Third Sector Organisations and Cultural Sustainability: A Qualitative Research Study in the Tuscany Region

Enti del Terzo Settore e Sostenibilità Culturale: Una ricerca qualitativa nella Regione Toscana

Sofia Marconi
Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia; Università degli Studi di Firenze (Italy); sofia.marconi@unifi.it
https://orcid.org/0000-0002-0724-6922
Giovanna Del Gobbo
Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia; Università degli Studi di Firenze (Italy); giovanna.delgobbo@unifi.it
https://orcid.org/0000-0002-7159-6847
Cristina Banchi
Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia; Università degli Studi di Firenze (Italy); cristina.banchi@unifi.it
https://orcid.org/0009-0006-9960-8076
Elisa Desii
Dipartimento di Formazione, Lingue, Intercultura, Letterature e Psicologia; Università degli Studi di Firenze (Italy); elisa.desii@unifi.it
https://orcid.org/0009-0002-4816-4373

ABSTRACT

The role of third sector organisations in achieving the United Nations Sustainable Development Goals and promoting integrated sustainability processes is widely recognised in the literature. However, the academic debate still pays little attention to third sector organisations that are active in the field of cultural services, and promote sustainability in its cultural dimension in practise. This paper presents the results of a qualitative study conducted on the basis of interviews with seven cultural cooperatives in Tuscany that are committed to heritage enhancement, community engagement, and cultural welfare. The study, an exploratory phase of a broader research programme, made it possible to identify certain characteristics of cultural services that are significant from a sustainability perspective and meaningful in a context characterised by the emergence of new welfare paradigms. Using a hermeneutic approach, the research also brought to light the perceptions of the stakeholders involved in relation to the issue of cultural sustainability, and offered insights into an area still largely unexplored by educational research.

In letteratura è riconosciuto il ruolo degli Enti del Terzo Settore nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e nella promozione di processi di sostenibilità integrata. Tuttavia, il dibattito scientifico presta ancora scarsa attenzione alle organizzazioni del Terzo Settore che si occupano di servizi dedicati alla cultura e che, di fatto, promuovono la sostenibilità nella sua dimensione culturale. Il contributo presenta i risultati di una ricerca qualitativa condotta tramite interviste a sette cooperative culturali della Toscana, attive nella valorizzazione del patrimonio culturale, nell’attivazione comunitaria e nel welfare culturale. Lo studio, fase esplorativa di un programma di ricerca più ampio, ha consentito di rilevare alcune caratteristiche dei servizi culturali che assumono rilevanza in ottica di sostenibilità e significatività in un contesto segnato dall’emergere di nuovi paradigmi di welfare. L’indagine, seguendo un approccio ermeneutico, ha inoltre permesso di far emergere la percezione degli attori coinvolti rispetto al tema della sostenibilità culturale, offrendo spunti di riflessione in un ambito ancora poco esplorato dalla ricerca pedagogica.

KEYWORDS

Cultural Cooperatives, Cultural Sustainability, Cultural Welfare, Sustainable Development, Well-being

Cooperative Culturali, Sostenibilità Culturale, Welfare Culturale, Sviluppo Sostenibile, Benessere

AUTHORSHIP

Conceptualization (S. Marconi, G. Del Gobbo, C. Banchi); Investigation (S. Marconi, E. Desii); Methodology (S. Marconi, G. Del Gobbo, C. Banchi); Writing – original draft (S. Marconi, C. Banchi, E. Desii); Writing – review & editing (S. Marconi, G. Del Gobbo, E. Desii).

ACKNOWLEDGMENTS

We acknowledge co-funding from Next Generation EU, in the context of the National Recovery and Resilience Plan, M4C2 Investment 1.3: “PE_0000020, PE5, CHANGES, Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society, CUP: B53C22004010006”; “PE_0000015, PE8, Age-It – A novel public-private alliance to generate socioeconomic, biomedical and technological solutions for an inclusive Italian ageing society, CUP B83C22004800006”. This resource was co-financed by the Next Generation EU. The views and opinions expressed are only those of the authors and do not necessarily reflect those of the European Union or the European Commission. Neither the European Union nor the European Commission can be held responsible for them.

CONFLICTS OF INTEREST

The Authors declare no conflicts of interest.

RECEIVED

June 6, 2025

ACCEPTED

September 1, 2025

PUBLISHED

September 11, 2025

1. Introduzione

È ormai ampiamente evidenziato in letteratura come gli Enti del Terzo Settore che fanno parte della cosiddetta “Economia Sociale e Solidale” (ESS- Social and Solidarity Economy) (Salvatori, 2022), contribuiscano e possano avere un ruolo nella realizzazione e declinazione operativa degli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti dalle Nazioni Unite[1] (Mugnaini, 2024; Del Gobbo et al., 2023; UN, 2022; Krlev et al., 2021; Forum Nazionale del Terzo Settore, 2021; Johanisova, 2020; Balestri, 2018). Nonostante il crescente riconoscimento, nel dibattito accademico e, sempre più, in quello politico – locale, nazionale, sovranazionale –, del ruolo che questi organismi possono svolgere, non è sempre presente la consapevolezza tra gli “addetti ai lavori” del ruolo cruciale che viene loro attribuito (Balestri, 2018).

Le origini della individuazione del Terzo Settore come dispositivo che promuove la sostenibilità in una visione integrata, nella sua dimensione sociale, culturale, ambientale, economica, di governance, è riscontrabile nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Infatti, in tale documento è reso esplicito che l’obiettivo della sostenibilità non può essere perseguito solo dai governi degli Stati, ma anche e soprattutto dalla società civile e da ciascun membro di essa, che può contribuire alla realizzazione di un percorso trasformativo che modifichi le odierne rappresentazioni socio-culturali connesse sia ad un riduzionismo antropologico del concetto di essere umano – considerato come razionale, interessato esclusivamente alla cura dei propri interessi e separato dall’ambiente –, sia allo sviluppo come crescita economica illimitata. È ampiamente riconosciuto come le disuguaglianze, le crisi finanziarie ed economiche, l’inquinamento e i disastri ambientali, la disoccupazione, la perdita di comunità (Bauman, 2000) e del capitale sociale, di felicità, di valori e di senso siano alcune delle conseguenze di una visione “non sostenibile”, quanto ancora radicata nel mondo contemporaneo.

Tuttavia, già da alcuni decenni tali modelli di pensiero sono stati messi in discussione da paradigmi che sostengono il principio di uno “sviluppo umano sostenibile”, considerato come la possibilità per gli individui “di condurre una vita lunga, sana e creativa, di lavorare alla realizzazione di altri obiettivi a loro cari, e di partecipare attivamente alla promozione di uno sviluppo equo e sostenibile in un mondo condiviso” (UNPD, 2010, p. 3). Tale obiettivo si persegue sviluppando nella società principi, pratiche e valori che si basano sull’inclusività sociale, sull’attenzione all’ambiente, sulla partecipazione democratica alle scelte politiche (Sachs, 2015), ma anche sulla qualità delle relazioni sociali e, perciò, sulla coesione sociale. Questi principi stanno trovando sempre di più una concretizzazione e convergenza anche in nuovi modelli di Welfare che attribuiscono alla cultura ed al patrimonio culturale un inedito ruolo nella promozione della sostenibilità e del benessere.

2. Il ruolo della cultura per lo sviluppo sostenibile: Nuovi modelli di riferimento per la valorizzazione del Terzo Settore in ambito culturale

Gli Enti del Terzo Settore sono definibili come forme della società civile che, predisponendosi in forme organizzative di tipo privato (come cooperative, imprese sociali, mutue, associazioni senza scopo di lucro, fondazioni, gruppi di auto aiuto, movimenti o reti sociali) operano sia nell’economia formale che in quella informale (UN, 2022) e in una ampia gamma di settori, producendo beni o servizi e affiancandosi alle istituzioni pubbliche e al resto del mercato, con cui interagiscono per il perseguimento di obiettivi di tipo collettivo. L’economia sociale è caratterizzata da due componenti; comunità e solidarietà (Krlev et al., 2021) e quest’ultima è qui intesa come:

“the normative expectation of mutual support among the members of large anonymous groups […] who ought to share one another’s risks and burdens in order to secure the goals and cohesiveness of the group as a whole” (Genschel & Hemerijck, 2018, p. 2).

Tradizionalmente, le realtà del Terzo Settore si contraddistinguono per il pensare il proprio ruolo nella società attraverso un approccio sostenibile di produzione e consumo. Ad esempio, in letteratura viene evidenziato come le attività degli Enti del Terzo Settore nascano prioritariamente in risposta ai bisogni dei territori, rendendo accessibili prodotti e servizi anche a gruppi marginali o vulnerabili, con attenzione nel conciliare il bene comune con l’interesse privato (UN, 2022). Queste realtà sono tradizionalmente guidate da principi che orientano pratiche in grado di enfatizzare la centralità delle persone nei processi produttivi e, in tal senso, nella declinazione operativa, acquistano importanza forme di governance partecipativa, pratiche della reciprocità, della cooperazione volontaria e della destinazione dei profitti al conseguimento di obiettivi di sviluppo sostenibile (Del Gobbo et al., 2023; SEE, 2015).

Tutte queste caratteristiche contribuiscono a far sì che al Terzo Settore sia offerto un significativo riconoscimento per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e sia considerato funzionale al miglioramento del benessere delle comunità nei territori. Nonostante ciò, l’attenzione all’impatto sembra prioritariamente convergere sul sistema dei servizi in ambito socioeconomico o ambientale, mentre non si rilevano ad oggi, nel dibattito scientifico, riflessioni avanzate sul ruolo delle organizzazioni del Terzo Settore che si occupano di servizi dedicati alla cultura e che, di fatto, concorrono alla promozione della sostenibilità nella sua dimensione culturale.

Le ragioni di questa limitata attenzione possono essere anche ricondotte ad una concettualizzazione ancora in divenire della relazione tra patrimonio culturale (e relativa produzione, fruizione, salvaguardia) e sviluppo sostenibile. Certamente i costrutti di “sostenibilità” e di “cultura” sono decisamente molto ampi e polisemici, e probabilmente ciò concorre alla difficoltà di affermazione di teorie consolidate che consentano di concettualizzare la relazione tra questi due temi (Soini & Birkeland, 2014; Duxbury et al., 2012). Negli studi sulla sostenibilità, l’ambito culturale è stato spesso assimilato a quello sociale e raramente è stato considerato autonomo e separato (Järvelä, 2023; Soini & Birkeland, 2014). È evidenziata in letteratura anche la mancanza di un’esplicita e specifica riflessione sul significato e ruolo della cultura nell’Agenda 2030 (Bortolotto & Skounti, 2024).

La sostenibilità culturale rappresenta quindi un paradigma ancora relativamente nuovo che trova fondamento nelle teorie ecosistemiche (Millennium Ecosystem Assessment, 2005) e richiama ad una prospettiva di lettura dello sviluppo, in cui il maggiore o minore grado di benessere e qualità di vita, si basa anche sulla presenza e sulla possibilità di riproduzione dei servizi ecosistemici culturali, ovvero tutti quei servizi che in un ecosistema sono in grado di rispondere alle esigenze e ai bisogni immateriali delle comunità: dalla dimensione spirituale a quella ricreativa, dall’estetica all’educazione.

La sostenibilità culturale è pertanto legata allo sviluppo sostenibile (Wiktor-Mach, 2019). In origine, lo sviluppo sostenibile si basava su tre dimensioni: ecologica, economica e sociale. Negli ultimi anni, è cresciuto l’interesse per riconoscere la sostenibilità culturale come il “quarto pilastro” dello sviluppo sostenibile, un capitale (Bourdieu, 1980) che si affianca a quello economico, sociale ed ambientale e che costituisce una risorsa avente un particolare ruolo di mediazione per lo sviluppo umano e il benessere.

L’UNESCO, che dal 2002 aveva riconosciuto concettualmente il ruolo fondamentale della cultura nello sviluppo sostenibile con la Dichiarazione di Budapest, dal 2016 ha evidenziato e messo in risalto il tema della sostenibilità culturale attraverso l’elaborazione di un nuovo capitolo sui legami tra patrimonio culturale immateriale e sviluppo sostenibile, nell’ambito delle Operational Directives (OD) della Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale del 2003 (UNESCO ICH, 2016). Secondo l’UNESCO, la cultura offre una dimensione trasformativa essenziale per garantire la sostenibilità dei processi di sviluppo. La direttiva del 2016 ha fortemente riorientato le priorità politiche della Convenzione trasformando la categoria di patrimonio culturale come qualcosa di “fragile” e da preservare a motore e fattore abilitante lo sviluppo sostenibile (Smeets, 2024). Il documento ha consentito di inquadrare l’articolazione tra i due aspetti con l’obiettivo di guidare gli Stati firmatari proprio alla promozione dello sviluppo sostenibile attraverso la piena valorizzazione del patrimonio culturale immateriale.

Per operazionalizzare questi principi occorre siano individuate ed esplicitate specifiche “policies” per sostenere azioni volte a migliorare la fruizione e l’accessibilità del patrimonio, e finalizzate sia al suo riconoscimento, tutela e salvaguardia dinamica sia alla trasmissione tra generazioni e gruppi sociali dei sistemi sottostanti di conoscenze. Tali azioni, di fatto, possono attivare processi educativi rilevanti, ampliando le possibilità di apprendimento e di scelta degli individui e delle comunità, così come promuovere processi di innovazione (Pop et al., 2019; Del Gobbo et al. , 2018; Soini & Birkeland, 2014). A livello territoriale, la promozione e la tutela dei servizi culturali possono concorrere all’attivazione e al miglioramento della qualità del capitale umano e sociale locale e, perciò, contribuire al benessere comunitario (Atkinson et al., 2017) e allo sviluppo sostenibile.

È riconosciuto come la piena valorizzazione del patrimonio per lo sviluppo endogeno dei territori possa avere successo solo se le comunità locali si attivano, riconoscendosi in esso e diventando attori chiave del suo utilizzo e della sua valorizzazione (Auclair & Fairclough, 2015; Del Gobbo, 2011). Le azioni dei soggetti del Terzo Settore che si occupano di cultura possono contribuire all’attivazione delle comunità locali generando una ricchezza nell’ambito delle relazioni comunitarie, aumentando il senso di appartenenza e di identità collettiva, con impatto sulla creatività culturale e la tutela ambientale, culturale e paesaggistica[2] (UN, 2022; Soini & Birkeland, 2014). Per perseguire questi obiettivi, probabilmente risultare più efficaci quelle strutture organizzative in grado di garantire il benessere interno e favorire processi di trasformazione, sia per i propri lavoratori sia verso l’esterno, ad esempio attraverso adeguate politiche di welfare aziendale e attenzione al territorio.

In Italia, le realtà del Terzo Settore che si occupano di valorizzazione e salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale rappresentando una parte consistente del non profit. Nel 2022, le istituzioni non profit attive in ambito culturale erano 54.445, pari al 15,1% del totale, secondo i dati del Censimento Permanente delle Istituzioni Non Profit (ISTAT, 2024).

Nonostante la rilevanza del comparto, tra il 2020 e il 2022 si è registrato un calo del 5,5% nel numero di organizzazioni attive, scese da 57.615 a 54.445 (ISTAT, 2024; ISTAT, 2023). Tale flessione è riconducibile a diversi fattori, tra cui l’impatto della pandemia sulle attività in presenza, le trasformazioni legate alla Riforma del Terzo Settore e le crescenti difficoltà di sostenibilità economica, in particolare per le realtà locali più piccole. In controtendenza rispetto al lieve calo delle organizzazioni culturali, il settore mostra una crescita occupazionale e un progressivo processo di professionalizzazione: i dipendenti sono passati da 20.038 nel 2020 a 23.325 nel 2022 (+16,4%) (ISTAT, 2024).

La sostanziale stabilità dei numeri del Terzo Settore culturale negli ultimi anni sembra indicare una capacità di resilienza e un forte radicamento nei territori, elementi che meriterebbero un adeguato riconoscimento. Parallelamente, sarebbe necessario attribuire una rinnovata e più ampia rilevanza alla cultura e al patrimonio che queste organizzazioni contribuiscono a rendere accessibili e a tutelare.

In questa prospettiva di attribuzione di valore ai servizi culturali, un riferimento emergente può essere rappresentato dal paradigma del welfare culturale[3] che interpreta la cultura come elemento propulsore della sostenibilità nelle sue diverse dimensioni, ma anche del benessere e della salute di individui e comunità, permettendo così di conferirle un ruolo ampio nel perseguimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Nel dibattito accademico nazionale ed europeo, recenti evidenze scientifiche stanno aprendo interessanti scenari sui cross over culturali, ossia, sulla convergenza di riconoscimento del potenziale valore del patrimonio culturale in settori come quello della salute, della sostenibilità ambientale, della coesione sociale, dell’educazione e dello sviluppo tecnologico: tutte dimensioni presenti negli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Ciò significa che, come anche specificato dalla Convenzione UNESCO sulla Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale[4] (2003), il patrimonio culturale potrebbe assumere il ruolo di elemento trasversale (Seia et al., 2020) sempre più rilevante e potenzialmente integrato nelle politiche educative (Colazzo & Manfreda, 2019), sociali, sanitarie, ambientali ed economiche.

Affinché la cultura divenga effettivo motore di sostenibilità e benessere, nei nuovi modelli di Welfare Culturale è tuttavia evidenziato come sia necessario pensare a modelli organizzativi e pratiche che rendano le esperienze culturali continuative e inclusive del tessuto sociale in cui si sviluppano (Maino, 2023). Flessibilità, personalizzazione e multidimensionalità della co-programmazione e della co-produzione si configurano così come condizioni imprescindibili per promuovere forme di socializzazione e reciprocità, insieme all’adozione di modelli di governance aperti alla cittadinanza, in grado di favorire la partecipazione e far emergere bisogni e fragilità sociali (Manzoli & Paltrinieri, 2021). Il patrimonio culturale, sempre più interpretato secondo un paradigma inclusivo e incentrato sulla persona (Auclair & Fairclough, 2015) è quindi considerato come prodotto e promosso dai singoli cittadini, dai gruppi informali, dalle forme organizzate della società civile e non solo dalle istituzioni culturali.

Nei quadri concettuali delineati e in corso di consolidamento, si sottolinea nuovamente il ruolo dei soggetti del Terzo Settore in ambito culturale che possono fornire, anche in collaborazione con le pubbliche istituzioni, servizi culturali in risposta ai bisogni e ai cambiamenti sociali, e garantire l’attivazione delle reti territoriali, in un’ottica di sostenibilità, benessere e responsabilizzazione delle comunità.

3. Metodologia e obiettivi della ricerca

All’interno di questo quadro, il principale obiettivo della ricerca qualitativa[5] oggetto del presente contributo, è stato un affondo esplorativo con Enti del Terzo Settore appartenenti al sistema cooperativo per raccogliere elementi utili a comprendere il modo in cui le organizzazioni del Terzo Settore che operano nel settore culturale percepiscono e interpretano il loro potenziale ruolo. L’indagine condotta su sette cooperative culturali operanti nella Regione Toscana ha voluto principalmente comprendere i livelli di integrazione con il territorio e con le comunità di riferimento, le caratteristiche dei servizi offerti, la percezione del ruolo svolto per lo sviluppo locale sostenibile e le politiche di welfare aziendale adottate. Lo studio ha consentito di acquisire informazioni utili a comprendere se e come le attività culturali promosse possano essere interpretate come funzionali a perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile e le potenzialità espresse in un quadro coerente con i nuovi paradigmi di Welfare.

L’approccio ermeneutico adottato nella ricerca, andando oltre una finalità meramente osservativo-descrittiva, ha reso possibile la comprensione del sistema di significati, regole, norme e valori che, spesso in modo inconsapevole, orientano le attività quotidiane dei soggetti (Kvale & Brinkmann, 2009). Attraverso l’utilizzo di interviste semi-strutturate, è stato inoltre possibile far emergere la consapevolezza legata ai processi agiti e l’intenzionalità sottesa alle azioni compiute (Trinchero, 2002).

I dati raccolti, nella consapevolezza dei limiti dell’approccio di ricerca adottato, hanno offerto indicazioni per la messa a fuoco di un fenomeno non ancora sufficientemente indagato nella ricerca empirica.

I dati sono stati raccolti per le seguenti aree d’indagine:

  1. Descrizione del campione
    1. tipologia di servizi e attività culturali;
    2. profili professionali e formazione;
    3. competenze e bisogni di formazione;
    4. post-pensionamento e collaborazione di ex dipendenti.
  2. Dimensioni di ricerca core
    1. azioni a favore della sostenibilità (ambientale, economica, lavorativa, culturale, sociale);
    2. cooperazione e collaborazione;
    3. politiche di welfare aziendale[6].

La raccolta dati è stata effettuata, come accennato, tramite interviste semi-strutturate, condotte attraverso una traccia flessibile. L’indagine qualitativa è stata effettuata tra il mese di maggio e giugno 2024 a rappresentanti di cooperative culturali della Regione Toscana, che si occupano di attività di valorizzazione del patrimonio culturale, attivazione comunitaria e welfare culturale nei loro territori. A seguito dell’individuazione di aree/categorie di significato (thematic analysis), i dati sono stati analizzati nel mese di agosto e settembre 2024 attraverso il software Atlas-ti[7].

4. Descrizione del campione coinvolto

Il metodo utilizzato per la selezione delle cooperative è riconducibile a un campionamento non probabilistico di convenienza che ha previsto la selezione degli intervistati secondo i criteri di praticità e di preferenza. Infatti, i sette intervistati, appartenenti a differenti cooperative, sono stati individuati grazie alla collaborazione dell’Università degli Studi di Firenze con le due Centrali Cooperative presenti sul territorio regionale (Legacoop Toscana (settore CulTurMedia) e Confcooperative Toscana (settore Cultura, Turismo, Sport)), le quali hanno segnalato al gruppo di ricerca universitario alcune delle realtà culturali attive sul territorio e considerate più rappresentative per la ricerca.

Hanno partecipato alla ricerca presidenti/esse di cooperative, progettisti/e sociali e referenti dei servizi integrati per la cultura, il turismo culturale e la didattica.

4.1. Complessivamente, le cooperative coinvolte nella ricerca operano nel settore culturale prevalentemente sul territorio regionale e con attività di gestione, promozione, organizzazione, rigenerazione e progettazione culturale

Le principali aree geografiche di attività delle cooperative selezionate sono: Livorno e zone limitrofe; Follonica, Colline Metallifere, Val di Cornia, Colline dell’Albegna e Grossetano; Firenze e zone limitrofe; Arezzo e Area Aretina; Pisa e Grosseto; Pontremoli e territorio Lunigianese. Nella Tabella 1 sono esplicitati i servizi e le attività culturali proposti dalle cooperative intervistate.

Cooperativa

Tipo di attività svolta

Gestione e accoglienza

Attività di tipo didattico-educativo

Attività socioculturali e di rigenerazione urbana

Eventi culturali

Progettazione culturale

Formazione e consulenza

A

X

X

X

B

X

X

C

X

X

X

X

D

X

X

X

E

X

X

X

F

X

X

X

X

G

X

X

X

Tabella 1. Servizi e attività culturali proposti dalle cooperative intervistate.

4.2. Gli intervistati delle sette cooperative culturali hanno segnalato la presenza di diversi profili professionali, per lo più con una formazione umanistica, e bisogni formativi riguardanti l’apprendimento continuo e diversificato, riferito, ad esempio, anche alle dinamiche aziendali e gestionali

La maggior parte dei soci delle cooperative selezionate per l’indagine proviene da discipline umanistiche (Lauree in Beni Culturali, Archeologia, Arti dello Spettacolo, Scienze Sociali e Politiche, Filosofia, Letteratura). Si aggiungono anche alcuni casi di specializzazioni in Scienze del Turismo e la presenza di personale con Lauree in Ingegneria, Geologia, Scienze Ambientali e Architettura.

Secondo i soggetti coinvolti nella ricerca, le principali competenze richieste nel settore culturale attualmente riguardano: l’utilizzo degli strumenti digitali (2/7 cooperative); il lavoro di gruppo/in rete e interdisciplinare (4/7 cooperative); le competenze linguistiche (2/7 cooperative); l’aggiornamento normativo e la progettazione (3/7 cooperative); il problem solving (1/7 cooperative); le competenze relazionali (2/7 cooperative); le competenze comunicative (1/7 cooperative) e, infine, la conoscenza socio economica dei territori (1/7 cooperative).

4.3. Il ricambio generazionale è un elemento fondamentale nelle organizzazioni, per garantire la sostenibilità e la continuità dei servizi nei territori e per innovare le pratiche

La presenza sempre maggiore nelle organizzazioni italiane di over 50 potrebbe essere utilizzata come punto di forza e sostenibilità lavorativa negli Enti del Terzo Settore, ad esempio, per ciò che riguarda la trasmissione di saperi e il tutoring. La partecipazione attiva dei più anziani nella formazione e nell’aggiornamento delle competenze nelle organizzazioni promuove l’invecchiamento attivo, aiuta a colmare il divario generazionale e a preparare meglio i giovani alle sfide future. Le cooperative intervistate hanno complessivamente un personale giovane per cui, al momento, nessuno degli interlocutori ha pensato a forme di tutoring o di collaborazione post pensionamento da parte di ex dipendenti. Per tutti gli intervistati, il settore culturale è un ambito in cui le persone che vi operano sono altamente motivate e appassionate di ciò che fanno, e viene osservato che chi ha lavorato in tale settore, solitamente, rimane attivo in esso anche dopo essere andato in pensione. Si può quindi ipotizzare che la cultura possa essere considerata come un dispositivo che promuove l’invecchiamento attivo.

5. Discussione dei risultati della ricerca

Di seguito si analizzano i risultati derivanti dalla ricerca qualitativa svolta, approfondendo i principali temi core indagati nella ricerca: sostenibilità, reti territoriali e welfare aziendale. Gli argomenti presi in esame sono essenziali al fine di comprendere come le cooperative culturali del territorio operano e si orientano per un futuro sostenibile.

5.1. Sostenibilità

La sostenibilità è intesa come un elemento essenziale del proprio lavoro per tutti gli intervistati nella ricerca. Ciò significa che i presidenti delle cooperative e i referenti dei servizi sono ben consapevoli del proprio ruolo nel territorio e della loro responsabilità sociale.

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, alcuni intervistati (Cooperative E e G) hanno sottolineato che vi contribuiscono con le loro attività di gestione di parchi regionali, o attraverso la cura delle aree verdi in cui operano o hanno la sede: “abbiamo da gestire il parco che ci ha messo di fronte a problematiche di tipo ambientale. La gestione del traffico, la cura degli alberi e del convento” (Cooperativa E). Due delle cooperative intervistate (E, F) hanno promosso eventi di educazione ambientale rivolti alla cittadinanza e/o a target specifici: “facciamo un laboratorio incentrato sull’attività delle api [...] conoscono il miele, fanno attività manuale, e assaggiano il miele [...]. È una forma di educazione” (Cooperativa F). Tutti gli intervistati hanno sottolineato l’impegno della loro realtà organizzativa nello svolgere la raccolta differenziata in ufficio e nell’utilizzo parsimonioso di carta ed energia.

Da un punto di vista economico, la sostenibilità è interpretata dagli intervistati come l’ideazione di progetti sostenibili da un punto di vista dei costi-ricavi, e come il rispetto delle attività progettuali proposte al momento dei bandi di gara. Inoltre, tutti gli intervistati hanno sottolineato la necessità di pensare a contratti regolari e continuativi per i propri soci/dipendenti, in particolar modo per i giovani, così come di investire sulla qualità del lavoro attraverso, ad esempio, la flessibilità ed il bilanciamento con la vita privata. Nella realtà lavorativa del Terzo Settore in Italia tali aspetti non sono sempre presenti, motivo per il quale per gli intervistati è stato importante sottolinearne la presenza nella loro realtà organizzativa.

Una cooperativa (B) ha specificato che la sua scelta di rimanere una realtà di piccole dimensioni è dovuta al desiderio di assolvere alla cura del personale e dei servizi attivati:

“Noi abbiamo fatto una scelta molto chiara ed è che tutte le attività che svolgiamo, in particolare quelle culturali – perché sappiamo che la cultura, spesso, fa fatica ad essere sostenibile – non si fanno se non c’è la possibilità di retribuire come si deve e rispettare il contratto […]. Siamo rimasti una cooperativa piccola, non andiamo negli appalti [grandi] [...], dove poi magari per starci dentro bisogna eliminare un presidio”.

Da un punto di vista della sostenibilità sociale, nel corso delle interviste è emersa la volontà delle realtà cooperative di rispettare le progettualità proposte e la qualità dei servizi, così come di dedicare il proprio lavoro ai soggetti più svantaggiati, rispondendo così ai bisogni sociali dei territori. La presenza di un catalogo di turismo cooperativo, in una delle associazioni di categoria che ha contribuito alla ricerca, è stato considerato da una cooperativa (F) un buon indicatore di sostenibilità sociale, dal momento che in esso è presente una offerta turistico-culturale prodotta dalle cooperative per i propri dipendenti, e dove viene quindi valorizzato il contributo che tali organizzazioni danno al tessuto sociale e culturale dei luoghi.

Infine, la sostenibilità culturale per alcuni degli intervistati è principalmente connessa alla formulazione di un’offerta culturale attenta alle esigenze del pubblico, per cui l’intento è quello di: “cercare di raggiungere un pubblico più ampio possibile, perché altrimenti si rischia di continuare sempre in una accezione della cultura come qualcosa di elitario, e questo non è giusto” (Cooperativa A). Inoltre, sul tema della sostenibilità culturale, un’interlocutrice ha evidenziato l’importanza di organizzare momenti di apertura gratuita al pubblico dei siti culturali gestiti, al fine di rendere la partecipazione culturale più diffusa e accessibile a tutti:

“Cerchiamo di realizzare offerte che siano anche attente alle esigenze del pubblico, per esempio, alle volte ci sono delle giornate di apertura gratuita delle realtà museali…allora noi organizziamo attività per rendere per il pubblico più sostenibile possibile la partecipazione” (Cooperativa C).

Complessivamente, dalle interviste è emersa una scarsa attenzione alla dimensione culturale della sostenibilità, a conferma di quanto già evidenziato nell’introduzione dell’articolo. Questa limitata consapevolezza rispetto ai molteplici effetti delle attività culturali sui territori rischia di relegare in secondo piano gli impatti intangibili e informali generati dall’operato delle cooperative culturali, insieme alle loro potenziali ricadute sulla sostenibilità nella sua componente culturale. Infatti, come già esplicitato, le pratiche e i servizi culturali, in una prospettiva di sostenibilità culturale, possono assumere ruoli rilevanti sul piano educativo, sociale e politico. Da un lato, la cultura e il patrimonio si configurano come strumenti critici e riflessivi capaci di favorire processi di apprendimento informale, negoziazione di valori, identità e visioni di futuro, promuovendo al contempo identità, benessere, equità intergenerazionale, empowerment e innovazione. Dall’altro, sul piano politico, la cultura e il patrimonio possono potenzialmente agire come agenti trasformativi, contribuendo a ridefinire le modalità con cui si formano le opinioni e si assumono decisioni pubbliche, influenzando aspetti valoriali e identitari alla base di pratiche legate alla gestione del patrimonio, al turismo, alla rigenerazione territoriale e alla promozione della qualità della vita.

Le informazioni raccolte nell’area di indagine “Sostenibilità” dimostrano che le realtà intervistate, nonostante si differenziano su alcuni specifici aspetti, hanno consapevolezza del loro ruolo nella promozione della sostenibilità ambientale, economico-lavorativa e sociale. A tal proposito, due intervistati delle cooperative A e G, hanno fatto riferimento a degli strumenti che utilizzano per misurare il loro livello di sostenibilità: la Carta Europea del Turismo Sostenibile e lo sviluppo di uno specifico marchio che si pone come obiettivo la misurazione di livelli di sostenibilità dei luoghi e degli enti.

5.2. Cooperazione e collaborazione

Invece, sul tema della cooperazione e collaborazione con le realtà del territorio e con l’ente pubblico, le informazioni e le opinioni degli intervistati, il più delle volte, convergono.

Tutte le cooperative hanno attivi progetti in cui lavorano in rete. Le relazioni pubbliche assorbono molto tempo lavorativo e i processi delle organizzazioni che conducono a progettualità comuni con impatto sul territorio sono di medio-lungo periodo. Per gli intervistati, mantenere una cultura di rete è impegnativo e faticoso. A tal proposito, la Cooperativa B, che fa parte di un network di associazioni culturali, sottolinea “la fatica, a volte, di andare agli incontri, di gestirli e di esserne parte; di fare dei bandi tutti insieme…[...] è un lavoro faticoso, ma è l’unico lavoro che ‘paga’ poi dopo”. Infatti, la promozione delle relazioni è per tutti gli interlocutori un “investimento” necessario a creare alleanze strategiche che favoriscono la condivisione di risorse, informazioni e opportunità. La rete genera ricavo e coincide con l’essere sostenibili economicamente motivo per il quale, molto spesso, le realtà intervistate hanno rapporti di collaborazione anche con i propri competitor sul mercato.

L’interdisciplinarietà che in alcuni casi caratterizza questi rapporti di collaborazione, inoltre, risulterebbe essere strategica per generare un beneficio più puntuale nella comunità di riferimento così come per favorire lo sviluppo umano sostenibile (UNPD, 2010), la cui definizione è stata anticipata nell’introduzione del lavoro. Le tipologie di reti descritte dagli intervistati sono sia formali che informali. Esse: “aiutano a mettere insieme più professionalità e a cambiare i nostri itinerari” (Cooperativa F). Alcuni degli attori che sono stati citati nelle interviste sono scuole e nidi, agenzie turistiche, associazioni, cooperative, fondazioni, imprese, amministrazioni pubbliche, università, consorzi, D.M.O.

Comuni criticità sono emerse nella collaborazione con l’ente pubblico; è infatti stato sottolineato come la realtà cooperativa stia crescendo ad una velocità molto differente rispetto alle realtà amministrative che gestiscono i territori:

“Lavorare con gli enti pubblici è incredibilmente faticoso perché, ovviamente, i tempi e i modi degli enti pubblici sono difficili da coordinare con le necessità, con i tempi e con le modalità di lavoro di una realtà privata e di una cooperativa di lavoro” (Cooperativa G).

Laddove l’ente o il rappresentante pubblico è competente e partecipe, le reti formali ed informali vengono promosse e ciò porta al dinamismo nei territori. Laddove, invece, l’ente locale e i suoi dipendenti non possiedono competenze di tipo collaborativo e progettuale, allora il rapporto diventa difficile e asimmetrico. Le realtà cooperative intervistate hanno sottolineato che il rapporto impari secondo il quale l’ente pubblico è un committente e il Terzo Settore è l’“esecutore” non è più accettabile e funzionante. Si avverte perciò l’urgenza di andare verso un rapporto più paritario, di collaborazione e co-progettazione, non più di semplice affidamento dei servizi.

5.3. Welfare aziendale

Da un punto di vista del Welfare aziendale, tutte le cooperative propongono una polizza sanitaria. Alcuni, in aggiunta ad essa, prevedono dei servizi di benefit che vengono offerti attraverso applicazioni, così come delle convenzioni per alcune visite mediche specialistiche sul territorio. Una realtà intervistata (Cooperativa G) si è attivata per prevedere una polizza per il trattamento di fine rapporto:

“Abbiamo una polizza TFR, che sembra una banalità ma non lo è […] nasce con l’idea che quando andremo in pensione o c’è un cambio di vita di qualche nostro collaboratore gli potremo, in tempi brevi, poter dare il TFR”.

Un’altra cooperativa (Cooperativa E), invece, prevede un sistema di premialità rispetto alla produttività, che viene deciso dal Consiglio d’Amministrazione dell’organizzazione. Infine, una cooperativa (A) possiede una certificazione di genere e una certificazione etica.

Quasi tutte le realtà prevedono periodici momenti di convivialità e di team building con i propri soci così come una formazione continua attraverso sia attività formali che informali. In alcuni casi, sono previste visite di gruppo ai luoghi della cultura così come la presenza di prezzi agevolati per fruire dei beni culturali perché: “ci crediamo al fatto che la cultura possa davvero essere un elemento di coesione e di welfare” (Cooperativa A). Infine, alcune delle realtà intervistate propongono ai propri soci buoni spesa o aiuti economici per la gestione personale-familiare (es.: babysitting, pulizie). Tutte, quindi, possiedono un Welfare “di base” e sostanzialmente tradizionale, connesso con l’integrazione sanitaria, la flessibilità lavorativa, la formazione continua e il team building, anche attraverso la fruizione culturale.

6. Potenziali Bias della Ricerca

Il campione ristretto di sette cooperative selezionate grazie al contatto diretto con le principali Centrali Cooperative della Regione Toscana potrebbe non essere né rappresentativo dell’intera popolazione delle cooperative culturali né generalizzabile, a causa della presenza di peculiarità locali e settoriali. Inoltre, nella ricerca potrebbe essere presente un potenziale bias di conferma per cui, i ricercatori, cercano prevalentemente le informazioni che supportano le loro convinzioni preesistenti, trascurando dati contrari. Per contenere questo bias, sono stati scelti accuratamente termini neutri da utilizzare nelle domande poste durante le interviste. Infine, si registra un ultimo potenziale bias di tipo temporale per cui il breve periodo nel quale si è effettuata la raccolta dei dati potrebbe non riflettere le variazioni stagionali o gli impatti di eventi esterni sulle attività delle cooperative intervistate.

7. Conclusioni

Grazie alla presente ricerca si è potuto riscontrare che è necessario dare maggior peso nella ricerca sociale e educativa agli effetti che le progettualità del Terzo Settore in ambito culturale hanno sulla sfera della sostenibilità culturale e del benessere comunitario. La restituzione dei dati emersi dalla ricerca qualitativa ai presidenti delle due Centrali Cooperative della Regione Toscana ha evidenziato un concreto interesse per il tema trattato, oltre alla consapevolezza della necessità di sviluppare competenze specifiche per i professionisti della cultura, al fine di operare in un’ottica di sostenibilità e benessere. La ricerca ha anche rilevato la necessità di attenzionare le modalità e le caratteristiche della collaborazione multi-attore che possono favorire o sfavorire i processi di benessere e welfare culturale e comunitario nei territori. Infine, dai dati emersi dalle interviste risulta che, ad oggi, la tematica del welfare aziendale non è particolarmente considerata dalle realtà coinvolte nella ricerca. Di conseguenza, il benessere dei lavoratori sembrerebbe derivare in modo implicito dalla natura stessa delle attività culturali svolte e dai contenuti del lavoro. In alcuni casi, infatti, l’impegno nel settore culturale prosegue anche dopo il pensionamento, delineando un contesto che favorisce processi di invecchiamento attivo. In definitiva, mettere in discussione e interrogare la natura del patrimonio culturale e le conseguenze che esso ha sulle pratiche e sulle esperienze vissute dalle persone è sempre più rilevante per rispondere alle sfide contemporanee connesse con le crisi sociali, economiche e spirituali-valoriali della contemporaneità.

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  1. Tanto che l’Assemblea Generale della suddetta organizzazione internazionale ha dichiarato il 2025 l’anno internazionale delle cooperative (IYC2025), celebrato con il tema “le cooperative costruiscono un mondo migliore”, e ha invitato gli Stati membri ad istituire comitati nazionali per coordinare e preparare le attività dell’IYC2025. Gli obiettivi principali dell’IYC25 vanno nella direzione della: 1) sensibilizzazione dei governi, istituzioni e agenzie; 2) promozione del ruolo delle cooperative per la consapevolezza pubblica e lo sviluppo di nuovi leader.

  2. In questo quadro occorre considerare come possano incidere le connessioni tra i sistemi sociali e culturali che caratterizzano l’operare degli Enti del Terzo Settore ed il sistema ecologico, sociale, architettonico e paesaggistico con cui tali realtà interagiscono. Infatti, le pratiche dei gruppi nascono in dialogo con la componente ambientale e socio-culturale. Attraverso un processo di significazione dell’ambiente di cui si fa parte, viene data vita a differenti espressioni culturali che lo caratterizzano (Ingold & Palsson, 2013), definendo così uno specifico senso del luogo (Feld & Basso, 1996) e generando senso di responsabilità e di appartenenza nelle comunità. Gli Enti del Terzo Settore dovrebbero quindi prendere in considerazione tutte le variabili di un territorio per esprimere pienamente le potenzialità di attivazione e trasformazione a livello locale

  3. Definito come: “un modello integrato di promozione del benessere e della salute degli individui e delle comunità, attraverso pratiche fondate sulle arti visive, performative e sul patrimonio culturale” (Cicerchia, Rossi Ghirlone & Seia, 2020)

  4. E dall’adozione in essa dei Principi Etici nel 2015, delle integrazioni delle OD nel 2016 e del Quadro generale dei risultati per la Convenzione nel 2018

  5. La ricerca qualitativa si inserisce in due programmi di ricerca: 1) CHANGES. Cultural Heritage Active Innovation for Sustainable Society 2) AGE-IT. A novel public-private alliance to generate socioeconomic,biomedical and technological solutions for an inclusive italian ageing society; aventi come focus: 1) i processi di attivazione di comunità per il turismo sostenibile e 2) l’invecchiamento attivo e la transizione lavoro-pensione. L’indagine qui presentata ha offerto l’opportunità per un approfondimento su un tema rispetto al quale si è evidenziata una convergenza durante i due progetti di ricerca

  6. Se la dimensione culturale contribuisce al benessere della comunità, si è ritenuto potesse essere particolarmente interessante analizzare i processi organizzativi interni al settore culturale che promuovono il benessere dei lavoratori e che possono incentivare pratiche lavorative innovative, con ricadute positive sui territori in termini, ad esempio, di efficacia degli interventi e dei servizi culturali

  7. Scelto per la sua efficacia nella gestione e visualizzazione della codifica qualitativa. Il software è stato utilizzato per caricare e gestire le trascrizioni testuali delle interviste e identificare codici e categorie per una lettura ermeneutica dei dati, in coerenza con l’approccio interpretativo adottato