Sport Practice, Health Promotion, and Educational Process in Adolescence
Pratica sportiva, promozione della salute e processo educativo nell’adolescenza
Matteo Bibba
Dipartimento di Scienze Umane, Università della Basilicata (Italy) – matteo.bibba@unifg.it
https://orcid.org/0009-0002-1071-3306
The practice of various sports disciplines contributes to promoting motor development, but its effects extend far beyond, involving cognitive, emotional, and social dimensions and their interconnections, ultimately transforming into a genuine educational process. Sport serves as a particularly fertile ground for learning and developing transversal factors such as Life Skills, which are indispensable to the educational process. Their development requires teachers to make conscious and deliberate choices directed toward well-defined educational goals. This paper examines the role of sports practice in both formal and non-formal educational contexts for health promotion, emphasizing the importance of didactic-educational mediation in fostering the acquisition of Life Skills. The development of Life Skills is supported by active methodologies and settings where intentional and systematic self-assessment and peer teaching-observation are encouraged. Additionally, activities aimed at fostering intrinsic motivation also contribute, and in this respect, sport offers significant advantages as it engages and develops emotional and social aspects.
La pratica di varie discipline sportive contribuisce a promuovere lo sviluppo motorio, ma gli effetti vanno ben oltre, coinvolgendo anche quello cognitivo, emotivo, sociale della persona e le reciproche interconnessioni sino a trasformarsi in vero e proprio processo educativo. Lo sport è un ambito particolarmente fecondo per l’apprendimento e lo sviluppo di fattori trasversali, come le Life Skills, indispensabili al processo educativo; il loro sviluppo richiede all’insegnante di effettuare scelte consapevoli e deliberate che vanno in direzioni educative ben precise. Il seguente contributo analizza il ruolo della pratica sportiva nei contesti educativi formali e non formali, per la promozione della salute, sottolineando l’importanza della mediazione didattico-educativa per l’apprendimento delle Life Skills. Contribuiscono allo sviluppo delle Life Skills metodologie attive e setting in cui è sollecitata intenzionalmente e sistematicamente l’autoverifica e l’insegnamento-osservazione tra pari, oltre che attività orientate allo sviluppo di motivazioni intrinseche attraverso, e in questo lo sport può offrire ampi vantaggi poiché coinvolge e sviluppa gli aspetti emotivi e sociali.
Life Skills Motor Development Adolescents Health Promotion
Life Skills Sviluppo motorio Adolescenti Promozione della salute
The Author declares no conflict of interest.
April 15, 2024
December 5, 2024
December 31, 2024
È ampiamente riconosciuto in ambito scientifico il contributo dell’attività fisica per lo sviluppo organico, psicologico e sociale in età evolutiva, ma, nonostante ciò, gran parte dei bambini e degli adolescenti non è sufficientemente attivo, e le abitudini sedentarie rappresentano uno tra i maggiori problemi per la sanità pubblica in tutto il mondo (The European House Ambrosetti, 2023). Oltre la scuola, il contesto sportivo e quindi le federazioni sportive, si confermano come il setting ideale per promuovere corretti stili di vita, incrementare l’attività fisica e nuove opportunità di apprendimento, e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, obesità ed alcuni tipi di tumori (WHO, 2020).
Gli effetti dell’attività sportiva però non riguardano unicamente il dominio organico-metabolico e percettivo-coordinativo (parametri quantitativi e qualitativi dell’attività fisica) poiché gli effetti sullo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale e sulle relative interconnessioni reciproche sono dimostrati da numerosi studi interdisciplinari in cui sono ben evidenziati il ruolo di mediazione dell’allenatore (o insegnante), della tipologia di attività proposte e dalle relazioni interpersonali che promuove ed i contesti formativi in cui si svolge.
Il contesto sportivo quindi con il giusto riferimento metodologico, permette di sviluppare la motivazione intrinseca nei giovani, coinvolgendoli emotivamente e socialmente, sia in ambito scolastico che extrascolastico, attraverso la collaborazione con scuola, famiglia e territorio, diventando quindi un potente strumento per formare individui capaci di partecipare positivamente alla società e di affrontare le sfide della vita (Bortoli, 2015).
La ricerca scientifica evidenzia che la pratica sportiva può facilitare lo sviluppo delle life skills nei giovani, ma questo processo non avviene automaticamente o passivamente. Non basta partecipare alle attività sportive: è necessario che i programmi siano progettati in modo mirato, con allenatori capaci di fornire un supporto efficace, stabilendo responsabilità chiare e promuovendo norme sociali positive (Marchetti et al., 2016). Sebbene la letteratura offra molti esempi di attività motorie, strumenti e strategie organizzative, si avverte il bisogno di approfondire le metodologie di insegnamento che favoriscano un apprendimento significativo orientato a mobilitare funzioni cognitivo-motorie ed emotivo-relazionali dei giovani atleti (Colella, 2019).
Il seguente articolo si propone di analizzare il contributo della pratica sportiva, svolta nei contesti educativi formali come le federazioni sportive, per lo sviluppo motorio e la promozione della salute dell’adolescente, precisando l’importanza della mediazione didattico-educativa per la promozione delle Life Skills (WHO, 1994). Esse costituiscono fattori ineludibili di crescita personale e sociale, indipendentemente dai contesti in cui si apprendono, abilità di vita apprese in ambito sportivo ma applicabili e generalizzabili in tutti gli altri ambiti della vita, in tal senso sono le scelte educative intenzionali compiute dagli allenatori ad essere determinanti per programmare, realizzare e valutare ogni attività svolta dagli allievi.
I
l periodo dell’adolescenza è una fase di crescita in cui avvengono importanti evoluzioni della personalità caratterizzata da cambiamenti fisici, emotivi, cognitivi e relazionali. Il contesto socio-culturale odierno, con le sue incertezze, rende ancora più complesso il processo di autodeterminazione e di ricerca del proprio posto nel mondo. Questo può generare sentimenti di ansia e inadeguatezza, ostacolando lo sviluppo personale e la capacità di affrontare le sfide della vita. In tale contesto, diventa cruciale offrire esperienze che promuovano la fiducia in sé stessi e negli altri, oltre alla capacità di affrontare sfide (Todeschini, 2024).
In particolare, l’educazione fisica, attraverso numerose e diverse esperienze corporeo-motorie, svolge un ruolo centrale, avviando numerose attività e fungendo da raccordo interdisciplinare. Tuttavia, è necessario che queste opportunità siano presenti anche al di fuori del contesto scolastico (continuità orizzontale), con raccordi metodologici ben definiti per evidenziare il contributo educativo. Lo sport, nelle sue diverse declinazioni, può offrire un elevato grado di interazione, inclusione socio-educativa, conferendo senso e direzione alle esperienze ed alle scelte formative dei giovani, rappresentando quindi, un’opportunità educativa preziosa, fungendo da contesto sicuro in cui i giovani possono scoprire e sviluppare le proprie qualità in un ambiente sociale e regolamentato, è in grado di offrire una vasta gamma di attività sportive e ludico-motorie e creare una rete di opportunità adatta a tutte le età contribuendo a sviluppare interconnessioni educative preziose, promuovendo l’apprendimento e la crescita attraverso l’esperienza corporea.
Lo sport è definito come qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non organizzata, mira a migliorare la condizione fisica e psichica, a sviluppare le relazioni sociali o a raggiungere risultati in competizioni di vari livelli. Comprende un’ampia gamma di attività motorie svolte secondo regole definite, sia come parte del tempo libero che in competizione, e generalmente supportate da un quadro istituzionale come un’agenzia sportiva (Consiglio d’Europa, 1992).
Le evidenze suggeriscono che, per promuovere efficacemente il processo educativo (educazione attraverso e alla pratica sportiva), è necessaria una stretta collaborazione tra la scuola e la pratica sportiva extracurriculare (Cale, 2023).
L’educazione sportiva, specialmente nei collegamenti scuola-extra scuola, è stata progettata per offrire esperienze autentiche basate su attività che stimolano l’autopercezione, le motivazioni intrinseche e il piacere di praticare. Queste attività permettono di espandere significativamente le interazioni sociali e rivestono un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi strategici di solidarietà e coesione sociale perseguiti dall’Unione Europea (Wallhead et al., 2014).
Secondo l’OMS (2023), i club sportivi e le associazioni sportive assumono un nuovo ruolo educativo, le attività programmate vanno oltre le consuete opportunità di pratica fisica, contribuendo alla sanità pubblica e offrendo un contributo prezioso allo sviluppo dei giovani. In particolare, influenzano positivamente lo sviluppo della personalità e il benessere psicologico, aumentando l’autostima, migliorando il concetto di sé e riducendo ansia, depressione e stress (Petersen et al., 2023). Inoltre, la pratica sportiva è associata a un miglioramento delle prestazioni scolastiche e contribuisce alla prevenzione di comportamenti a rischio per la salute (Ishihara & Mizuno, 2018).
Tra gli obiettivi comuni delle diverse agenzie formative territoriali c’è l’insegnamento delle Life Skills, competenze personali e relazionali che supportano la gestione di sé stessi e il rapporto con il mondo circostante.
Tali abilità sono riconosciute dalla Carta di Ottawa per la Promozione della Salute l’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1986, come competenze necessarie alle persone per compiere scelte orientate alla salute e da sviluppare ed apprendere lungo tutto l’arco della vita (Rosa & De Vita, 2018). Le Life skills possono aiutare a prendere decisioni consapevoli, comunicare efficacemente e sviluppare capacità di gestione, consentono quindi di affrontare in modo positivo l’esistenza e includono una gamma di competenze cognitive, emotive e relazionali di base (WHO, 1994) che favoriscono la resilienza, l’empowerment e le strategie di coping (WHO, 1986).
Le Life Skills devono essere insegnate e apprese durante l’età evolutiva, poiché vanno oltre la singola prestazione tecnico-sportiva e aiutano i ragazzi ad affrontare efficacemente le esigenze della vita quotidiana, sviluppando fiducia in sé stessi, negli altri e nella comunità. Esse costituiscono un continuum tra gli obiettivi di apprendimento e quelli di promozione della salute dell’OMS, infatti, le principali abilità cognitive, sociali e comportamentali sono implicate nel processo di sviluppo delle competenze chiave di cittadinanza e rappresentano elementi comuni tra i diversi contesti legati alle pratiche motorie e sportive (Marmocchi et al., 2004).
Il nucleo fondamentale delle Life Skills individuate dall’OMS è il seguente:
· Decision making
· Problem solving
· Creatività
· Pensiero critico
· Comunicazione efficace
· Autoconsapevolezza
· Relazioni interpersonali
· Empatia
· Gestione delle emozioni
· Gestione dello stress
Le Life Skills possono essere catalogate in tre aree delle life skills, e cioè skills emotive (autoconsapevolezza, gestione delle emozioni, gestione dello stress); cognitive (problem solving, decision making, pensiero critico, creatività; sociali (empatia, comunicazione efficace, relazioni interpersonali).
Queste competenze conducono a un apprendimento attivo, dinamico, responsabile e autonomo, rientrando in un programma di educazione permanente che ri-orienta lo sport e l’educazione attraverso lo sport.
Giova ricordare che un ulteriore aspetto fondamentale, la pratica sportiva, insieme all’educazione fisica scolastica, dovrebbe concentrarsi sulla promozione e sull’apprendimento delle competenze motorie, contribuendo a prevenire le abitudini sedentarie e a promuovere stili di vita attivi. Studi recenti evidenziano come la sedentarietà tra bambini e giovani sia una delle principali cause del declino delle capacità motorie e un fattore di rischio per malattie non trasmissibili, inoltre, la mancanza di attività fisica ostacola lo sviluppo emotivo, affettivo e sociale. Le competenze motorie, dunque, hanno un ruolo cruciale nello sviluppo dei giovani: se proposte correttamente, favoriscono l’apprendimento di abilità motorie, comportamenti sociali e lo sviluppo dell’autoefficacia percepita.
La competenza motoria è un concetto complesso che non si riduce a una semplice abilità fisica o sportiva, ma coinvolge e mobilita diverse dimensioni della persona e le loro interazioni, essa rappresenta l’integrazione di conoscenze (sapere), abilità motorie (saper fare) e comportamenti (saper essere), adattati alle capacità individuali, va oltre l’esecuzione pratica, poiché richiede l’applicazione concreta di conoscenze teoriche, il coordinamento di abilità, comportamenti e atteggiamenti in maniera integrata e funzionale (Colella, 2019).
In tal senso, la pratica sportiva ha effetti positivi sullo sviluppo delle capacità motorie, che sono la base per l’apprendimento motorio e indicatori di efficienza organico-metabolica e psicologico-sociale (Kryazhev et al., 2021), durante l’adolescenza, lo sport favorisce non solo lo sviluppo di forza (Moliner-Urdiales et al., 2010), resistenza e flessibilità (Barbry et al., 2022), ma anche lo sviluppo dei fattori coordinativi (Giuriato et al., 2019), fondamentali per il progresso motorio e per incentivare la partecipazione ad attività fisiche lungo tutto l’arco della vita, anche se la sua efficacia può variare in base al tipo di attività svolta, gli adolescenti che praticano attività sportive extracurricolari raggiungono livelli di coordinazione motoria superiori rispetto a chi partecipa solo a lezioni di educazione fisica scolastica (Villouta et al., 2024).
Sono numerosi i programmi e le azioni attuati a livello globale da agenzie e organismi istituzionali per incentivare la promozione della salute sia in contesti scolastici che sportivi, recentemente, l’OMS (2023) ha pubblicato il documento Inclusive, Sustainable, Welcoming National Sports Federations: Health Promoting Sports Federation Implementation Guidance, che approfondisce il ruolo dei club sportivi (associazioni e società sportive) come contesti organizzati che promuovono la salute, fungendo da ambienti essenziali per lo sviluppo e la promozione di stili di vita sani (WHO, 2023).
La pratica sportiva organizzata, strutturata e programmata, svolta nella scuola e nelle federazioni sportive, rappresenta una strategia cruciale per contrastare l’inattività fisica, il documento Global Advocacy for Physical Activity Report evidenzia che la partecipazione a sport organizzati ha un ruolo chiave nell’aumento dell’attività fisica tra i giovani, incrementando i livelli di attività fisica quotidiana (come raccomandato dalle linee guida OMS) necessari per migliorare la salute degli adolescenti (GAPA, 2010).
L’inattività fisica è uno dei principali problemi di salute pubblica del XXI secolo ed è una delle principali cause di malattie non trasmissibili, contribuendo al peggioramento della qualità della vita in tutte le fasi dell’esistenza (Franklin et al., 2023). Nonostante le conoscenze scientifiche sul contributo dell’attività fisica per lo sviluppo fisico, psicologico e sociale e nonostante le raccomandazioni dell’OMS sulla pratica di attività fisica identificata in 60 minuti giornalieri di attività in intensità da moderata ad intensa associata ad almeno due sedute orientate allo sviluppo della forza (WHO, 2020), e i numerosi interventi educativi inter-istituzionali, l’81% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni non risulta sufficientemente attivo, studi di sorveglianza evidenziano che i giovani non rispettano le raccomandazioni dell’OMS, limitando così gli effetti preventivi dell’esercizio fisico sulla salute (WHO, 2023).
Le federazioni sportive nazionali e le associazioni sportive, attraverso programmi territoriali e azioni didattiche, promuovono l’aumento delle opportunità di attività fisica, sia in termini quantitativi che qualitativi, l’attività sportiva, riducendo il tempo sedentario nei bambini e negli adolescenti, favorisce alti livelli di physical fitness (efficienza fisica), indicatori di buona salute e riduzione del rischio di malattie non trasmissibili, inoltre, è associata a una riduzione dei costi socio-sanitari legati a ricoveri e terapie, che causano assenze lavorative in età adulta (The European House Ambrosetti, 2023).
L’efficienza fisica si definisce come la capacità di svolgere le attività quotidiane secondo diverse intensità, senza affaticamento, e con energia sufficiente per godersi il tempo libero e affrontare emergenze impreviste, si distingue tra efficienza fisica correlata alla salute, che include componenti come la forza muscolare, l’efficienza cardiorespiratoria, la mobilità articolare e l’indice di massa corporea, e l’efficienza fisica correlata alle abilità, cioè fattori orinati più alla prestazione, che coinvolge aspetti come agilità, equilibrio, coordinazione, velocità, potenza e tempo di reazione (Caspersen, 1985). Come già evidenziato, la partecipazione sportiva non si limita ai benefici fisici, ma migliora anche i domini cognitivi e affettivi, potenziando fattori come autopercezione e motivazione, inoltre, una pratica costante dell’attività fisica contribuisce a una migliore percezione della qualità della vita (Basterfield et al., 2022), apprezzabile in ambiti come la scuola, lo sport e il tempo libero.
Le associazioni sportive, oltre a proporre nuove diverse opportunità per migliorare le prestazioni fisiche, possono promuovere comportamenti salutari, riducendo i rischi legati ad abitudini dannose come cattiva alimentazione, fumo e alcol, attraverso la creazione di ambienti sani e attivi che valorizzano la persona e le relazioni interpersonali, contribuendo anche a ridurre le disuguaglianze socioculturali (Kelly et al., 2010).
I programmi di prevenzione della sedentarietà e di promozione della salute richiedono interventi inter-istituzionali e multistakeholder, coordinati tra istituzioni e agenzie formative, insieme a investimenti intersettoriali, sistematici e sostenibili, sia dal punto di vista pedagogico che didattico, l’obiettivo dovrebbe essere quello di creare un filo conduttore di interventi basato sulla condivisione di valori, atteggiamenti e prospettive educative, che funge da sfondo integratore per le diverse esperienze e intenzionalità formative.
La pratica delle discipline sportive, sia a scuola che in contesti extracurricolari, indipendentemente dalle differenze di genere o dal livello di competizione agonistica, contribuisce non solo alla crescita fisica degli adolescenti, ma anche, come già sottolineato, al loro sviluppo cognitivo, emotivo e sociale (Barnett et al., 2018), questo avviene soprattutto quando la scelta delle attività e i relativi adattamenti personalizzati sono sostenuti da una solida metodologia d’intervento.
Le associazioni sportive rappresentano quindi un contesto educativo importante, che va oltre la semplice performance sportiva, svolgono un ruolo cruciale nel favorire l’apprendimento e lo sviluppo delle Life Skills, le quali devono essere insegnate e apprese durante l’età evolutiva, le principali competenze cognitive, sociali e comportamentali sono strettamente legate allo sviluppo delle competenze di cittadinanza e rappresentano un punto di collegamento tra i diversi contesti educativi, che condividono pratiche motorie e sportive, esse fanno parte di un programma di educazione continua che riorienta lo sport e l’educazione attraverso i valori che sottendono tali pratiche.
Lo sport favorisce esperienze motorie significative, migliorando la consapevolezza dei valori legati alla corporeità, fondamentali per l’apprendimento delle Life Skills.
Le abilità di vita che integrano mente e corpo, emozioni e relazioni, il pensiero critico e la comunicazione efficace, dovrebbero essere insegnate contestualmente alle abilità sportive, lo sport, infatti, è un’attività sociale e coinvolgente, profondamente radicata nella società e accessibile alla maggior parte dei giovani (basti pensare alla pratica di sport in Italia, in Europa e nel mondo); inoltre, esiste una forte analogia tra l’insegnamento delle abilità sportive e quello delle life skills, poiché entrambi includono istruzioni, dimostrazioni, pratica, feedback e valutazione.
Occorre notare che le abilità richieste per il successo nello sport sono analoghe ad alcune abilità della vita quotidiana (come affrontare sfide, rispettare scadenze e risolvere problemi sotto pressione) e lo sport, simulando le sfide della vita, diventa ideale per l’acquisizione ed il rinforzo delle life skills, promuovendo valori etici e comportamentali e favorendo la salute (Goudas, 2010).
Le federazioni sportive assumono dunque un importante valore educativo e socio-culturale quando i benefici dello sport non si limitano al contesto sportivo, ma vengono trasferiti e generalizzati in altri ambiti della vita.
Un fattore determinante per il successo di questa funzione educativa è rappresentato dalle azioni e dai comportamenti di allenatori e insegnanti sportivi, è difficile immaginare che bambini e adolescenti possano acquisire valori educativi e Life Skills solo partecipando alle attività sportive, senza una corretta pianificazione e implementazione, sono richiesti processi di insegnamento e apprendimento strutturati, così come ambienti favorevoli e una programmazione consapevole (Bortoli et al., 2015), proprio come accade per le abilità tecniche, attraverso istruzioni, dimostrazioni ed esercitazioni.
Gli allenatori che desiderano dare rilievo all’aspetto educativo possono integrare nel proprio piano di lavoro strategie mirate allo sviluppo di abilità personali rilevanti per lo sport, ma trasferibili anche in altri ambiti della vita.
Per favorire un processo educativo positivo, è cruciale instaurare un clima di supporto durante le attività, considerando che l’adolescenza è una fase particolarmente delicata e complessa. Questo periodo, un tempo percepito prevalentemente come problematico, è stato progressivamente riconsiderato come una fase ricca di potenzialità. In questo contesto si inserisce il modello Positive Youth Development (PYD), che valorizza le capacità e le risorse degli adolescenti, spostando l’attenzione dai deficit ai punti di forza (Damon, 2004). Il PYD concepisce i giovani come risorse per la società e non come problematici, puntando su interventi precoci e mirati per supportare il loro sviluppo cognitivo, emotivo e sociale in sinergia con l’ambiente. Questo modello promuove l’acquisizione di competenze essenziali riassumibili in “work well,” “play well,” “love well,” “think well,” “serve well,” e “be well” (Bloom, 2000), favorendo lo sviluppo di abilità cognitive, sociali, ed emotive necessarie per essere cittadini attivi e consapevoli (Weiss & Wiese-Bjornstal, 2009).
Le federazioni sportive, applicando i principi del PYD, possono agevolare la crescita degli adolescenti offrendo un contesto di relazioni positive e stimolando la partecipazione comunitaria.
Secondo Holt et al. (2020), l’esperienza sportiva supervisionata può non solo migliorare le abilità motorie, ma anche potenziare le competenze personali e sociali, agevolando il benessere individuale e collettivo. Programmi sportivi PYD che orientano il focus sulle Life Skills si sono dimostrati particolarmente efficaci nel rendere queste abilità trasferibili e durature (Hemphill et al., 2019).
È importante notare che l’adozione di approcci PYD da parte degli allenatori dipende dalle loro esperienze pregresse e convinzioni, Cushion et al. (2003) evidenziano come le esperienze personali influenzino le pratiche di coaching, portando gli allenatori a replicare modelli centrati sugli aspetti tecnici e trascurando spesso la dimensione educativa.
Dagli anni ‘90, sono stati sviluppati e testati diversi programmi in ambito sportivo per promuovere l’apprendimento delle Life Skills. Tali programmi impiegano una varietà di metodi didattici, tra cui istruzioni sulle competenze necessarie, dimostrazioni pratiche, simulazioni tramite giochi di ruolo, assegnazione di compiti, feedback mirato e rinforzi sociali (Marchetti et al., 2016):
· Going for the Goal (GOAL) (Danish et al., 1992) aveva lo scopo di insegnare agli adolescenti, attraverso la peer education, il controllo personale e la fiducia per il loro futuro, affinché potessero prendere decisioni giuste e in modo autonomo e dunque diventare cittadini migliori, favorisce l’acquisizione di competenze e facilita il raggiungimento di obiettivi prefissati dall’insegnante, incrementa l’apprendimento delle Life Skills migliorando la capacità di problem solving
· Teaching Responsibility through Physical Activity (Hellison, 1995): questo programma, progettato per insegnanti e allenatori, mira a promuovere la responsabilità tramite l’attività fisica, il modello si articola in cinque livelli di responsabilità per gli studenti: (a) rispettare i diritti e i sentimenti altrui; (b) comprendere l’importanza dello sforzo per migliorare; (c) essere autodiretti e responsabili del proprio benessere; (d) prendersi cura del benessere degli altri; e (e) applicare queste competenze in contesti non sportivi.
· SUPER (Sports United to Promote Education and Recreation) (Danish, 2002); un adattamento basato sul programma GOAL e si basa sempre sulla peer education, viene insegnato con i partecipanti coinvolti in tre serie di attività: 1) imparare le abilità fisiche legate a uno sport specifico; 2) imparare le abilità di vita legate allo sport in generale; e 3) praticare lo sport. I moduli di abilità sono creati per adattarsi allo sport e le attività sono più orientate all’azione e legate allo sport. il modello SUPER è stato utilizzato nel rugby, nel golf, nella pallavolo e nel calcio. Sulla base di SUPER, è stato implementato il programma Captain’s Leadership Development Program (CLDP), un programma orientate allo sviluppo della capacità di leadership, con l’obiettivo specifico di incrementare la comunicazione efficace, da sottolineare che in questo programma spicca il concetto di trasferimento delle competenze dallo sport alla vita quotidiana (Gould 2008)
I programmi sono stati utilizzati per evidenziare la relazione positiva tra la partecipazione sportiva e lo sviluppo delle Life Skills, le prove suggeriscono che questi programmi non solo supportano l’acquisizione delle competenze sportive, ma ne migliorano anche l’apprendimento, inoltre, la partecipazione a tali programmi favorisce lo sviluppo di abilità come la definizione di obiettivi personali, la regolazione emotiva e la comunicazione
Numerosi autori hanno poi modificato ed adattato i programmi per l’apprendimento delle Life skills prendendo spunto da programmi come SUPER o GOAL, per l’apprendimento delle abilità in contesti specifici o in sport specifici, dimostrando la valenza e la fattibilità di questi programmi
Uno studio condotto da Weiss et al. (2020) ha valutato l’efficacia del programma Girls on the Run, un’iniziativa nazionale che utilizza la corsa e altre attività fisiche come mezzo per sviluppare Life Skills, promuovendo allo stesso tempo il benessere psicologico e sociale, comportamenti sani e valori fondamentali nelle adolescenti. I risultati mostrano che le partecipanti hanno migliorato la fiducia in sé stesse e le capacità relazionali, evidenziando anche benefici nello sviluppo sociale, psicologico e fisico.
Analogamente, Papacharisis et al. (2005) hanno studiato l’effetto di un adattamento del programma SUPER rivolto a ragazzi di età compresa tra i 10 e i 12 anni per potenziare abilità quali il goal setting, il problem solving e il positive thinking, i risultati hanno confermato l’efficacia del programma, suggerendo che lo sport possa essere un veicolo per migliorare contemporaneamente abilità sportive e competenze di vita, in Italia, Pesce et al. (2016) hanno confrontato un programma multi-sportivo integrato per lo sviluppo delle Life Skills con l’educazione fisica tradizionale, evidenziando un impatto significativo sulle funzioni cognitive inibitorie, sull’efficienza fisica e sul miglioramento del decision-making nei partecipanti.
Lee et al. (2017) hanno poi studiato un programma sportivo doposcuola di 12 settimane, individuando quattro categorie principali di Life Skills sviluppate grazie all’attività: pensiero critico, abilità relazionali, problem solving e autoconsapevolezza, anche la Biodanza è stata oggetto di ricerca per il suo potenziale educativo nelle Life Skills.
Secondo Rosa e De Vita (2018), la Biodanza integra movimento, musica e interazione di gruppo per promuovere il benessere psicofisico e sviluppare, valorizzando la corporeità come strumento essenziale per accedere, comprendere e gestire le competenze cognitive, emotive e relazionali, potenziando variabili psicologiche come l’auto-efficacia, il locus of control e le strategie di coping, favorendo così resilienza ed empowerment personale. Inoltre, Suardika et al. (2022) hanno riscontrato che un programma di pallacanestro integrato con l’insegnamento delle Life Skills risulta più efficace rispetto alla sola pratica sportiva o al solo apprendimento teorico delle Life Skills, dimostrando l’importanza dell’integrazione tra sport e formazione sulle competenze di vita. Infine, Allen & Rhind (2018) hanno confermato che i programmi sportivi di Life Skills non solo facilitano l’acquisizione di queste competenze, ma ne migliorano la trasferibilità in altri contesti, dimostrando il valore aggiunto dell’apprendimento contestualizzato allo sport.
La promozione del processo educativo dell’adolescente attraverso lo sport presuppone un approccio olistico, valorizzando cioè lo sviluppo globale della persona, un ruolo centrale degli allenatori, mediatori e acceleratori dello sviluppo e degli adulti di riferimento. Assume notevole importanza quindi il ruolo dell’allenatore, che diventa un mediatore delle esperienze positive e dei processi di apprendimento, sia esso rivolto alle abilità motorie e sportive sia esso rivolto alle life skills. La ricerca educativa e le pratiche educative in educazione fisica e attività motorie ha raggiunto traguardi significativi, evidenziando progressi nell’analisi disciplinare, nella selezione dei contenuti e nelle modalità organizzative per vari contesti didattici, studi recenti mostrano un ampliamento dei repertori di attività motorie e adattamenti che tengono conto delle differenze individuali degli studenti, fornendo una base solida per progettare percorsi mirati allo sviluppo delle competenze motorie, tuttavia, emerge la necessità di approfondire con rigore metodologico la ricerca su dinamiche come il rapporto insegnante/allenatore-allievo, l’organizzazione dei gruppi e la gestione degli spazi, al fine di promuovere nuove modalità di apprendimento (Colella, 2020).
Il modello degli stili di insegnamento di Mosston e Ashworth (2008) rappresenta una risorsa utile per orientare l’approccio didattico di insegnanti e allenatori, facilitando la gestione delle scelte didattiche e la relazione educativa tra educatore e studente, questo modello descrive diverse modalità per strutturare la relazione educativa e proporre attività motorie o compiti specifici, che variano in base agli obiettivi cognitivi, motori e sociali, alle strategie organizzative e alla disponibilità di risorse, offrendo un continuum di stili: da quelli più direttivi e basati sulla riproduzione: a) comando, b) pratica, c)reciprocità, d) autoverifica, e) inclusione) a quelli basati sulla produzione: scoperta guidata, g) stile di scoperta divergente, h) stile di scoperta divergente i) programma individuale a scelta dell’allievo, j) Autonomia dell’allievo con supervisione del docente, k) Autoapprendimento, passando da un contesto in cui è l’allenatore o insegnante al centro del setting didattico, a contesti in cui è l’allievo a svolgere un ruolo attivo, tale struttura permette agli studenti di partecipare dinamicamente all’apprendimento, esprimendo risposte originali e sviluppando capacità di pensiero critico e creativo (Monacis et al, 2024).
Ogni stile promuove modalità di apprendimento differenti e risulta essenziale, anche nello sport, creare un setting educativo che favorisca l’attivazione di vari approcci, adattandosi alla “diversità” di ciascun individuo in termini di abilità, tempi e modalità di apprendimento, background culturale ed esperienze pregresse, un ambiente di apprendimento inclusivo agevola, infatti, il coinvolgimento di tutti, rispondendo a esigenze individuali e favorendo la crescita integrata delle competenze motorie e delle life skills trasferibili anche al di fuori del contesto sportivo (Colella, 2017).
In tal senso, è stato evidenziato che le attività fisiche strutturate attraverso lo stile della scoperta guidata incentivano comportamenti responsabili anche al di fuori del contesto educativo, dimostrando come ciò possa favorire l’estensione delle competenze apprese a contesti esterni, risultando una componente chiave per l’apprendimento integrato delle Life Skills (Dunn, 2022). L’uso dello stile di scoperta divergente è un metodo efficace per stimolare il pensiero creativo degli studenti in ambiti cognitivi, psicomotori e affettivi, favorendo un miglioramento nelle abilità psicomotorie e nella capacità di risposta (Slamet et al., 2017), in questo approccio, l’allenatore o insegnante assume il ruolo di facilitatore, proponendo domande che spingono gli studenti a sperimentare diverse soluzioni attraverso il movimento, gli studenti diventano così partecipanti attivi nel processo di scoperta, analizzando e valutando le proprie risposte per sviluppare il pensiero critico.
Quando emergono risposte multiple, l’insegnante può intervenire con ulteriori domande o suggerimenti, guidando gli studenti verso una comprensione più profonda e articolata dei contenuti. Questo approccio non solo incoraggia la creatività, ma anche il confronto critico tra opzioni di movimento, rendendo lo stile di scoperta divergente particolarmente adatto a coltivare il pensiero critico e l’autonomia decisionale negli allievi.
Per sostenere l’autonomia degli studenti, gli allenatori possono offrire scelte significative, come proporre diverse attività o permettere la selezione delle regole di gioco, questo approccio incentiva anche l’iniziativa e le capacità di problem-solving, per esempio, coinvolgendoli nell’organizzazione degli spazi e delle attrezzature, inoltre, incoraggiare la responsabilità in ambiti come il lavoro di squadra, la definizione degli obiettivi, e le competenze socio-emotive è utile per sviluppare autonomia. Un esempio è discutere insieme la formazione da adottare durante una partita, stabilire obiettivi di crescita individuali, o riflettere su come gestire situazioni emozionalmente complesse, come decisioni arbitrali sfavorevoli. Infine, la gestione del tempo e la comunicazione in contesti sportivi sono abilità trasferibili ad altri ambiti della vita, sostenendo una crescita complessiva negli studenti.
Un approccio didattico che assegna agli studenti ruoli con responsabilità e controllo, come nello stile dell’autonomia supervisionata dall’insegnante, favorisce lo sviluppo di competenze chiave come leadership, autoconsapevolezza, comunicazione efficace, pensiero critico, creatività e capacità decisionale. Questo metodo invita gli studenti a confrontarsi con situazioni che richiedono valutazioni indipendenti e riflessioni personali, consolidando abilità trasferibili sia nello sport che in contesti non scolastici. Analogamente, stili di autoverifica e reciprocità, che promuovono l’autovalutazione e la valutazione tra pari, supportano lo sviluppo di empatia, gestione delle emozioni, resilienza allo stress e senso critico.
Attività pratiche come gestire il riscaldamento, selezionare autonomamente esercizi, e risolvere compiti motori stimolano l’esplorazione e la soluzione personale di problemi. L’uso strategico delle domande prima di fornire risposte, infine, rafforza il pensiero indipendente e le capacità di problem-solving, invitando gli studenti a riflettere sugli errori e comprendere i meccanismi di un’azione efficace (Bortoli et al., 2015).
Un aspetto cruciale per l’apprendimento di competenze motorie e Life Skills nel contesto sportivo è la strutturazione di un clima di apprendimento positivo da parte degli insegnanti, poiché questo influisce in modo determinante sulle attività svolte dai giovani e sulla qualità dell’apprendimento nelle esperienze sportive e ludiche, assicurare che gli allievi riconoscano il valore delle attività proposte è essenziale, e l’adozione di un clima motivazionale orientato allo sviluppo delle competenze e all’apprendimento di abilità trasferibili in vari ambiti della vita risulta particolarmente efficace. In questo contesto, il modello TARGET (Task, Authority, Recognition, Grouping, Evaluation, Time) rappresenta un sistema strutturato che facilita la creazione di un ambiente favorevole all’apprendimento, le attività organizzate secondo il modello TARGET dovrebbero proporre vari livelli di difficoltà esecutiva, incoraggiare la partecipazione degli allievi nelle decisioni didattiche e organizzative e promuovere abilità di autoverifica, stimolando così il pensiero critico. Inoltre, evidenziare i progressi degli studenti indipendentemente da standard assoluti e rispettare i tempi di apprendimento personali favorisce lo sviluppo di competenze cooperative e relazionali, tale approccio permette di concentrare l’attenzione sulla crescita delle competenze piuttosto che sulla performance, incoraggiando un maggiore impegno e resilienza negli studenti anche di fronte a eventuali difficoltà future (Colella, 2020).
Nell’insegnamento delle life skills attraverso lo sport, diventa determinante la capacità di convincere gli studenti del significato del loro apprendimento per ispirargli ad applicare le loro abilità anche in altri contesti.
Una struttura di un life skills training dovrebbe comprendere (Marchetti et al., 2016):
· Valutazione della performance sportiva
· Individualizzazione dell’obiettivo
· La pratica delle abilità sportive e delle abilità di vita
· Un insegnamento delle life skills
· Insegnamento del transfert delle life skills
· Valutazione performance sportiva
· Definizione nuovi obiettivi
Per quanto riguarda le caratteristiche del programma che possono influenzare lo sviluppo delle Life Skills, emergono tre temi: (1) avere un obiettivo chiaro e costruire un consenso con le parti interessate, (2) stabilire una struttura definita ma flessibile e (3) utilizzare strategie efficaci da parte degli insegnanti per insegnare le Life Skills
Lo sport rappresenta un potente strumento educativo, non solo grazie agli spazi in cui si pratica, ma soprattutto per le attività specificamente orientate alla promozione della salute e dello sviluppo completo della persona, tale funzione educativa risulta particolarmente efficace nel supportare i giovani, anche quelli che affrontano sfide sociali o sanitarie, a sviluppare resilienza e competenze per la gestione delle difficoltà comunitarie (Huysmans et al., 2019). Però, attribuire allo sport un valore educativo intrinseco sarebbe fuorviante: l’efficacia formativa dello sport si realizza appieno solo in contesti strutturati, dove vengono forniti stimoli coinvolgenti e motivanti, permettendo di migliorare il benessere fisico, psicologico e sociale, stimolando abilità utili nella vita quotidiana, non solo sportive.
Lo sport, quando ben strutturato e metodologicamente sostenuto, offre ai giovani un’importante opportunità per sviluppare e trasferire abilità essenziali dalla pratica sportiva alla vita quotidiana, promuovendo in modo significativo l’acquisizione delle Life Skills (Jacobs & Wright, 2018), le quali contribuiscono alla crescita personale e all’inclusione sociale, permette di migliorare la loro capacità di prendere decisioni, imparare da diverse fonti, comprendere l’importanza di uno stile di vita sano e partecipare attivamente nella comunità. Programmi di allenamento specifici per le Life Skills, facilitano il raggiungimento di questi obiettivi, migliorando la salute generale e riducendo il rischio di comportamenti non salutari (Marchetti et al., 2016).
Affinché lo sport possa davvero favorire lo sviluppo delle Life Skills, è fondamentale che le attività sportive siano deliberate e guidate in modo consapevole da allenatori e insegnanti che siano modelli positivi per i giovani, il processo educativo nello sport richiede infatti un’attenta pianificazione per rispondere ai bisogni specifici degli allievi, così da influenzare positivamente la loro crescita psicologica e sociale (Bortoli et al., 2015), è essenziale una didattica attenta, basata su metodi che promuovano l’interazione e la costruzione di relazioni positive con gli allievi, elementi indispensabili per creare un ambiente educativo efficace e scelte metodologiche corretti, attraverso l’uso reale e concreto degli stili di insegnamento. Inoltre, per garantire l’efficacia dello sport nel promuovere l’attività fisica, è necessario che gli adolescenti abbiano esperienze positive, attraverso anche la percezione che essi hanno del comportamento dei loro insegnanti (Engels et al., 2020), l’interazione tra allenatore e allievo nel ramo dell’attività fisica è proposta come un fattore cruciale nella creazione di un ambiente di apprendimento attivo (Zhang et al., 2022).
I benefici delle attività motorie e sportive sono strettamente legati a fattori ambientali e contestuali, come la qualità della leadership e la partecipazione attiva dei giovani nei processi decisionali, questi aspetti favoriscono non solo lo sviluppo delle capacità fisiche, ma anche delle funzioni cognitive ed emotive, sottolineando come la partecipazione sportiva, per produrre esiti positivi, debba essere supportata da una solida base pedagogica (Bailey et al., 2009).
In ambito metodologico è utile rispettare alcuni principi nella strutturazione di un programma sportivo con l’obiettivo di potenziare le life skills, 1) insegnare le Life skills dalla scuola dell’infanzia all’età adulta; 2) insegnare le life skills contemporaneamente alle abilità sportive; 3) porre al centro dell’approccio educativo l’allievo; 4) fornire una presentazione e una discussione sulle life skills che ci si pone di far apprendere (Marchetti et al., 2016).
Le future ricerche in questo ambito dovrebbero concentrarsi sulla formazione continua degli allenatori e su esperienze di ricerca-azione che permettano di sviluppare modelli di buone pratiche. Questi approcci potrebbero essere applicati all’interno delle federazioni sportive anche attraverso interventi territoriali integrati, realizzati in collaborazione con istituzioni diverse per massimizzare l’impatto educativo e sociale dello sport.
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