allo sport per tutti (sport integrato), propone un’alternativa che si basa sull’idea che tale pratica dovrebbe coinvolgere contemporaneamente individui con e senza disabilità, ponendo così le basi per una reale inclusione e partecipazione.

Uno dei primi modelli di inclusione delle persone con disabilità nello sport è quello proposto da Winnick (1987), l’Integration Continuum for Sport Participation.

Questo modello ha definito i presupposti da base per quello creato da Black e Stevenson (2011), l’Inclusion Spectrum, per attribuire uguale rilevanza a ciascuna attività all’interno di un processo di inclusione complesso.

Questo nuovo modello non utilizza una scala gerarchica per illustrare i legami delle varie forme di attività fisica, come rappresentato nel modello di Winnick, ma introduce uno spettro raffigurato da insiemi e sottoinsiemi (Figura 2), per spiegare la continua relazione tra tutte le cinque forme di attività: 1) attività separate; 2) attività parallele; 3) attività sportiva per persone con disabilità con integrazione inversa; 4) attività aperte; 5) attività modificate.

 

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Figura 2. Inclusion Spectrum (Black & Stevenson, 2011). Adattato e tradotto da Grenier et al. (2017).

 

Dunque, ogni area dello spettro può interagire e integrarsi con le altre per creare un ambiente ottimale di apprendimento. Le attività separate sono progettate appositamente per una o più persone e si svolgono in spazi diversi.

Le attività parallele si identificano nei contesti motori e sportivi in cui le persone sono coinvolte in base alle abilità, e ciascun gruppo esegue le medesime attività motorie degli altri gruppi, ma in modalità diverse.

Le attività sportive per persone con disabilità, presentate come integrazione inversa, coinvolgono ragazzi con e senza disabilità che giocano insieme in un gioco sportivo per persone con disabilità, come, ad es., il basket in sedia a rotelle.

Ciò contrasta con gli ambienti tradizionali dell’educazione fisica, in cui sono i ragazzi con disabilità a doversi adattare agli sport proposti (per questo definita “integrazione inversa”).

Le attività aperte sono quelle che richiedono poche o nessuna modifica per permettere la partecipazione di persone con e senza disabilità, come i giochi di riscaldamento o le attività motorie cooperative non strutturate.

Infine, le attività modificate sono progettate per tutti, con adattamenti, anche significativi, agli spazi, alle regole, ai materiali e ai ruoli in campo.

Dopo varie revisioni, l’ultima versione dello Spettro dell’Inclusione colloca al centro l’area delle attività di integrazione inversa, poiché considerata dagli Autori una base solida per lo sviluppo delle altre forme di attività dello spettro (Black & Stevenson, 2011).

I due Autori, all’interno dell’Inclusion Spectrum, hanno poi integrato un ulteriore modello chiamato STEP (Space, Task, Equipment, People), al fine di fornire una guida pratica per adattare le attività di educazione fisica in modo inclusivo.

Questo modello permette di intervenire su diverse componenti:

 

a)     lo spazio (space) può essere regolato per adattarsi alle diverse abilità di mobilità;

b)     il compito (task) può essere scomposto e riorganizzato per garantire a tutti le stesse opportunità di partecipazione;

c)     le attrezzature (equipment) possono essere modificate e la progettazione può essere centrata sulle persone (people) e sulle loro diverse capacità motorie (Black & Stevenson, 2011).

d)     La prospettiva promossa dall’Adapted Physical Activity (APA), adottata anche nel contesto nazionale negli ultimi due decenni, ha favorito l’esperienza della dimensione motoria all’interno di contesti ludici e sportivi per persone con disabilità, andando oltre le sole pratiche riabilitative.

 

Nonostante ciò, alcuni studiosi evidenziano che tale approccio teorico-pratico potrebbe non essere in linea con le logiche di inclusione sostenute dalla pedagogia e dalla didattica speciale italiana nel corso degli ultimi quarant’anni (de Anna, 2009; Mura, 2011).

L’APA, come descritto precedentemente, si concentra esclusivamente su una popolazione con bisogni speciali, per la quale vengono adattate non solo le pratiche sportive, ma anche gli ambienti, le attrezzature e i regolamenti.

Al contrario, lo sport integrato o inclusivo, in linea con i principi della pedagogia speciale, si fonda sulla capacità del gruppo di adattare le proprie dinamiche interne e i comportamenti, al fine di consentire alle persone con disabilità di partecipare attivamente (de Anna, 2009; Farinella et al., 2016).

Lo sport per tutti si riferisce allo sport non professionistico, caratterizzato da esercizi facili-facilitati svolti in un contesto organizzativo amatoriale. È lo sport che offre a tutti l’opportunità di divertirsi, crescere e socializzare, nel rispetto delle regole sportive e recuperando il senso rituale e la codificazione associati allo sport come momento distinto dalla vita quotidiana, dedicato al puro gioco (Magnanini & Trull, 2015).

Il concetto espresso di attività fisica adattata ruota intorno alla necessità di modificare intenzionalmente il compito sportivo, al fine di includere le persone con disabilità, ma piuttosto di rivedere completamente le attività esistenti, sviluppando nuove discipline in modo da permettere una partecipazione piena e autentica, valorizzando e rispettando ogni forma di diversità.

Questo approccio implica un cambiamento profondo nella mentalità e nell’organizzazione delle attività sportive. Piuttosto che consentire la partecipazione delle persone con disabilità in modo marginale o modificando superficialmente le regole esistenti, si tratta di progettare e implementare attività che tengano conto delle capacità e delle abilità di ciascuno, adattando tempi, modalità e regole per soddisfare le specifiche esigenze di ogni individuo.

Avverte de Anna (2011, pp. 355‍–‍356) che l’obiettivo non è solo quello di coinvolgere tutti, ma soprattutto di evidenziare e promuovere le capacità di ciascun partecipante, offrendo un’esperienza sportiva inclusiva che rispetti e celebri le differenze. Questo approccio richiede un impegno attivo nella progettazione di nuove pratiche e discipline sportive che siano accessibili e pertinenti per tutte le persone, indipendentemente dalle loro abilità o disabilità. In tal modo, lo sport diventa un potente strumento di inclusione sociale e di promozione dell’uguaglianza.

Inoltre, questi valori e atteggiamenti appresi attraverso lo sport sono alla base di una comunità pacifica, produttiva, sana e coesa, che contribuiscono a un mondo più giusto (UNESCO, 2019, p. 4).

 

5. Lo sport integrato come modello di riferimento

 

Dal 2010, grazie all’operato di gruppi di ricerca Universitari, professionisti e associazioni, in Italia si sono accumulate significative esperienze di sport integrato, estendendosi sia nell’ambito scolastico che in contesti extracurriculari.

Questo tipo di attività motoria integrata richiede un’attenzione particolare, insieme a capacità empatiche, e implica lo sviluppo di strategie e tattiche di gioco mirate a valorizzare le potenzialità di ciascun individuo coinvolto.

Un passo iniziale verso questo obiettivo consiste nel sottrarsi alla deriva competitiva che talvolta caratterizza l’ambiente sportivo, ponendo invece l’accento sulla dimensione identitaria, relazionale, emotiva, sociale e ludica che emerge dall’interazione del corpo con lo spazio, il movimento e lo sport (Farinella et al., 2016), con l’obiettivo di implementare programmi di attività motoria e sportiva accessibili a tutti, indipendentemente dal livello di abilità o dall’età, e che rispettino le differenze individuali, mirando a garantire la gratificazione personale, il miglioramento delle performance e soprattutto la piena inclusione nei contesti considerati normali (Mura, 2009).

Le diverse definizioni di sport, che spaziano dallo sport olimpico allo sport sociale, da quello per persone con disabilità al concetto di sport integrato o adattato, rivelano non solo la convergenza di discipline trasversali, ma anche la presenza di una confusione concettuale nell’ambito sportivo. Per rendere lo sport “universale”, è essenziale adottare un approccio di ricerca specifico, capace di fornire linee guida utili per garantire accessibilità e promuovere una partecipazione attiva (Magnanini & Trull, 2015).

Lo Sport integrato, originato in Italia agli inizi degli Anni Duemila, si distingue come il modello sportivo più inclusivo, in grado di integrare completamente i principi dell’inclusione scolastica, della progettazione universale e dello sport. Si tratta di un’ampia gamma di attività ginniche, giochi e attività motorie, secondo diverse modalità organizzative che coinvolgono persone con e senza disabilità (con differenti deficit).

Queste attività sono accessibili sia agli uomini che alle donne, e si svolgono in un ambiente sia competitivo che non competitivo. In questo contesto, ogni individuo vede riconosciute e valorizzate le proprie capacità, basandosi su principi di pari opportunità e partecipazione attiva. Le normative adottate sono flessibili e rispettose della diversità individuale, permettendo così a tutti di partecipare pienamente e di esprimere il proprio potenziale (Magnanini & Trull, 2015).

Gli autori Magnanini et al. (2018), attraverso l’analisi dei regolamenti dei principali sport integrati, hanno evidenziato la capacità di questo modello di fondere tali principi, creando un dispositivo pedagogico-sportivo caratterizzato da:

 

·       Partecipazione attiva e consapevole di persone con e senza disabilità;

·       Regole codificate e flessibili per garantire una partecipazione equa e sicura;

·       Ruoli, spazi e materiali adeguati alle capacità di ogni individuo;

·       Risultato acquisito attraverso la cooperazione tra tutti i giocatori;

·       Elemento di competizione corretta che stimola la motivazione e il rispetto reciproco.

·       Esperienza di gioco sempre divertente e gratificante per tutti i partecipanti.

 

Questa progettazione mira a modificare in modo sostanziale spazi, ruoli, compiti e materiali degli sport tradizionali, i quali sono stati consolidati nel tempo per la loro dimensione ludica e divertente.

Fondati sui principi dell’Universal Design, questi giochi prevedono una vasta gamma di modalità di funzionamento fin dall’inizio, consentendo così di rispondere in modo previdente alle diverse esigenze dei partecipanti attraverso l’implementazione di misure di differenziazione già previste nella struttura di base.

Ad esempio, prendendo in considerazione i regolamenti del Baskin (Bodini et al., 2010) e del Calcio Integrato (Magnanini et al., 2018), è evidente come lo spazio di gioco sia stato ridefinito per introdurre nuove zone, anche protette, che consentono l’accesso a determinati giocatori con caratteristiche specifiche, mentre limitano l’accesso ad altri. Inoltre, per quanto riguarda il materiale utilizzato, sono state apportate modifiche significative, come l’aggiunta di ulteriori canestri nei margini del campo nel Baskin e l’introduzione di porte supplementari nel calcio integrato.

Inoltre, sono stati adottati palloni di dimensioni ridotte, leggeri e realizzati con materiali diversi rispetto a quelli tradizionali, al fine di garantire una partecipazione più inclusiva e accessibile per tutti i giocatori, che rivestono differenti ruoli.

Sono assegnati cinque diversi ruoli, ciascuno con compiti e restrizioni specifiche.

Ad esempio, un giocatore potrebbe avere il permesso di sostare in una zona protetta ma non di marcare un giocatore con un ruolo di livello inferiore al suo. I ruoli sono assegnati in base alle abilità motorie e sportive, indipendentemente dalla presenza di una disabilità.

Questo assicura che ogni giocatore possa partecipare attivamente al gioco utilizzando le proprie abilità, contribuendo al successo della squadra in modo paritario, senza richiami o assistenze.

Inoltre, nello sport integrato, le regole guidano una logica interna basata sulla cooperazione di squadra, coinvolgendo tutti i giocatori in un percorso pedagogico che impedisce comportamenti escludenti da parte di coloro con maggiori abilità motorie e sportive. Questo approccio promuove un ambiente inclusivo e valorizza le abilità di ciascun individuo senza generare disparità o discriminazioni, inoltre contribuisce allo sviluppo del benessere psico-fisico e di comportamenti affettivo-relazionali (Bodini et al., 2010; Moliterni & Mastrangelo, 2016).

 

6. Scuola Sport e Disabilità. Un progetto regionale in Puglia per l’inclusione attraverso lo sport

 

Il Comitato Regionale Paralimpico della Puglia, insieme alle Federazioni Paralimpiche affiliate agli Organismi Promozionali Riconosciuti e alle Associazioni ed Enti di Promozione Sportiva convenzionate, si impegna attivamente nella promozione, diffusione e regolamentazione dell’Attività Sportiva per atleti con disabilità fisica, visiva e intellettiva-relazionale, in oltre 25 discipline sportive, dal livello promozionale fino ai vertici internazionali.

L’integrazione dei ragazzi con disabilità all’interno delle scuole di ogni ordine e grado è ormai una realtà consolidata. Tuttavia, uno dei principali obiettivi è garantire una vera e giusta integrazione in questi contesti, e l’attività motoria offre opportunità significative per favorire questo processo in modo rapido e completo.

Il Progetto “Scuola, Sport e Disabilità” è stato elaborato per supportare questa necessità insieme alle istituzioni scolastiche (USR Puglia et al., 2017).

Per questo motivo, il Comitato Paralimpico della Puglia, attraverso il Coordinamento CIP Scuola, in collaborazione con l’USR Puglia e il Coordinamento per l’educazione motoria fisica e sportiva, ha inteso promuovere attivamente questo tipo di attività, coinvolgendo con compiti differenti e complementari, Istituzioni ed Organizzazioni che si occupano di disabilità e sport, tra cui le Federazioni Sportive Paralimpiche, le Associazioni Sportive affiliate, le Federazioni Nazionali Olimpiche nel settore Paralimpico, l’Università di Foggia e le associazioni riconosciute dal CIP che promuovono iniziative ad alto contenuto sociale.

È essenziale garantire ai ragazzi la possibilità di continuare a praticare l’attività fisica e sportiva che hanno imparato a scuola, anche attraverso le associazioni sportive paralimpiche locali. I Centri Sportivi Scolastici giocano un ruolo fondamentale in questo contesto e devono essere supportati da figure professionali e tecniche specializzate, adeguatamente formate, per promuovere attività motorie sempre più inclusive.

Il Progetto Scuola, Sport e Disabilità è stato concepito per rispondere a questa necessità, in collaborazione con la Direzione Generale dell’USR Puglia, l’Ufficio di Coordinamento regionale per l’educazione motoria fisica e sportiva e le Università della Puglia. Esso prevede l’aggiunta di una terza ora di attività motoria adattata per gli studenti disabili, in aggiunta alle lezioni curriculari, supervisionata dal docente tutor scolastico e da un tecnico specializzato proveniente da una federazione sportiva paralimpica in possesso di laurea in scienze motorie e sportive.

Avviato come sperimentazione nel 2017, il progetto coinvolgeva 99 Istituti scolastici e 529 studenti con disabilità, oltre a circa 1,000 studenti tutor. È parte delle azioni volte alla promozione delle attività motorie e sportive come strumento di prevenzione e inclusione, individuate nelle Linee Guida in materia di sport 2022‍–‍2024 della Regione Puglia.

Grazie a questo progetto, si è ampliato il coinvolgimento degli studenti con disabilità nei Campionati Studenteschi per le attività di avviamento alla pratica sportiva. Grazie all’impegno di Docenti ed Esperti, è stato possibile sperimentare un nuovo approccio didattico ed organizzativo per coinvolgere e motivare gli studenti, specialmente quelli con disabilità. Questo progetto rappresenta un punto di riferimento valido nell’azione di integrazione degli alunni disabili, non solo all’interno della scuola, ma anche all’esterno.

Uno degli obiettivi principali del progetto è stato quello di promuovere la pratica sportiva scolastica, incoraggiando la partecipazione degli alunni con disabilità al Centro Sportivo Scolastico.

Per raggiungere questo obiettivo, il binomio Tecnico paralimpico e Docente/Tutor scolastico è stato fondamentale per stimolare la partecipazione alle attività extracurriculari. Grazie a un approccio inclusivo, in cui gli studenti con disabilità e quelli normodotati si sono esercitati insieme, si è favorita la partecipazione ai Campionati Studenteschi (Tabella 3).

 

Partecipanti e Modalità organizzative

Obiettivi

Ruoli delle Istituzioni

Gruppi da 3 a 6 studenti con disabilità, per ogni scuola secondaria di primo e secondo grado aderente

Promuovere e valorizzare le potenzialità e l’autonomia degli studenti in ambito motorio e sportivo

Regione Puglia:

·     Presiede la Cabina di Regia;

·     Assicura la Copertura finanziaria per le attività da svolgere;

·     Condivide il monitoraggio periodico e la valutazione finale del progetto;

·     Promuove la comunicazione pubblica dell’iniziativa.

 

USR Puglia:

·     Partecipa alla Cabina di Regia;

·     Informa le scuole coinvolte sulle iniziative e promuove l’adesione;

·     Partecipa ai gruppi di lavoro provinciali per la programmazione delle attività;

·     Favorisce la partecipazione dei docenti ai corsi di formazione;

·     Condivide il monitoraggio periodico e la valutazione finale del progetto;

·     Individua una scuola-polo come istituto cassiere.

 

CIP Puglia:

·     Stesura del progetto;

·     Fornisce prove di avviamento a diverse discipline sportive tramite Società affiliate alle Federazioni Paralimpiche nei Centri Sportivi Scolastici.

·     Organizza gli incontri formativi provinciali con le Associazioni Sportive coinvolte nel progetto per illustrare l’approccio didattico per ragazzi con disabilità.

·     Comunica pubblicamente l’iniziativa.

 

Università di Foggia:

·     Collabora alla stesura del progetto e Collabora con gli altri Enti regionali per la realizzazione del progetto;

·     Partecipa alla Cabina di Regia;

·     Predispone il monitoraggio motorio e la valutazione finale del progetto;

·     Organizza e svolge la formazione rivolta ai Docenti delle scuole aderenti, su temi psicopedagogici e metodologici delle attività sportive adattate;

·     Presenta i risultati del progetto in un convegno regionale;

·     Pubblica e divulga i risultati del monitoraggio attraverso vari canali.

Collocare la proposta, realizzata in un contesto inclusivo, all’interno delle attività del Centro Sportivo Scolastico

Favorire relazioni interpersonali fra gli studenti

Garantire al gruppo che si è formato almeno un’ora/settimana per 15 settimane

Avviare gli alunni a nuove esperienze motorie ed alla pratica sportiva adattata

Assicurare la presenza di un Esperto Tecnico di una Federazione Paralimpica

Educare attraverso il gioco, la solidarietà e l’inclusione

Avviare gli studenti alla pratica delle attività sportive adattate

Ampliare le proposte e le attività per favorire il processo educativo dello studente con disabilità

Promuovere la partecipazione degli studenti ai Campionati studenteschi

Attuare interventi che garantiscano la possibilità di svolgere lo sport adattato e la pratica extrascolastica attraverso le organizzazioni sportive paralimpiche

Tabella 3. Cornice degli obiettivi e delle intenzionalità del progetto.

 

Il territorio attualmente non soddisfa adeguatamente le esigenze di attività motorie e sportive organizzate e sicure per gli studenti in età scolare con disabilità medio-gravi.

Considerando l’importanza integrativa dello sport e il crescente interesse da parte di famiglie, associazioni e enti sociali per centri dedicati all’attività motoria e sportiva per queste persone, è emersa la necessità di avviare un progetto che risponda a tali richieste.

Negli ultimi anni, la partecipazione ai Campionati Studenteschi in discipline come Corsa Campestre, Atletica Leggera su Pista, Nuoto e Orienteering ha dimostrato di avere un impatto positivo sui percorsi educativi e riabilitativi degli studenti con disabilità

In futuro, il progetto mira a offrire una vera opportunità di vita attiva per le persone con disabilità, promuovendo la loro inclusione sociale attraverso l’impegno nello sport. Questo obiettivo sarà raggiunto attraverso un percorso educativo e formativo supportato da figure quali volontari, istruttori e docenti, che collaboreranno localmente per organizzare e gestire le attività.

 

7. Conclusione

 

L’attività sportiva è un contributo significativo per migliorare la salute fisica, mentale e sociale delle persone con disabilità, contribuendo all’apprendimento di competenze motorie ed allo sviluppo delle capacità motorie, cognitive e sociali. Al fine di progettare, condurre e valutare interventi educativi, è essenziale il ricorso a modelli didattici ed organizzativi che nell’ambito sportivo adattato, fanno riferimento a diverse discipline scientifiche.

Partecipare a sport organizzati offre alle Persone con disabilità, un senso di inclusione sociale e appartenenza modificando la percezione della comunità. La pratica sportiva adattata aiuta ad aumentare la fiducia in sé stessi, sviluppando competenze utili per affrontare sfide nella vita quotidiana, come l’istruzione e il lavoro. Lo sport favorisce lo sviluppo di abilità sociali, la creazione di nuove amicizie e l’assunzione di ruoli di leadership, contribuendo così a un cambiamento positivo nella società.

L’insegnante può svolgere un ruolo da mediatore, fondamentale nel favorire l’inclusione sociale, adottando pratiche inclusive che riducano l’emarginazione. Ciò implica la creazione di contesti accessibili e favorevoli, la rimozione di ostacoli e la progettazione di attività che siano universalmente fruibili. Tuttavia, come evidenziato da Magnanini (2021), c’è ancora molto da fare in questa direzione. Sebbene i principi generali siano ben compresi dagli insegnanti, è necessario adesso tradurli in pratica in modo efficace e integrato nella gestione della classe. È cruciale non solo garantire l’accesso, ma anche promuovere una partecipazione piena e attiva in ogni fase dell’attività didattica, tenendo conto delle diversità presenti. Non è sufficiente essere presenti e partecipi, ma è essenziale che ogni attività proposta sia progettata attentamente, consentendo a ciascun individuo di essere consapevole e protagonista del proprio processo di apprendimento.

 

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