La canzone montanina di Dante Alighieri (Rime 15): nodi problematici di un commento

Autori

  • Natascia Tonelli

Abstract

Commentare le rime di Dante, e a fortiori le canzoni di Dante, dopo l’edizione De Robertis, significa fare i conti con un corpus che richiede preventivamente attenzione ad un livello macrostrutturale sin qui imprevisto e imprevedibile, anzi, affatto escluso (v. le famose pagine di Contini a Introduzione e Nota al testo della sua edizione commentata delle Rime). La ricostruzione filologica operata non è ancora al tutto definita nella sua portata critica e interpretativa: ma che per quanto riguarda la serie delle quindici canzoni ‘distese’ vi sia una volontà preordinatrice antica, precedente la fino ad ora considerata responsabilità di Boccaccio, risulta chiaro dalla stessa disamina dei dati fattuali della tradizione (DE ROBERTIS, Edizione; TANTURLI, L’edizione; LEONARDI, Nota); che la mente preordinatrice a monte di quella serie sia quella stessa dell’autore è poi ferma e dichiarata convinzione di chi scrive (TONELLI, Rileggendo e TONELLI, Tre donne).

 

Al quale autore solo è possibile attribuire, inoltre, una semantizzazione forte dell’ordine sintagmatico della collana e una fitta rete di collegamenti strutturanti quel corpus posti in atto sia in fieri sia al momento della sua ridefinizione come libro a sé stante e autonomo. Che comunque implicano una ricaduta ulteriore di senso su questo eccezionale protocanzoniere, in senso petrarchesco, solidalmente condivisa dai suoi singoli ‘pezzi’. Ineludibile dunque, a mio avviso, la considerazione della (plus)valenza seriale e in catena di ogni singolo pezzo: che diviene di determinante importanza per la luce e del ‘pezzo’ e dell’intera serie nel suo aumento di senso là dove gli snodi diegetici, sintagmatici o semplicemente topici (Petrarca docet) sono sensibili.

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Pubblicato

2015-01-21

Fascicolo

Sezione

Articoli