Le chiome di Maria (Nota su Rime Nuove LXVIII)
Abstract
«Oh come fredda indi la vita mia, / Come oscura e incresciosa è trapassata! / Meglio era sposar te, bionda Maria!». Si tratta naturalmente dell’Idillio maremmano, vv. 31-33. Chi fosse questa fanciulla bionda e dagli occhi azzurri come il fiordaliso (v. 22, cìano: che è voce ovviamente dotta, dal latino cyanus e dal greco ky´anos, ‘azzurro’; e apparentemente letteraria e invece addirittura preziosa e professorale: se ne ricorderà, quasi per un plagio, il solito D’Annunzio, che naturalmente coglie solo l’aspetto antiquario e coloristico dell’aggettivo) è invece del tutto secondario, anzi fuorviante – più o meno come identificare la Silvia di Leopardi, che fugacemente ritroveremo, lieta e pensosa, un poco più avanti.
Una volta detto che trattavasi, secondo i soliti chiosatori tendenti piuttosto al gossip, di tale Maria Bianchini, «contadinella di Castagneto, con cui il Carducci quattordicenne avrebbe amoreggiato [sic!]» (così Pietro Paolo Trompeo, di cui sarà bene scordarci quasi subito)2, si è detto tutto. È altresì noto che lo stesso Giosue, in una lettera al direttore del «Carlino» di Bologna del 27 novembre 1897, non stette tanto a fare il diplomatico, e nel suo stile chiuse la partita: «Vago e delizioso il racconto della Bionda Maria accolto da Lei nel foglio di questa mattina: ma non una parola che rassomigli a verità».