Building Eco-Narrative Communities in School: A Qualitative Research Starting from a Place-Based Writing Practice
Costruire comunità eco-narrative a scuola: Una ricerca qualitativa a partire da una pratica di scrittura basata sui luoghi
Tommaso Reato
Dipartimento FISPPA, Università degli Studi di Padova (Italy) – tommaso.reato@unipd.it
https://orcid.org/0009-0006-1031-2405
Monica Fedeli
Dipartimento FISSPA, Università degli Studi di Padova (Italy) – monica.fedeli@unipd.it
https://orcid.org/0000-0002-8099-0432
This paper explores the construct of eco-narrative community starting from an action-research that investigated place-based writing, in the context of secondary school. Against the background of different approaches that invest in the classroom as a learning community, the construct of narrative community (Jedlowskj, 2009, 2022) is discussed with respect to its pedagogical potential, together with that of ecological community, as a horizon within which to understand outdoor education. Processes and themes that emerged from the experiences of students are explored from a phenomenological perspective, starting from the analysis of focus groups, semi-structured interviews and poetic-narrative texts composed outdoors. The analysis emphasizes the generative dimensions of solitude, mutual listening supported by curiosity, describing an embodied educational experience. The emerging relational dynamics are related to the affective dimensions and mutual recognition. However, the educational declination of the concept of eco-narrative community is only initial and the need for further research and practices is emphasized.
Questo contributo esplora il costrutto di comunità eco-narrativa a partire da una ricerca-azione che ha indagato la scrittura basata sui luoghi, nel contesto della scuola secondaria di secondo grado. Sullo sfondo dei diversi approcci che investono sulla classe come gruppo di apprendimento, viene discusso il costrutto di comunità narrativa (Jedlowskj, 2009, 2022) rispetto al suo potenziale pedagogico, assieme a quello di comunità ecologica, come orizzonte entro cui intendere l’educazione all’aperto. Processi e temi emersi dalle esperienze di studenti e studentesse sono esplorati da una prospettiva fenomenologica, a partire dall’analisi di focus group, interviste semi-strutturate e testi poetico-narrativi composti all’aperto. L’analisi enfatizza le dimensioni generative della solitudine, dell’ascolto reciproco supportato dalla curiosità, descrivendo un’esperienza educativa incorporata. Le dinamiche relazionali emergenti sono relative alle dimensioni affettiva e del riconoscimento reciproco. Tuttavia, la declinazione educativa del concetto di comunità eco-narrativa è solo iniziale e si sottolinea la necessità di ulteriori ricerche e pratiche.
Outdoor education, Secondary school, Place-based writing, Narrative community
Educazione all’aperto, Scuola secondaria, Scrittura basata sui luoghi, Comunità narrativa
The Authors declare no conflicts of interest.
Gli autori desiderano ringraziare le studentesse e gli studenti, assieme ai/alle docenti ed educatrici dell’I.I.S. Viola-Marchesini di Rovigo e della fattoria didattica Corte Carezzabella per l’attiva collaborazione nelle diverse fasi della ricerca-azione.
December 22, 2024
April 14, 2025
April 30, 2025
L’esperienza nel mondo del soggetto umano è costitutivamente relazionale e inter-soggettiva (Levinas, 1986; Guardini, 2022). L’incontro con altri, la comunicazione e il dialogo, l’agire collaborativo come anche il confronto e il conflitto sono esperienze fondamentali, proprie della dimensione antropologica e, altrettanto, di quella educativa. L’esperienza di studenti e studentesse all’interno del gruppo classe va riconosciuta, nel contesto scolastico, come un campo generativo di sperimentazione e di apprendimento relazionale. Si apprende sempre assieme agli altri, ma lo si fa meglio quando co-costruire comunità generative di pensiero e di apprendimento diventa un obiettivo esplicito, che si declina nelle pratiche e nelle strategie educative e di insegnamento. Per questo diversi approcci didattici si propongono di attivare la classe come gruppo, ognuno enfatizzando una certa dimensione dell’essere comunità, in modo coerente a differenti direzioni di pratica e di senso.
D’altra parte, accanto alle relazioni inter-soggettive, è rilevante e urgente richiamare l’attenzione a quelle relazioni di tipo ecologico che connettono i soggetti con tutto ciò che è altro da sé, ma non umano (Leopold, 2019; Ingold, 2021). Si tratta di riconoscere la presenza e la relazione con gli elementi del regno vegetale e animale, come piante e animali, ma anche del regno minerale e più in generale dell’insieme degli esseri viventi interconnessi fra loro: nella natura, nel paesaggio, nell’ambiente, negli ecosistemi. La persona, infatti, non è ultimamente pensabile astraendo dalla sua dimensione corporea e con essa dal suo inserimento in un ecosistema di relazioni vitali, intreccio a cui anche lo sguardo educativo deve porre attenzione e cura. In tal senso sono numerosi gli autori che hanno lavorato nella direzione di una pedagogia ecologica (Blenkinsop & Kuchta, 2024; Dozza, 2018; Mortari, 2017, 2020; Paulsen, 2023) esplorando e supportando pensieri e pratiche che, anche in ambito scolastico, intendono dare voce alla complessa relazionalità ecosistemica che ci costituisce.
Il presente contributo intende offrire una riflessione sui tratti peculiari di un approccio che scommette sul gruppo classe come comunità eco-narrativa, approccio esplorato attraverso le suggestioni emerse da un’esperienza educativa di scrittura basata sui luoghi, realizzata nella scuola secondaria di secondo grado. Nella prima parte verranno delineate le coordinate teoriche che possono definire una comunità eco-narrativa, sullo sfondo dei diversi approcci allo sviluppo di comunità nel contesto del gruppo classe. Nella seconda parte, verrà presentato uno studio qualitativo che ha analizzato le dinamiche di una pratica eco-narrativa di scrittura creativa all’aperto, esplorando le percezioni di studenti e studentesse adolescenti rispetto alla dimensione relazionale dell’esperienza.
L’attenzione al potenziale educativo del gruppo classe è tema di numerosi studi. Alcuni hanno evidenziato come un clima positivo nel gruppo classe favorisca i risultati scolastici (Kiuru et al., 2015), altri suggeriscono che il benessere percepito a scuola sia direttamente connesso alla qualità delle relazioni fra pari (Aureli et al, 2008; Valbusa & Ghio, 2023). Anche la dimensione connessa all’apprendimento trova nella relazione e nel gruppo degli elementi generativi, come è stato evidenziato da molteplici contributi, in primis quelli di prospettiva socio-costruttivista. Parimenti, il gruppo emerge come un luogo chiave dal punto di vista educativo e formativo, ovvero come contesto dove si esplorano le complesse dinamiche legate al riconoscimento, alla reciprocità, alla messa in gioco delle identità e alla soggettivazione (Biesta, 2015; D’Addelfio, 2020; Dusi, 2017).
Gli approcci didattico-educativi che hanno investito in queste direzioni sono molteplici e delineano un ambito di studio vasto, che qui ci si limiterà a tratteggiare come uno sfondo. Una matrice importante è costituita dalla riflessione deweiana che si propone di ripensare la vita del gruppo classe a partire dal coinvolgimento degli studenti in situazioni partecipative, in modo da prepararli alla vita democratica (Porcarelli, 2012). La classe stessa è da intendersi come un laboratorio democratico in cui esperire concretamente il senso di responsabilità, le dinamiche decisionali, il complesso processo della partecipazione, anche attraverso compiti di auto-gestione e rappresentanza (Novara & Passerini, 2015).
Nella stessa tradizione culturale possiamo considerare l’insieme delle pratiche di cooperative learning (Johnson et al., 1996; Slavin, 1980; Kyndt et al., 2013), approccio ben integrato nella progettazione curricolare e che si declina in strutture didattiche caratterizzate dall’organizzazione delle lezioni attraverso lavori di gruppo. L’interdipendenza positiva è promossa attraverso il perseguire degli obiettivi comuni, la condivisione dei materiali e con un’attenzione particolare alla dimensione organizzativa, alla suddivisione dei ruoli e così via. La comunità è qui intesa, soprattutto, come un gruppo di lavoro, un team attivato da compiti reali e che opera con efficacia grazie alla supervisione del docente (Comoglio & Cardoso, 1996). Maggiormente legata all’approccio socio-costruttivista e alle teorie del linguaggio (Bachtin, 2001) è la prospettiva della cosiddetta comunità di ricerca (community of inquiry), che si declina in pratiche dialogiche e di indagine condivisa (Lipman, 2003; Pardales & Girod, 2006). In questo caso, il gruppo è vissuto come spazio inclusivo di conversazione facilitata, in cui ha luogo la pratica dialogica e inquisitiva tipica della ricerca filosofica (Santi, 2006; Ruzzante, 2016). Si possono citare anche gli approcci esperienziali (Reggio, 2010; Fortin, 2023) in cui si coglie un’enfasi maggiore sulle dinamiche di gruppo e sulla dimensione affettiva. Proprio di questi ultimi è di intendere il gruppo classe come un campo di sperimentazione inter-soggettiva, che si attiva attraverso esperienze reali e sfidanti, accompagnate da pratiche riflessive.
La dimensione della parola non è estranea ad alcuno dei precedenti approcci, tuttavia emerge come il tratto peculiare di quelle pratiche educative che si richiamano al concetto, elaborato soprattutto in ambito sociologico, di comunità narrativa (Jedlowski, 2009; 2022; Massa & Simeoni, 2014). Come propone Jedlowski, “la comunità narrativa è la comunità posta in essere dal fatto che fra certe persone, con una certa regolarità, circolano certi racconti e certe storie sono messe in comune” (2009, p. 38). La pratica del narrare è qui centrale e svolge un ruolo fondativo al di là di altri fattori quali, ad esempio, l’agire verso obiettivi comuni. L’arte della narrazione promuove una relazione di reciprocità dialogica tra narratori e ascoltatori che in modo collaborativo prendono parte a varie forme di creazione e condivisione di racconti.
Si tratta di comunità che emergono durante una singola conversazione, sciogliendosi rapidamente, oppure rimangono vive per lungo tempo; in ogni caso, hanno confini labili e si sovrappongono ad altre forme gruppali, secondo una modalità flessibile tipica della contemporaneità. La partecipazione a una comunità narrativa permette ai membri di co-costruire un repertorio di significati, situazioni, personaggi e connessioni metaforiche che vanno a configurare un’identità narrativa comune (Jedlowski, 2009); dall’altro lato, essi vi trovano un contesto di espressione e apprendimento personale, dove poter mettere in gioco le proprie narrazioni e relative identità (Ricoeur, 2016). Va detto che la qualità dell’ascolto e, quindi, il ruolo dei membri in quanto interlocutori sono fattori essenziali nel fare di una comunità narrativa una dimora accogliente, “uno spazio in cui posso vivere: un ambiente ospitale entro cui la mia parola ha diritto di esistere” (Jedlowski, 2009, p. 122).
Prima di esplorarne il versante più propriamente pedagogico, conviene ricordare alcuni aspetti del fenomeno narrativo tout court: questo non andrebbe inteso come una tipologia di discorso fra gli altri, quanto come una modalità peculiare di esistere attraverso il linguaggio. Bruner, ad esempio, descrive il narrativo come una modalità di conoscenza si sé e del mondo alternativa e complementare rispetto al pensiero categoriale (2004); Ricoeur lo esplora come essenziale nel configurare in maniera sensata quella trama aggrovigliata che è l’esperienza umana (2016). In particolare, la narrazione e, con essa, la poesia sembrano in grado di valorizzare la temporalità dell’esistenza e di riconoscere l’unicità dei suoi eventi e dei suoi protagonisti: storie e poesie, anche quando aprono significati universali, mettono in parola sempre situazioni contingenti e singolari, trame uniche e non sostituibili da una traduzione concettuale (Jedlowski, 2009; 2022, Petrosino, 2017; 2023).
Questo tratto, inattingibile alla scienza concettuale e astratta, sembra particolarmente rilevante in rapporto ad una pratica così marcatamente temporale e fatta di casi unici come quella educativa (Mortari, 2003). Sebbene non vastissimo, si rintraccia un certo interesse per la declinazione pedagogica delle dinamiche relazionali connesse alla narrazione, anche se la valorizzazione diretta del costrutto di comunità narrativa sembra esigua (Massa & Simeoni, 2014). Sono abbastanza numerose le pratiche e le ricerche sulle comunità di pratiche narrative che coinvolgono educatori o docenti adulti (Melacarne, 2013; Liu & Xu, 2013), ovvero promosse da gruppi marginalizzati, che attraverso la narrazione trovano un modo per dire la propria presenza (Osorio-Cuellar, et al., 2017; White, 2003). Meno frequente una sua declinazione specificamente educativa, con un’eccezione importante nell’ambito dell’educazione linguistica e letteraria, entro cui si muove anche il nostro studio (Giusti, 2011; Giusti & Tonelli, 2012). In questo caso, la classe viene attivata come comunità narrativa nella misura in cui i docenti promuovono al suo interno molteplici pratiche narrative: letture silenziose o ad alta voce, narrazioni orali e ascolto degli stessi racconti selezionati dall’insegnante, invenzione e condivisione di storie o poesie, visione di film e così via (Giusti & Tonelli, 2021).
Dopo aver introdotto e discusso il concetto di comunità narrativa conviene rivolgere l’attenzione al secondo costrutto in gioco, quello di comunità ecologica, In questo passaggio, ci piace citare Leopold che, scrivendo a proposito di un’etica della terra, suggeriva di “allargare i confini della comunità per includervi il suolo, le acque, le piante e gli animali o, collettivamente, la terra stessa” (2019, p. 2012). Lo stesso stimolo potrebbe essere colto rispetto all’intenzione di dar forma ad una pedagogia ecologica e applicato criticamente all’educazione all’aperto. In questo ambito educativo che appare in una fase di relativo sviluppo (Bortolotti, 2019; Guerra, 2020) non è sempre chiaro quale senso venga attribuito alla relazione con la natura e i luoghi. A questo proposito sono ormai numerosi gli studi che hanno evidenziato come un utilizzo sostanzialmente strumentale degli ambienti outdoor tenda a promuovere posture anti-ecologiche, non sostenibili e nemmeno educative (Beames, 2006; Loynes, 2002; Pierce & Beames, 2024). Questa postura si declina, ad esempio, entro quelle esperienze avventurose in cui si vive l’ambiente come uno sfondo della propria azione, ovvero come un insieme di ostacoli da superare (Loynes, 2020). Nell’ambito scolastico, invece, l’ambiente naturale può essere inteso principalmente come strumento didattico, efficace per promuovere certe conoscenze o competenze, ma in sé stesso poco riconosciuto. Si tratta, quindi, di immaginare ed agire una prospettiva educativa outdoor che rispetto alla relazione con il vivente non umano, sia comunitaria e non solamente funzionale, in cui la relazione fra i soggetti umani e l’ambiente sia valorizzata in se stessa, come esperienza di incontro, corrispondenza e reciproco riconoscimento. Un tipo di relazione che emerge, ad esempio, nell’ipotesi della biofilia (Barbiero & Berto, 2021), dove si sottolinea il legame affettivo che connette tutti i viventi.
Ancor più chiaramente e in modo forse più consistente, l’idea di una comunità ecologica emerge nella proposta teorica di un’educazione all’amicizia con il vivente [life friendly education] (Nørreklit & Paulsen, 2023; Paulsen, 2023) in cui si tenta di oltrepassare la distinzione fra dentro e fuori, mente e corpo, cultura e natura e così via. Entro questa prospettiva, il concetto di vita viene declinato nella sua dimensione biologica, ma anche in quella esistenziale e personale. Così, mettersi in relazione con il vivente significa riconoscersi parte di un sistema più ampio di relazioni eco-sistemiche, ma allo stesso tempo richiede di considerare l’elemento singolare e di unicità insostituibile che ogni ente porta con sé, nel caso della soggettività umana ma non solo (Paulsen, 2023). Questa sottolineatura permette di non scadere in quel prevalere del pensiero olistico che, affermando la necessità di agganciare l’insieme del vivente, propone forme di relazione fusionale che non riconoscono appieno la rilevanza etica e politica della singolarità (Cagol, 2021).
Una comunità ecologica, quindi, emerge non soltanto come un insieme più ampio di soggetti in relazione reciproca, ma come un movimento incessante fra il tutto e la parte, un ritmo che tiene assieme allineamento e personalizzazione, focus sulle relazioni e attenzione all’unicità di ogni soggetto e situazione. Fare proprio questo ritmo sembra il tratto distintivo di una comunità di pratiche educative che voglia essere ecologica (Mortari, 2017; 2020; Blenkinsop & Kuchta, 2024) ed eco-narrativa. Si tratta, quindi, di esplorare le relazioni fra gli esseri viventi umani e non attraverso processi creativi, narrativi e poetici; intrecciare sguardi ambientali e personali; radicare l’arte della narrazione nella relazione corporea con i luoghi e la natura.
Descriveremo quello che abbiamo definito un approccio eco-narrativo a partire da una pratica concreta, realizzata nel contesto della scuola secondaria di secondo grado, un istituto tecnico e professionale, entro un progetto di ricerca dottorale che ha impegnato gli autori in un processo partecipativo di ricerca-azione assieme ad un gruppo di docenti ed educatori (Kemmis et al., 2014). La proposta educativa si caratterizza per la sperimentazione di processi di scrittura basata sui luoghi (place based writing), un approccio emergente all’apprendimento della scrittura in cui la pratica concreta della composizione di testi è intrecciata con l’esperienza di ambienti concreti, naturali e non (Brooke, 2003; Montgomery & Montgomery, 2024). Si tratta di un approccio incorporato ed esperienziale all’educazione linguistica e letteraria, rispetto al quale l’interesse della ricerca pedagogica è ancora frammentario seppur crescente, sia a livello nazionale che internazionale (Jacobs, 2011; Laneri, 2023; Lundahl, 2022).
Le pratiche didattiche sono emerse in un processo di co-progettazione e sperimentazione degli autori e di un gruppo di docenti e educatrici e includono diverse situazioni didattiche, indoor e outdoor, teoriche ed esperienziali realizzate nel giardino della scuola, in parchi cittadini e in una fattoria didattica, nella città di Rovigo e nel territorio circostante. Sono stati coinvolti 142 fra studenti e studentesse, di età compresa fra 14 e 17 anni, per un totale di sette gruppi classe, lungo due anni scolastici. Ogni gruppo classe ha lavorato con continuità alla sperimentazione di scrittura all’aperto per un mese e mezzo o due, con una media di sette incontri per gruppo classe. Seguendo Mortari (2017), l’esperienza di scrittura basata sui luoghi si è sviluppata per prima cosa promuovendo un contatto diretto in e con il luogo, mediante esplorazioni corporee e sensoriali. In secondo luogo, attraverso molteplici attivazioni, si è data attenzione ad incoraggiare l’emergere di descrizioni e narrazioni che mettessero in parola l’incontro con il luogo. La scrittura vera e propria è introdotta da una fase individuale, in cui gli studenti sono invitati a osservare attorno a sé in una posizione ricettiva e contemplativa per un tempo prolungato, prendendo appunti liberamente, per poi comporre i propri testi in forma poetico-narrativa. L’esperienza contempla anche una fase di condivisione dell’esperienza: quest’ultima abbraccia una prospettiva ermeneutico-riflessiva e si sviluppa attraverso la lettura di gruppo delle poesie, lo scambio di risonanze, la condivisione e la discussione di questioni emergenti.
Le esperienze prese in considerazione si presentano come organicamente integrate con il curriculum di lettere e finalizzate a esplorare contenuti disciplinari, come la comprensione del testo poetico, e di alcune figure retoriche, come la metafora. In secondo luogo, e in un senso più ampio, l’intenzione educativa è quella di supportare il generarsi di relazioni ecologiche con i luoghi attraversati e con la natura, investendo nel linguaggio delle arti, in particolar modo della scrittura creativa, ma cercando in ogni caso di evitare posture pseudo-romantiche (D’Aniello, 2009; Paulsen et al., in press).
A partire da domande di ricerca ampie è stata analizzata la percezione di studenti e studentesse rispetto all’esperienza di scuola all’aperto nell’ambito di educazione linguistica. Un focus particolare è stato dedicato all’esplorazione del processo di scrittura creativa. In dettaglio le domande di ricerca sono state le seguenti:
- Come vengono percepite da studenti e studentesse della scuola secondaria di secondo grado le esperienze di scrittura basate sui luoghi, realizzate all’aperto e integrate nella didattica della lingua italiana?
- Quali aspetti dell’esperienza didattica appaiono connesse alla dimensione relazionale e interessano le dinamiche inter-soggettive ed ecologiche del gruppo classe?
Quanto alla metodologia di ricerca adottata in questo studio esplorativo di tipo qualitativo, essa ha contemplato una molteplicità di dati, analizzati in una prospettiva fenomenologica secondo il metodo meticciato (Mortari, 2007; Mortari & Ghirotto, 2019), approccio in cui le strategie operative sono desunte principalmente dalla metodologia della grounded theory costruttivista (Charmaz, 2006). Sono stati realizzati 11 focus group, interessando la totalità dei partecipanti, e 16 interviste individuali semi-strutturate con studentesse e studenti, selezionati con il supporto dei docenti in base alle loro caratteristiche [purposive sampling] e disponibilità. Queste conversazioni sono state realizzate a distanza di un mese dalla conclusione delle attività, quindi sono state audio-registrate, trascritte fedelmente e analizzate con l’ausilio tecnico del software Atlas-TI, utilizzato coerentemente con l’approccio metodologico scelto (Mortari, 2007; Mortari & Ghirotto, 2019). Inoltre, sono stati raccolti, catalogati ed analizzati i testi composti durante le lezioni all’aperto, assieme alle loro bozze preparatorie (n. 145 testi). Nel corso dell’analisi i testi poetici sono stati assunti come “dati sporgenti che sono mai riducibili a una concettualizzazione ma che vanno salvaguardati nella loro unicità” (Mortari, 2019, p. 74), applicando un principio di salvaguardia del particolare (Mortari, 2019). Per questa ragione, ad ogni testo poetico è stata abbinata una sola etichetta o al massimo due, in modo da restituire soltanto i temi principali senza parcellizzare l’analisi con il rischio di fraintendere il pensiero degli studenti.
Lo stesso processo di analisi riguarda le annotazioni che, al termine di ogni lezione all’aperto, gli studenti hanno raccolto in una pagina di diario di apprendimento personale, appuntando gli elementi di scoperta o di fatica sperimentati a lezione.
Rispetto all’insieme della ricerca empirica, nel contesto di questo articolo, presenteremo la sezione dei risultati che esplora la dimensione relazionale dell’esperienza, in quanto connessa con il focus teorico che stiamo osservando. In generale, la prima fase di codifica ha determinato un alto numero di etichette, che si è ridotto nella successiva fase di codifica focalizzata. La lista di questi codici, a sua volta, è stata articolati in diverse categorie e sotto-categorie che offrono un’ipotesi interpretativa dell’esperienza di studenti e studentesse. Le categorie che abbiamo scelto di presentare, parte di un più ampio coding system (Reato, 2024) generato a partire da focus group, interviste e diari di apprendimento, sono le seguenti: cercando la propria voce nella solitudine, ascoltare come pratica comune, riscoprire compagni e docenti. Infine, discuteremo brevemente tre dinamiche relazionali che emergono dall’analisi dei materiali testuali composti dai ragazzi come particolarmente rilevanti. Per ogni categoria riportiamo una selezione di citazioni come evidenze fenomenologiche del processo di analisi.
Può apparire sorprendente che i momenti passati in solitudine siano descritti dagli studenti come quelli maggiormente significativi, raccontati come esperienze di piacere, benessere, quiete e concentrazione. Lo spazio outdoor, con la sua ampiezza, facilita l’organizzazione di questi momenti. L’intreccio fra scrittura, natura e solitudine viene associato ad un senso di autonomia e ad una percezione di proprietà del pensiero e del sentire. Sembra che la dimensione gruppale, così significativa in adolescenza, in questi momenti sia opportunamente messa da parte per prendere distanza dalla pressione del gruppo e ricavare uno spazio di pensiero personale. Il gruppo dei pari, infatti, da un lato stimola e supporta, dall’altro può sovraccaricare emotivamente per le aspettative e gli sguardi a cui non ci si può sottrarre. Quando si è insieme e vicini, c’è così tanto da capire, seguire e percepire a livello sociale che è difficile sentire altro. Ecco che la solitudine vale come uno spazio sicuro dove percepire di più, dentro e fuori, e dove cercare la propria voce, come si evince dalle seguenti citazioni:
“Solitudine, però positiva. Perché aiuta, quando uno è da solo, a capirsi, ad ascoltare anche un po’ le emozioni che prova in quel momento. Invece quando sei in gruppo magari c’è una o poche emozioni che prevalgono, e che ti arrivano da fuori” (Mark, intervista, maggio 2022).
“Mi sono trovato bene. Perché non avevo quasi nessuno in parte. Quelli più vicini erano comunque a un bel po’ di metri e quindi ero proprio lì da solo. E allora sono stato più tranquillo, più sicuro di me” (Marco, intervista, giugno 2022).
“Sono state interessanti perché avevi tempo per pensare da solo. Stando da soli si può percepire molto di più. Il fatto di isolarmi ha permesso di sentire molte più cose” (Omar, intervista, maggio 2022).
La solitudine, infine, non è percepita come assoluta, ma come un’esperienza attraversata assieme, un “isolamento simbolico” (Daniel, intervista, giugno 2022), condiviso coi compagni e, per questo, meno pesante. La vicinanza dei pari rende possibile qualche battuta e qualche risata, e sostiene emotivamente: come dice Mark, “non si è soli soli... se no, penso più al fatto che sono solo, e non penso più al resto!” (Mark, intervista, giugno 2022).
“Quando abbiamo letto le poesie, non dovevamo fare qualcosa insieme, però la roba insieme è stata quella di ascoltare. Perché è stato qualcosa che abbiamo fatto tutti. Tutti ascoltavano le poesie. Non ce n’era uno che faceva un’altra cosa, eravamo tutti concentrati nel sentire la poesia che era scritta da un nostro compagno” (Gruppo 11, giugno 2021).
In questo senso, ascoltare e ascoltarsi sembrano essere gli elementi essenziali per sentirsi gruppo in una pratica eco-narrativa. Alcuni studenti sottolineano la rilevanza del poter condividere i testi composti, le percezioni e i racconti di ciascuno. In supporto al processo di scrittura, l’ascolto dei contributi altrui vale come opportunità per cogliere elementi di ispirazione e stimolo funzionali al lavoro individuale. Ma è da sottolineare anche la valenza relazionale di questo ascolto reciproco. Come racconta uno studente, rispetto alla scrittura personale che sperimenta anche a casa, ciò che fa la differenza è che “alla fine ci siamo ritrovati, abbiamo parlato un po’ del tutto; quindi, alla fine era un’attività che poi ci metteva in comune con tutti gli altri” (Leo, intervista, maggio 2022).
Inoltre, è percepito il valore dell’ascolto ricevuto, in quanto stimolo alla partecipazione ai momenti collettivi, ascolto che gradualmente abilita anche gli studenti meno estroversi nell’offrire il proprio contributo all’attenzione del gruppo:
“Mi sono sentito ascoltato ed è stato bello anche condividere, oltre che ricevere quello che hanno da dire gli altri e sentire cosa le opinioni degli altri sulla propria poesia” (Nicolò, intervista, giugno 2022).
Diversi studenti condividono la scoperta più inattesa rispetto ai pari nel diario o durante l’intervista. Vengono riconosciute e apprezzate le capacità dei compagni nel realizzare il proprio testo; di altri, è sorprendente scoprire una profondità di pensiero nonostante la loro personalità vivace, in precedenza interpretata come superficiale. Sono note molto personali ed emblematiche, delle quali riportiamo solo due testimonianze che restituiscono il tipo di scoperta che caratterizza l’esperienza sia rispetto ai pari che ai docenti:
“Penso che Victor sia una persona molto gentile e anche timida, ma cerca di essere come gli altri facendo quello che gli altri fanno, secondo me dovrebbe essere sé stesso. Ho visto in lui un’altra persona” (Martina, diario, febbraio 2022).
“La prof, è anche vero che in classe si mette a ridere, però fuori faceva più battute. Era anche più serena lei, secondo me” (Guido, intervista, maggio 2022).
La dinamica di scoperta reciproca supporta un atteggiamento di attenzione, sostenuto dalla curiosità per ciò che verrà detto dai compagni. Il cambio di ambiente sembra facilitare nuove posture; la plasticità del materiale linguistico dà luogo a esiti imprevedibili, quanto lo si attraversa poeticamente. Va notato che il senso di scoperta coinvolge anche la relazione fra studenti e luogo, e ciò si fa evidente in una dinamica di allargamento percettivo e di generazione di interesse: “ci sono tante cose da vedere!” (Mark, intervista, giugno 2022).
In questa sezione finale daremo conto di alcune dinamiche di relazione che ci sembrano emergere in modo più significativo dall’analisi dei testi composti all’aperto, triangolati con il resto dei dati raccolti, interviste semi-strutturate in primis. Una prima dinamica sembra quella descritta dalla coppia differenziarsi/integrarsi: se nella solitudine, come già indicato, sembra evidente una dinamica di individuazione e separazione, nei testi prende voce spesso il tema della partecipazione e dell’appartenenza, sia al gruppo che al luogo, come emerge da questo testo:
“Il bosco come me.
Il bosco tranquillo e silenzioso
mi circonda come le coperte la sera
proteggendomi” (Poesie, gruppo 4).
Sembra evidente anche la polarità descritta dalla diade mostrarsi/nascondersi che riguarda la complessità delle dinamiche comunicative: scrivere una narrazione-poesia è rivelare qualcosa di sé, esporsi allo sguardo altrui. In classe questo è spesso un vissuto impegnativo. Uno studente dedica uno scritto alla telecamera presente in giardino, una “scatola malefica” che osserva in ogni momento, “in grado di interpretare i nostri comportamenti” (poesie, gruppo 6). Davide, invece, nell’esercizio di scrittura lavora sull’equilibrio fra comunicare e tenere nascosto. Il testo narrativo-poetico emerge come mediatore efficace in quanto rivela nascondendo, grazie alla sua forma finzionale: “Una persona se legge (la mia poesia) deve metterci impegno a capirla. È esattamente quello che voglio io. È una poesia che parla di me, quindi vorrei che la gente impiegasse più tempo” (Davide, intervista, maggio 2022). Nascondersi per attirare l’attenzione e allo stesso tempo proteggersi dagli sguardi sbrigativi e superficiali.
Una terza dinamica mostra più chiaramente l’intreccio con la dimensione ecologica, che si gioca soprattutto nella relazione fra gli studenti, il luogo e alcuni suoi elementi. Si tratta della coppia rispecchiarsi/percepire che descrive un movimento di apertura e relazione significante rispetto al luogo e alle parole dei compagni. Da un lato, si mostra una dinamica di risonanza e consonanza (Demetrio, 2022) che contribuisce a processi di autoconoscenza attraverso movimenti di proiezione metaforica, di immedesimazione e rispecchiamento, come si intuisce da questo brano:
“A volte sono un albero rigoglioso,
altre volte sono un semplice ceppo.
Tante emozioni frullano nella mente,
in questo periodo della vita” (Poesie, gruppo 4).
Dall’altro, le cose, i paesaggi, gli ambienti si impongono semplicemente davanti al soggetto, come presenze che chiedono attenzione e che possono venire alla parola nella loro alterità, mediante forme poetiche di taglio descrittivo.
“Mentre contemplo ciò che mi circonda
Osservo i rami degli alberi piegarsi per il vento
Resistenti più che mai
Tornano dritti ogni volta
E sembrano giocare” (Poesia, gruppo 5).
I risultati che abbiamo presentato confermano e rafforzano l’ipotesi di un’associazione positiva tra attività educativa in natura e lo sviluppo socio-emotivo, come già numerose ricerche empiriche hanno suggerito (Becker et al. 2017; Bølling et al., 2019; Fägerstam & Grothérus, 2018). Se in letteratura questa associazione rimane spesso generica, nel nostro caso possiamo osservarne le specifiche dinamiche connesse alla scrittura basata sui luoghi. Le dinamiche relazionali più emblematiche cha abbiamo presentato – differenziarsi/integrarsi, mostrarsi/nascondersi e rispecchiarsi/percepire – ben rappresentano le sfide evolutive emergenti entro una comunità eco-narrativa; esse sono relative soprattutto alla dimensione affettiva del gruppo e a dinamiche di riconoscimento intersoggettivo ed ecologico (Blandino & Granieri, 2002; Damiani, 2011).
Alla luce dei risultati emersi, occorre richiamare a quella reciprocità fra apprendimento relazionale e narrativo, reciprocità che rappresenta un importante fattore generativo (o degenerativo) di una comunità narrativa: “la qualità dei racconti che ci si offre reciprocamente determina la qualità della comunità che si crea. Come viceversa la qualità delle relazioni determina quella dei racconti che la narrazione ospita” (Jedlowski, 2009, p. 35). Come abbiamo visto, il gruppo classe può essere accompagnato gradualmente ad essere comunità narrativa di qualità, supportato dalla qualità dell’ascolto offerto e ricevuto, da un clima di non giudizio e dalla curiosità reciproca. Tuttavia, è utile ricordare che non sempre il nesso fra narrazione e comunità promuove dinamiche educative e desiderabili: al contrario, può accadere che, anche inconsapevolmente, si producano narrazioni di facciata, abitudinarie, o peggio, discriminatorie, e corrispondenti dinamiche di autoaffermazione o di esclusione (Jedlowskj, 2009). Ecco perché è opportuno promuovere una vigilanza critica soprattutto in chi si trova ad accompagnare pratiche di comunità narrative (Mortari, 2013). Come anche è auspicabile che questa dimensione critica emerga nella progettazione delle esperienze, ad esempio prevedendo spazi di riflessione che contemplino una messa in questione dei processi e dei contenuti, secondo approcci critico-trasformativi (Mezirow, 2003; Taylor, 2017).
Inoltre, sono da sottolineare alcune peculiarità progettuali di una pratica di scrittura basata sul luogo a proposito della dimensione relazionale. Rispetto all’alto livello di articolazione didattica proprio di approcci cooperativi e partecipativi il lavoro di comunità eco-narrativo mostra una semplicità organizzativa, basata sull’alternarsi di momenti fortemente individuali e altri di allineamento collettivo, in un ritmo flessibile e aperto. Un ulteriore elemento peculiare della pratica eco-narrativa sembra essere la centralità attribuita alla dimensione corporea e alla relazione con l’ambiente, che la assimila ad approcci educativi e didattici incorporati (Francesconi & Tarozzi, 2012; Odendahl, 2021). Le dinamiche relazionali discusse poc’anzi hanno mostrato proprio un intreccio fra le dimensioni delle relazioni inter-soggettive fra pari e relazioni con l’ambiente o i suoi elementi, di tipo eco-sistemico.
Infine, ci piace rilanciare l’attenzione al tema della solitudine, uno degli snodi essenziali dell’esperienza vissuta di studenti e studentesse. A partire dalla distinzione fra l’esperienza dell’isolamento da quella della solitudine (Galanaki, 2013), si può riconoscere a quest’ultima un valore educativo particolare, come una momentanea separazione dai contatti sociali per dedicarsi alla cura di sé, all’introspezione e alla relazione con il mondo non umano (Meregalli, 2017), condizione “che sola consente di attivare un’osservazione partecipata in cui ci si lascia quasi assorbire dai fenomeni” (Mortari, 2009, p. 140). Valorizzare esperienza di solo, rappresenta un elemento abbastanza classico dei programmi di adventure education (Daniel et al., 2014; Knapp & Smith, 2005), mentre trova difficilmente spazio nei contesti educativi formali e scolastici. Dai risultati della ricerca empirica emerge un forte bisogno di esperienze educative di solitudine anche e proprio nella scuola secondaria di secondo grado. I contesti naturali sembrano particolarmente adatti ad ospitare momenti di autoriflessione e benessere per soggetti adolescenti, come riconosciuto da un cero numero di studi (Owen & McKinnon, 2009; Puhakka & Hakoköngäs, 2023). Queste esperienze di separazione e interruzione, paradossalmente, sembrano determinanti proprio nella riuscita di un lavoro di comunità eco-narrativa, in quanto rappresentano delle possibilità per promuovere relazioni personali e non solo generiche, sia verso gli altri che verso il luogo.
L’intenzione di questo articolo è di contribuire alla discussione circa le possibili declinazioni educative del costrutto di comunità narrativa (Jedlowski, 2009; 2022), a fronte di un esiguo numero di studi in tema (Giusti, 2011; Giusti & Tonelli, 2021; Massa & Simeoni, 2014). La scrittura creativa basata sui luoghi è stata proposta come un possibile approccio al lavoro di comunità eco-narrativa declinabile in ambienti outdoor e nel contesto della scuola secondaria di secondo grado. L’attivazione a livello socio-emotivo, seppur in maniera integrata rispetto alla programmazione curricolare, rappresenta un elemento significativo dell’esperienza, soprattutto in considerazione delle sfide relazionali dell’età adolescenziale (Benasayag & Schmit, 2004; Pietropolli Charmet, 2008). Non sono mancate alcune criticità, le più evidenti di tipo organizzativo, in quanto una didattica basata sui luoghi richiede un adeguato lavoro di preparazione e di gestione dei tempi. Certamente spostare le lezioni dal dentro al fuori implica un profondo cambiamento nelle posture e nei processi di insegnamento, ma per promuovere un tale passaggio mancano al momento modelli consolidati o esemplari.
Vorremmo concludere con una delle immagini usate dagli studenti per descrivere il cambiamento percepito nel gruppo durante l’esperienza di scrittura all’aperto, che ne enfatizza il carattere organico:
“Siamo partiti da una pianta, una piantina e abbiamo finito con la crescita di un albero che si è trasformato in un gruppo, un albero molto robusto... Rappresenta il legame che si è formato in questi incontri tra tutti” (Guido, intervista, giugno 2022)
Questa immagine sottolinea, in sede conclusiva, il potenziale educativo che può emergere da esperienze di comunità narrativa nella scuola secondaria di secondo grado. Tuttavia, allo stesso tempo, vogliamo indicare la molta strada da compiere per meglio definire e, quindi, per supportare docenti, educatori ed educatrici nel praticare con maggior consapevolezza e criticamente l’arte della narrazione, soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado.
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