The next generation of change makers: Developing entrepreneurship competence in VET through a board game
The next generation of change makers: Sviluppare la competenza imprenditoriale nell’istruzione e formazione professionale attraverso un gioco da tavolo
ABSTRACT
This paper presents the board game The Next Generation of Change Makers, designed to develop an entrepreneurship competence in youth and adults. Based on the TRIO model, the game aims to foster entrepreneurial thinking, going beyond traditional entrepreneurship education understood as an individual phenomenon focused on business creation. The research, conducted with 86 students from a technical institute in South Tyrol, employs thematic analysis of responses to an online post-game survey. In line with the EntreComp framework, the results suggest that students developed entrepreneurial skills related to teamwork, idea generation, and creativity—competences that are transferable to both school and work contexts; however, greater difficulties persist in generalizing learning to their personal lives.
Il contributo presenta il gioco da tavolo The Next Generation of Change Makers per sviluppare la competenza imprenditoriale in giovani e adulti. Basato sul modello TRIO, il gioco mira a promuovere un pensiero imprenditoriale, andando oltre la tradizionale educazione all’imprenditorialità intesa come fenomeno individuale che mira alla creazione d’impresa. La ricerca, condotta con 86 studenti di un istituto tecnico altoatesino, adotta un’analisi tematica delle risposte a un sondaggio online post-gioco. In linea con il framework EntreComp, i risultati suggeriscono che gli studenti hanno sviluppato competenze imprenditoriali collegate al lavoro di squadra, alla capacità di generare idee e alla creatività, competenze che sono trasferibili all’ambito scolastico e lavorativo; permangono maggiori difficoltà a generalizzare gli apprendimenti alla sfera personale.
KEYWORDS
Entrepreneurship Competence, Game-Based Learning, Vocational Education and Training, EntreComp Framework; TRIO Model, Case Study
Competenza Imprenditoriale, Game-Based Learning, Istruzione e Formazione Professionale, EntreComp; TRIO, Caso di Studio
ACKNOWLEDGMENTS
Vorrei ringraziare Giovanna Andreatti e Katharina Shild per l’essenziale aiuto nell’analisi tematica delle risposte al sondaggio. Questo studio ha ricevuto supporto dalla Eduspace Lernwerkstatt della Facoltà di Scienze della Formazione presso la Libera Università di Bolzano.
CONFLICTS OF INTEREST
The Author declares no conflicts of interest.
RECEIVED
Apr 25, 2025
ACCEPTED
July 29, 2025
PUBLISHED ON-LINE
September 9, 2025
1. Introduzione
Nelle scienze dell’educazione vi è un intenso dibattito su come sviluppare la competenza chiave europea dell’imprenditorialità nei contesti educativi formali. In un mondo caratterizzato da rapidi cambiamenti e crescente complessità, l’imprenditorialità emerge come una competenza chiave, indispensabile non solo per l’ambito economico, ma per affrontare con creatività, autonomia e spirito d’iniziativa ogni contesto della vita personale, sociale e professionale (Unione Europea, 2019). L’imprenditorialità è particolarmente importante nell’Istruzione e Formazione Professionale (IFP), poiché da un lato aumenta l’occupabilità, e dall’altro sviluppa capacità trasversali come la flessibilità e l’innovazione, preparando così i giovani ad adattarsi ai cambiamenti e a cogliere nuove opportunità (Cedefop, 2024).
Negli ultimi anni, si è assistito a una crescente diffusione del gioco in contesti tradizionalmente considerati seri, cioè non destinati al puro intrattenimento (Ciziceno, 2023). Questa tendenza ha trovato particolare risalto nell’ambito educativo, dove l’integrazione di elementi ludici si sta rivelando sempre più efficace per stimolare l’apprendimento e la partecipazione attiva degli studenti (Katsantonis, 2025; Ligabue, 2021; Paniagua & Istance, 2018). In questo contesto, i giochi da tavolo rappresentano un possibile strumento per coltivare la competenza imprenditoriale nei giovani (Safitri, 2023; Shaikh, 2023). Nei contesti educativi formali la sfida è come generalizzare questi apprendimenti alle discipline più curricolari (Paniagua & Istance, 2018), anche in un’ottica di lifelong e di lifewide learning (Dozza, 2021). Questo articolo presenta un gioco da tavolo denominato The Next Generation of Change Maker (in italiano: La prossima generazione di agenti del cambiamento) per l’educazione all’imprenditorialità. Sviluppato in ambito germanofono, il gioco è stato utilizzato in cinque classi quarte di un istituto tecnico di lingua tedesca situato nella provincia di Bolzano. Le domande di ricerca sono:
- RQ1: “Quali sono gli apprendimenti degli durante il gioco? In che misura sono collegati a una competenza imprenditoriale?”
- RQ2: “In che misura gli apprendimenti durante il gioco possono essere generalizzati ad altri contesti?
Le risposte degli studenti, raccolte tramite un sondaggio online, sono state analizzate attraverso un’analisi qualitativa (Ravitch & Carl, 2021), e successivamente discusse alla luce del framework EntreComp (Bacigalupo et al., 2016) e della letteratura sul gaming in ambito educativo.
2. Revisione della letteratura
2.1. La competenza imprenditoriale
In Europa, l’imprenditorialità è riconosciuta come una delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente (Unione Europea, 2019) essenziale per lo sviluppo personale e sociale, per l’inclusione e l’occupabilità piena. Questa competenza non si limita a promuovere la creazione d’impresa, ma si estende a molteplici contesti della vita quotidiana, rivelandosi utile in una varietà di situazioni che richiedono creatività, innovazione e capacità di problem solving. L’educazione all’imprenditorialità[1] non solo prepara gli studenti ad affrontare le sfide del futuro con maggiore resilienza e creatività, ma contribuisce a formare cittadini attivi e consapevoli, in grado di apportare cambiamenti positivi nella società in cui vivono, creando valore che può essere finanziario, culturale o sociale (Bacigalupo et al., 2016). In altre parole, l’imprenditorialità non ha come solo scopo il lucro, la creazione d’impresa o di start-up tecnologiche. I change makers puntano a cambiamenti positivi nella società senza necessariamente mirare a creare valore finanziario per se stessi (Lindner, 2018).
Per queste ragioni, accanto a quella più tradizionale, nuove forme di imprenditorialità che perseguono il cambiamento positivo, l’emancipazione, e la sostenibilità ambientale stanno diventando sempre più rilevanti. L’imprenditorialità sociale, ad esempio, è un processo imprenditoriale che impiega tecniche aziendali per offrire soluzioni innovative a problemi sociali persistenti, conducendo a un miglioramento della qualità della vita e all’empowerment delle comunità svantaggiate (Mohammadi et al., 2024). L’imprenditorialità sostenibile, invece, è quel tipo di attività imprenditoriale che, anziché essere causa di degrado ambientale e disuguaglianze sociali, ne è la possibile soluzione (Terán-Yépez et al., 2020).
Il framework EntreComp, sviluppato da Bacigalupo e coll. (2016), offre una definizione chiara e articolata dell’imprenditorialità come competenza chiave che integra vecchie e nuove forme di imprenditorialità. Questo modello ha come scopo definire un linguaggio comune che aiuta a comprendere l’importanza dell’imprenditorialità e a utilizzarla nel contesto attuale, dove le sfide sono molteplici e complesse. Il framework si articola in tre aree interconnesse: 1) idee e opportunità; 2) risorse; e 3) azione. Ogni area comprende cinque competenze specifiche, per un totale di quindici competenze che gli individui possono sviluppare per trasformare le proprie idee in risultati concreti. Oltre al framework EntreComp, il modello TRIO, proposto da Lindner (2018) nell’ambito germanofono, emerge come un approccio completo all’educazione all’imprenditorialità negli ambienti educativi formali. L’imprenditorialità è definita come lo sviluppo di idee indipendenti e l’acquisizione delle abilità necessarie per implementarle (Lindner, 2018). Il modello - acronimo di Talento, Opportunità e Risorse- pone enfasi sull’interconnessione tra tre componenti per l’educazione all’imprenditorialità: le competenze di base, la cultura imprenditoriale, e l’educazione civica imprenditiva (Lindner, 2019). Le competenze di base sono fondamentali poiché promuovono sia l’indipendenza professionale che quella personale, incoraggiando gli studenti a sviluppare un forte senso di iniziativa. D’altra parte, la cultura imprenditoriale si concentra su un ambiente di apprendimento che coltiva valori come l’apertura mentale, l’empatia e la sostenibilità. Infine, l’educazione civica imprenditiva mira a rafforzare l’empowerment personale, l’autonomia e il senso di impegno per la comunità. Il modello TRIO prevede una progressione di livelli nell’’istruzione formale secondo il grado scolastico (Lindner, 2018): nel primo ciclo gli alunni apprendono i principi dell’imprenditorialità attraverso attività legate all’educazione civica. Man mano che progrediscono nel secondo ciclo, gli studenti possono sviluppare una vera e propria cultura imprenditoriale. All’università, infine, sviluppano le competenze necessarie per affrontare sfide professionali e personali attraverso la trasformazione delle proprie idee in progetti imprenditoriali.
In Europa le pratiche di educazione all’imprenditorialità nella IFP si limitano a mini-imprese e imprese simulate (Cedefop, 2024), il che sottintende una visione ristretta e funzionalistica di imprenditorialità, che crea una contraddizione tra i fini aperti dell’educare alla competenza chiave e i mezzi ristretti che sono utilizzati sul campo. In Italia il Sillabo per l’Educazione all’Imprenditorialità (MIUR, 2018) rappresenta la strategia a livello di politiche educative. Partendo dalla definizione di EntreComp, il Sillabo elabora un elenco dettagliato di risultati di apprendimento e di attività collegate all’imprenditorialità. Queste, tuttavia, si concentrano sulla fondazione d’impresa e sull’educazione economica, e quindi trasmettono ancora una volta un’impressione parziale di imprenditorialità. Il Sillabo è peraltro presentato in allegato nelle linee guida sui Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO) del MIUR (2019), anche se lo studio sul campo di Cedefop (2022) ha rivelato una corrispondenza piuttosto limitata tra le pratiche adottate dalla IFP e quanto previsto dai documenti di indirizzo ministeriali sull’educazione all’imprenditorialità. In molti casi docenti e dirigenti scolastici coinvolti nella ricerca erano ignari dell’esistenza del Sillabo. Inoltre, solo una ristretta minoranza delle scuole analizzate ha inserito esiti di apprendimento specificamente collegati all’imprenditorialità nei propri Piani Triennali dell’Offerta Formativa (PTOF), segno che la distanza tra la normativa e la realtà quotidiana resta ampia, e che la sfida di trasformare le intenzioni politiche in pratiche didattiche è ancora tutta da giocare (Michelotti, 2021). In conclusione, si avverte l’esigenza di attività di insegnamento e apprendimento più pedagogicamente informate sia a livello di policy che a livello di pratiche educative, che, in contesti educativi formali, stimolino una consapevolezza dell’imprenditorialità come competenza chiave per l’apprendimento permanente utile in diversi contesti di vita.
2.2. Il game-based learning
Per favorire lo sviluppo della competenza imprenditoriale —come del resto per tutte le competenze— è fondamentale adottare metodologie didattiche attive e costruttiviste, cioè che pongono al centro lo studente (Castoldi, 2011). Uno studio condotto dall’OCSE (Paniagua & Istance, 2018) identifica sei cluster di didattiche attive, ideali per superare il modello trasmissivo tipico della lezione frontale. Questi sei raggruppamenti sono: il blended learning, che combina metodi sincroni e asincroni; il pensiero computazionale, che insegna i processi logici alla base del funzionamento dei computer; l’apprendimento esperienziale, basato su problem solving e attività pratiche legate a contesti autentici; l’apprendimento incarnato, che valorizza l’interazione fisica con l’ambiente e l’insegnamento basato sulla discussione; le multiliteracies, il cui focus è sull’educazione ai linguaggi multipli che spaziano dalle lingue straniere alle forme innovative di comunicazione digitale; e, infine, il gaming, che impiega giochi e videogiochi per aumentare coinvolgimento e dinamicità delle lezioni.
Tra questi cluster il gaming si distingue come modello particolarmente efficace per sviluppare le competenze imprenditoriali attraverso il learning by doing deweyano (Isabelle, 2020). Fin dalla prima infanzia, infatti, il gioco svolge un ruolo cruciale nell’apprendimento poiché promuove il benessere intellettuale, emotivo e sociale dei discenti (Paniagua & Istance, 2018). Attraverso le dinamiche ludiche, spiega Dewey (1933/2018), le persone imparano a muoversi all’interno di un insieme di regole e valori condivisi, spesso senza rendersene conto, sviluppando così competenze sociali fondamentali. Il gioco offre loro l’opportunità di negoziare, collaborare, affrontare conflitti e costruire relazioni significative, favorendo un apprendimento spontaneo e partecipato delle norme che regolano la vita collettiva (Ciziceno, 2023). Utilizzando il gioco come risorsa per l’apprendimento, il game-based learning è la disciplina che studia e applica i giochi in ambito educativo (Ligabue, 2021).
Una tipologia di game-based learning sono i board games, cioè giochi da tavolo che coinvolgono componenti fisici, come pedine, carte, dadi e tabelloni. Utilizzati per interagire in modo strategico su una superficie di gioco, possono essere competitivi, cooperativi ovvero coinvolgere un singolo giocatore (Katsantonis, 2025). I giochi da tavolo tendono a suscitare emozioni più forti rispetto ai videogiochi; mentre le emozioni positive più comuni sono gioia, eccitazione e soddisfazione, frustrazione o ansia possono insorgere quando i giocatori sperimentano difficoltà oppure la sconfitta. I giochi collaborativi tendono invece a mitigare le emozioni negative.
Sul versante cognitivo, Katsantonis (2025) suggerisce che, quando i giocatori si coinvolgono in sfide complesse, i giochi da tavolo sviluppino competenze quali il problem solving, la creatività, e il pensiero strategico. A simili conclusioni addiviene anche Shaikh (2023) con specifico riferimento ai board games per sviluppare una mentalità imprenditoriale.
Per quello che riguarda l’utilizzo dei board games nei contesti educativi formali vi sono, infine, strategie che gli insegnanti possono adottare per rendere l’esperienza di gioco il più possibile positiva e foriera d’apprendimenti (Bado, 2019). Prima dell’inizio del gioco si possono fornire lezioni introduttive e materiali informativi per preparare gli studenti all’attività ludica; durante il gioco è invece essenziale gestire la dinamica della classe e offrire supporto tecnico quando necessario; alla fine del gioco si possono facilitare discussioni riflessive per consolidare quanto appreso.
3. Metodologia
3.1. Descrizione del board game
Basato sul modello TRIO di Lindner (2018; 2019), il gioco da tavolo The Next Generation of Change Makers è stato concepito per sviluppare le competenze imprenditoriali alllordi base; si radica nei principi del change making e della sostenibilità ambientale, incorporando così i principi dell’imprenditorialità sociale e sostenibile. Il gioco, che utilizza carte e istruzioni sia in lingua tedesca che inglese, si articola in quattro fasi come illustrato da Figura 1 (al centro il tabellone).

Figura 1. Struttura del gioco The Next Generation of Change Makers (Fonte: istruzioni del gioco, p. 11).
La prima fase, denominata Inspiration, rappresenta il momento iniziale in cui i partecipanti vengono suddivisi in gruppi composti da 3 a 6 giocatori. Per stimolare un coinvolgimento attivo e favorire la collaborazione, a ciascun giocatore viene assegnato un ruolo specifico, tra cui Chief Executive Officer (CEO), Chief Time Officer (CTO), Chief Process Officer (CPO), Chief Documentation Officer (CDO) o Chief Happiness Officer (CHO). Questi ruoli non solo incentivano la partecipazione, ma aiutano anche gli studenti a sperimentare alcune dinamiche organizzative. Dopo la formazione dei gruppi, ogni squadra sceglie la propria missione, cioè una sfida da affrontare, pescando una carta che introduce il brainstorming collettivo. Questo processo apre la strada alla seconda fase di Idea Generation, durante la quale i partecipanti arricchiscono la loro idea esplorando prospettive diverse, tra cui l’impatto ambientale e sociale del progetto. La terza fase di Entrepreneurial Design segna l’inizio della progettazione del modello di business per l’idea generata. I gruppi utilizzano una versione semplificata del Business Model Canvas (Osterwalder & Pigneur, 2010) che consente di delineare le componenti fondamentali di un piano imprenditoriale: la value proposition (cioè il concept), i possibili clienti, i fornitori, le risorse disponibili, i costi, la sua sostenibilità anche finanziaria. Infine, nella quarta fase, Final Check and Pitch, le squadre preparano la presentazione finale (in ambito imprenditoriale si usa il termine pitch). L’attività culmina con la presentazione delle proposte imprenditoriali da parte di ciascuna squadra, seguita da una sessione di domande e risposte che favorisce le riflessioni su punti di forza e di debolezza dell’idea imprenditoriale.
3.2. Il case study
Lo studio adotta la metodologia dello studio di caso, una metodologia di ricerca qualitativa che si concentra su un fenomeno specifico, delimitato da confini definiti, al fine di comprenderlo in modo approfondito e contestualizzato (Schwandt & Gates, 2018). Questo consente di analizzare un’unità specifica (come un individuo, un gruppo o un’organizzazione) attraverso una combinazione di metodi per raccogliere dati dettagliati e triangolare le informazioni. All’inizio di febbraio 2024, 86 studenti germanofoni appartenenti a cinque classi quarte di un istituto tecnico commerciale situato in Alto Adige hanno giocato a The Next Generation of Change Makers. Dato che l’istituto comprendeva studi economici, si sperava fosse sensibile all’educazione all’imprenditorialità. Il dirigente aveva già acquistato una copia del gioco, che era a disposizione di studenti e docenti, e ha quindi intuito il valore della sperimentazione proposta. In accordo con il corpo docente, il dirigente ha messo a disposizione le classi quarte, le stesse dove ogni anno a febbraio si prevedono attività extracurricolari di potenziamento. Il gioco si è svolto nell’arco di una mattinata, in ogni classe erano presenti sia un ricercatore del team, sia un docente curricolare.
I docenti non conoscevano il gioco, e almeno nella fase iniziale, si sono comportati da osservatori. Seguendo le indicazioni fornite da Bado (2019), nella fase preliminare i ricercatori hanno introdotto il gioco attraverso una presentazione che ne illustrava le dinamiche e gli obiettivi principali. Durante il gioco hanno fornito supporto rispondendo alle domande dei gruppi. Gli studenti potevano scegliere se predisporre una presentazione finale in formato elettronico o su un cartellone. Al termine dell’attività, dopo la presentazione delle idee imprenditoriali e la fase di domande e risposte, gli studenti hanno compilato un questionario online contenente domande aperte e a risposta multipla. Le domande aperte, che in parte ricalcavano la sperimentazione di Morselli e Magagnoli (2024) con lo stesso gioco in un istituto tecnico emiliano, miravano a raccogliere feedback su diverse dimensioni dell’esperienza: (1) cosa avevano apprezzato maggiormente del gioco; (2) cosa avrebbero modificato se lo avessero giocato nuovamente; (3) cosa ritenevano di aver appreso; (4) la generalizzazione dell’esperienza in contesti quali scuola, lavoro, vita di tutti i giorni. Le domande a risposta multipla, invece, indagavano sui ruoli assunti, sulla partecipazione e sul lavoro di gruppo, e non sono trattate in questo studio.
3.3. Analisi qualitativa
Questa ricerca si concentra sull’analisi delle domande aperte relativa agli apprendimenti percepiti dagli studenti. L’approccio adottato per l’analisi tematica è stato ricorsivo e intersoggettivo, garantendo rigore metodologico e affidabilità dei risultati (Ravitch & Carl, 2021). Ogni membro del gruppo di ricerca ha letto individualmente le risposte e identificato le categorie in modo induttivo, cioè che rappresentasse il più possibile i dati. Successivamente, il gruppo si è incontrato per confrontare le categorie individuate e raggiungere un accordo intersoggettivo. Per ciascuna categoria identificata è stato conteggiato il numero di risposte corrispondenti, utilizzando una soglia minima di quattro risposte. Alle volte una risposta poteva rientrare in due categorie diverse ed è stata quindi conteggiata in due categorie. Talvolta l’analisi ha individuato categorie cosiddette residuali perché raccolgono risposte che non erano classificabili con principi induttivi.
4. Risultati e discussione
Le seguenti tabelle mostrano i risultati dell’analisi tematica delle risposte aperte degli studenti. La Tabella 1 mostra cosa hanno particolarmente gradito gli studenti del gioco.
Cosa ti è piaciuto di questo gioco? (N= 86) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 84 | 98% |
1. Lavoro di squadra | 31 | 36% |
2. Il gioco da tavolo stesso o parti specifiche (categoria residuale) | 19 | 22% |
3. Perseguire un’idea | 14 | 16% |
4. Innovazione e creatività | 7 | 8% |
5. Che fosse un cambiamento rispetto all’attività regolare | 5 | 6% |
6. Non mi è piaciuto questo gioco | 4 | 5% |
7. Mi è piaciuto tutto | 4 | 5% |
Tabella 1. Analisi tematica sul gradimento dell’attività.
La prima risposta in ordine di importanza è stata il lavoro di squadra (36%), che, sembra implicare la natura cooperativa del gioco (Katsantonis, 2025). La seconda risposta è “il gioco” (22%) che indica un generale gradimento del gioco. Altri aspetti accolti positivamente sono il perseguire un’idea (16%) come pure innovazione e creatività (8%), parte della competenza imprenditoriale così come suggerito dall’Unione Europea (2019) e da EntreComp (Bacigalupo et al., 2016).
La Tabella 2 riporta invece le proposte di miglioramento per un prossimo gioco.
Cosa vorresti vedere nel gioco la prossima volta? (N=80) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 74 | 92% |
1. Niente (andava bene così com’era) | 17 | 21% |
2. Più tempo per giocare | 15 | 19% |
3. Modifiche nel gioco (categoria residuale) | 15 | 19% |
4. Non voglio giocare di nuovo a questo gioco | 5 | 16% |
5. Spiegazione migliore all’inizio | 9 | 11% |
6. Scegliere il mio gruppo | 5 | 6% |
7. Gioco più breve | 4 | 5% |
8. Non dover fare la presentazione finale | 4 | 5% |
Tabella 2. Proposte di miglioramento del gioco.
L’analisi evidenza come la prima categoria sia “nulla” (22%); questo significa che il gioco andava benissimo così com’era, in linea col gradimento di massima suggerito nella Tabella 1. Alcuni miglioramenti, sempre in ordine d’importanza, sono più tempo per giocare (19%) e alcune modifiche al gioco (19%). Inoltre, l’analisi rivela studenti che non avrebbero desiderato giocare una seconda volta (16%). Altri avrebbero voluto un migliore orientamento all’inizio del gioco (11%) – che sembra essere stato insufficiente in particolare in una classe. A riguardo Bado (2019) sottolinea l’importanza dell’orientamento iniziale alle regole e scopi del gioco.
La Tabella 3 mostra quello che è stato appreso durante il gioco.
Cosa hai imparato oggi? (N=85) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 76 | 89% |
1. Lavoro di squadra | 27 | 32% |
2. Sviluppare nuove idee | 13 | 15% |
3. Pensare in modo imprenditoriale (residuale) | 10 | 12% |
4. Non è facile sviluppare nuove idee in poco tempo | 6 | 7% |
5. Molto | 6 | 7% |
6. Niente | 6 | 7% |
7. Essere creativo | 4 | 5% |
8. Lavorare velocemente | 4 | 5% |
Tabella 3. Apprendimenti degli studenti.
Il primo risultato è il lavoro di squadra (32%) in linea con la ricerca di Morselli e Orzes (2023), in cui gli studenti avevano suggerito il lavoro di team come primo risultato d’apprendimento. Altri apprendimenti concernono lo sviluppo di nuove idee (15%, oppure la riflessione su come non sia facile essere creativi nello spazio di un gioco, 7%), a pensare in modo imprenditoriale (12%), e a essere creativo (5%). Per quello che riguarda la categoria residuale del pensare in modo imprenditoriale, particolarmente importante per gli scopi di quest’articolo, alcune risposte sono state: “Come creare un business plan sia relativamente facile al giorno d’oggi”; “Quali aree e processi sono importanti per avviare un’attività”, e “Ho imparato come pensare a diversi problemi/questioni e poi risolverli”. Si tratta di apprendimenti coerenti con EntreComp (Bacigalupo et al., 2016), soprattutto con l’area “Idee e opportunità”.
La Tabella 4 mostra gli apprendimenti che potrebbero essere trasferibili al contesto scolastico.
Cosa hai imparato che potrebbe essere utilizzato nel contesto scolastico? (N = 81) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 63 | 78% |
1. Lavoro di squadra | 23 | 29% |
2. Niente | 18 | 22% |
3. Tenere una presentazione | 7 | 10% |
4. Innovazione e creatività | 6 | 7% |
5. Pensare in modo imprenditoriale | 4 | 5% |
Tabella 4. Trasferibilità degli apprendimenti al contesto scolastico.
La Tabella 5 mostra invece la trasferibilità degli apprendimenti al mondo del lavoro.
Cosa hai imparato che potrebbe essere utilizzato nel contesto lavorativo? (N=81) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 66 | 81% |
1. Lavoro di squadra | 32 | 40% |
2. Niente | 12 | 15% |
3. Sviluppare un’idea | 9 | 11% |
4. Pensare meglio (residuale) | 9 | 11% |
5. Innovazione e creatività | 5 | 6% |
6. Sostenibilità | 4 | 5% |
Tabella 5. Apprendimenti trasferibili all’ambito lavorativo.
Infine, la Tabella 6 mostra gli apprendimenti trasferibili alla vita privata.
Cosa hai imparato che potrebbe essere utilizzato nella vita privata? (N=76) | Frequenza | Percentuale |
Risposte classificate | 58 | 74% |
1. Niente | 24 | 32% |
2. Lavoro di squadra | 15 | 20% |
3. È stato difficile relazionarsi con gli altri (residuale) | 9 | 12% |
4. Creatività | 5 | 7% |
5. Pensare meglio | 5 | 7% |
Tabella 6. Apprendimenti trasferibili alla vita privata.
Le tabelle 4, 5 e 6 analizzano quali apprendimenti durante il gioco possano essere trasferiti ad altri contesti di vita (scuola, lavoro e vita privata), dunque in una prospettiva lifewide e lifelong (Dozza, 2021), così come anche indicato dall’Unione Europea (2019) in materia di competenze chiave. In tutti e tre i contesti i primi due dati sono da un lato il lavoro di gruppo che, nel framework EntreComp (Bacigalupo et al., 2016), rientra nell’area “in azione”, e questo risultato è in linea con la Tabella 1 sul gradimento. L’altro risultato è “nulla”, che sembra mostrare la difficoltà a generalizzare gli apprendimenti senza una riflessione (anche collettiva) alla fine del gioco (Bado, 2019). In tutte e tre le tabelle, inoltre, vi sono innovazione e creatività come apprendimenti generalizzabile ad altri contesti, che sono attitudini squisitamente imprenditoriali (Unione Europea, 2019). Vi sono, infine, altre indicazioni interessanti sulla trasferibilità degli apprendimenti, sempre legati a una competenza imprenditoriale così come presentata in EntreComp (Bacigalupo et al., 2016). Per esempio, nel contesto scolastico vi è il tenere una presentazione (10%) e pensare in modo imprenditoriale (5%); nell’ambito lavorativo, invece, lo sviluppare un’idea (11%).
5. Conclusioni
Questo studio ha utilizzato un gioco da tavolo per sviluppare la competenza imprenditoriale negli studenti dell’IFP. Lo scopo era utilizzare una modalità di apprendimento, il game-based learning, che andasse oltre l’educazione all’imprenditorialità come creazione d’impresa (Cedefop, 2022; 2024) e in una prospettiva lifelong e lifewide (Dozza, 2021). Dewey (1933/2018), infatti, ha posto al centro della sua teoria educativa il valore dell’esperienza diretta e dell’apprendimento attivo. Il gioco si configura come un ambiente privilegiato, dove gli adolescenti possono sperimentare, esplorare, risolvere problemi e collaborare in modo autentico (Ciziceno, 2023). La revisione della letteratura ha esplorato il framework EntreComp e il modello TRIO, che non sono semplicemente opzioni complementari, ma riflettono visioni differenti dell’imprenditorialità in ambito educativo, con potenziali tensioni tra standardizzazione e contestualizzazione, e tra individualismo e sviluppo comunitario. Mentre EntreComp propone una tassonomia di competenze standardizzata e normativa, TRIO si fonda su una prospettiva educativa più situata e valoriale, potenzialmente soggetta a interpretazioni culturali differenti. Inoltre, EntreComp tende a una lettura individualistica dell’imprenditorialità, mentre TRIO promuove agency, empowerment collettivo e cittadinanza attiva. Si potrebbe quindi concludere che, mentre il modello TRIO costituisce la guida per la progettazione di iniziative di educazione all’imprenditorialità come competenza chiave utile in diversi contesti, EntreComp sia utile per valutare i programmi di educazione all’imprenditorialità così come lo sviluppo di competenza imprenditoriale degli apprendenti (Morselli & Orzes, 2023).
La prima domanda di ricerca di questo studio era: “Quali sono gli apprendimenti degli durante il gioco? In che misura sono collegati a una competenza imprenditoriale?” Gli studenti hanno imparato il lavoro in squadra, seguito dallo sviluppo di nuove idee, pensare in modo imprenditoriale, e a essere creativi. Si tratta in tutti i casi di competenze elencate da EntreComp (Bacigalupo et al., 2016): all’interno dell’area “Idee e opportunità” si trova “creatività”; nell’area “In azione” si trova “lavorare con gli altri”, mentre si può considerare il “pensare in modo imprenditoriale” come a una caratteristica trasversale al framework. Inoltre, il fatto che le risposte nominino esplicitamente l’imprenditorialità senza che questa venga utilizzata nelle domande rafforza l’argomentazione secondo cui gli studenti abbiano sviluppato una competenza imprenditoriale. È importante notare che ciò che rende queste competenze imprenditoriali è il contesto in cui vengono sviluppate e applicate (Cedefop, 2023): nel gioco da tavolo suddetto, queste competenze si manifestano in una simulazione imprenditoriale in cui gli studenti sono chiamati a trasformare idee in azioni generative di valore per altri.
Questa ricerca suggerisce, inoltre, che le competenze sviluppate dagli studenti siano in parte diverse da quelle delineate dalla ricerca sui board games utilizzati in ambito educativo. Katsantonis (2025), per esempio, sottolinea problem solving, la creatività, e pensiero strategico, mentre Shaikh (2023) evidenzia problem solving, presa di rischi e pianificazione. In linea con altri studi dove si è chiesto agli studenti cosa avessero imparato (Morselli & Orzes, 2023), la sfida potrebbe essere quella di rendere i partecipanti più consapevoli sulle competenze sviluppate oltre il lavoro di gruppo , in particolare il problem solving imprenditoriale. Questo nasce in situazioni di soluzione di problemi, dove prima si raccolgono le informazioni, poi si formulano ipotesi, e successivamente si sperimenta attivamente attraverso l’azione, e infine si riflette sull’esperienza vissuta e sulle sue conseguenze (Pepin, 2012).
La seconda domanda di ricerca, invece, era: In che misura gli apprendimenti durante il gioco possono essere generalizzati ad altri ambiti? Da un lato gli studenti vedono ancora una volta in cima alle loro preferenze il lavoro di gruppo, in questo caso si tratta della competenza più generalizzabile a ogni contesto. In secondo luogo, i partecipanti non percepiscono nel gioco nulla di trasferibile ad altri contesti, soprattutto nella vita privata. Questo potrebbe rappresentare un indice del bisogno di accompagnamento nella riflessione, così come suggerito da Bado (2019), rammentando che la riflessione sull’azione è la tappa conclusiva del problem solving deweyano (Pepin, 2012).
Vi sono, infine, una serie di miglioramenti nella modalità di svolgimento del gioco che si potrebbero tenere in considerazione per adattare il gioco The Next Generation of Change Maker nel serious context rappresentato dall’aula scolastica (Ciziceno, 2023), data anche la sua complessità e durata. Si potrebbero così introdurre gradualmente le regole, preparare un tutorial, e predisporre modalità di gioco scalabili, cioè che vanno dal semplice al complesso (Katsantonis, 2025). Gli insegnanti, invece, potrebbero giocare al gioco prima di proporlo alla classe, onde familiarizzare con le dinamiche dell’attività (Ligabue, 2021), preparando altresì eventuali collegamenti con le attività didattiche più curriculari (Paniagua & Instance, 2018). In modo simile, una fase post-gioco dedicata alla riflessione sarebbe fondamentale per aiutare gli studenti a riflettere sull’esperienza, facendo emergere bene le competenze sviluppate in un’ottica lifewide. Tutti questi miglioramenti si devono inserire in una messa a sistema dell’educazione all’imprenditorialità nella scuola (Cedefop, 2024). Mentre il dirigente cautamente ha fatto il primo passo invitando i ricercatori, è opportuno che nella scuola si crei una comunità di insegnanti che insieme decidano come qualificare questa competenza chiave. All’interno di questa cornice, The Next Generation of Change Makers può rappresentare un’opportunità di sviluppo dell’imprenditorialità.
Per quello che riguarda le direzioni di ricerca, studi futuri dovrebbero meglio indagare le emozioni sperimentate durante il gioco, una dimensione essenziale del game-based learning (Katsantonis, 2025) e dell’apprendimento. L’analisi qui presentata non ha, inoltre, mostrato il collegamento tra il gioco e l’imprenditorialità sociale (Mohammadi et al., 2024) e sostenibile (Terán-Yépez et al., 2020), malgrado questa connessione fosse evidente in molti progetti presentati dagli studenti. Alcuni esempi, infatti, sono: una banca del tempo per anziani; uno spazzolino in materiale riciclabile; una gomma da masticare al miele il cui ricavato è devoluto alla tutela delle api; un ristorante che offra pietanze secondo una prospettiva di economia circolare. Future ricerche potrebbero da un lato indagare il legame del gioco con l’educazione all’imprenditorialità sostenibile o sociale, collegandole così al capability approach. Ponendo al centro lo sviluppo umano, la libertà di scelta e la valorizzazione delle capacità individuali (Ellerani, 2019), il capability approach offre, infatti, una cornice teorica che si integra naturalmente con l’educazione all’imprenditorialità sostenibile e sociale. Entrambi promuovono l’attivazione dell’agency, la generatività e la responsabilità verso il benessere collettivo, orientando l’agire imprenditoriale non solo all’innovazione economica, ma anche all’inclusione sociale e alla sostenibilità ambientale. In questo contesto si inserisce opportunamente il modello TRIO di Lindner (2018), perché combinando talento, risorse e opportunità, incorpora i concetti di capacità e funzionamenti del capability approach, rendendo così evidente la relazione tra il potenziale personale, le risorse che il contesto offre, e le forme culturali di imprenditorialità che determinano agentività e senso d’iniziativa.
Questa riflessione permette di introdurre un’ultima direzione di ricerca secondo una prospettiva socioculturale, secondo la quale si potrebbero analizzare gli artefatti prodotti dagli studenti durante il gioco secondo la teoria dell’apprendimento espansivo (Engeström & Sannino, 2017). Si tratta di un tipo di apprendimento particolarmente significativo per l’imprenditorialità, perché studia l’apprendimento collettivo e la generazione di nuove pratiche. L’apprendimento espansivo, infatti, offre all’educazione all’imprenditorialità non solo un solido fondamento teorico, ma anche una visione emancipatoria che la libera dalle sue derive individualistiche e neoliberiste basate sulla creazione d’impresa.
Nella scuola in oggetto così come nel contesto italiano più ampio, infine, le potenzialità dell’educazione all’imprenditorialità rischiano di rimanere lettera morta (Cedefop, 2022; Michelotti, 2021). Occorre un impegno rinnovato per colmare il divario tra ciò che la scuola promette sui documenti di policy e sui PTOF e ciò che effettivamente offre agli studenti, affinché la cultura dell’iniziativa, dell’innovazione e della creatività possa davvero diventare parte integrante del percorso formativo delle nuove generazioni in un’ottica lifelong e lifewide (Dozza, 2021). Coerentemente col modello TRIO di Lindner (2019), l’educazione all’imprenditorialità diviene parte integrante di un progetto pedagogico più ampio, volto a formare cittadini capaci di rompere con modi fissi di operare del passato e aprire nuove possibilità di azione, contribuendo così alla costruzione di una società più equa, sostenibile e innovativa.
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Questo contributo assume l’equivalenza di fatto tra le locuzioni “educazione all’imprenditorialità” e “sviluppo di una competenza imprenditoriale” in linea con gli studi Cedefop (2022; 2024). Va precisato che questa equivalenza è possibile nella misura in cui l’educazione all’imprenditorialità è per competenze, cioè utilizza didattiche centrate sullo studente ed è interdisciplinare (Castoldi, 2011). ↑