Cino da Pistoia: profilo di un lussurioso

Autori

  • Giuseppe Marrani

Abstract

La critica letteraria degli ultimi decenni si è spesa per lo più nella valutazione dell’importanza della poesia ciniana in rapporto a quella degli altri stilnovisti e nella definizione del suo ruolo in relazione sia alla lirica pregressa che a quella a venire. Si tratta di un approccio che non pare affatto aver esaurito la sua funzione e che ancora oggi rinnova significativamente gli studi, con risultati particolarmente apprezzabili nella ridefinizione dei rapporti della lirica di Cino con la poesia dell’amico Dante Alighieri.

Tale orientamento ha tuttavia inevitabilmente privilegiato una lettura per membra disiecta del corpus lirico ciniano, e si è finito per trascurare l’interpretazione organica e coerente dei singoli testi del pistoiese, preferendo l’estrazione di singoli luoghi e tessere da utilizzare a vantaggio di più vasti profili critici di storia letteraria due-trecentesca. In ombra restano tuttora molti aspetti della poesia ciniana, che ad uno sguardo più attento ai suoi cangianti intendimenti rivela senz’altro maggiore varietà e maggiore ricchezza di spunti di quanto oggi ormai più non si sospetti. Se la militanza stilnovista di Cino fuori Toscana ha ricevuto periodiche attenzioni per il contributo che offre alla fissazione in termini storico-letterari del canone della nuova poesia fiorentina, ancora da esplorare è ad esempio il Cino trattatista de amore – si pensi alle canz. L’uom che conosce tegno ch’aggi ardire e I’ no spero che mai per mia salute (MARRANI, Con Dante, p. 77) – e da ricostruire appieno è tuttora la stagione di dialogo fra il pistoiese, Dante e Guido Cavalcanti, soprattutto per quel che riguarda i tentativi ciniani di innescare il colloquio anche al di là dei testi che ai due fiorentini sono esplicitamente rivolti: vedi ad es. il son. Graziosa Giovanna onora e ’leggi in cui si può osservare il reimpiego dei due principali personaggi femminili della Vita Nova al fine forse di affiliare la propria poesia a quella di Dante e Guido (per una lettura di questo sonetto mi permetto di rimandare al mio intervento negli atti del VI convegno triennale della Società Italiana di Filologia Romanza, La lirica romanza del Medioevo. Storia, tradizioni, intepretazioni, Padova-Stra 27 settembre - 1 ottobre 2006, a cura di F. Brugnolo e F. Gambino, Padova, Unipress, 2009, vol. II, pp. 757-76).

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Pubblicato

2015-01-20

Fascicolo

Sezione

Articoli