Esercizio di commento sopra un testo di dedica: Giacomo Leopardi al conte Leonardo Trissino
Abstract
Ringrazio gli amici ginevrini, in particolare Emilio Manzotti e Roberto Leporatti, dell’invito a presentare qui un saggio di commento. Al di là dell’utilità pratica del risultato, mi pare che questo possa essere un esercizio molto utile anche per le riflessioni teoriche e storiche a cui si è di necessità costretti nel momento di mettersi concretamente al lavoro. Per alcuni di noi si aggiungeva la riflessione supplementare relativa alla scelta del testo: almeno per chi, come me, in questo momento non si trovi a essere, per ragioni di studio o precedenti impegni editoriali, già impegnato in un lavoro di commento.
La mia scelta è caduta su un testo minore di Leopardi, anzi su un testo che non è mai stato veramente commentato: la dedica a Leonardo Trissino della canzone Ad Angelo Mai. Il suo statuto particolare, in effetti, ha sottratto questa e le altre dediche legate ai Canti – quella al Monti delle due canzoni uscite a Roma con data 1818 e quella Agli amici suoi di Toscana premessa alla princeps del 1831 – allo straordinario mpegno filologico ed esegetico intorno a Leopardi. È significativo che in una pur eccellente edizione critica dei Canti, le tre dediche non siano prese in considerazione neppure sotto il riguardo testuale1 e che in altre edizioni lo siano in maniera solo parziale: come se fossero scritti di scarsa rilevanza, e comunque estranei all’opera vera e propria. D’altra parte nelle tante e spesso ricchissime edizioni commentate dei Canti, questa dedica e le altre due, anche quando sono meritoriamente riprodotte, non vengono di fatto sottoposte a esegesi.