Developing Character skills, Values and Virtues through Experience: A Strategy to Promote Sustainable Development

 

Sviluppare competenze del carattere, valori e virtù attraverso l’esperienza: Una strategia per promuovere lo sviluppo sostenibile

 

Giuseppe Liverano

Dipartimento Jonico “Sistemi Giuridici ed Economici del Mediterraneo: Società, Ambiente, Culture”, Università di Bari – giuseppe.liverano@uniba.it

https://orcid.org/00000-0003-1011-0054

 

ABSTRACT

To improve competitiveness and the possibility of entering the labour market, young people need to demonstrate that they possess sustainability skills, character skills, values and virtues. The contribution aims to highlight how, in order to achieve the idea of sustainable development promoted by the 2030 Agenda, some values and virtues, some skills for sustainability of the LIFECOMP model (Sala et al., 2020) and some character skills, can represent, together, a fundamental wealth of resources. Non-cognitive skills can prove to be crucial in improving the competitiveness of young people and in building more sustainable contexts, since the development of these skills is due precisely to the formation of social dispositions and some values and virtues that favor community life, training in common responsibilities that makes it possible to prevent forms of deviance and incivility (Chiosso et. al. 2021, p. 39), and promotes ethical lifestyles, oriented towards inclusion and the progress of society also through work.

 

Per migliorare la competitività e la possibilità di entrare nel mercato del lavoro i giovani devono dimostrare di possedere competenze di sostenibilità, competenze del carattere, valori e virtù. Il contributo ha lo scopo di evidenziare come per realizzare l’idea di sviluppo sostenibile promosso dall’Agenda 2030, alcuni valori e virtù, alcune competenze per la sostenibilità del modello LIFECOMP (Sala et al., 2020) e alcune character skills, possano rappresentare, insieme, un patrimonio di risorse fondamentale. Le competenze non cognitive, possono rivelarsi determinanti per migliorare la competitività dei giovani e per costruire contesti più sostenibili, poiché lo sviluppo di tali competenze si deve proprio alla formazione delle disposizioni sociali e di alcuni valori e virtù che favoriscono la vita comunitaria, la formazione alle responsabilità comuni che consente di prevenire forme di devianza e di inciviltà (Chiosso et. al. 2021, p. 39), e promuove stili di vita etici, orientati all’inclusione e al progresso della società anche attraverso il lavoro.

 

KEYWORDS

Skills, Values, Virtues, Education, Sustainability

Competenze, Valori, Virtù, Educazione, Sostenibilità

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Author declares no conflicts of interest.

 

RECEIVED

October 18, 2023

 

ACCEPTED

April 23, 2024

 


 

1. Introduzione

 

Lo scopo di questo articolo è di esplorare una strategia per promuovere lo sviluppo sostenibile sviluppando capacità, valori e virtù attraverso l’apprendimento esperienziale. Si sottolineerà la natura teorica di tale contributo e l’importanza dell’analisi e dell’impatto a lungo termine delle politiche educative e dell’identificazione di traiettorie teoriche appropriate prima di procedere alla loro implementazione, per esempio nelle scuole, attraverso pratiche didattiche specifiche. Tale analisi può fornire un quadro chiaro dei risultati attesi e delle possibili sfide che si possono incontrare lungo il percorso; inoltre consente di prendere decisioni informate sulla strategia migliore da adottare, considerando attentamente le implicazioni a lungo termine sulla formazione dei giovani e sulla costruzione di società eque e sostenibili. Parallelamente a ciò, è essenziale identificare le traiettorie teoriche appropriate che possano garantire una base solida a questo tipo di politiche. Queste traiettorie teoriche devono essere basate su una comprensione approfondita dei processi educativi, delle teorie sull’educazione carattere, dei valori e delle virtù, nonché delle sfide attuali che la società affronta in termini di sostenibilità. Solo attraverso la ricerca e l’applicazione di tali traiettorie teoriche, infatti, si possono sviluppare politiche educative efficaci e durature.

L’istruzione contemporanea si è sempre più concentrata sullo sviluppo olistico e globale degli individui che comprende non solo le capacità accademiche ma anche le competenze caratteriali, sociali e morali. È stata riconosciuta l’importanza di sviluppare una base solida di conoscenze, competenze, valori e virtù che possa guidare le azioni individuali e collettive verso un futuro sostenibile. Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, l’implementazione di politiche educative in grado di favorire il carattere, i valori e le virtù rimane un’operazione complessa. Nelle nostre scuole si incontrano numerose difficoltà quando si devono proporre attività didattiche specifiche per favorire questa tipologia di formazione.

L’articolo che segue con uno sguardo attento ai principi pedagogici e alle fonti accademiche cerca di penetrare nella discussione sullo sviluppo delle competenze del carattere, dei valori e delle virtù attraverso esperienze pratiche, per provare a dimostrare che tale formazione è propedeutica a promuovere lo sviluppo sostenibile. Verranno esaminate le sfide e le opportunità presenti in questo tipo di approccio educativo, e attraverso l’analisi delle conseguenze delle politiche e l’identificazione di traiettorie teoriche appropriate, proverà a dare il suo contributo al dibattito in corso sulle strategie pedagogiche per promuovere lo sviluppo sostenibile. L’obiettivo finale è fornire ai decisori politici, agli educatori e agli studiosi un quadro teorico solido e delle linee guida pratiche per implementare politiche educative che promuovano competenze del carattere, valori e virtù, contribuendo così a un futuro sostenibile per tutti.

 

2. Le traiettorie della formazione alle competenze di sostenibilità

 

Interrogarsi su quali siano le competenze trasversali necessarie a facilitare, per esempio, l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani o per trasformare i contesti in luoghi sostenibili, rappresenta un ambito di ricerca e studio fondamentale della Pedagogia delle risorse umane. Le strategie, che gli Stati nazionali e gli organismi internazionali definiscono nei loro documenti programmatici come prioritarie, debbono poi tradursi in politiche di intervento nei diversi contesti formativi (scuola, formazione professionale, università e società nel suo insieme), per creare le condizioni per nuove modalità per lo sviluppo di nuove competenze e per ridefinire le pratiche di orientamento (Alessandrini, 2017, pp. 15‍–‍45; Pellerey, 2017, pp. 117‍–‍122). L’Agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza” della Commissione europea, di luglio 2020, rileva, infatti, un forte ritardo in termini di acquisizione di alcune competenze necessarie per facilitare la transizione dei giovani nel mondo del lavoro, come effetto della pandemia. Rafforzare la competitività sostenibile significa garantire l’apprendimento permanente e lo sviluppo di nuove competenze, in grado di fornire ai giovani la possibilità di orientarsi nel mercato del lavoro con maggiori possibilità di inserimento professionale e di essere promotori e costruttori di società più sostenibili. Come sostiene Woessmann (2017) una formazione di elevata qualità rafforzerebbe il senso di efficienza ed efficacia che permette loro di trarre vantaggio dalle tecnologie avanzate. La Commissione europea pone l’accento sull’importanza dell’apprendimento permanente in quanto rappresenterebbe il vero motore della crescita individuale e sociale. L’acquisizione di micro-credenziali progettate per colmare una carenza di conoscenze e competenze specialistiche rappresenta una ulteriore misura contemplata in questa direzione. Un mix che favorirebbe l’inserimento nel mercato del lavoro, in continuità con quanto è emerso dal progetto “European project MICROBOL Micro-credentials”, perfettamente in linea con gli impegni chiave del processo di Bologna, coordinato dal Ministero fiammingo dell’educazione insieme con l’EUA (European University Association), il Ministero dell’educazione e della cultura finlandese, il CIMEA (Information Centre on Academic Mobility and Equivalence) of Italy e l’ENQA (European Association for Quality Assurance in Higher Education). Ripensare il sistema educativo per una centralità delle competenze è, perciò, fondamentale per livellare verso l’alto la formazione dei giovani e dare la possibilità a chi ha un basso livello di istruzione, di sviluppare nuove capacità e competere per profili professionali più elevati ed essere artefici di contesti di sostenibilità. Come sostiene Deming (2017) le possibilità del mercato del lavoro sono maggiori in rapporto alla qualità delle competenze, di conseguenza, diminuendo la qualità, il mercato si svuota di professionalità qualificate. Sviluppare ulteriori e nuove competenze diventa necessità in virtù delle nuove professionalità che il mercato del lavoro nazionale e internazionale richiede. Il programma dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile della Commissione europea rappresenta una grande occasione in questo senso (UN, 2015). Elaborare progettualità secondo i 17 goals dell’Agenda 2030 è una sfida imponente che stimolerà lo sviluppo di nuove professioni e richiederà il possesso di una formazione alla sostenibilità, trasversale, multidisciplinare e organica. Il quadro delle competenze “LifeComp The European Framework for Personal, Social and Learning to Learn Key Competence” elaborato a corollario del Documento per le competenze chiave per l’apprendimento permanente, dal Joint Research Centre della Commissione europea, d’ora in poi JRC, sembra poter accogliere questa urgenza formativa. Il framework LifeComp, infatti, si propone a modello di orientamento delle competenze del Ventunesimo secolo, che, sulla base delle evidenze scientifiche, sono ritenute fondamentali per lo sviluppo sostenibile delle società attuali e future. Il modello prevede la necessità di sviluppare competenze relative all’area personale, sociale e dell’apprendimento, sia per le nuove generazioni che per gli adulti. Tali competenze, una volta acquisite, risulterebbero fondamentali per affrontare problematiche complesse e, soprattutto, legate agli obiettivi dell’Agenda 2030. Il modello rappresenta un esempio funzionale di quadro delle competenze di sostenibilità perché è il risultato di una conoscenza profonda e dalla capacità di chi lo ha elaborato di integrare varie prospettive teoriche per comprendere la complessità del concetto di sostenibilità, di procedere con rigore metodologico e di presentare una prospettiva teorica di competenze di sostenibilità in modo che possa essere facilmente applicata nella prassi.

Tutte le competenze incluse nel modello sono ugualmente rilevanti, necessarie, correlate e interconnesse, e dovrebbero essere considerate come un pacchetto formativo unitario (Sala et al., 2020, pp. 21‍–‍23). Ogni area del framework include delle competenze e per ogni competenza dei descrittori che la rappresentano e la descrivono minuziosamente. Nella Tabella 1, che segue, sono indicate le aree, le competenze e i relativi descrittori inclusi in ognuna di esse.

 

Area

Competenze

Descrittori

Personale

P1 Auto-regolazione (consapevolezza e gestione di emozioni, pensieri e comportamenti)

P1.1. Consapevolezza ed espressione delle emozioni, dei pensieri, dei valori e dei comportamenti personali

P1.2. Comprendere e regolare le emozioni, i pensieri, e i comportamenti personali, incluse le risposte allo stress

P1.3. Alimentare l’ottimismo, la speranza, la resilienza, l’auto-efficacia e la percezione di avere uno scopo per supportare l’apprendimento e l’azione

P2 Flessibilità (capacità di gestire le transizioni e l’incertezza e affrontare le sfide)

P.2.1. Essere pronti a ritornare sulle proprie opinioni e sul proprio modo di agire di fronte a nuove evidenze

P2.2. Comprendere e adottare nuove idee, approcci, strumenti e azioni in risposta a contesti mutevoli

P2.3. Gestire le transizioni nella vita personale, la partecipazione sociale, i percorsi di lavoro e apprendimento, mentre si operano scelte consapevoli e si stabiliscono obiettivi

P3 Benessere (perseguimento della soddisfazione nella vita, attenzione alla salute fisica, mentale e sociale e adozione di uno stile di vita sostenibile)

P3.1. Consapevolezza che il comportamento individuale, le caratteristiche personali e i fattori socio-ambientali influenzano la salute e il benessere

P3.2. Comprendere i potenziali rischi per il benessere e utilizzare informazioni e servizi affidabili per la tutela sociale e della salute

P3.3. Adozione di uno stile di vita sostenibile che rispetti l’ambiente e del benessere fisico e mentale del sé e degli altri, allo stesso tempo cercando e offrendo sostegno sociale

Sociale

S1 Empatia (la comprensione delle emozioni di un’altra persona, delle sue esperienze e dei suoi valori, mettendo in atto risposte adeguate)

S1.1. Consapevolezza delle emozioni, delle esperienze e dei valori di un’altra persona

S1.2. Comprendere le esperienze e le emozioni di un’altra persona, unitamente alla capacità di adottare la sua prospettiva

S1.3. Reattività nei confronti delle esperienze ed emozioni di un’altra persona, essere consapevoli che appartenere a un gruppo influenza le disposizioni individuali

S2 Comunicazione (utilizzo di strategie comunicative rilevanti, codici e strumenti pertinenti all’ambito, che dipendano da contesto e contenuto)

S2.1. Consapevolezza del bisogno di una varietà di strategie comunicative, registri linguistici e strumenti che siano adattati al contesto e al contenuto

S2.2. Comprendere e gestire le interazioni e le conversazioni in differenti contesti socioculturali e situazioni di specifica pertinenza

S2.3. Ascoltare gli altri e intrattenere conversazioni con sicurezza di sé, assertività, chiarezza e reciprocità, sia in contesti privati che pubblici

S3 Collaborazione (coinvolgimento in attività di gruppo e lavoro di squadra che riconoscano e rispettino gli altri)

S3.1. Intenzione a contribuire al bene comune e consapevolezza che gli altri potrebbero avere differenti appartenenze culturali, retroterra, convinzioni, valori, opinioni o circostanze personali

S3.2. Comprendere l’importanza della fiducia, del rispetto per la dignità umana e dell’eguaglianza, sapendo affrontare i conflitti e negoziando i dissensi per costruire e mantenere relazioni giuste e rispettose

S3.3. Condivisione equa dei compiti, delle risorse e della responsabilità all’interno di un gruppo, che tenga conto del suo obiettivo specifico; favorire l’espressione di punti di vista differenti e adozione di un approccio sistemico

Imparare a imparare

L1 Mentalità orientata alla crescita (credere nel proprio potenziale e in quello degli altri per apprendere e progredire continuamente)

L1.1. Consapevolezza delle proprie e altrui capacità di apprendere, migliorare e raggiungere risultati attraverso il lavoro e la dedizione; fiducia nelle medesime

L1.2. Comprendere che l’apprendimento è un processo che dura tutta la vita [lifelong] che richiede apertura, curiosità e determinazione

L1.3. Riflettere sul feedback altrui così come sulle esperienze riuscite o fallite per continuare a sviluppare il proprio potenziale

L2 Pensiero critico (valutazione delle informazioni e delle argomentazioni a sostegno di conclusioni ragionate e per lo sviluppo di soluzioni innovative)

L2.1. Consapevolezza delle possibili interferenze che intervengono sui dati e dei limiti individuali, raccogliendo, allo stesso tempo, informazioni valide e affidabili e idee provenienti da fonti rispettabili e variegate

L2.2. Comparare, analizzare, valutare e sintetizzare i dati, le informazioni, le idee e i messaggi dei media per trarne conclusioni logiche

L2.3. Sviluppare idee creative, sintetizzare e combinare concetti e informazioni provenienti da fonti diverse con la prospettiva di risolvere problemi

L3 Gestire l’apprendimento (la pianificazione, organizzazione e revisione del proprio apprendimento)

L3.1. Consapevolezza dei propri interessi, processi e strategie preferite di apprendimento, inclusi i bisogni formativi e il sostegno necessario

L3.2. Pianificare e implementare traguardi, strategie, risorse e processi d’apprendimento

L3.3. Riflettere e valutare le intenzioni, i processi e i risultati dell’apprendimento così come la costruzione della conoscenza, stabilendo connessioni tra i diversi ambiti

Tabella 1. “The LifeComp Framework” (Sala et al., 2020, p. 20; trad. e adattamento: Marcelli, 2024).

 

Il modello di competenze LifeComp del JRC è stato chiaramente elaborato in linea con quanto rappresentato nella Raccomandazione del Consiglio europeo (European Council, 2008). Per la rappresentazione grafica delle competenze, il gruppo di lavoro del JRC ha voluto utilizzare la metafora dell’albero (Figura 1). Con essa ha inteso evidenziare l’assoluta interdipendenza delle competenze e dei descrittori, il cui processo di acquisizione non è subordinato a vincoli di gerarchia. L’interdipendenza costituisce la caratteristica più importante di queste competenze e dei relativi descrittori, che sostenendosi reciprocamente, contribuirebbero allo sviluppo dell’individuo in modo organico, integrale e funzionale alla complessità delle problematiche della vita reale in linea con l’interpretazione che Ellerani (2019) propone della prospettiva capacitante delle competenze come bene con un fine funzionalistico e autodirezionale, cioè capace di dotare chi le sviluppa di capacità di autorientarsi.

 

Immagine che contiene diagramma

Descrizione generata automaticamente

Figura 1. Albero delle competenze LifeComp (Sala et al., 2020, p. 9).

 

La metafora dell’albero aiuterebbe a chiarire il processo con cui avviene lo sviluppo personale, all’interno del contesto socioculturale di riferimento. Esso sarebbe in grado di riconoscere il ruolo dell’ecosistema sociale e dei fattori contestuali che, evidentemente, possono sia promuovere che ostacolare la crescita di un individuo (Ellerani, 2019). Da questo si evince il duplice scopo del modello LifeComp secondo cui lo sviluppo di ogni individuo:

 

·     è vincolato alla crescita armonica delle competenze di ogni area per affrontare le sfide del presente e soddisfare i bisogni di ogni individuo ed è direttamente proporzionale alla qualità delle relazioni di un microsistema;

·     dipende dalla rilevanza delle relazioni che ogni individuo ha con gli altri (microsistema) e dalla capacità del microsistema di rapportarsi in modo armonico, equilibrato e con funzioni di sostegno rispetto ad un macrosistema (Ellerani, 2019).

 

Il modello LifeComp delle competenze, perciò, si propone:

 

·     come cassetta degli attrezzi a disposizione di ogni individuo per poter affrontare le sfide sociali e culturali future e garantire forme sostenibili di sviluppo;

·     di responsabilizzare e, in un certo senso, supportare ogni soggetto nella propria crescita all’interno di un microsistema, come requisito fondamentale e, come strumento per ogni soggetto per contribuire allo sviluppo di un macrosistema.

 

La prospettiva è di garantire ad ogni individuo la possibilità di crescere in modo armonico e integrale e di responsabilizzare la sua crescita secondo una idea di sviluppo solidale e sostenibile, attraverso un legame relazionale, armonico e di reciproco sostegno tra microsistema e macrosistema. Tale processo si realizzerebbe attraverso momenti formativi formali e informali, in un sistema di sviluppo di conoscenza e competenze completamente aperto e, di conseguenza, accessibile a tutti.

LifeComp regards “Personal, Social, and Learning to Learn competences as ones which apply to all spheres of life, and which can be acquired through formal, informal, and non-formal education” (Sala et al., 2020, p. 8). Una situazione in cui un soggetto è impegnato in un processo di comprensione del problema e di iniziativa autonoma per la ricerca di una o più soluzioni, in cui si attiva il meccanismo di mediazione tra il sociale e l’umano che permette al soggetto di rapportarsi con il reale, presupposto fondamentale nella prospettiva sia del concetto di capabilities (Sen, 2011) che di character skills (Kautz et al., 2014), diventa potenzialmente un momento formativo in grado di esplorare competenze. In linea con l’interpretazione di Malavasi (2017), quando si riferisce al concetto di bene comune inteso come qualcosa che è potenzialmente disponibile per tutti se non implica rivalità nel suo accesso e nel suo esercizio, anche il modello LifeComp per le sue caratteristiche e per gli effetti potenziali che produce su chi lo sviluppa, può essere decodificato come bene comune. Si tratta di promuovere nell’individuo quell’apprendimento competente, attribuibile non soltanto al conseguimento di obiettivi circoscritti ma anche al processo attraverso cui l’acquisizione può tradursi in scelta autonoma e disponibilità all’azione e che produce un valore aggiunto come un bene comune (Malavasi, 2017, p. 118). Difatti, i descrittori delle diverse competenze del modello LifeComp sono rappresentati secondo una prospettiva Consapevolezza-Comprensione-Azione (Malavasi, 2017, pp. 21-22). Tale prospettiva conferisce sostenibilità e trasferibilità allo sviluppo che ne deriva. Perciò, l’idea di ritenere il framework LifeComp del JRC un modello di competenze utili per uno sviluppo sostenibile di ogni individuo, in linea con quanto previsto dall’Agenda 2030, può essere verosimile. In questo programma d’azione il concetto di sviluppo sostenibile è inteso come “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni” (UN, 2015; trad. dell’Autore). Il programma stabilisce la funzione sociale e culturale della crescita di ogni individuo che si orienta verso un esercizio di responsabilità solidale, di legame, di promozione e sostegno dell’altro. Un impegno, che mobilitando la coscienza e il senso di responsabilità di ogni soggetto, necessita anche di un arsenale di virtù, valori e competenze caratteriali e della personalità.

 

3. Competenze del carattere, valori e virtù in connessione: risorse per la sostenibilità

 

Il viaggio verso una definizione di non-cognitive skill o di character skills capace di mettere tutti d’accordo è stato complesso. Come sostengono John e de Fruyt (2015) le character skills possono essere definite competenze socioemotive che si manifestano in modelli coerenti di pensiero, sentimento e comportamento, possono essere sviluppate attraverso esperienze di apprendimento formali e informali ed influiscono su importanti esiti socioeconomici lungo tutto il corso della vita. Tuttavia, se l’educazione deve promuovere quel processo di discernimento, deliberazione e dedizione, che si attua attraverso la riflessività personale e che è reso possibile e sostenibile nel tempo dalle proprie capacità (Maccarini, 2021, pp. 62‍–‍63), tale definizione necessita di un’articolazione più definita. In questa sede, perciò, si riprenderà quella di Haselberger et al. (2012), che nella sua provvisorietà, appare più esaustiva, secondo cui si potrebbero definire come una combinazione dinamica di abilità cognitive e meta-cognitive, abilità interpersonali, intellettuali e pratiche accanto a valori etici, che una volta educate, consentono agli individui di adattarsi e di migliorare la qualità̀ della vita in ogni ambito. Secondo questa definizione le competenze del carattere e della personalità possono apparire idonee ad aiutare il soggetto che le possiede a contribuire a sviluppare l’idea di sviluppo sostenibile, anche se orienta verso aspettative estremamente onerose sul piano educativo, soprattutto relativamente alla necessità di integrare il concetto di competenza (come risorsa che produce una prestazione) con la dimensione morale, così da educare un soggetto ad essere tanto efficace quanto credibile (Cornacchia & Madriz, 2017, p. 9). Sebbene ci siano tantissime evidenze scientifiche che indicano una correlazione tra sviluppo di competenze socio-emotive e riduzione di comportamenti devianti, possedere intelligenza emotiva, così come sostiene Maccarini (2021), non si traduce immediatamente e naturalmente nella capacità di tenere comportamenti moralmente irreprensibili. La dimensione morale, cioè, rappresenta per Maccarini il timone in grado di orientare queste competenze verso comportamenti adeguati. Senza di questa tale patrimonio non avrebbe un chiaro obiettivo educativo. Per comprendere la differenza e, nello stesso tempo, la relazione che c’è tra la dimensione morale e quella capacitante, è necessario fare riferimento alla distinzione semantica eticamente qualificata che Berkowitz (2011) evidenzia tra Moral e Character education. L’educazione morale può essere definita come un processo che favorisce nel soggetto l’esplorazione di valori etici e lo sviluppo del ragionamento morale, mentre la Character education, definizione di chiara origine angloamericana, può essere definita come quel processo attraverso cui un soggetto esplora e sviluppa tratti, virtù, qualità, disposizioni, inerenti alla personalità e il carattere a cui anche Damiano Felini (2021) in un suo contributo fa riferimento. In questo senso il concetto di character skills condivide, con il concetto di competenze socio-emotive, l’idea di contemplare una dimensione cognitiva, affettiva e comportamentale proprie dell’educazione integrale del carattere; tuttavia, tratti e disposizioni capacitanti sono necessarie come condizioni perché comportamenti moralmente positivi emergano e vengano applicati adeguatamente in vari contesti e situazioni (Felini, 2021, p. 48). La Moral Education rappresenta, sia una bussola valida e necessaria per ricercare una funzione educativa alle proprie inclinazioni, al proprio talento e alle proprie competenze, che un processo per verificare continuamente se vi è coerenza tra impegno (competenza che si sviluppa) e valori e virtù di un soggetto orientati nella direzione di cercare di centrare un obiettivo. Nel primo caso se non vi fosse una educazione morale ad accompagnare lo sviluppo di competenze e l’educazione del talento, come sostiene Maccarini (2021) non ci sarebbe un orientamento di senso, fornito proprio dal ragionamento morale, per cui talento e competenze risulterebbero un arsenale di risorse operative prive di un chiaro obiettivo positivo. Nel secondo caso se non vi fosse piena coerenza tra impegno per raggiungere un determinato obiettivo e valori e virtù che definiscono un soggetto e che devono accompagnare lo sforzo, il risultato che ne deriverebbe dall’aver centrato un obiettivo non sarebbe una piena soddisfazione e gratificazione. Impegnarsi per raggiungere un obiettivo secondo alcuni valori che però, in concreto, non si sentono propri o diversamente impegnarsi per un obiettivo, mortificando un valore per esaltarne un altro, negando cioè la possibilità di farli dialogare anche se si collocano in una posizione antinomica, non genera una piena gratificazione o un senso di soddisfazione. Come sostiene Luis Fuentes, professore di Pedagogia dell’Universidad Complutense di Madrid (riferito da Rubio, 2023), questo accade quando una dimensione del carattere fallisce, ovvero quando dimensione cognitiva, affettiva e morale non dialogano in stretta connessione tra di loro. Se è vero che lo sviluppo del talento, delle competenze e delle virtù avviene attraverso l’esperienza e richiama il processo di socializzazione dell’uomo, attraverso cui si relaziona con il contesto reale, si mette in gioco, fa esperienza di un problema, ricerca soluzioni, processi per cui si attiva un vortice di forze concorrenti che determinano la sua crescita (Elias et al., 2015, pp. 39-45), allora ciò per cui esercitiamo uno sforzo o ci impegniamo deve costantemente tradursi in un atto educativo, in cui, cioè si possa sempre verificare la stretta connessione tra le varie dimensioni dell’educazione del carattere e della personalità. In questo modo l’impegno potrà generare una crescita trasversale e trasformarsi in senso di gratificazione. Impegno e gratificazione non saranno in contrapposizione, ma il primo servirà a generare il secondo attraverso un interesse verso la realizzazione di un obiettivo per cui serve una continua interconnessione e coerenza tra impegno e valori e virtù. Dalla constatazione del legame interconnesso tra character e moral development, risulta evidente come l’epistemologia che sta alla base del concetto di character skills sia di confine, e che i confini epistemologici entro cui si pone lo sviluppo delle non-cognitive skills, non sono da intendere come linee di separazione ma come possibilità di oltrepassamento e sconfinamento verso un dialogo, proprio con quella epistemologia che sottintende il tema delle virtù epistemiche e del talento e, più in generale della educazione dei valori morali. Il fil rouge che lega o che annulla questi confini è l’atto educativo, la sua qualità, la sua natura, la metodologia con la quale viene elaborato. L’intervento educativo, che coniuga teoria e tecnica, infatti, poiché riflette lo sfondo cognitivo e non cognitivo e l’intuizione di chi educa, si trasforma in un atto creativo e innovativo attraverso cui poter affrontare molteplici aspetti, potenziare competenze e virtù, esplorare valori morali, che, insieme, determinano il comportamento, uno stile di vita, la qualità̀ della vita interiore, sociale, affettiva e relazionale di un soggetto. Se l’atto educativo risulta, dunque, determinante per lo sviluppo capacitante, per la scelta dei valori di riferimento, per orientare il proprio talento, è importante comprendere quale modello può risultare un acceleratore di questi processi. In questo senso, ricerche effettuate in territorio americano sullo sviluppo della personalità e del carattere, dimostrano come la presenza di alcuni fattori sia determinante. In modo particolare il livello socioculturale, un modello educativo familiare impostato sull’affettività e sulla cura dei figli, e una didattica scolastica capace di proporre momenti ludici e momenti impegnativi in un gioco dialettico, risulterebbero estremamente determinanti per lo sviluppo di valori, di disposizioni positive e di competenze caratteriali (Kemple & Willner, 2008; Roder & Elliot, 2011). Diversamente, come sostiene Moon (2012) in un suo contributo scientifico e come a più riprese, successivamente hanno dimostrato Heckman & Kautz (2016) attraverso alcune loro ricerche, una condizione di povertà educativa, di disagio psicosociale o economico, o un modello educativo autoritario fondato sull’imposizione e sulla esecuzione di un compito e privo di affettività e cura come catalizzatori di apprendimento e di valori come la fiducia e l’autostima, rappresenterebbero fattori che mortificherebbero la qualità̀ della stimolazione cognitiva ed emozionale lo sviluppo di competenze caratteriali e della personalità, e in generale, il livello e la qualità dell’apprendimento di nuova conoscenza. Queste considerazioni lascerebbero intendere che un modello educativo capace di elaborare azioni didattiche impegnative ma interpretate in chiave ludica al punto da generare un coinvolgimento emozionale, in cui la figura educativa si pone nei confronti degli allievi con una postura pedagogica, promuovendo o creando le opportunità perché si possano veicolare emozioni e sentimenti positivi e supportando il suo agire con aspetti come l’affettività, la cura, l’attenzione e l’ascolto, potrebbe favorire lo sviluppo di un sapere che, convenzionalmente, in questa sede, si indicherà come un insieme di virtù, character skills e valori attinente l’area della spiritualità e della interiorità di un soggetto. La letteratura pedagogica a sostegno della tesi secondo cui creare ambienti di apprendimento attivi in cui gli alunni hanno ampia opportunità di manovra, ricevono cura, attenzione ed in cui l’azione delle figure educative è sempre orientata alla promozione di un clima positivo e assertivo è ampia. Tanti sono stati i pedagogisti che nell’arco temporale di due secoli hanno supportato la tesi secondo cui un ambiente di apprendimento accogliente e connettivo sarebbe estremamente fecondo per gli alunni. Rousseau nell’Emilio (1762/2022) sostiene che l’educazione dovrebbe permettere agli adolescenti di sviluppare la propria vitalità e individualità, mentre allo stesso tempo ricevono affetto e cura dai loro educatori, intenti a preservarli dalla corruzione della società. Una educazione, quindi, che serve a creare persone nuove e a migliorare la società in cui queste persone vivono. Un secolo più tardi e Edouard Claparéde prima (1920/1958) e Maria Montessori (1982) enfatizzano l’importanza dell’autonomia e dell’azione nella crescita e nello sviluppo dei bambini e il ruolo degli educatori che devono sforzarsi di creare un ambiente di apprendimento adeguato e organizzato in cui i bambini possano muoversi liberamente e agire secondo i loro interessi, supportandoli con gesti amorevoli e che testimoniano attenzione e cura soprattutto quando liberamente scelgono cosa fare compiendo anche degli errori. John Dewey in Democracy and Education (1916) sostiene che l’apprendimento non può essere isolato dal contesto della vita reale e che gli studenti hanno bisogno di essere coinvolti attivamente nel processo di apprendimento per poter comprendere e interiorizzare le conoscenze in modo significativo. Egli sottolinea inoltre che l’attenzione e l’affetto da parte degli educatori sono fondamentali per il benessere e lo sviluppo degli studenti e svolgono un ruolo importante per la qualità del loro apprendimento. Poco più tardi Lev Vygotskij nella sua opera Thought and Language (1934/1985) in cui propone la sua teoria dello sviluppo sociale, sottolinea quanto la relazione tra alunno e insegnante basata sull’affetto e sulla cura sia fondamentale per lo sviluppo cognitivo ma anche socio-emotivo dei bambini. Maurice Debesse, professore di psicologia dell’educazione all’Università di Strasburgo negli anni cinquanta, nel suo libro Le tappe dell’educazione (1954), in cui individua alcuni momenti topici dell’educazione degli adolescenti da cui si evince come sia stato influenzato dalla lettura dei testi di Dewey, della Montessori, di Vygotskij e di Claparéde (alcuni di questi li cita) evidenzia come l’alunno ami agire perché attraverso il suo agire manifesta la sua vitalità, la sua crescita e il suo adattamento all’ambiente, tuttavia necessita di cura e affettività, che, più naturalmente, riceverebbe all’interno del contesto familiare. Per natura, infatti l’alunno tende ad avere rapporti più intellettuali e collettivi a scuola e più intimi a casa (Debesse, 1954, p. 80). È vero, pure, che la scuola di oggi rischia di scivolare in proposte educative funzionali solo a valorizzare i comportamenti che producono maggior utile, deresponsabilizzando i ragazzi dal dovere di raggiungere scopi ben precisi e scegliere e acquisire valori morali per uno stile di vita adeguato. Una pratica insegnativa capace di mutuare questa funzione, che è più genitoriale e domestica, nel contesto classe, facendo attenzione a non generalizzare, ma ad applicare principi e metodi in modo non indiscriminato, ma attento ai caratteri e alle diverse personalità, e promotrice di uguaglianza ed equità, di buone abitudini individuali e sociali, può risultare fondamentale per recuperare la sua funzione educativa e morale. Attraverso questa riflessione, si vuole richiamare il modello educativo umanistico-democratico (individuale/sociale), promosso da Giovanni Maria Bertin (1968), all’indomani del periodo fascista, che assegnando un ruolo fondamentale all’educazione affettiva, che doveva essere promossa tanto dalla famiglia quanto dall’educatore a scuola, prevedeva una pratica didattica in grado di integrare il momento di apprendimento che metteva in moto uno sforzo fisico e mentale (lavoro) e il momento ludico, che rappresentava il momento piacevole (gioco), poiché quest’alternanza, indotta e influenzata dall’ambiente sociale, procurava alla personalità dell’educando ostacoli e difficoltà essenziali per il suo maturarsi e progredire (Bertin, 1968, pp. 61-63). Pratiche ludiche e pratiche che contemplano un impegno sia fisico che intellettuale, alternate in un gioco dialettico, attiverebbero qualità umane in grado di aiutare ogni soggetto a adattarsi alla realtà nel compimento di attività economiche e sociali che promuovono il progresso sociale (Liverano, 2022, pp. 54), per cui serve testimoniare responsabilità, libertà, rispetto, giustizia, solidarietà, fratellanza. Nella sostanza poteva risultare fondamentale abituare gli alunni ad avere una certa confidenza con l’impegno (che contemplava anche il fallimento e la sconfitta, perché affrontandoli, la pratica didattica si trasformava anche in formativa) senza dimenticare di destinare il tempo didattico anche a momenti ludico-ricreativi capaci di generare un coinvolgimento emozionale positivo. Oggi, a distanza, di più di mezzo secolo, ricerche di studiosi come Heckman & Kautz (2016), sullo sviluppo delle character skills, hanno testimoniato, come interventi educativi che integrano attività impegnative e momenti ludici, o attività impegnative ma interpretate ludicamente, accompagnati da una postura dei docenti pedagogicamente fondata, orientata alla promozione dell’affettività, del sostegno e della cura, quindi, di conseguenza anche attenta alla vita emotiva degli alunni, risultino, in questo senso, estremamente efficaci e credibili, soprattutto se avviati già dalla prima infanzia e prolungati fino all’adolescenza. Educare al ragionamento morale e sviluppare competenze del carattere e della personalità, dunque, sono processi fondamentali per dare la possibilità alle nuove generazioni di operare nella direzione di contribuire, con il proprio impegno, ad una idea di sviluppo sostenibile, fondata sulla capacitazione e sull’etica. Per una idea di socialità in cui tutti collaboriamo a generare relazioni significative, solidali e pacifiche (Goals n. 1, 5, 10, 11 e 16 dell’Agenda 2030; cfr. UN, 2015) e per una idea di istruzione in cui si cerca di ridurre i divari di conoscenza, le molteplici forme di discriminazione e si cerca di garantire una istruzione di qualità per tutti (Goals n. 4, 5 e 16 dell’Agenda 2030; cfr. UN, 2015), possedere competenze caratteriali in grado di produrre outcomes positivi in ogni ambito della vita di un individuo e aver sviluppato un ragionamento e un senso morale capace di direzionare l’uso di questo patrimonio spirituale verso comportamento e stili di vita civilmente responsabili, consapevoli e solidali rappresenta, perciò, una conditio sine qua non, che l’educazione nelle scuole, nelle famiglie e in ogni ambito della vita sociale, non può, più ormai disattendere, se si vuole riservare alle nuove generazioni un futuro degno di essere vissuto.

 

4. Educare ai valori e alle competenze del carattere per promuovere la sostenibilità

 

Con l’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, il concetto di sostenibilità diventa paradigma di riferimento e prospettiva di ricerca politico-economica, chiamato a modificare contesti organizzativi e professionali, contesti sociali, curriculi scolastici, con lo scopo di promuovere stili di vita, modalità di lavoro, processi formativi green (Vischi, 2017, p. 327), attraverso l’acquisizione di competenze trasversali e di sostenibilità. La sostenibilità, come paradigma, diventa pilastro dell’educazione permanente, attraverso un processo educativo continuo, che come evidenzia Festa (2012) deve avere lo scopo di generare una coscienza e consapevolezza ecologica, economica, civica, dialogica, antropologica.

Analizzare il concetto di sostenibilità nella sua complessità richiede conoscenza profonda, autorevolezza scientifica e un certo rigore metodologico che derivano da una competenza accademica, cioè dalla ricerca impegnata allo studio del concetto di sostenibilità, dalla qualità degli studi riconosciuti, da un approccio sempre interdisciplinare che alcuni studiosi hanno integrando diverse prospettive teoriche per comprendere la complessità del concetto, da un approccio critico e innovativo, esplorando nuovi modelli concettuali e di valutazione, nonché dalla capacità di presentare le prospettive teoriche in modo tale da essere facilmente trasferite nella prassi. Queste rappresentano le ragioni teoretiche per cui per spiegare il concetto di sostenibilità si farà ricorso, di seguito, a citazioni di alcuni studiosi italiani.

Investire pedagogicamente nel paradigma della sostenibilità come sostiene Isabella Loiodice (2018), quando in un suo saggio esamina la complessità e la globalità del termine “sostenibilità”, è dunque, fondamentale per ricercare un nuovo equilibrio tra uomo e contesto sociale, come possibilità di un futuro migliore per le nuove generazioni. A sostegno di questa prospettiva che dilata la complessità del termine “sostenibilità”, Sara Bornatici (2017) come Loiodice, la riferisce non solo alla dimensione ambientale ma anche a quella sociale, culturale, economica e istituzionale, che compongono il termine “sostenibilità, dimensioni che si caratterizzano per essere tutte interconnesse tra di loro e finalizzate alla promozione di società pacifiche e più inclusive per lo sviluppo sostenibile (Loiodice, 2018, p. 107). Esso richiama la formazione ad un nuovo umanesimo per imparare, come evidenzia Malavasi (2021) i concetti chiave di equità, sostenibilità e responsabilità nella loro declinazione sociale, economica, ambientale e istituzionale. Tale conoscenza va supportata dallo sviluppo di competenze di sostenibilità, attraverso situazioni di apprendimento che permettono all’alunno di confrontarsi con problematiche complesse e reali, attraverso stimoli che, come evidenzia Cornacchia, (2020) incentivano l’attitudine alla ricerca, lo sviluppo della dimensione etica, la gestione della complessità. In questo modo si offre la possibilità agli studenti di approcciarsi ad un argomento o a un problema, che riguarda modalità di pensare e di affrontare situazioni della vita quotidiana che come sostiene Wenger (1998) contribuiscono alla costruzione di sé. Sviluppare character skills come la coscienziosità o l’apertura mentale, virtù epistemiche come la comprensione o l’umiltà, valori morali come la tolleranza, la lealtà, la generosità, l’onestà, il rispetto, può favorire nel soggetto una maggiore disponibilità ad adottare uno stile di vita sostenibile, e nel rispetto di alcuni goals dell’Agenda 2030, a relazionarsi in modo significativo e autentico, a risolvere pacificamente tensioni con i propri simili, ad adottare comportamenti ed atteggiamenti responsabili (UN, 2015). Non a caso in diverse scuole italiane sono state già avviati progetti per lo sviluppo di nuovi valori e di character skills, come per esempio, quello descritto da Anna Maria Poggi (2021) per accompagnare le nuove generazioni a vivere il senso di cittadinanza in modo responsabile e promuovere la sostenibilità nelle relazioni sociali, attraverso stili di vita più accoglienti nei confronti delle diversità culturali o come in quello descritto da Previtali (2021) per cercare di trasformare gli ambienti di vita scolastica in contesti più sostenibili, capaci di migliorare le prospettive di successo formativo per gli alunni e valorizzare le loro diverse culture. Competenze come l’amicalità, la gradevolezza, l’apertura mentale, la coscienziosità, la collaborazione, la resilienza, l’ottimismo, l’approccio positivo alle difficoltà, l’autoefficacia, l’autodeterminazione, la speranza, la stabilità emotiva, l’estroversione, la motivazione, la proattività) (McCrae, 1991; Luthans et al., 2010; Chiosso et al., 2021) possono davvero rappresentare, la cassetta degli attrezzi in grado di aiutare i giovani ad accogliere le sfide del presente (Liverano, 2022, p. 55) e per adottare stili di vita più sostenibili e responsabili. Sul piano pratico l’educazione non deve scivolare nel vizio della deresponsabilizzazione, nella captatio benevolentiae che molti docenti adottano per occultare la loro incapacità professionale rispetto a istanze formative complesse, nel paradosso di proporre o stimolare interessi alternativi solo per distogliere i ragazzi dalla noia, ma può e deve presentare soluzioni didattiche in grado di catturare la loro attenzione e il loro coinvolgimento verso conoscenze, competenze e valori determinanti per essere collaboratori tanto efficaci quanto credibili nella costruzione di micro e macro società sostenibili, che nella prospettiva di valorizzare la cultura del dialogo e del confronto, si regge sull’idea di costruzione della conoscenza, che come sostiene Vygotskij (1981) diviene prodotto o effetto di una continua mediazione sociale che fa dell’esperienza un momento di apprendimento attivo ed estremamente redditizio dal punto di vista formativo (Dewey, 2014). Esiste, quindi, una relazione tra alcune competenze caratteriali e la capacità di contribuire alla costruzione di contesti sostenibili, in cui è determinante anche l’esplorazione anche di alcuni valori e di alcune virtù. Ciò che si impara dall’esperienza rimane nel proprio patrimonio di conoscenze come un abito formativo perché si tratta di una conoscenza che è legata ai vissuti. Ciò che si apprende dall’esperienza rappresenta un patrimonio cognitivo come risultato della risoluzione di un problema di una situazione, lo svolgimento di un compito nella sua vita quotidiana, o come evidenzia Batini (2013) come mediazione continua tra il soggetto che lo acquisisce e la realtà il quale potrà acquisire una dimensione di competitività sostenibile se i soggetti in possesso saranno in grado di trasferirlo nelle prassi quotidiane e sviluppare valore condiviso dimostrando competenza etica, responsabilità sociale solidale e ambientale. La dimensione del fare diventa fondamentale per generare giovani capaci e per discernere il valore morale della competenza che si sviluppa. Anche per tali ragioni, nel nostro sistema di istruzione, sono stati introdotti i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, d’ora in poi PCTO, i quali, in continuità all’Alternanza scuola-lavoro, così come definiti da Daniela Dato (2020) rappresentano uno valido strumento di apprendimento in situazione e una possibilità di promozione di una cultura dell’orientamento inteso come processo diacronico finalizzato alla costruzione delle carriere degli studenti. Introdotti con la legge di Bilancio del 2019, in linea con la Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi del 21 novembre 2008 a favore di una migliore integrazione dell’orientamento permanente nelle strategie del Lifelong learning (European Council, 2008), e con la Nuova Agenda di Competenze per l’Europa (New Skills Agenda for Europe) del 2016, emanata dalla Commissione europea, mirano alla costruzione e al potenziamento delle competenze trasversali di base, delle specifiche competenze orientative indispensabili per la valorizzazione della persona e della capacità di poter effettuare scelte consapevoli e appropriate lungo tutto l’arco della vita (MIUR, 2019, p. 7). Assumono, quindi, una dimensione orientativa con lo scopo di formare il soggetto alla scelta consapevole e responsabile e ad acquisire un abito mentale e una padronanza sociale ed emotiva (MIUR, 2019, p. 7) per essere in grado di fronteggiare le rapide trasformazioni sociali e tecnologiche.

Il modello formativo dei PCTO mira allo sviluppo di competenze trasversali attraverso esperienze di integrazione tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. L’acquisizione di tali conoscenze e competenze avviene attraverso un apprendimento situato che deriva da una esperienza diretta di conoscenza di un determinato compito o lavoro (Mezirow, 2016; Dewey, 2014; Raelin, 2008). I PCTO, in questo senso, per il fatto di adottare approcci didattici esperienziali, in contesti formali e non formali, in cui vi è una continua mediazione tra il soggetto che opera, con il contesto, con un compito ben preciso che si svolge in quel contesto, e adottando strategie che si sviluppano mentre si opera, favoriscono un saper fare e un destreggiarsi, che, man mano che migliora, evolve verso una dimensione capacitante (competenza) (Carletti, 2023) e rendono l’esperienza un momento significativo, generativo e trasformativo e, quindi, capacitante.

Formule e situazioni per il conseguimento di una cultura capacitante, come lo sono i PCTO, hanno l’obiettivo di preparare le nuove generazioni ad affrontare la competitività sostenibile, la complessità del mondo attuale, fornendo una formazione che, secondo quanto sostenuto da Teresa Grange (2018), mira a trasformare atteggiamenti e comportamenti verso la sostenibilità, cioè in piena coerenza con quanto richiede lo sviluppo sostenibile. Il PCTO, anche se nella maggior parte dei casi, risulta funzionale a coinvolgere i ragazzi in esperienze di collaborazione, riserva, spesso, situazioni formative personalizzate che favoriscono l’esplorazione di sé, per comprendere come si può gestire una difficoltà, l’approccio che si assume, facendo emergere tratti del carattere e della personalità (Carletti, 2023). Per la sua natura orientata alla multidisciplinarità il PCTO si presta ad esperienza su argomenti e tematiche svariate e, per il fatto di fondarsi sull’idea di ricercare una soluzione ad un problema o ad un compito pratico risulta, come suggeriscono Bortolotti et al. (2022) un insieme di esperienze sfidanti e ingaggianti, quindi spesso anche capace di stimolare la motivazione e il coinvolgimento dei ragazzi. Nondimeno rappresenta una strategia per la promozione di competenze lavorative, per facilitare la scelta di obiettivi educativi e professionali e per favorire l’inclusione di ragazzi che presentano disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento (Traina & Lascioli, 2022) e estremamente efficaci e utili anche nella capacità di valorizzare alunni vulnerabili e con disabilità. Come sostiene Amoia (2021) una didattica inclusiva, in grado far agire in stretta collaborazione alunni che non presentavano criticità con alunni tipici con alunni a-tipici, può agire per la promozione di competenze come l’ empatia reciproca che favorisce relazioni significative, competenze civiche che favoriscono il volontariato e la cittadinanza. In questo modo i PCTO funzionano nella direzione di assecondare le traiettorie formative e di apprendimento di ogni alunno attribuendo senso e significato al proprio progetto di vita. Ed è in questa direzione che si auspica, lo strumento dei PCTO, possa essere ulteriormente utilizzato, per facilitare un accompagnamento e una transizione verso una capacitazione di quei particolari studenti che, rispetto ad altri, si presentano più vulnerabili, meno autonomi e più difficilmente disponibili alla autoanalisi, conditio necessaria per tirar fuori il senso di autoefficacia, un atteggiamento positivo e la giusta motivazione, indispensabili per agire per apprendere. In questo senso, fondamentale è il ruolo di chi deve accompagnare i soggetti più vulnerabili in questo percorso, poiché hanno la grande responsabilità di agire entro un perimetro ben preciso di valori: atteggiamento di cura e accompagnamento, di ascolto, di accoglienza e di ospitalità, di dono e gratuità, valori prodigiosamente stimolanti la creatività e senza i quali diventa difficile escogitare le giuste situazioni formative per ogni studente fragile che, in quanto portatore di culture e di bisogni specifici, ha bisogno di vedersi riconosciuto come persona, nella sua unicità e irripetibilità e come soggetto con traiettorie di apprendimento uniche e personali e, come tali, originali. Apprendimento, che più di ogni altra cosa deve poter accrescere, in ogni studente, quel potere di autodirigersi e di divenire libero e autonomo.

Questi soggetti tutori offrono spunti di riflessione e lavoro pratico, per la maturazione della consapevolezza e della identità di ogni singolo studente, della loro crescita in termini di capacità di auto-orientarsi. Ed è proprio attraverso questo assetto che i PCTO dimostrano la loro flessibilità e la loro situazionalità perché divenire ed essere competenti significa confrontarsi con un mondo culturale variegato e in continuo cambiamento, in cui il conoscere, sostiene Cristina Birbes (2020) deve essere permeabile a tutti gli stimoli ambientali che la società offre. È questa, dunque, la direzione che ogni contesto formativo deve poter prendere per generare situazioni in grado di accogliere le istanze di soggetti portatori di culture differenti. Una scelta di responsabilizzazione orientata alla elaborazione di situazioni educative impegnative e nello stesso tempo gratificanti, in cui generare interesse verso qualcosa, in cui poter mettersi alla prova per sviluppare competenze ed in cui intessere un dibattito fondato su valori come la giustizia, la libertà, la lealtà, la solidarietà, la responsabilità, che nella direzione di rendere lo sviluppo sostenibile non più un traguardo ma una certezza per queste generazioni e per quelle future, rappresentano le risorse più autentiche e, forse, quelle più indispensabili.

 

5. Conclusioni

 

Il concetto di sviluppo sostenibile non si limita solo a descrivere i traguardi, gli obiettivi e gli strumenti per migliorare il pianeta dal punto di vista ambientale, ma abbraccia molteplici aree e tematiche verso una dimensione di crescita globale e trasversale. Una crescita globale che necessita di conoscenze disciplinari e un bagaglio di risorse intangibili composto da competenze del carattere, valori e virtù. Educare alla sostenibilità può corrispondere, nella dinamica dell’argomentazione trattata in questo contributo, a educare le nuove generazioni ad utilizzare le conoscenze e le competenze all’interno di un confine etico, l’unico entro il quale ogni nostra azione potrà essere definita, utile positiva e davvero efficace. Per i ragazzi che frequentano le scuole italiane, avere la possibilità di impegnarsi in percorsi clinico-operativi come i PCTO può essere davvero utile per comprendere, non solo il significato di sostenibilità nel proprio percorso di formazione, ma per sviluppare quella responsabilità nei confronti del mondo che serve per migliorarlo e per garantire alle future generazioni le medesime possibilità di uno sviluppo armonico e solidale.

Sviluppare competenze caratteriali come la coscienziosità, l’apertura mentale, l’amicalità, la gentilezza, la speranza è processo fondamentale per assicurare una opportunità formativa a vocazione orientativa, una formazione che orienta lo stile di chi l’acquisisce all’inclusione e alla sostenibilità, una formazione che favorisce la sensibilizzazione e la partecipazione attiva degli individui nel promuovere comportamenti sostenibili.

Virtù come l’unità, l’integrità, la perseveranza e la gratitudine svolgono un ruolo chiave nell’educazione allo sviluppo sostenibile. L’integrità orienta gli individui a adeguare le loro azioni ai loro valori, ad agire con onestà e fare scelte responsabili per il proprio benessere e per il benessere collettivo. La perseveranza insieme con la competenza della coscienziosità, è fondamentale per portare a termini azioni sostenibili a lungo termine; la gratitudine, invece, aiuta ogni individuo a riconoscere l’importanza della natura, valorizzarla e a fare in modo che possa essere preservata.

Dunque, sviluppare character skills ed esplorare in profondità la loro dimensione etica e morale, cioè far propria la responsabilità di come devono essere utilizzate, permette ad ogni soggetto di comprendere le conseguenze delle proprie azioni su di sé, sull’ambiente, nei contesti in cui vive e sulla società, e lo invoglia ad assumere stili di vita sostenibili. Preservare e proteggere la natura, prodigarsi per promuovere la giustizia sociale, operare per eliminare le disuguaglianze socio-economiche e ridurre le povertà educative, contribuire a costruire società pacifiche sono azioni di sviluppo sostenibile che, per essere concretizzate, necessitano di una sapienza critica, di una maturità morale e capacitante, di un ampio patrimonio di conoscenze, una spiritualità e una personalità orientate al bene, alla responsabilità, alla cura di sé e degli altri, alla testimonianza. Questioni che non possono prescindere né dall’educazione del carattere né dall’educazione ai valori. In definitiva, ciò che si vuole sostenere, nell’economia di questo contributo, è che possedere un arsenale di competenze, come la coscienziosità o la gentilezza, di virtù epistemiche come la fiducia o la comprensione (Minello, 2018) e di valori ispirati alla solidarietà, alla collaborazione, alla cura del mondo e dei propri simili, sembra possa significare avere in dote una predisposizione ontologica allo sviluppo sostenibile. Dunque, chi dispone di questa argomentazione pedagogica più facilmente si riconosce una inclinazione naturale alla sostenibilità.

Per queste ragioni, vi è un collegamento evidente tra sviluppo di competenze caratteriali, valori e virtù e orientamento del comportamento umano verso uno stile alla sostenibilità, tra formazione valoriale e capacitante e l’educazione alla sostenibilità, entrambi bussole che orientano e guidano l’azione di un soggetto verso comportamenti responsabili e sostenibili, e strumenti indispensabili per affrontare le sfide attuali e future legate all’ambiente, così da poter costruire un mondo più sostenibile e giusto.

 

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