Digital Barriers to the Rights and Education of Unaccompanied Foreign Minors (UFM): The Case of the Numeric and Alphanumeric Tax Code Assignment

 

Barriere digitali ai diritti e all’istruzione dell’UFM: il caso della determinazione del codice fiscale numerico e alfanumerico

 

Vincenzo Salerno

Dipartimento di Pedagogia, Istituto Universitario Salesiano di Venezia (Italy) – v.salerno@iusve.it

 

ABSTRACT

The digitalisation of public services, while promising efficiency and accessibility, can generate new forms of exclusion for the most vulnerable groups. This qualitative research explores the impact of a numeric rather than alphanumeric tax code, algorithmically assigned to some Unaccompanied Foreign Minors (UFM), which results in discrimination in access to fundamental rights such as education, healthcare, and vocational training. The investigation was carried out in 2024 within an educational community in northern Italy and was validated through comparison with five other communities in the same region. It involved 28 professionals through narrative interviews, complemented by document analysis of around 50 email exchanges between the community and institutional bodies. The results show that the numeric tax code, although formally valid, is not recognised by numerous IT systems, making it impossible for minors to access essential services. This technical-administrative malfunction constitutes a structural form of digital discrimination. The research highlights the need for effective human oversight in automated processes and proposes practical solutions to humanise digital systems, ensuring equity and real inclusion within the reception system for UFMs.

 

La digitalizzazione dei servizi pubblici, pur promettendo efficienza e accessibilità, può generare nuove forme di esclusione per le categorie più vulnerabili. Questa ricerca qualitativa esplora l’impatto del codice fiscale numerico, anziché alfanumerico, attribuito algoritmicamente ad alcuni Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA), che genera discriminazione rispetto all’accesso a diritti fondamentali come istruzione, sanità e formazione professionale. L’indagine è stata condotta nel 2024 in una comunità educativa del nord Italia e validata dal confronto con altre 5 comunità del nord Italia. Ha coinvolto 28 operatori attraverso interviste narrative, integrate con l’analisi documentale di circa 50 scambi e-mail tra la comunità ed enti istituzionali. I risultati evidenziano come il codice numerico, pur formalmente valido, non sia riconosciuto da numerosi sistemi informatici, determinando l’impossibilità per i minori di accedere ai servizi essenziali. Questo malfunzionamento tecnico-amministrativo si configura come una forma strutturale di discriminazione digitale. La ricerca mette in luce la necessità di un controllo umano efficace nei processi automatizzati e propone soluzioni operative per umanizzare i sistemi digitali, garantendo equità e inclusione reale nel sistema di accoglienza dei MSNA.

 

KEYWORDS

Unaccompanied Foreign Minors, Numeric Tax Code, Digital Exclusion, Access to Rights, Education and Technology

Minori stranieri non accompagnati, Codice fiscale numerico, Esclusione digitale, Accesso ai diritti, Educazione e tecnologia

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Author declares no conflicts of interest.

 

ACKNOWLEDGMENTS

The Author would like to acknowledge the Korean Association for Multicultural Education (KAME), which awarded a pre-print of this paper with the Outstanding Paper Award at the 2025 KAME International Conference (Seoul, May 30‍–‍31, 2025, National Institute for International Education – NIIED, South Korea). The award of the monetary prize does not interfere with the Author’s choice of a publication outlet.

 


SUBMITTED

March 28, 2025

 

ACCEPTED

April 25, 2025

 

PUBLISHED

April 30, 2025


1. Introduzione

 

La digitalizzazione e l’uso crescente delle tecnologie nei servizi alla persona stanno cambiando in modo profondo il nostro modo di vivere e di relazionarci con il mondo. Non si tratta solo di nuovi strumenti, ma di una trasformazione che coinvolge il pensiero, le relazioni e le capacità operative delle persone. Come sostiene Lévy (1997), le tecnologie digitali favoriscono un’intelligenza collettiva: connettono le persone, permettono di condividere conoscenze e collaborare in modo nuovo, contribuendo a ridisegnare la società stessa. Questo cambiamento si riflette anche nei servizi educativi e assistenziali. Secondo Dumouchel e Damiano (2019), l’intelligenza artificiale e l’automazione stanno rivoluzionando sanità, scuola e welfare, ma pongono domande importanti sul valore del contatto umano e sulla qualità delle relazioni. Le tecnologie stanno velocizzando i processi, migliorando l’efficienza, ma – come evidenziato anche da Caperna et al. (2013) – stanno anche modificando il modo in cui apprendiamo, comunichiamo e ci prendiamo cura degli altri. Di fronte a queste trasformazioni, serve uno sguardo critico. Come ricorda Nida-Rümelin (2018), l’innovazione deve mettere al centro la persona, mentre Floridi (2022) insiste sull’importanza di un’etica della digitalizzazione. Anche nel campo educativo, le tecnologie non bastano da sole. Come sostiene Fasoli (2020), servono figure educative capaci di abitare i contesti digitali in modo consapevole, coniugando competenze tecnologiche e sensibilità umana. Negli ultimi anni, la digitalizzazione ha semplificato molte pratiche anche nei servizi pubblici: dalla sanità all’istruzione, fino all’accesso al lavoro. Tuttavia, come osservato da Salerno (2022), non possiamo ignorare le nuove forme di esclusione che questa trasformazione porta con sé, soprattutto per le persone più fragili. Come evidenziato da Betts e Collier (2017), criteri informatici troppo rigidi e poco flessibili rischiano di diventare barriere invisibili. Bhabha (2014) sostiene che è proprio in questi automatismi apparentemente oggettivi che si nasconde il rischio di discriminazione. In teoria, i sistemi digitali sembrano capaci di garantire e facilitare l’integrazione delle persone, ma nella pratica si verificano spesso casi di discriminazione dei soggetti più vulnerabili, in particolare delle persone anziane, disabili e migranti. La letteratura scientifica e le Agende internazionali pongono l’accento sulla discriminazione digitale causata dall’incompetenza digitale delle categorie più fragili, e indicando possibili soluzioni legate all’apprendimento e ai processi di transizione digitale (Campedelli & Vesan, 2023).

Esiste tuttavia un’altra forma di discriminazione digitale, che non sembra ancora rilevante nella ricerca educativa: riguarda la discriminazione causata dai processi algoritmici stessi (Maccabiani, 2023; Colapietro, 2023). Il rischio di questa discriminazione investe emblematicamente anche i Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA). Un esempio non irrilevante in cui si verifica il rischio di questo tipo di discriminazione digitale è quello del processo di produzione algoritmica dei codici fiscali numerici, anziché alfanumerici. Sappiamo che scuola, sanità e formazione sono diritti fondamentali garantiti all’infanzia e all’adolescenza (Salerno, 2024). Il codice fiscale numerico, a differenza di quello alfanumerico, non permette ai MSNA, che ne vengono in possesso, di accedere a scuola, sanità e formazione, realizzando il rischio di autentica discriminazione digitale.

 

2. Obiettivi e scopo

 

Questa ricerca nasce dal bisogno urgente di comprendere come le dinamiche amministrative e digitali possano ostacolare, anziché facilitare, il percorso di accoglienza e integrazione dei MSNA all’interno del sistema educativo, sanitario e lavorativo italiano (Cappa, 2009; Betts & Collier, 2017). In un contesto in cui la digitalizzazione promette efficienza e trasparenza, è fondamentale interrogarsi su cosa accade quando questi strumenti, se non adeguatamente controllati, si trasformano in barriere che limitano l’accesso ai diritti fondamentali (Oddenino, 2020).

Come messo in luce da Bergé (2022), le difficoltà che i MSNA incontrano non dipendono solo da ostacoli linguistici o culturali, ma spesso da un sistema amministrativo rigido, incapace di adattarsi alle loro specificità. Procedure standardizzate e automatizzate, pensate per semplificare, finiscono per escludere chi non rientra nei parametri previsti. In linea con il pensiero di Ranchordás e van’t Schip (2020), la digitalizzazione dei servizi pubblici, se priva di un controllo umano attento, rischia di amplificare le disuguaglianze anziché colmarle.

In questo scenario, la ricerca si inserisce nel più ampio dibattito sulla cybercultura e sul ruolo della tecnologia nella creazione di spazi di inclusione o di esclusione (Floridi, 2022). Il nostro obiettivo è mettere in evidenza la distanza che esiste, troppo spesso, tra le intenzioni delle politiche di accoglienza e la loro reale applicazione. Come dimostrano casi concreti, anche operazioni burocratiche apparentemente semplici – come l’assegnazione del codice fiscale o l’iscrizione a scuola o al servizio sanitario – possono diventare ostacoli insormontabili per i minori più vulnerabili (Baum, 2020; Pavesi & Valtolina, 2020).

In linea con il pensiero di Rodotà (2021), ci si chiede allora quale sia il ruolo della supervisione umana nel processo burocratico algoritmico: come possiamo garantire che la tecnologia venga usata in modo inclusivo, evitando che si trasformi in uno strumento di esclusione? quali margini di intervento restano agli operatori, ai funzionari, agli educatori, per correggere gli effetti disumanizzanti di un sistema troppo automatizzato?

Seguendo la riflessione di Coglianese e Lehr (2017), questa ricerca esplora proprio il rapporto tra supervisione umana e strumenti digitali nei percorsi di accoglienza, proponendo soluzioni operative che rendano i processi più accessibili, flessibili e umani. L’intento non è solo analizzare le criticità, ma offrire strumenti concreti per migliorare la qualità dell’accoglienza e dell’integrazione.

Alla base di questo lavoro c’è una motivazione etica e sociale profonda: garantire che i principi di equità e inclusione non restino parole astratte, ma diventino realtà tangibile nella vita dei minori stranieri non accompagnati. In linea con una visione umanocentrica della tecnologia, il vero cambiamento passa dall’ascolto delle esperienze quotidiane dei ragazzi e degli operatori, e dalla volontà di costruire un sistema che non lasci indietro effettivamente nessuno.

 

3. Metodo di ricerca

 

Questa ricerca adotta un approccio qualitativo per indagare le difficoltà incontrate dai Minori Stranieri Non Accompagnati (MSNA) a cui è stato associato automaticamente un codice fiscale numerico nell’accesso ai servizi essenziali. 

L’indagine è stata condotta nel 2024 all’interno di una comunità educativa di accoglienza situata nel nord Italia, lungo la Rotta Balcanica. La struttura ospita circa 88 minori, un numero significativamente superiore alla media delle altre comunità della zona. Questo aspetto ha reso il contesto particolarmente rilevante per comprendere le dinamiche di interazione tra i minori, il sistema burocratico e le istituzioni coinvolte nella loro tutela.

Attraverso un’analisi approfondita delle testimonianze del personale educativo e dello scambio di comunicazioni con le istituzioni, lo studio mira a far emergere le criticità di un sistema burocratico che, invece di facilitare l’inclusione, può ostacolare il riconoscimento dei diritti fondamentali.

La raccolta dati si è articolata in due ambiti principali: da un lato, le narrazioni degli operatori che lavorano a stretto contatto con i minori, dall’altro, l’analisi delle comunicazioni istituzionali per evidenziare eventuali discrepanze tra la normativa vigente e la sua applicazione concreta.

 

Nella ricerca è stato utilizzato il campionamento teorico, così come definito da Bryant e Charmaz (2007), in quanto particolarmente flessibile e adatto a rispondere ai bisogni concettuali che emergono progressivamente durante l’analisi dei dati. Questo approccio ha permesso di orientare la raccolta delle interviste in modo mirato, selezionando nuovi partecipanti o approfondendo determinati temi in funzione delle prime categorie concettuali individuate. Sono state realizzate 28 interviste narrative con il personale della comunità, suddiviso come segue: 24 educatori; 1 coordinatore; 2 membri del personale amministrativo; 1 assistente sociale.

Le interviste sono state condotte con un approccio narrativo e dialogico aperto (Muller Mirza et al., 2009; Charmaz, 2014), chiedendo ai partecipanti di raccontare le proprie esperienze nel supportare i minori con codice fiscale numerico. I risultati hanno evidenziato come questo elemento burocratico rappresenti un ostacolo concreto all’accesso ai servizi fondamentali, quali l’iscrizione scolastica, la fruizione delle cure mediche e l’ingresso nei percorsi di formazione professionale. Il personale ha descritto situazioni di frustrazione e impotenza di fronte a un sistema che, invece di agevolare il percorso di inclusione, impone rigidità e lungaggini amministrative che compromettono l’efficacia dell’accoglienza.

Seguendo l’approccio all’analisi documentale delineato da Figueroa (2008), un secondo asse della ricerca ha riguardato l’analisi di circa 50 scambi di e-mail avvenuti tra gennaio e dicembre 2024 tra la comunità e varie istituzioni, tra cui:

 

·     Agenzia delle Entrate;

·     Questura;

·     Cinque scuole professionali;

·     Centro di prenotazione visite ospedaliere;

·     Centro per l’impiego.

 

Le comunicazioni evidenziano numerosi tentativi della comunità di ottenere chiarimenti e soluzioni per i problemi legati al codice fiscale numerico. Tuttavia, la maggior parte delle risposte istituzionali si è limitata a citare la normativa vigente, senza fornire indicazioni operative risolutive. In molti casi, le richieste sono rimaste prive di riscontro, lasciando i minori e gli operatori senza un riferimento chiaro su come superare l’impasse burocratica. Questo aspetto ha reso evidente la discrepanza tra l’intenzione normativa di garantire l’accesso ai servizi e la realtà amministrativa, che spesso si traduce in un immobilismo privo di soluzioni pratiche.

Le interviste e il materiale documentale sono stati analizzate attraverso la Thematic Analysis di Braun e Clarke (2006), una metodologia qualitativa che ha permesso di individuare temi ricorrenti nei dati raccolti. Dopo la trascrizione e una lettura approfondita delle interviste e della corrispondenza analizzata, si è proceduto alla codifica dei contenuti rilevanti, poi raggruppati in temi significativi, come le discrepanze tra diritti normativi e pratiche amministrative, o la fragilità dell’ecosistema educativo.

I temi sono stati successivamente rivisti, definiti e denominati con chiarezza, per poi essere illustrati nel report finale attraverso citazioni dirette.

Per facilitare la lettura e garantire coerenza nella presentazione dei risultati, a ciascuna fonte verrà assegnata una sigla specifica. Questo sistema di abbreviazioni permetterà di identificare rapidamente l’origine delle informazioni riportate nei risultati della ricerca: I (Interview) per l’intervista diretta; D (Documentary Analysis) per le informazioni estrapolate da documenti istituzionali e/o di rilevanza educativa.

 

3. Risultati

 

3.1. Visione d’insieme

 

La problematica del codice fiscale numerico non si limita alla comunità oggetto di studio. Sono state raccolte segnalazioni di altre quattro comunità educative del territorio, che hanno denunciato difficoltà analoghe nell’accesso ai servizi per i minori. Queste testimonianze confermano il carattere strutturale del problema, che non si configura come un’eccezione ma come un elemento critico dell’intero sistema di accoglienza. L’impossibilità di superare queste barriere amministrative rischia di compromettere il processo di inclusione e di aggravare la condizione di vulnerabilità dei MSNA.

L’analisi ha permesso di evidenziare come la rigidità del sistema amministrativo contribuisca a rafforzare le barriere piuttosto che a superarle.

La metodologia adottata ha consentito di dare voce agli operatori sul campo e di documentare in modo sistematico le incongruenze tra le disposizioni normative e le prassi effettive. Questo approccio ha fornito una base solida per individuare possibili strategie di miglioramento del sistema di accoglienza e per avanzare proposte concrete volte a garantire un accesso equo e inclusivo ai servizi per i MSNA.

La validazione dei risultati è stata condotta attraverso un approccio multilivello, con l’obiettivo di garantire rigore scientifico e coinvolgimento attivo di vari portatori d’interesse. In particolare, è stato previsto un confronto sistematico con educatori e professionisti appartenenti alla comunità educativa analizzata, composta da ventiquattro educatori, un coordinatore, due amministrativi e un assistente sociale, tramite revisioni periodiche mirate a verificare la coerenza tra ipotesi, risultati e realtà operativa.

Inoltre, si è proceduto a un confronto con altre comunità educative, coinvolgendo il personale di tre strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati (MSNA) situate nel nord-est italiano e di due strutture nel nord-ovest, al fine di validare ulteriormente le pratiche individuate e identificare eventuali differenze regionali.

Parallelamente, sono stati organizzati sette incontri di approfondimento con gruppi di lavoro regionali, coinvolgendo professionisti esperti del settore per analizzare le principali sfide emerse e delineare strategie di miglioramento condivise.

A conferma della rilevanza e attualità delle criticità emerse, la Prefettura stessa ha ufficialmente comunicato tramite corrispondenza via mail la presenza di segnalazioni e problematiche riscontrate anche a livello regionale, confermando la necessità di un intervento mirato.

 

3.2. Analisi tematica

 

In Italia, il processo di integrazione dei MSNA si basa su una serie di strumenti giuridici, amministrativi e tecnologici che dovrebbero garantire l’esercizio dei diritti fondamentali e facilitare l’inserimento nel tessuto sociale. Tra questi strumenti, il codice fiscale riveste un ruolo centrale. Esso rappresenta un identificativo personale univoco, indispensabile per accedere ai principali servizi: istruzione, assistenza sanitaria, servizi sociali e, in una fase successiva, al mercato del lavoro.

Normalmente, il codice fiscale è alfanumerico e viene generato in modo automatico a partire dai dati anagrafici della persona (nome, cognome, data e luogo di nascita). Tuttavia, in situazioni particolari – ad esempio in presenza di una domanda di protezione internazionale o nei casi di omonimia – viene attribuito, sempre in maniera automatica, un codice fiscale composto esclusivamente da cifre numeriche.

 

“Nei casi in cui, durante la registrazione di un minore straniero non accompagnato, si verifichi una situazione di omocodia – ovvero la presenza nei sistemi anagrafici italiani di un soggetto già registrato con gli stessi dati identificativi (nome, cognome, data e luogo di nascita) – oppure presenti domanda di protezione internazionale, il sistema amministrativo italiano prevede l’attribuzione automatica di un codice fiscale numerico, ossia composto esclusivamente da cifre. Tale codice differisce dal formato alfanumerico standard utilizzato solitamente” [D13].

 

L’adozione di un codice numerico risponde a specifiche esigenze tecnico-amministrative. In primo luogo, esso segnala in modo univoco la natura provvisoria dell’identificazione: si tratta infatti di una misura temporanea, adottata in attesa della definizione dello status giuridico e anagrafico del minore.  La provvisorietà non riguarda la durata del codice, che rimane valido fino alla eventuale conversione in alfanumerico definitivo, bensì è connessa allo “status” dei soggetti. È la posizione amministrativa della persona (ad esempio, in attesa di riconoscimento dello status di protezione internazionale o regolarizzazione) a essere temporanea o provvisoria. Il codice numerico consente l’inserimento dell’individuo nei sistemi informatici dello Stato – in particolare in quelli gestiti dal Ministero dell’Interno – senza compromettere l’integrità dei database anagrafici ufficiali, che richiedono dati verificati e completi per la generazione del codice alfanumerico.

In secondo luogo, l’uso esclusivo di cifre rappresenta una strategia per evitare la duplicazione di identità nei casi di omonimia o in presenza di informazioni parziali o incongruenti. In assenza di dati certi, la generazione di un codice fiscale alfanumerico potrebbe infatti produrre conflitti con codici già esistenti nel sistema dell’Agenzia delle Entrate, compromettendo così la tracciabilità dell’individuo.

 

“Si tratta dunque di una soluzione tecnica pensata per garantire la funzionalità dei sistemi informativi e l’avvio delle procedure amministrative basilari. Tuttavia, nella pratica quotidiana, questo codice fiscale numerico si rivela spesso incompatibile con molti portali e registri pubblici o privati, che accettano esclusivamente il formato standard. Tale codice differisce dal formato alfanumerico standard utilizzato per i cittadini italiani o per la maggior parte degli stranieri” [I23].

 

Questo strumento, si è rivelato, nella pratica, un ostacolo rilevante all’inclusione. Infatti, numerosi sistemi informatici utilizzati dalle pubbliche amministrazioni e da enti privati non riconoscono il formato numerico del codice fiscale, rifiutandone l’elaborazione. Ciò comporta l’impossibilità, per il minore, di completare procedure essenziali: iscrizione scolastica, registrazione al Servizio Sanitario Nazionale, accesso a tirocini formativi o contratti lavorativi, tra gli altri. Si tratta quindi di una disfunzione sistemica che, pur avendo origini puramente tecniche, ha conseguenze dirette e profonde sulla fruizione dei diritti da parte dei minori.

Nel caso della comunità educativa esaminata, che accoglie circa ottanta MSNA, questa criticità ha riguardato 20 ragazzi.

 

“Per loro, il codice fiscale numerico ha rappresentato non solo un vincolo burocratico, ma un fattore di esclusione che ha ritardato o impedito l’accesso a percorsi formativi e di cura, compromettendo la loro piena partecipazione alla vita sociale” [I1].

 

Questo esempio dimostra come uno strumento pensato per garantire ordine e tracciabilità possa, se non adeguatamente integrato nei sistemi digitali e amministrativi esistenti, trasformarsi in una barriera invisibile ma concreta. È il segnale di una distanza tra l’intenzione normativa e la sua effettiva applicazione, che rischia di acuire la vulnerabilità di soggetti già fragili e di ostacolarne il processo di integrazione.

Formalmente valido – come confermato dalle mail ricevute da parte dell’Agenzia delle Entrate, e secondo il DPR 605/1973 e dal D.Lgs. 142/2015 – il codice fiscale numerico dovrebbe consentire pieno accesso ai servizi fondamentali

 

“Il codice fiscale numerico è univoco e non provvisorio. Va utilizzato come quello alfanumerico e deve essere accettato da tutti i soggetti obbligati a trasmetterlo (istituti di credito, datori di lavoro, enti pubblici, etc.)” [D23].

 

Tuttavia, l’analisi delle testimonianze di 28 operatori (educatori, amministrativi, coordinatori, assistenti sociali) e lo studio di circa 50 scambi di comunicazioni istituzionali con scuole, uffici sanitari e Agenzia delle Entrate, evidenziano un malfunzionamento sistemico: molti software in uso nei servizi pubblici non riconoscono il codice numerico come valido. Questa situazione ha avuto conseguenze pratiche molto gravi nella vita quotidiana dei minori coinvolti. Le scuole si sono trovate spesso nell’impossibilità di effettuare le iscrizioni, poiché i sistemi informatici delle segreterie scolastiche non riconoscono il codice numerico provvisorio: di conseguenza, i ragazzi restano esclusi dalle attività scolastiche, a volte per settimane intere.

 

“Abbiamo avuto casi in cui i ragazzi hanno perso sei mesi di scuola perché il sistema della segreteria non accettava il codice fiscale numerico. La scuola voleva iscriverli, ma tecnicamente non poteva farlo” [I15].

 

Anche l’accesso alle cure mediche risulta compromesso: l’incapacità del sistema di registrare correttamente i dati personali impedisce ai minori di beneficiare dei servizi sanitari fondamentali previsti dal Servizio Sanitario Nazionale.

 

“Un ragazzo lamentava forti dolori alla schiena, ma non riuscivamo a prenotare una visita specialistica perché il sistema del centro prenotazioni non permetteva l’accesso. Il codice fiscale numerico bloccava tutto, e intanto il dolore peggiorava” [I5].

 

Inoltre, queste criticità si ripercuotono gravemente sul futuro lavorativo e formativo di questi giovani, dal momento che i centri per l’impiego non riescono a inserirli nei percorsi di apprendistato o tirocinio, ostacolando così gravemente il loro processo di integrazione sociale e autonomia personale.

Le narrazioni degli operatori parlano con forza:

 

“Un ragazzo non ha potuto iscriversi a scuola per settimane; un altro non ha ricevuto cure urgenti perché il suo codice non era accettato dal sistema sanitario; un terzo ha perso un tirocinio formativo già approvato” [I28].

 

Un’ulteriore testimonianza ha evidenziato come un ex ospite, si trovi bloccato in un circolo vizioso amministrativo:

 

“Non può rinnovare il permesso di soggiorno senza un codice fiscale alfanumerico, ma non può ottenere il nuovo codice senza il permesso aggiornato” [I7].

 

Questa condizione non è un caso isolato: altre quattro comunità educative hanno confermato di riscontrare le stesse difficoltà nell’accesso ai servizi da parte di minori con codice fiscale numerico, dimostrando la natura strutturale del problema.

Dai dati raccolti nel corso della ricerca emergono significative criticità relative all’utilizzo del codice fiscale numerico per i minori stranieri non accompagnati e per i richiedenti protezione internazionale. Benché le disposizioni dell’Agenzia delle Entrate chiariscano esplicitamente che il codice fiscale numerico debba essere equiparato a quello alfanumerico e quindi riconosciuto da tutte le istituzioni pubbliche e private, la realtà osservata mostra frequenti casi di mancata accettazione da parte di enti e servizi essenziali.

Uno dei problemi più rilevanti riguarda l’impossibilità di iscrivere questi minori presso il Centro per l’Impiego, la cui piattaforma informatica, infatti, non riconosce il formato numerico del codice fiscale, impedendo così di fatto l’accesso ai percorsi lavorativi o formativi per i giovani accolti nelle comunità educative. Una comunicazione ufficiale del Centro per l’Impiego recita esplicitamente:

 

“In relazione alla vs. richiesta di iscrizione al centro per l’impiego del minore straniero non accompagnato X inserito presso la vs struttura e con tutore legale X come da verbale del tribunale dei minori di X siamo a comunicare che l’iscrizione non può essere al momento perfezionata in quanto il nostro sistema informatico non riconosce i codici fiscali numerici provvisori” [D46].

 

Tale situazione si verifica nonostante ripetute sollecitazioni e comunicazioni ufficiali fornite sia dai tutori legali sia dalle comunità educative.

Analogamente, anche il sistema scolastico professionale, rappresentato dai Centri di Formazione Professionale (CFP), mostra analoghe criticità, rifiutando frequentemente l’iscrizione degli studenti con codice fiscale numerico. Questo impedisce ai minori stranieri non accompagnati di intraprendere percorsi educativi fondamentali per il loro inserimento e integrazione nel tessuto sociale e lavorativo.

Un ulteriore elemento critico emerge dalla sfera lavorativa privata: numerosi datori di lavoro, supportati da consulenze dei propri commercialisti, preferiscono non assumere persone con codice fiscale numerico, temendo possibili complicazioni burocratiche o amministrative. Una testimonianza raccolta durante la ricerca evidenzia chiaramente questa difficoltà:

 

“In serata ha chiamato X ex membro della sua comunità tramite telefono di X. La sua pratica è rimasta col codice fiscale numerico, gli viene richiesto il codice fiscale normale per fare il nuovo permesso di soggiorno. Allo stesso modo gli viene chiesto il permesso di soggiorno nuovo per cambiare il codice fiscale e si ritrova bloccato” [I34].

 

Queste difficoltà sono state oggetto di numerose segnalazioni da parte di diverse comunità educative alle autorità competenti, tra cui Prefetture, Questure e Agenzie delle Entrate. Una comunicazione della Prefettura conferma che

 

“Sono state segnalare a livello regionale alcune problematiche nel rilascio dei codici fiscali a cittadini stranieri extra UE, in sede di richiesta protezione internazionale, e a minori stranieri non accompagnati, su richiesta delle aziende sanitarie, oltre a frequenti casi di omocodia. // Tali criticità saranno oggetto di una prossima riunione regionale di coordinamento delle prefetture con gli enti interessati. // A tal fine si prega di voler segnalare eventuali osservazioni o rilievi con riguardo alla tematica in oggetto // Si ringrazia” [D26].

 

Sebbene la Prefettura abbia raccolto tali segnalazioni annunciando l’intenzione di affrontare il problema attraverso incontri regionali di coordinamento, ad oggi non risultano riscontri né aggiornamenti concreti sulla risoluzione della problematica.

Infine, resta ancora un’area di ambiguità nella conversione automatica del codice fiscale numerico in alfanumerico definitivo, prevista dalle procedure in caso di ottenimento dello status di protezione internazionale. Nonostante l’Agenzia delle Entrate garantisca tale automatismo affermando che

 

“In caso di determinazione favorevole da parte della Commissione Territoriale per la protezione internazionale, il codice fiscale provvisorio viene automaticamente convertito in codice fiscale alfanumerico definitivo e quest’ultimo viene inserito nella lettera di notifica del decreto di riconoscimento della protezione internazionale” [D37].

 

Nessun caso di conversione è stato formalmente comunicato alle strutture coinvolte nel periodo monitorato. Rimane inoltre irrisolto il nodo relativo alle verifiche necessarie nei casi di omocodia, con attribuzione incerta dei compiti tra Questura e Agenzia delle Entrate. Rimane inoltre irrisolto il nodo relativo alle verifiche nei casi di omocodia, poiché non è definita in modo chiaro e uniforme la ripartizione delle responsabilità tra la Questura e l’Agenzia delle Entrate. Quando, durante la registrazione di un minore straniero non accompagnato, i dati anagrafici coincidono con quelli di una persona già presente nei sistemi informatici (ad esempio, un altro straniero già registrato in passato), si pone il dubbio se si tratti di un duplicato o di due soggetti distinti.

 

“In teoria, la Questura – in quanto organo competente per l’identificazione e per il rilascio del permesso di soggiorno – dovrebbe attivare le verifiche sull’identità attraverso rilievi biometrici (come le impronte digitali). Tuttavia, in assenza di una normativa operativa chiara, accade frequentemente che tale responsabilità venga rimandata o trasferita all’Agenzia delle Entrate, che non ha strumenti investigativi adeguati per risolvere questo tipo di ambiguità” [I9].

 

Di conseguenza, il minore resta bloccato in una zona grigia amministrativa, in cui il codice fiscale numerico provvisorio non viene convertito in uno valido (alfanumerico), ma al tempo stesso nessun ente si assume formalmente il compito di sciogliere l’omocodia. Questo stallo ha ricadute concrete sull’effettiva possibilità del minore di accedere ai servizi fondamentali e di proseguire il proprio percorso di inclusione.

 

“Abbiamo un ragazzo in comunità da mesi che non riesce ancora a iscriversi a scuola perché ha un codice fiscale numerico. Ogni volta ci dicono che bisogna aspettare le verifiche, ma nessuno sa bene chi deve farle. Intanto lui guarda gli altri andare in classe e si chiede perché lui no” [I3].

 

Minori con Codice Fiscale Numerico

Codici numerici convertiti ad alfanumerici

Tasso di conversione

20

0

0%

Tabella 1. Status dei codici fiscali numerici per MSNA (periodo Gennaio–Dicembre, 2024).

 

4. Discussione

 

I dati emersi dalla ricerca rivelano come un elemento apparentemente tecnico e neutrale – il tipo di codice fiscale assegnato – possa trasformarsi in una barriera concreta all’integrazione. La tecnologia, se non progettata con attenzione al contesto umano e sociale, rischia di amplificare le disuguaglianze invece di ridurle.

Il codice numerico, pur previsto dalla legge, non è stato adeguatamente integrato nei sistemi informatici di molti servizi pubblici. Questo evidenzia una profonda discrepanza tra normativa e prassi: da un lato le istituzioni ribadiscono la validità del codice; dall’altro, nessuna soluzione tecnica o operativa viene fornita agli operatori per superare le difficoltà incontrate. Le risposte istituzionali si sono spesso limitate a richiamare la normativa vigente, ribadendo formalmente i diritti dei minori, ma senza tradursi in un’azione concreta né in un coordinamento effettivo tra le diverse istituzioni coinvolte. Di fatto, le comunità educative sono state lasciate sole, prive di strumenti operativi per superare le criticità segnalate, nonostante il riconoscimento implicito dell’ingiustizia della situazione.

In linea con le riflessioni di Coglianese e Lehr (2017), emerge chiaramente che la tecnologia, se non accompagnata da un adeguato controllo umano, può finire per dominare i processi decisionali. I sistemi digitali, anziché supportare l’accoglienza, finiscono per sovradeterminare i percorsi, trasformando parametri informatici rigidi in veri e propri criteri di esclusione. La mancanza di formazione specifica per gli operatori, unita all’assenza di canali istituzionali di risoluzione rapida, contribuisce a una condizione che potremmo definire di precarietà istituzionalizzata. La comunità si trova a gestire problemi che sarebbero tecnicamente semplici da risolvere, ma la rigidità del sistema lascia senza alternative.

Il codice fiscale numerico diventa, così, un marcatore differenziale che separa chi può accedere ai servizi da chi ne viene escluso. La tecnologia, invece di essere uno strumento di accompagnamento, si trasforma in una barriera silenziosa, capace di generare una forma di violenza amministrativa: i minori non vengono espulsi formalmente, ma vengono lasciati ai margini, privati dei diritti più basilari. Questi risultati evidenziano l’urgenza di un ripensamento radicale dei sistemi digitali in ambito amministrativo, affinché siano progettati per adattarsi alle persone – e non viceversa. Se l’obiettivo è davvero garantire un’accoglienza equa e inclusiva, allora non possiamo permettere che il riconoscimento da parte di un sistema digitale o meno di un codice fiscale determini l’accesso o l’esclusione dai diritti fondamentali.

I risultati di questa ricerca evidenziano criticamente come il sistema italiano di accoglienza, nonostante l’adozione di strumenti amministrativi e digitali apparentemente avanzati e specificamente progettati per tutelare i diritti dei minori stranieri non accompagnati (MSNA), finisca per produrre effetti paradossali di esclusione e marginalizzazione. L’attribuzione del codice fiscale numerico rappresenta emblematicamente questa contraddizione: introdotto formalmente per garantire l’accesso ai diritti fondamentali, nella pratica quotidiana si trasforma in un ostacolo concreto e spesso insormontabile.

Questa dinamica mette in luce un paradosso più ampio, ovvero che la digitalizzazione e l’automatizzazione dei processi amministrativi, pur nate con l’obiettivo di favorire equità ed efficienza, possano invece degenerare in puri meccanismi tecnici incapaci di autocorreggersi. In tal senso, la tecnologia non si limita a fallire nel proprio compito dichiarato di inclusione, ma tende addirittura a cristallizzare situazioni ingiuste, privando i sistemi di qualsiasi capacità di risposta flessibile e adattativa.

In questa prospettiva, il sistema amministrativo-digitale si configura come un dispositivo che opera secondo logiche prevalentemente autoreferenziali: progettato teoricamente per semplificare e accelerare i processi decisionali, nella pratica diventa incapace di gestire situazioni reali di disagio e vulnerabilità. La mancanza di meccanismi di correzione o adattamento alle criticità pratiche rilevate dagli operatori sul campo conferma che un’eccessiva delega alle tecnologie digitali finisce per escludere la necessaria mediazione umana dai processi amministrativi, creando “zone di silenzio” in cui i diritti individuali vengono disattesi senza possibilità di intervento.

Un elemento particolarmente grave è rappresentato dalla gestione delle situazioni di omocodia, che esemplifica chiaramente le conseguenze della rigidità strutturale del sistema: le istituzioni coinvolte (Questure e Agenzia delle Entrate) operano spesso in maniera isolata, senza un coordinamento efficace, lasciando così i minori in un limbo amministrativo. Questo limbo non è semplicemente una disfunzione temporanea, ma un fenomeno strutturale che impedisce sistematicamente ai minori di usufruire dei loro diritti fondamentali, compromettendo irrimediabilmente i loro percorsi di vita e di inclusione.

La condizione definita dagli operatori come “precarietà istituzionalizzata” emerge pertanto come una caratteristica strutturale del sistema amministrativo-digitale italiano, in cui la tecnologia diventa un fine in sé e non uno strumento per realizzare concretamente i diritti umani fondamentali. Questa situazione denuncia un deficit profondo nella progettazione delle politiche di accoglienza, che sembrano privilegiare l’efficienza formale rispetto all’efficacia reale e alla giustizia sociale.

Da queste analisi emerge con urgenza la necessità di ripensare radicalmente l’approccio all’uso delle tecnologie digitali nei servizi pubblici. I sistemi informatici devono essere progettati con criteri di flessibilità e capacità di auto-correzione, integrando meccanismi di monitoraggio e intervento umano costante. Solo attraverso una vera integrazione tra tecnologia e competenza umana, capace di interpretare e rispondere alle criticità quotidiane, sarà possibile assicurare che i principi dichiarati di equità e inclusione si traducano in reali benefici per i minori stranieri non accompagnati.

In conclusione, questa ricerca sollecita una riflessione critica sulla reale efficacia dei sistemi digitalizzati attualmente utilizzati nel sistema italiano di accoglienza. Senza una revisione profonda e consapevole di questi strumenti, orientata a garantire una reale capacità di adattamento e correzione delle disfunzioni riscontrate, il rischio concreto è che la digitalizzazione diventi un mezzo di esclusione istituzionalizzata, invece che un efficace strumento di inclusione e giustizia sociale.

 

5. Proposte migliorative: verso l’umanizzazione dei processi tecnologici e il protagonismo della persona

 

Alla luce delle criticità emerse nell’analisi sulla gestione del codice fiscale numerico assegnato ai minori stranieri non accompagnati (MSNA), appare fondamentale sottolineare l’importanza di un cambiamento significativo nei processi amministrativi e tecnologici. È urgente e imprescindibile un approccio che valorizzi la supervisione umana, il monitoraggio continuo e l’intervento tempestivo, affinché i sistemi digitali non diventino barriere capaci di generare esclusione e ingiustizia sociale.

Il primo passo in questa direzione riguarda il ruolo attivo delle istituzioni che si occupano direttamente della tutela dei minori, quali Servizi Sociali, Procura dei Minori e Prefettura.

Non è infatti sufficiente affidare alle sole comunità educative il compito di evidenziare criticità e sollecitare soluzioni. I Servizi Sociali competenti devono assumere un ruolo centrale e responsabile nel monitoraggio costante delle problematiche, sviluppando procedure operative chiare e condivise per intervenire rapidamente e risolvere situazioni di emergenza. Il ruolo attivo del Servizio Sociale istituzionale è essenziale per garantire in modo efficace la tutela reale e concreta dei diritti fondamentali dei minori.

In questa prospettiva, il ruolo delle Questure e dell’Agenzia delle Entrato diventa cruciale: a seconda dei territori, queste due Istituzioni sono infatti gli organismi che producono i codici fiscali. Il loro ruolo è decisivo, ma troppo spesso si rivela inefficace, dimostrando una preoccupante mancanza di coordinamento e di assunzione di responsabilità. Di fronte ai problemi derivanti dall’assegnazione dei codici fiscali numerici ai minori stranieri non accompagnati, le risposte delle autorità risultano tardive, frammentarie e prive di concretezza operativa. Le Questure, in particolare, pur disponendo fin dal primo rintraccio del minore di strumenti tecnici avanzati – come la fotosegnalazione obbligatoria e la rilevazione delle impronte digitali, inserite nel sistema AFIS (Automated Fingerprint Identification System) – non procedono con la necessaria celerità alle verifiche d’identità nei casi di omocodia, che darebbero un riscontro certo. Questo ritardo amministrativo non è giustificabile e produce effetti gravissimi: ostacola l’accesso dei minori ai servizi fondamentali e li blocca in un limbo burocratico che compromette il loro diritto all’istruzione, alla salute e alla formazione. Invece di limitarsi a ribadire il dettato normativo, secondo cui il codice fiscale numerico è da considerarsi pienamente valido e utilizzabile al pari di quello alfanumerico, o scaricare le responsabilità su altri enti, le istituzioni competenti dovrebbero assumere un ruolo attivo e risolutivo. Richiamare il quadro normativo non basta, soprattutto quando nella prassi quotidiana i sistemi informatici scolastici, sanitari e lavorativi continuano a rigettare questi codici, impedendo ai minori di accedere ai servizi fondamentali. Di fronte a tale discrepanza tra norma e realtà operativa, è essenziale un coordinamento concreto tra Questure e Agenzia delle Entrate, affinché si proceda tempestivamente alla conversione dei codici numerici in alfanumerici nei casi in cui ciò sia tecnicamente possibile e necessario per garantire i diritti dei minori. Ogni ritardo rappresenta una violazione concreta dei diritti dei MSNA, ed è indice di un sistema che, anziché proteggere, contribuisce ad alimentare forme di esclusione istituzionalizzata.

Parallelamente, è indispensabile investire nella formazione continua degli operatori delle comunità educative e delle istituzioni coinvolte, assicurando loro le competenze necessarie per identificare rapidamente eventuali anomalie e intervenire con soluzioni efficaci e immediate. Un personale preparato e sensibile costituisce la chiave per evitare che la rigidità dei sistemi tecnologici prevalga sulla tutela dei diritti umani e sulla centralità della persona.

Infine, un elemento imprescindibile per umanizzare realmente i processi tecnologici è garantire trasparenza e accessibilità completa dei dati amministrativi ai minori e agli operatori che li accompagnano. La possibilità di accedere direttamente e facilmente alle informazioni consente di intervenire rapidamente e in modo mirato per risolvere errori o inefficienze, rafforzando la fiducia nel sistema amministrativo e promuovendo una cultura di responsabilità condivisa e collaborazione continua.

Questi interventi delineano un approccio integrato, concreto e umanizzante, che pone la persona al centro dei processi tecnologici e amministrativi, evitando così che la digitalizzazione, anziché essere uno strumento di inclusione, diventi una barriera invisibile ma reale, capace di alimentare esclusione sociale e discriminazione.

 

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