Ognissanti (1830-1847): una proposta di lettura

Autori

  • Carla Sclarandis

Abstract

L’inno senile dedicato a tutti i santi, che Manzoni iniziò nel 1830 e riprese nel 1847, ripropone il contenuto religioso e la forma epico-popolare dei primi quattro Inni sacri del 1812-1815 (La Resurrezione, Il Nome di Maria, Il Natale, La Passione) e del quinto (La Pentecoste), composto successivamente tra il 1817 e il 1822. Nella lettera a Luise Colet del 2 febbraio 1860, nella quale trascrive le quattro quartine della spiga, del catalogo arboreo e del fiore, Manzoni annuncia di aver tentato un inno sulla santità, interrotto «sitôt que je me suis aperçu que ce n’etait plus la poésie qui venait me chercher, mais moi qui m’essoufflais à courir après elle». Nel ’60 ritiene conclusa da tempo la sua esperienza creativa, ma nella lettera all’amica scrittrice ricorda i motivi che lo spinsero «trop tard» a comporre quei versi: «J’y voulais répondre à ceux qui demandent quel mérite on peut trouver aux vertus stériles pour la société, des pieux solitaires».

Le quattordici quartine, precedute dai puntini di sospensione ad indicare la mancanza di una parte iniziale, rilanciano la milizia etica della poesia giovanile, sia sacra che civile, sostenuta dal confronto teologico-dottrinale dell’autore con i suoi direttori spirituali giansenisti, Eustachio Degola e Luigi Tosi, e con l’abate filosofo Antonio Rosmini. La lotta terrena dei santi s’inscrive dentro l’enigma agostiniano-pascaliano della storia umana coniugata con quella divina e offre un esempio supremo di quella virtù stoica – di derivazione alfieriana e pariniana – a cui l’Imbonati dal letto di morte esortava il giovane poeta: «Sentir – riprese, – e meditar: [...]: il santo Vero / mai non tradir: né proferir mai verbo / che plauda al vizio, o la virtù derida».

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Pubblicato

2015-01-22

Fascicolo

Sezione

Articoli