Italian Constitution’s Article 33, Section 7: Regarding Sport and Sporting Activities

 

Articolo 33, Comma 7 della Costituzione italiana: Circa lo Sport e le attività sportive

 

Francesco Casolo

Università Cattolica del Sacro Cuore Milano (Milan, Italy) – francesco.casolo@unicatt.it

https://orcid.org/0000-0002-8316-3862

 

Daniele Coco

Università degli Studi Roma Tre (Rome, Italy) – daniele.coco@uniroma3.it

https://orcid.org/0000-0003-0215-8023

 

ABSTRACT

Today we can argue that there is a right to practice a sporting activity based not only on an aspect formally attributable to the constitutional provisions but also on aspects of substance and utility for our society (education of the person and sociality) and for the health of individuals. This is what is established in paragraph 7 of the article 33 of the Italian Constitutional Law of 26 September 2023, which completes a process of re-semantization of the concept of sport that has taken place over the last thirty years which recovers the values for which sport and sporting forms were born. Alongside the concept of competitive sport, this contribution combines and integrates the concepts of sporting activity to support the psycho-physical well-being and growth of men of all ages without distinctions of gender, race or economic diversity.

 

Oggi possiamo sostenere che esiste un diritto di praticare una attività sportiva in funzione non solo di un aspetto formalmente riconducibile al dettato costituzionale ma anche di aspetti di sostanza e di utilità per la nostra società (educazione della persona e alla socialità) e per la salute degli individui. Questo è quanto viene sancito nel comma 7 dell’art. 33 della Legge Costituzionale del 26 settembre del 2023, che porta a compimento un processo di ri-semantizzazione del concetto di sport avvenuto nel corso degli ultimi trenta anni che recupera i valori per i quali lo sport e le forme sportive erano nate. Accanto al concetto di sport agonistico, in questo contributo si affiancano e si integrano i concetti di attività sportiva a supporto del benessere psico-fisico e della crescita dell’uomo di tutte le età senza distinzioni di genere, razza o diversità economica.

 

KEYWORDS

Sport, Sporting activities, Right to Sport, Wellness

Sport, Attività sportive, Diritto allo sport, Benessere

 

AUTHORSHIP

The research presented in this article is the result of the collective work of the Authors, whose specific contributions are: Section 1 (F. Casolo); Section 2 (F. Casolo); Section 3 (F. Casolo); Section 4 (D. Coco); Section 5; (D. Coco); Section 6 (D. Coco). Both Authors have revised and confirmed the final version of the manuscript.

 

RECEIVED

March 19, 2024.

 

ACCEPTED

June 13, 2024.


 

1. Introduzione

 

“La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme” (Legge Costituzionale 1/2023). Con questa frase l’attività sportiva è stata introdotta al comma 7 dell’art. 33 della Carta costituzionale e diventa di fatto un diritto fondamentale ed irrinunciabile della persona al pari non solo di quello alla tutela della salute ma anche di tanti altri che tutelano la libertà personale, di pensiero e di religione.

Dal 2000 l’Italia ha vissuto un processo di profonda trasformazione che è derivato da un evidente stato di crisi non solo istituzionale ma anche di valori. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e le Federazioni Sportive Nazionali (FSN) hanno perso la loro centralità. Ciò è avvenuto anche perché non hanno saputo rinnovare il sistema sportivo, tentando di ancorarlo a un modello funzionale che è durato finché è rimasto principalmente orientato alla valorizzazione dello sport agonistico – di certo un ambito importante, ma pur sempre “sport per pochi”. In questi anni abbiamo tutti assistito in più occasioni alle derive generate dal considerare lo sport come un finalizzato al guadagno individuale, avendo come esito quello di giustificare l’avversario che commette un fallo di gioco volontario per impedire il goal, l’atleta che si concede un “aiutino” biochimico per aumentare le proprie prestazioni o ancora il dirigente che determina a tavolino l’andamento della partita della propria squadra per ottenere il punto utile in classifica. In questa logica, l’evento sportivo è sì diventato spettacolo, ma nel contempo anche palcoscenico ove sono legittimati comportamenti sleali, imbrogli, scorrettezze, atteggiamenti denigratori, egoismi e tensioni. A partire dalle società sportive di vertice, questo modo di intendere e di operare nello sport si è esteso progressivamente alle società semi-professionistiche fino alle associazioni sportive locali dove si ritrova sia l’amatore non più giovane che l’atleta della domenica, i quali non esitano ad acquistare prodotti di dubbia provenienza mascherati dall’etichetta di “integratore alimentare” per battere l’amico, vincere una gara o la partita. Ma occorre fare qualche passo indietro per comprenderne le origini e gli sviluppi. Nonostante sia inevitabile delineare una certa continuità tra gli antichi giochi olimpici e la nascita degli sport, dobbiamo prendere atto che molti di questi hanno avuto origine in Inghilterra tra la fine del Tredicesimo e l’inizio del Quattordicesimo secolo – e da lì si sono poi diffusi in tutto il mondo tra la fine del Diciottesimo e l’inizio del Diciannovesimo secolo (Dunning & Elias, 1971): quando nacquero e si diffusero non furono solo per pochi eletti. Inoltre, vi fu chi, superando la prospettiva prestativa, li considerò fin da subito un importante mezzo di educazione e formazione della personalità. Thomas Arnold (1795‍–‍1842) nel 1828 fu nominato rettore del college della Rugby School della municipalità di Rugby, nel Warwickshire, dove decise di introdurre la pratica degli esercizi fisici, giochi e competizioni sportive all’interno di un sistema educativo sperimentale di self-government [autogoverno/autogestione].

L’innovazione di introdurre per la prima volta l’attività sportiva in ambiente scolastico diede risultati educativi impensabili che fecero capire agli studenti la necessità delle regole, del rispetto dell’altro, dei valori morali e del fair play (Casolo, 2020). Da allora, lo sport si rivelò dapprima in Inghilterra e successivamente anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti un efficace metodo pedagogico che, da un lato, era strumento per far acquisire al corpo le più alte qualità fisiche e, dall’altro, contribuiva allo sviluppo della moralità.

Oggigiorno il concetto di sport non può essere limitato alla dimensione agonistico-prestativa e le forme dello sport non possono ridursi all’elenco delle discipline e delle federazioni sportive nazionali. Negli enti di promozione sportiva, nelle scuole e nelle famiglie – ma in modo ancora più esteso nei contesti e nelle differenti situazioni della vita – le attività e le forme sportive possono essere utilizzate per far conoscere pienamente i valori per i quali lo sport è nato e per confermare di essere parte importante del “percorso esperienziale educativo” a supporto del benessere e della crescita dell’uomo di tutte le età senza distinzioni di genere, razza o diversità economica (Santoro, 2023).

 

2. Sui concetti di “sport” e di “attività sportiva”

 

Accame (1998) riconosce che ci troviamo in evidente difficoltà nel tentativo di definire lo sport in tutte le sue varianti: sono sport solo le attività disciplinarizzate nei giochi olimpici? È lo stesso sport quello del dilettante e del professionista? O sport è soltanto ciò che si categorizza come tale, a prescindere da qualsiasi legalità precostituita?. Di certo il gesto sportivo è sempre stato considerato come la massima espressione dinamica e prestativa dell’uomo poiché coinvolge e sollecita al meglio tutte le strutture biologiche, fisiologiche e socio-psicologiche per consentirgli di raggiungere il massimo rendimento possibile:

 

“La competizione sportiva sistematicamente organizzata è la forma più conosciuta e più caratterizzata dello sport moderno. Procede per selezione ed eliminazione, attraverso prove strettamente codificate nello spazio, nel tempo, nel numero dei giocatori, le regole da os­servare, il punteggio, ecc. in modo da permettere la classificazione in funzione dei soli elementi che debbono restare differenziati: il valore dei praticanti e delle forme di gioco (tattiche) […]. L’allenamento sportivo è l’insieme delle attività che preparano direttamente alla competizione. Suo scopo è la prestazione specializzata. Si basa sulla formazione fisica generale, che è una base indispensabile, e su un allenamento specifico per un adattamento organico, tecnico ed anche psichico ad uno sforzo particolare” (Serryn, 1981).

 

Lo sport oggi non può essere inteso solo come “forma di movimento caratterizzata da uno sforzo fisico e generalmente comprendente una competizione organizzata e regolamentata tra individui o squadre per spettacolo o intrattenimento”(Sport, n.1, 2023, I.4.a) e ha acquisito nel tempo varie definizioni. Le aggettivazioni più ricorrenti le possiamo ritrovare in dipendenza del contesto (agonistico‍/‍non agonistico), del fine (prestativo‍/‍educativo), degli atleti (per pochi‍/‍per tutti), della tipologia di sport (individuale‍/‍di squadra) dell’effetto che provoca (sport che fa bene‍/‍sport che fa male). La definizione di “Sport” adottata dal Consiglio d’Europa è la seguente:

 

“Qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata o meno, abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni a tutti i livelli; estende il concetto di sport a tutte le tipologie di attività motoria” (Recommendation No. R(92)13, 1992).

 

Nel nuovo statuto adottato dal Consiglio Nazionale nel giugno del 2014, il CONI, l’ente preposto dallo Stato italiano alla promozione dello sport, alla formazione dei tecnici ed alla preparazione dei talenti nazionali alle competizioni internazionali e alle olimpiadi, va a sancire questo cambiamento di sostanza dello sport italiano (CONI, 2014). Gli articoli più significativi che denotano questa evoluzione semantica sono i seguenti passi:

 

“Il CONI, regolato dal D.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni ed integrazioni, e dalla Carta Olimpica, è autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive, intese come elemento essenziale della formazione fisica e morale dell’individuo e parte integrante dell’educazione e della cultura nazionale” (CONI, 2014, Art. 1.2).

 

“Il CONI detta i principi fondamentali per la disciplina delle attività sportive e per la tutela della salute degli atleti, anche al fine di garantire il regolare e corretto svolgimento delle gare, delle competizioni e dei campionati […]. Il CONI detta principi per promuovere la massima diffusione della pratica sportiva in ogni fascia di età e di popolazione, con particolare riferimento allo sport giovanile sia per i normodotati che, di concerto con il Comitato Italiano Paralimpico, per i disabili ferme le competenze delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano in materia […]. Il CONI, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, detta principi contro l’esclusione, le diseguaglianze, il razzismo e la xenofobia e assume e promuove le opportune iniziative contro ogni forma di violenza e discriminazione nello sport” (CONI, 2014, Art. 2.2‍–‍4).

 

L’evoluzione culturale del concetto di sport ha contribuito ad un cambio di prospettiva nel rapporto tra l’uomo e lo sport: dal concetto di “uomo per lo sport” si è progressivamente passati a quello di “sport per l’uomo” e dunque di una attività sportiva che abbraccia l’uomo in tutto l’arco di vita e che diventa un mezzo formativo ed educativo utile per la sua crescita sociale e per il suo benessere psico-fisico.

Nella Tabella 1 vengono schematizzate le differenze più significative tra lo sport agonistico e le attività sportive con finalità educativa come di fatto dovrebbero essere interpretate nell’Articolo 33, al comma sette della Carta costituzionale. Tali modalità di intendere lo sport sono esaminate nei loro aspetti connotativi: le caratteristiche peculiari, la gestione delle attività, il fine, i metodi e le strategie nonché la tipologia di apprendimento, le modalità di programmazione, i mezzi utilizzati e le modalità ricorrenti di relazione, in ultimo la verifica e i risultati ottenibili.

 

Categoria di riferimento

Sport agonistico

Attività sportive con finalità educativa, sociale e per il benessere psicofisico

Caratteristiche

Competitivo-agonistico, prestativo

Inclusivo, adattato ed educativo

Gestione delle attività

Istruttore, tecnico federale

Educatore, maestro, insegnante

Finalità

Risultato sportivo, prestazione, record

Formazione, crescita della persona

Scelte metodologiche

Addestramento e selezione

Conoscenza, adattamento alla persona, inclusione

Tipologia di apprendimento

Analitico e deduttivo

Induttivo

Programmazione

Rigida progressione

Programmazione adattabile

Attrezzi utilizzati

Attrezzi tecnici

Attrezzatura adattabile

Situazione relazionale

Autoritaria

Dinamica e bidirezionale

Risultati ottenuti

Gara e performance raggiunta solo da pochi

Crescita individuale di tutti

Tabella 1. differenze più significative tra lo sport agonistico e le attività sportive con finalità educativa come di fatto dovrebbero essere interpretate nell’Articolo 33, al comma 7 della Carta costituzionale.

 

Come indica Le Boulch, nello sport agonistico “la ricerca ad ogni costo del risultato massimo e del record che si accompagna al progresso nella conoscenza della biologia, ha portato alla selezione precoce ed all’allenamento intensivo dei giovani” (Le Boulch, 2009). Inoltre,

 

“le esasperate forme di esaltazione dell’aspetto tecnico-specialistico, con la ricerca del risultato aderente al concetto di efficienza-profitto, spinge ad identificare il valore con il produrre più che con il creare, con l’avere più che con l’essere, con il consumare più che con il compiere autentiche esperienze di vita” (Gori, 1992).

 

È ovvio che queste espressioni di sport non possono trovare consensi in ambito educativo, in quanto, se esclusive, risulterebbero tutt’altro che positive per lo sviluppo della persona. Tuttavia, anche nello sport competitivo-agonistico:

 

“È possibile riscontrare la presenza di alcuni elementi esemplari: la sfida con se stessi, da intendere come misura di una prestazione che diviene paradigmatica della persona e dei suoi processi di autostima – caso tipico negli sport individuali – ed il controllo di sé che ne è il corollario; l’isola felice della lealtà competitiva che compenserebbe la slealtà intrinseca di quella competizione economica che pervade ogni altro aspetto dell’interazione sociale; la socializzazione aggregante e le strategie cooperative in vista di un risultato comune , caso tipico degli sport di squadra, con relativi impliciti di ordine etico; il benessere, da intendere come psico-fisico” (Accame, 1998).

 

Va riconosciuto che i due quadri anteposti di sport educativo e di sport agonistico, a noi utili per una riflessione sullo sport, in alcune realtà virtuose sono integrati e non si escludono a vicenda. Quello che importa è la consapevolezza che al centro dell’esperienza educativa e/o competitiva debba essere sempre esserci la persona nel rispetto della sua unicità e biodiversità.

 

“Lo sport educativo si adatta alla persona anche nel metodo che non si riduce ad un semplice addestramento ripetitivo e imposto di esercizi e schemi ma si apre alle situazioni ambientali che inducono attività spontanea e alle situazioni-problema che coinvolgono il bambino in toto e lo portano sulla via della risoluzione efficace. La relazione alunno-educatore è dinamica, bi‍-‍direzionale e non autoritaria e in ogni proposta viene ricercata la compartecipazione del singolo e del gruppo nel quale è inserito. Anche la tipologia di attrezzatura utilizzata potrebbe non essere rigidamente tecnica e gli spazi di pratica pure” (Casolo, 2011).

 

I valori che tali attività possono trasmettere sono la lealtà, il rispetto delle regole e dell’avversario, la competizione alla pari, lo spirito di aggregazione, la solidarietà, la gioia, il divertimento e la formazione del carattere, la fiducia, la responsabilità e l’aiuto spontaneo e reciproco nei confronti dell’altro. È di certo questa l’attività sportiva pensata dal legislatore nel nuovo comma 7 dell’art. 33 della costituzione italiana ed è questa l’attività sportiva a cui vogliamo riferirci in questo saggio.

Per concludere le nostre argomentazioni riteniamo dunque utile e necessaria l’operazione concettuale di estendere il concetto monovalente di sport come tradizionalmente inteso (Physical Activity Guidelines Advisory Committee, 2008) al concetto polivalente di “Sport per tutti” e di attività sportive intese come manifestazioni e forme del movimento utili alle dimensioni del benessere psico-fisico, mentale e sociale dell’uomo. Dunque, non solo “Sport agonistico” ma “Attività sportiva per tutti” e diritto alla pratica di queste attività anche per coloro che si trovano ai margini della nostra società e nei contesti di emergenza.

 

3. Attività sportiva: diritto del cittadino e mezzo per la promozione del benessere psicofisico

 

L’attività sportiva, così introdotta al comma settimo dell’articolo 33 della Carta costituzionale, diventa di fatto un diritto fondamentale ed irrinunciabile della persona al pari non solo di quello alla tutela della salute ma anche di tanti altri come quelli che tutelano la libertà personale, di pensiero e di religione. Questa nuova introduzione si collega e integra quanto scritto all’articolo 32 sempre della Carta costituzionale con collegamento all’area sanitaria che, cita Gabbanelli: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e dunque il principio che la salute è un bene della persona e della società” (Gabbanelli, 2023).

Dal punto di vista medico lo stato di salute di ogni individuo viene abitualmente rapportato all’assenza di malattie. Anche questo concetto, nel corso degli ultimi trenta anni ha subito un processo di ri-semantizzazione. In prima battuta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, prendendo atto e facendo proprie le linee guida per l’attività fisica dell’anno 2008 (Physical Activity Guidelines Advisory Committee, 2008) basate sulle evidenze medico-scientifiche emesse dal Dipartimento della salute statunitense che basandosi sulle evidenze medico-scientifiche, ha individuato nell’esercizio fisico un potente strumento di prevenzione delle malattie. Trenta minuti di attività al giorno è la quantità di attività motorio-sportiva utile per diminuire : del 58% le possibilità di sviluppare il diabete di tipo 2 (con i farmaci tradizionali si ha una riduzione inferiore: 31%); del 39% il rischio di morte per infarto e malattie cardio-vascolari negli uomini; del 34% il rischio di ictus cerebrale; del 38% il rischio di sviluppare tumori ( quello al colon diminuisce del 47%); del 40% il rischio di demenza senile e di contrarre il morbo di Alzheimer; del 50% il rischio di fratture e del 30 % quello di incontinenza negli anziani; diminuisce del 50% la possibilità di sviluppare asma. Inoltre, gli effetti di una attività motoria abituale e costante vanno estesi ad una maggior capacità di mobilità articolare e elasticità muscolare che rendono l’uomo che invecchia indipendente fino a tarda età, una maggior capacità di sviluppare e mantenere la memoria e le capacità mentali, una sensibile diminuzione del rischio di cadere in depressione. Recentemente l’American College of Sport Science (ACSM, 2011) con le sue linee-guida ha quantificato l’attività motoria utile all’uomo entrando nei dettagli quantitativi e qualitativi. Per star bene ognuno di noi dovrebbe muoversi per almeno 150 minuti a settimana (30 minuti al giorno per cinque giorni) compiendone almeno 20 in tre delle cinque giornate a intensità moderata-vigorosa e andando ad aggiungere esercizi di mobilità articolare, di allungamento muscolare da svolgere per almeno 60 secondi intervallati da una attività di mantenimento del tono per ciascuno dei principali gruppi muscolari.

Gli articoli 32 e 33 della Carta costituzionale oggi supportano un concetto di salute più attuale, anche se già presentato e approvato dall’OMS nella dichiarazione di Ottawa del 1986 che sancisce:

 

“La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per raggiungere uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, un individuo o un gruppo deve essere capace di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di cambiare l’ambiente circostante o di farvi fronte. La salute è quindi vista come una risorsa per la vita quotidiana, non è l’obiettivo del vivere. La salute è un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche. Quindi la tutela della salute non può essere una responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma va al di là degli stili di vita e punta al benessere” (The Ottawa Charter for Health Promotion, 1986).

 

Un aspetto fondamentale della promozione della salute mira ad incrementare il controllo e il potere [empowerment] delle persone sugli aspetti che influenzano la salute. Un contributo teorico ma fondamentale in tal senso è stato offerto dall’approccio ecologico degli studi sulla persona e sul benessere, che hanno proposto un nuovo modo di concettualizzare la relazione fra l’individuo e l’ambiente. In quest’ottica la salute è vista come il prodotto dell’interdipendenza tra individuo e sottosistemi dell’ecosistema che, per promuovere la salute deve fornire le condizioni economiche e sociali che inducono stili di vita sani e le necessarie informazioni che consentano l’acquisizione delle abilità necessarie affinché gli individui possano attuare tali comportamenti. In effetti educare alla salute significa rendere le persone consapevoli delle conseguenze comportamenti influenti sulla salute. In tal senso il processo educativo viene indirizzato a indurre azioni volontarie che le persone possono compiere autonomamente o collettivamente. I messaggi educativi oggi non sono più focalizzati su singole azioni, ma su veri e propri stili di vita duraturi (Raiola et al., 2023).

 

4. Il valore educativo e sociale dell’attività sportiva e l’importanza delle regole

 

Il valore dell’attività sportiva non si esaurisce nel promuovere la salute e il benessere della persona. Le situazioni di pratica motorio-sportiva attivano occasioni di comunicazione e di relazione creando legami ed empatia (Ginsburg et al., 2007). A partire dai primi anni di vita il bambino, attraverso le situazioni-problema indotte dalle attività ludico-motorie e di avviamento allo sport impara a gestire le relazioni nelle differenti situazioni di vita che lo vedono evolvere da una situazione iniziale di egocentrismo ad una progressiva apertura e disponibilità verso l’altro. Questo processo, indotto da momenti di relazione vissute in presenza – e le attività sportive individuali e di squadra rappresentano situazioni privilegiate – consente al bambino attivo di arricchire le modalità relazionali in direzione dei compagni di gioco innescando i processi di conoscenza, condivisione di spazio e di attrezzi, disponibilità, collaborazione, fiducia, responsabilità, aiuto. I giochi e le attività ludico-sportive di gruppo consentono al bambino di superare socialmente le dinamiche relazionali spesso mono-direzionali e ristrette dell’ambiente familiare (Pirone, 2019). Le attività sportive permettono ai bambini di provare ruoli diversi e di organizzare il gioco secondo una sequenza strutturata, applicando quello che hanno imparato alle esigenze cognitive e sociali della vita quotidiana. La crescita sociale avviene attraverso una progressiva apertura nei confronti dell’altro che avviene attraverso una serie di tappe che consistono nell’accettare l’altro, nel rapportarsi e comprendere prima e nel conoscere e collaborare con l’altro poi per evolvere verso situazioni di fiducia e di responsabilità nei confronti dell’altro e che trovano un’espressione superiore di apertura nel portare aiuto ed assistenza all’altro (Casolo, 2011). Empatia, comunicazione e relazioni efficaci trovano nelle attività sportive un fertile terreno di espressione. Nella pratica delle attività sportive emerge in modo del tutto spontaneo la necessità di convenire e di attenersi alle regole a garanzia e salvaguardia delle libertà individuali di tutti. Siamo tuttora convinti che non possa esistere un contesto pedagogico più efficace per significare l’importanza delle regole, del rispetto dell’altro e del fair play (Coco, 2023). Chiunque giochi deve rispettare le regole scelte, convenzionate e accettate senza obblighi e la regola diventa la fonte di ogni reale forma di socializzazione e del senso del vivere civile che è a fondamento di ogni società moderna (Casolo & Mondoni, 2003). Nelle attività ludico-sportive è essenziale stabilire regole comuni, cioè convenzioni che permettono di creare una parte di tempo e di spazio disgiunta dalle leggi del mondo reale. È fondamentale educare i bambini alle regole, dal momento che questo, prima di tutto, significa aiutarli a crescere nella comprensione e nel rispetto di sé e degli altri, educarli alla convivenza democratica, rafforzare la consapevolezza ed incoraggiare la comunicazione (Wallhead, et al, 2021). Stabilire delle regole non è un modo per limitare il bambino, ma per permettere ad ognuno di esprimersi al meglio, rispettando la creatività e l’espressività di ciascuno. Le regole nel gioco possono essere stabilite dall’esterno (ad es. dall’insegnante) o dal gruppo di giocatori in autonomia (come ad es. durante un gioco libero), ma comunque devono essere vissute dai bambini non subite (Coco, 2013). Esse sono la base dei fondamentali del gioco e come tali devono essere apprese lentamente e progressivamente e, soprattutto per i bambini più piccoli, le regole devono essere semplici e non restrittive, insegnate durante il gioco, capite, vissute ed infine applicate.

 

5. L’attività sportiva e la promozione del benessere psico-fisico nella scuola

 

Vi può essere una educazione al benessere? Certamente sì: a partire dalla famiglia e a seguire nel sistema scolastico: le due più importanti realtà educative.

La scuola è l’ambiente educativo che può potenzialmente educare al benessere attraverso la trasmissione di una cultura sportiva che possa includere, oltre agli aspetti tecnico-motori anche quelli nutrizionali e sociale. Essa rappresenta un contesto privilegiato per la presenza di più vantaggi: consente di raggiungere tutta la popolazione; ha una utenza composta da persone giovani che stanno iniziando ad adottare stili di vita ed ha attribuiti per legge compiti di educazione alla salute e al benessere. Le finalità da raggiungere, ben evidenziate e ricorrenti nelle indicazioni ministeriali per le scuole di ogni ordine e grado, oltre alla formazione e alla crescita del cittadino puntano alla promozione di un sano stile di vita sano e allo sviluppo delle abilità per la vita che consentano ai ragazzi di affrontare le scelte più opportune per la propria salute, con le adeguate conoscenze e le opportune motivazioni, e non solo influenzati dal parere dei coetanei, dagli stimoli della pubblicità palese e occulta o da condizionamenti casuali (Valagussa et al, 2004). Come già abbiamo accennato, il concetto di “benessere” oggi arriva a coincidere con quello di “salute attiva” ove la pratica motorio-sportiva giornaliera che sembra essere una tra le componenti più importanti.

La scuola può diventare pertanto l’ambiente ideale per trasmettere quella cultura della corporeità e dello sport con l’insieme dei valori e dei vantaggi psico-fisici e sociali indotti dalle attività motorio-sportive. Lo può essere scegliendo con convinzione di valorizzare nel quantitativo massimo e cioè per due ore per settimana le ore di educazione fisica, a partire dalla scuola primaria, dove l’attività sportiva ricorre con sistematicità. Le indicazioni ministeriali per il curricolo della scuola primaria del 2012 (MPI) ci danno una indicazione appropriata degli Obiettivi Specifici di Apprendimento [OSA] del movimento che riguardano quattro ambiti:

 

1)     Il corpo e la sua relazione con lo spazio e il tempo;

2)     Il linguaggio del corpo come modalità comunicativa/espressiva;

3)     Il gioco lo sport le regole e il Fair Play;

4)     Salute e benessere prevenzione e sicurezza.

 

Ma le attività motorie possono essere promosse anche in aggiunta e oltre le ore di educazione fisica durante le altre ore di lezione[1], gli intervalli e le pause[2].

La scelta di campo che sta alla base di questi nostri ragionamenti è che il benessere non può essere né genetico né imposto dall’esterno ma tutt’al più “educabile” e l’unica operazione che ci sembra opportuno proporre è quella dell’inclusione convinta e programmata di una forte cultura del movimento e dello sport all’interno del nostro sistema educativo, scolastico e extrascolastico (Rocliffe et al, 2024).

Con il comma 6 dell’art. 33 l’attività sportiva nei percorsi scolastici diventa diritto della persona e mezzo per raggiungere il benessere con il fine di prevenire e curare le patologie e le malattie non trasmissibili, mantenere l’efficienza fisica e intervenire nel processo di formazione della persona.

 

6. Le competenze sportive ed educative del chinesiologo di base e del chinesiologo sportivo

 

Se nella carta costituzionale alle attività sportive in tutte le sue forme vengono riconosciute finalità educative e di promozione del benessere, le due nuove professionalità del chinesiologo di base e del chinesiologo sportivo dovrebbero essere formate con competenze non solo tecnico-sportive ma anche educative. Il D.Lgs. 36/2021 al capo III – Ulteriori disposizioni in materia di Laureati in scienze motorie – Art. 41:

 

“Al fine del corretto svolgimento delle attività fisico motorie, anche di livello agonistico, e della tutela del benessere nonché della promozione di stili di vita corretti, sono istituite le figure professionali del chinesiologo di base, del chinesiologo delle attività motorie preventive ed adattate, del chinesiologo sportivo e del manager dello sport. E ancora che l’esercizio dell’attività professionale di chinesiologo di base ha ad oggetto: a) la conduzione, gestione e valutazione di attività motorie individuali e di gruppo a carattere compensativo, educativo, ludico-ricreativo e sportivo finalizzate al mantenimento e al recupero delle migliori condizioni di benessere fisico nelle varie fasce di età attraverso la promozione di stili di vita attivi; b) la conduzione, gestione e valutazione di attività per il miglioramento delle qualità della vita mediante l’esercizio fisico, nonché di personal training e di preparazione atletica non agonistica […]. Come pure: l’esercizio dell’attività professionale di chinesiologo sportivo ha ad oggetto: a) la progettazione, il coordinamento e la direzione tecnica delle attività di preparazione atletica in ambito agonistico, fino ai livelli di massima competizione, presso associazioni e società sportive, Enti di promozione sportiva, istituzioni e centri specializzati; b) la preparazione fisica e tecnica personalizzata finalizzata all’agonismo individuale e di squadra” (Legge 86/2019).

 

Risulta evidente, in questo dispositivo di legge, che queste due figure professionali vengono legittimate ad occuparsi di attività sportive che, nella nuova connotazione inserita in costituzione, inglobano oltre a quelle finalizzate all’agonismo anche quelle più socio-educative e di promozione del benessere psico-fisico. Proprio per questo è inevitabile pensare e ri-progettare i percorsi di formazione universitaria di questi due nuovi professionisti andando a valorizzare le due famiglie di competenze sia tecnico-sportive ma anche socio-educative. I contesti lavorativi di queste figure potranno essere quelli scolastici nelle scuole di ogni ordine e grado (dalla primaria alla secondaria di secondo grado) ma anche extrascolastici nelle società e negli enti di promozione sportiva del territorio.

 

Riferimenti bibliografici

 

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[1] Le didattiche tradizionali relative ad alcuni insegnamenti come matematica, geografia e lingue italiana e straniera possono essere integrate con strategie di didattica enattiva e incorporata ove alcuni argomenti possono essere insegnati partendo da situazioni esperienziali in palestra seguite successivamente da momenti teorici. I fondamenti di queste strategie induttive e innovative sono le teorie del “Learning by doing” e della “Embodied Cognition” che sostengono l’importanza del coinvolgimento globale dell’allievo a partire dalle esperienze che valorizzano la corporeità.

[2] Una rilevante parte della letteratura si è focalizzata sullo studio e sull’utilizzo degli “active breaks” o pause attive a scuola studiate per alternare i troppi momenti statici con una breve attività fisica che porta benefìci anche per le competenze scolastiche (Carlson et al, 2015).