Lettura di due prose liriche reboriane: Stralcio e Perdono

Autori

  • Matteo Giancotti Pensa MultiMedia Editore

Abstract

La questione filologica e cronologica relativa a un «volume di poesie-prosa » sulla guerra, progettato e mai ultimato da Clemente Rebora, è stata presentata e indagata nel modo più completo in un lavoro di Attilio Bettinzoli del 2002, dal quale ogni ulteriore ricognizione e ipotesi deve prendere le mosse: ad esso si rinvia per la definizione generale del problema. Problema se non vera e propria crux, a meno di un improbabile e cospicuo affioramento di nuove carte reboriane, la ricostruzione congetturale del progetto del libro deve fondarsi sui pochi ma estremamente significativi testi sparsi stampati tra il 1916 e il 1920 su riviste quali «La Brigata», «La Riviera Ligure», «La Tempra», «La Diana », «La Raccolta», «Rivista di Milano», e sui brani epistolari nei quali l’autore lascia filtrare notizie riguardanti il volume.

Il progetto fu concepito, elaborato e abbandonato «tra l’estate del 1916 e i primi mesi del 1917» (BETTINZOLI 2002, p. 63), anche se è probabile che i primi impulsi a scrivere per testimoniare l’orrenda realtà della guerra risalgano già al 1915 (è questo l’anno in cui Rebora, richiamato alle armi, combatte sul fronte goriziano e viene congedato per un grave trauma nervoso seguìto allo scoppio ravvicinato di un obice da 305, pochi giorni prima del Natale). Diceva infatti il poeta all’amica Lavinia Mazzucchetti in una lettera dalla zona di guerra datata 3 dicembre 1915: «Si vive e si muore come uno sputerebbe: i cadaveri insepolti, come una pratica non emarginata – il tutto in una esasperazione militaresca in débacle. Non so più scrivere né esprimere: saprò – non che voglia – quando canterò, perché non intendo morire».

##submission.downloads##

Pubblicato

2015-01-20

Fascicolo

Sezione

Articoli