Sul ‘manoscritto-base’ del Libro pastorale nominato Arcadio

Autori

  • Gianni Villani

Abstract

Il nesso che stringe i temi ora proposti a quelli trattati in precedente circostanza è connaturato. Le tracce di quanto accadde nella tipografia del Mayr, o nei più immediati pressi, non sono intanto unicamente quelle disseminate attraverso i diversi esemplari dellaprincepsdell’Arcadia; ma ulteriori elementi conoscitivi emergono da un confronto serrato tra i migliori manoscritti della ‘prima’ redazione da un lato (d’ora in avanti, se in modo breve,LP), e il testo edito nel marzo del 1504. Inoltre, la soluzione del problema di bibliografia testuale, connesso alla stampa del Mayr, rappresentava solo uno dei passaggi utili a sapere «come fare» una edizione, l’altro rimanendo quello appunto in esame. Procedere tramite un codice di base non significa però voler editare un documento, obliterando la rimanente tradizione presummontina, manoscritta e a stampa, o prescindendo da una chiara competenza stemmatica del manoscritto.

La sostanza degli esiti, in nulla qui adulterata con additivi del poi, era annunciata a suo tempo in sede di convegno; e il caso ha voluto lasciare, vedremo, una singolare prova di tale rapporto temporale. Dunque, come si cercherà di mostrare avanti, dei sedici manoscritti completi della ‘prima’Arcadia– cui si aggiunge la prima della serie di stampe inaugurata da Bernardino da Vercelli, giugno 1502, oltre le parziali sillogi di sole ecloghe – sono due quelli massimamente utili a confrontare il testo del 1504 con quello anteriore: e cioè il Vaticano Latino 3202 (VL) e il Vaticano Barberini Latino 3964 (VB), mentre è molto da ridimensionarsi, pur non rimanendo privo di valore editoriale, il ms. XIII G 37 della Biblioteca Nazionale di Napoli (N). Occorrono nondimeno pochi passià rebours, nella speranza di farne degli utili in avanti una volta ‘resettato’ il filo del discorso su limitati punti, mirati.

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Pubblicato

2015-01-22

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