Un paneretto d’insalatella in rime e in prose: il novelliere senese attribuito a Gentile Sermini

Autori

  • Monica Marchi

Abstract

Sebbene il testo sia molto interessante – linguisticamente e folcloristicamente prezioso, letterariamente ricco e complesso – per almeno due secoli, dal momento della sua “riscoperta” sino ai giorni nostri, esso è stato bistrattato, relegato ai margini della letteratura popolare o di imitazione boccaccesca e, infine, liquidato frettolosamente perché giudicato carente di interessi letterari o artistici. Uno dei suoi critici più intransigenti, Letterio Di Francia, giudica la raccolta «un libro disordinato, povero di vita, monotono nella scelta dei temi e nella rappresentazione dei personaggi, riboccante di oscenità e nello stesso tempo di inverosimiglianze, di esagerazioni, di lungaggini».

Le quaranta novelle hanno sofferto nel tempo di un atteggiamento idiosincratico da parte della critica che ha focalizzato la sua attenzione esclusivamente sugli aspetti più smaccatamente lascivi delle storie, e dietro a questo giudizio si è barricata per valutare, principalmente dal punto di vista morale, sia il testo che il suo autore. Così sempre Di Francia scrive che la «penna sciagurata » di Sermini non era in grado di mettere un po’ d’anima o di sentimento nei suoi personaggi, «nelle loro turpi azioni, non si trova mai altro movente, che non sia quello di un malsano egoismo, o dell’istinto perverso, o del pervertimento bestiale dei sensi».A partire dalla fine del Settecento, sino ai giorni nostri, una raccolta quattrocentesca di quaranta novelle, trentasei liriche e tre prose di altro genere è stata tramandata con il titolo di Novelle e attribuita al non meglio specificato senese Gentile Sermini.

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Pubblicato

2015-01-22

Fascicolo

Sezione

Articoli