Morte e fama in Sannazaro, Rime, LXXIX

Authors

  • Raffaella Castagnola

Abstract

Omaggio alla classicità, il sonetto LXXIX delle Rime del Sannazaro ripropone il mito di Icaro. È un testo particolarmente fortunato: oltre che nei codici che contengono la maggior parte delle Rime, compare in quelli che ne attestano solo una scarna selezione, come il Magliabechiano VII.719 e il II.I.60 della Biblioteca Nazionale di Firenze, o il ms. It. IX.137 della Biblioteca Marciana di Venezia, che del Sannazaro propone unicamente questo sonetto; fra le stampe antiche si segnala l’antologia, inclusiva del nr. LXXIX, dei Fiori delle rime de’ poeti illustri, curata da Girolamo Ruscelli, edita a Venezia per Giovan Battista e Melchiorre Sessa, nel 1558. Il testo fa da modello ad un sonetto di Ludovico Paterno, ICARO, quando con spedite some (qui citato nelle note), e a uno di Luigi Tansillo, Amor m’impenna l’ale, e tanto in alto (già segnalato dal Velli). A sua volta il sonetto del Tansillo riecheggia – ma senza l’allusione a Icaro – nell’omaggio «Al signor Luigi Tansillo», Il suon de la famosa e dotta tromba (con parole-rima: tromba, colomba, rimbomba), di Laura Terracina, edito in Rime della Signora Laura Terracina, In Vinegia, Appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, MDLXV, p. 13.

Sulle fonti latine e sui prestiti ovidiani in particolare, che intrecciano il racconto di Fetonte, auriga del carro del padre (da Metamorfosi II 47-328) con quello di Dedalo e Icaro, fuggiti dal labirinto con le ali di cera e penne, ingegnosamente fabbricate (da Metamorfosi VIII 203-235), si è a lungo soffermato Giuseppe Velli, che ha evidenziato riprese da Lucano, Properzio, e dall’Ovidio dell’Ars amandi e delle Metamorfosi. Calco ovidiano sono le audaci penne accolte nelle onde da MetamorfosiVIII 233, il troppo ardir da Metamorfosi II 328, e soprattutto il nome, anche se in MetamorfosiVIII 235 è la terra, nella quale Dedalo seppellisce il corpo di Icaro, che prende il nome del ragazzo, mentre in MetamorfosiVIII 229-30 nell’acqua cerulea viene accolta la bocca di Icaro, che invocava il nome del padre, e quell'acqua prese poi il suo nome. Ma il Velli individua anche in una tragedia di Seneca, nell’Hercules Oetaeus, un vero palinsesto per la seconda quartina e la prima terzina

Published

2015-01-20

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Articoli