«Quando in cospetto a l’aquila». Sul Medioevo carducciano

Autori

  • Mauro Moretti

Abstract

«V’imaginate il levar del sole nel primo giorno dell’anno Mille?». La citazione è in fondo scontata, ed il brano è notissimo; ma l’esordio dei discorsi Dello svolgimento della letteratura nazionale fissava con straordinaria efficacia alcune delle coordinate del complesso discorso carducciano attorno al medioevo – e sarebbe preferibile, del resto, usare al plurale la determinazione epocale, parlando, per Carducci, di diversi tempi, luoghi e volti del medioevo. Le profezie più antiche e più recenti, formulate queste in anni di «disperate ruine», non si erano compiute:

Mille, e non più mille – aveva, secondo la tradizione, detto Gesù: dopo mille anni, leggevasi nell’Apocalipsi, Satana sarà disciolto. Di fatto nelle nefandezze del secolo decimo, in quello sfracellarsi della monarchia e della società dei conquistatori nelle infinite unità feudali, in quell’abiettarsi ineffabile del ponteficato cristiano, in quelle scorrerie procellose di barbari nuovi ed orribili, non era egli lecito riconoscere i segni descritti dal veggente di Patmo?

Il sole, invece, si era ancora alzato sull’«Italia romana» mortificata e devastata dalle «idee degli ascetici» e dalla «violenza dei barbari» – e la terminologia carducciana è rivelatrice di contatti non occasionali, meditati, con uno dei grandi filoni di indagine storica e di rievocazione letteraria che caratterizzarono l’ottocentesca ricostruzione della légende des siècles europea –:

Il sole! V’è dunque ancora una patria? e v’è il mondo? E l’Italia distendeva le membra raggricciate dal gelo della notte, e toglieasi d’intorno al capo il velo dell’ascetismo per guardare all’oriente. Di fatti sin nei primi anni del secolo undecimo sentesi come un brulicare di vita ancor timida e occulta, che poi scoppierà in lampi e tuoni di pensieri e di opere: di qui veramente incomincia la storia del popolo italiano.

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Pubblicato

2015-01-15

Fascicolo

Sezione

Dialoghi