The Roots of Health Education: The Contribution of Civil and Religious Hospital Communities in Medieval Padania
Le radici dell’educazione sanitaria: il contributo delle comunità ospedaliere civili e religiose nella Padania medievale
Federica Gualdaroni
Dipartimento di Scienze Economiche, Psicologiche, della Comunicazione, della Formazione e Motorie, Università Niccolò Cusano (Roma, Italy) – federica.gualdaroni@unicusano.ithttps://orcid.org/0000-0001-7610-1201
The paper explores the crucial role of civil and religious hospital communities in shaping health education during the Middle Ages in the Padania region. Through an analysis of the origins, development, and educational practices of these institutions, the study highlights how they significantly contributed to the dissemination of medical and hygienic knowledge among the population. The paper outlines the importance of hospital communities not only as centers of care but also as educational agents capable of influencing health practices and local public policies. A specific case study—the Ca’ Granda of Milan—delves into the impact of a single hospital community on local society, illustrating the dynamics between these institutions and the socio-economic and cultural context of medieval Padania. Finally, the article reflects on the legacy left by these communities in the field of health education and their relevance to contemporary studies in the history of medicine and health education.
Il contributo esplora il ruolo cruciale delle comunità ospedaliere civili e religiose nella formazione dell’educazione sanitaria durante il Medioevo nella regione della Padania. Attraverso un’analisi delle origini, dello sviluppo e delle pratiche educative di queste istituzioni, il lavoro evidenzia come esse abbiano contribuito in modo significativo alla diffusione delle conoscenze mediche e igieniche tra la popolazione. Il paper delinea l’importanza delle comunità ospedaliere non solo come centri di cura, ma anche come agenti educativi in grado di influenzare le pratiche sanitarie e le politiche pubbliche locali. Un caso di studio specifico – la Ca’ Granda di Milano – approfondisce l’impatto di una singola comunità ospedaliera sulla società locale, illustrando le dinamiche tra queste istituzioni e il contesto socio–economico e culturale della Padania medievale. Infine, l’articolo riflette sull’eredità lasciata da queste comunità nel campo dell’educazione sanitaria e sulla loro rilevanza per gli studi contemporanei di storia della medicina e dell’educazione sanitaria.
Hospital Community, Health Education, Medieval Padania, Public Health Policies, History of Medicine
Comunità Ospedaliere, Educazione Sanitaria, Padania Medievale, Politiche di Sanità Pubblica, Storia della Medicina
The Author declares no conflict of interest.
April 6, 2025
April 29, 2025
April 30, 2025
Nel contesto della Padania medievale, come attesta lo studio specifico di Brasher, (2017), le comunità ospedaliere civili e religiose hanno svolto un ruolo fondamentale tanto nella cura dei malati, quanto nella formazione e diffusione di pratiche educative legate alla salute. Queste istituzioni, spesso situate in aree strategiche delle città e dei villaggi, rappresentavano uno dei pochi punti di accesso alle conoscenze mediche e igieniche per la popolazione generale (Bowers, 2007). In un’epoca caratterizzata da sfide sanitarie significative, come epidemie ricorrenti e condizioni igieniche precarie, le comunità ospedaliere divennero centri nevralgici per la promozione della salute pubblica (Skinner, 1997). Si segnala che esistono testimonianze di alcuni ospedali urbani in Italia prima dell’età comunale, per esempio, nel VII secolo l’ospedale di Santa Maria in Aquiro a Roma aveva letti per cento persone (Caretta, 1967), ma si trattava di strutture isolate che non riuscivano ancora a creare rete con le comunità.
La Padania, con la sua variegata configurazione geografica e la posizione strategica tra l’Europa centrale e il Mediterraneo, fu un terreno fertile per lo sviluppo di queste comunità (Albini, 1993). Quando si parla della regione Lombardia, nel nord Italia, nei secoli XII e XIII, va, tuttavia, segnalato che tale designazione regionale risulta spesso priva di significato, a causa dell’indipendenza delle singole città–stato e della sovrapposizione delle designazioni giurisdizionali episcopali e comprende quindi alcune aree esterne alla Lombardia. Comunque, le caratteristiche socio–economiche della regione, unite alla sua rilevanza politica e commerciale, influenzarono profondamente la natura e l’evoluzione degli ospedali medievali, rendendoli un elemento chiave nella gestione della salute pubblica (Cfr. Conejo da Pena, & Bridgewater Mateu, 2023; Jones, 2017). Nel contesto delineato, ricorda Geltner (2019) che l’educazione sanitaria non si limitava alla formazione del personale medico, ma si estendeva alla popolazione più ampia, attraverso iniziative volte a promuovere pratiche igieniche e la prevenzione delle malattie:
“Oltre a fornire le cure tanto necessarie a una comunità urbana in crescita, questa attività di beneficenza offrì un accesso senza precedenti alla vita spirituale e incoraggiò la partecipazione civica di un numero crescente di cittadini laici provenienti da uno spettro sempre più ampio della società. Nel corso di tre secoli, queste istituzioni persero gran parte del loro scopo spirituale e rifletterono sempre di più gli interessi sociali, politici ed economici delle loro comunità” (Mayall Brasher, 2017, p. 3).
Questo contributo si propone di esplorare l’impatto e il ruolo delle comunità ospedaliere nella formazione del sistema di educazione sanitaria medievale, con un focus specifico sull’area della Padania. Si analizza l’origine e l’evoluzione di queste istituzioni, le metodologie educative adottate, le interazioni con la società e le altre istituzioni dell’epoca, nonché l’eredità che tali comunità hanno lasciato nell’ambito dell’educazione sanitaria. Attraverso il caso della Ca’ Granda di Milano, si osserva concretamente come una comunità ospedaliera abbia influenzato la sua comunità locale e quali lezioni possiamo trarre, oggi, da questa esperienza storica. Infine, si riflette sull’importanza storica e contemporanea di queste istituzioni come modelli di cura integrata e di educazione alla salute.
La storia e l’evoluzione delle comunità ospedaliere padane rappresentano un capitolo fondamentale nella comprensione del sistema sanitario medievale in Italia settentrionale.
L’ipotesi che la crescita delle fondazioni di ospedali nell’Alto Medioevo sia stata esplosiva non è esagerata. Il cronista del XIII secolo Bonvesin de la Riva (1288/1974, pp. 56–77) indica che nella città di Milano esistevano dieci ospedali entro le mura cittadine, tra cui l’Ospedale Brolo, che poteva ospitare fino a cinquecento poveri e malati. Opicino de Canistris (in Racine, 1987) descrive dieci ospedali anche all’interno delle mura di Pavia, più altri sette appena fuori le mura cittadine. Il cronista Giovanni Villani, a cavallo del Trecento, riferì che a Firenze esistevano trenta ospedali, con più di mille posti letto in totale per ospitare i poveri e malati (In Cosmacini, 2005, p. 57). 3 Al tempo della Peste Nera, questo numero era salito a quasi quarantuno ospedali in una città con una popolazione di poco meno di 100.000 abitanti (Henderson, 2006). A Como, città molto più piccola e meno importante di Firenze, esistevano dai venti ai trenta ospedali, con oltre seicento posti letto in quel momento. Secondo Henderson (2006), tra il 1100 e il 1550 ci fu un aumento spettacolare del numero degli ospedali in Italia. Egli ha calcolato che il 43% di tale crescita si verificò tra il 1250 e il 1349.[1]
Henderson (2006) esamina in dettaglio come gli ospedali medievali in Italia settentrionale non fossero solo luoghi di cura, ma centri sociali, spirituali e culturali, veri e propri centri di aggregazione, dove si intrecciavano dinamiche di assistenza, educazione e controllo sociale. Secondo lo studioso, le comunità ospedaliere nella Padania nacquero in un contesto caratterizzato da ospedali esplicitamente coinvolti nella regolamentazione morale e nel controllo sociale delle comunità urbane padane, caratterizzate da profonde trasformazioni socio–economiche e culturali. Durante il Medioevo, la regione era un crocevia di commerci e scambi, nonché un’area densa di insediamenti urbani in crescita. Nicholas (1997) esplorando lo sviluppo urbano nel contesto europeo, con un focus particolare sulla Padania, descrive come la regione, grazie alla sua posizione strategica, divenne un nodo cruciale per i commerci e per la diffusione delle culture urbane, con città che si espandevano rapidamente in termini di popolazione e influenza economica. In particolare, rappresentava il centro vitale per i commerci tra l’Europa settentrionale e il Mediterraneo, caratterizzato da importanti vie di comunicazione e mercati urbani, i quali favorirono la crescita economica e demografica della regione:
“Dai più alti circoli intellettuali alle comuni associazioni dei lavoratori il discorso ruotava attorno a questi temi. I secoli XI e XII furono testimoni di una fioritura paneuropea di attività pie tra tutti gli individui della società e crearono una rinascita del discorso teologico cristiano e un riordino istituzionale” (Mayall Brasher, 2017, p. 15).
In questo ambiente, la gestione della salute pubblica divenne una questione sempre più pressante, non solo per la tutela della popolazione, ma anche per il mantenimento dell’ordine e della stabilità sociale. Le comunità ospedaliere emersero come risposte strutturali a necessità non più procrastinabili, configurandosi come luoghi dove la carità cristiana e le esigenze sanitarie si fondevano in un unico obiettivo: il benessere collettivo (Ziegler, 2018).
Le comunità ospedaliere, sviluppatesi inizialmente in risposta alle emergenze sanitarie, nel tempo, videro ampliarsi la loro funzione, integrando aspetti educativi e organizzativi che le resero pilastri del sistema sanitario medievale. La loro evoluzione fu segnata da un progressivo adattamento alle crescenti esigenze della popolazione, e ciò comportò non solo un ampliamento delle strutture fisiche, ma anche una complessificazione della gestione interna: divennero, dunque, laboratori di innovazione, dove nuove pratiche sanitarie venivano sperimentate e insegnate, sia ai membri del personale medico che alla popolazione generale (Watson, 2020).
Il contesto religioso, profondamente intessuto con la gestione della sanità, rappresentò un ruolo cruciale nella definizione delle funzioni delle comunità ospedaliere. Gli istituti religiosi, mentre fornivano cure mediche, rappresentavano anche spazi di formazione spirituale e morale, dove il concetto di salute era indissolubilmente legato alla salvezza dell’anima. La presenza di ordini religiosi all’interno delle strutture ospedaliere contribuì a modellare un approccio alla salute che integrava il corpo e lo spirito, e che rifletteva le credenze e i valori della società medievale.
Se ne ricava che la storia delle comunità ospedaliere padane è una testimonianza della loro capacità di adattarsi e rispondere alle mutevoli esigenze sanitarie, educative e sociali del Medioevo, essendo istituzioni le quali, lungi dall’essere semplici ospizi, si trasformarono in veri e propri centri di innovazione sanitaria e sociale, la cui eredità ha influenzato profondamente le pratiche sanitarie dei secoli successivi.
Le comunità ospedaliere della Padania medievale affondano le loro radici in un contesto storico caratterizzato da profonde trasformazioni sociali, economiche e religiose. La loro fondazione non fu un processo lineare, quanto, piuttosto, il risultato di una serie di fattori convergenti che resero necessaria la creazione di strutture destinate alla cura e all’assistenza dei bisognosi. Come rileva Sabolla (2023), uno degli elementi che stimolò la nascita delle comunità ospedaliere fu la crescente urbanizzazione della Padania: con l’espansione delle città e l’aumento della popolazione urbana, divenne evidente la necessità di organizzare servizi di assistenza sanitaria che potessero rispondere alle emergenti esigenze della popolazione. Le città padane, collocate lungo importanti vie di comunicazione e commercio, attiravano un numero sempre maggiore di individui in cerca di lavoro, opportunità e protezione, ma che spesso si trovavano in condizioni di estrema precarietà. In questo contesto, la fondazione di ospedali rappresentò una risposta concreta alle esigenze sanitarie e sociali di queste popolazioni.
Parallelamente, l’influenza della Chiesa e la diffusione degli ideali cristiani di carità e misericordia, riferisce Vauchez, (1978). promossero attivamente la creazione di strutture caritative, espressione tangibile della fede e dell’impegno cristiano verso i più deboli. La fondazione di ospedali divenne, quindi, anche un atto di devozione religiosa, un modo per i benefattori di guadagnarsi meriti spirituali attraverso opere di carità. Gli ordini religiosi, in particolare, furono protagonisti nella gestione e nel sostegno di queste istituzioni, infondendo loro una dimensione spirituale che si rifletteva nelle pratiche di cura e assistenza: la percezione della carità personale si è spostata dall’idea di caritas a quella di misericordia. Caritas, termine impiegato nell’alto medioevo, si riferisce alla idea di un obbligo personale di assistere coloro con cui si è in stretta relazione. Misericordia riflette la percezione del XII secolo della necessità di assistere i poveri e i bisognosi per il bene comune della comunità e la sicurezza sociale di tutti (Caretta, 1967).
Oltre alla motivazione religiosa, la fondazione delle comunità ospedaliere fu influenzata da esigenze sanitarie concrete, infatti, le epidemie e le condizioni igieniche precarie delle città medievali rappresentavano una minaccia costante per la popolazione. In risposta alle criticità, le comunità ospedaliere furono concepite non solo come luoghi di cura per i malati, ma anche come centri di prevenzione, dove si promuovevano pratiche igieniche e si diffondevano conoscenze mediche, a testimonianza di una visione integrata della salute che combinava l’attenzione per il corpo con quella per lo spirito, in linea con i principi della medicina medievale. (Cfr. Porter & Granshaw, 1989).
In definitiva, le origini delle comunità ospedaliere nella Padania medievale sono da ricercare in una complessa interazione di fattori socio–religiosi e sanitari. Queste istituzioni nacquero come risposte alle pressanti necessità di una società in rapido cambiamento, e si svilupparono grazie alla combinazione di motivazioni caritative, religiose e sanitarie. La loro fondazione segnò l’inizio di un processo di istituzionalizzazione dell’assistenza sanitaria che avrebbe avuto un impatto duraturo sulla società padana e sull’evoluzione del sistema sanitario medievale.
Inizialmente, le prime strutture ospedaliere padane erano spesso costituite da edifici modesti, a volte solo da un singolo edificio adibito a ospizio per pellegrini e bisognosi. Tuttavia, con l’aumento della popolazione urbana e il crescente riconoscimento dell’importanza della salute pubblica, queste strutture cominciarono a espandersi. Le città padane, in particolare, videro la costruzione di ospedali più grandi e meglio attrezzati, che aumentavano la capacità di accoglienza e integravano nuove funzionalità come spazi dedicati alla formazione del personale e alla produzione di medicinali.
Dal punto di vista architettonico, le comunità ospedaliere si trasformarono in complessi multifunzionali. Oltre alle sale per i malati, vennero aggiunti chiostri, cappelle, farmacie e spesso orti medicinali, riflettendo l’importanza attribuita alla cura integrata del corpo e dello spirito. Le strutture erano progettate per facilitare la circolazione dell’aria e la gestione della luce, elementi considerati fondamentali per il benessere dei pazienti secondo la medicina dell’epoca. La presenza di spazi dedicati alla preghiera e alla meditazione sottolineava l’importanza della dimensione spirituale nella cura, mentre gli orti fornivano erbe medicinali necessarie per i trattamenti.
Sul piano organizzativo, riferisce Rubin (1994), l’evoluzione delle comunità ospedaliere rispecchiava una crescente complessità nella gestione delle attività sanitarie: con il passare del tempo, gli ospedali padani non si limitarono più a fornire assistenza di base, ma divennero veri e propri centri di formazione sanitaria. Il personale medico e infermieristico, spesso composto da membri di ordini religiosi, riceveva una formazione specifica che combinava nozioni teoriche con una solida esperienza pratica. Inoltre, svilupparono una struttura gerarchica interna che permetteva una gestione più efficiente delle risorse e dei servizi offerti. Tale organizzazione non solo garantiva un miglioramento della qualità delle cure, ma permetteva anche di estendere l’educazione sanitaria alla popolazione generale, attraverso la promozione di pratiche igieniche e preventive.
In sostanza, le strutture ospedaliere padane si adattarono alle necessità sanitarie del loro tempo e anticiparono pure alcune delle pratiche organizzative che sarebbero divenute standardizzate nei secoli successivi. Questo processo di evoluzione fu il risultato di un continuo confronto con le problematiche poste dalle epidemie, dall’afflusso di popolazioni urbane e dall’esigenza di conciliare cura fisica e supporto spirituale. Così, contribuirono a stabilire un modello di assistenza sanitaria e di educazione che avrebbe influenzato profondamente la storia della medicina in Europa.
Il ruolo educativo delle comunità ospedaliere padane nel Medioevo è stato fondamentale per lo sviluppo di un sistema di salute pubblica e per la trasmissione di conoscenze sanitarie all’interno della società. Soprattutto quelle gestite da ordini religiosi, svilupparono un modello educativo che si integrava con la loro missione di cura. Il processo educativo era intrinsecamente legato alla pratica quotidiana dell’assistenza, dove la teoria e la pratica si fondevano in un’esperienza formativa che coinvolgeva tanto il personale quanto i pazienti. L’educazione, in questo contesto, non era un’attività separata, ma parte integrante della vita ospedaliera, influenzando non solo il modo in cui i malati venivano trattati, ma anche il comportamento e le abitudini della popolazione circostante.
La stretta connessione tra religione e medicina, tipica del periodo medievale, portò le comunità ospedaliere a sviluppare un’educazione sanitaria che rifletteva i valori cristiani. La cura del corpo era vista come un riflesso della cura dell’anima, e l’educazione impartita non si limitava a trasmettere conoscenze mediche, ma promuoveva anche un ethos di compassione e responsabilità collettiva (Risse, 1999). In questo modo, le comunità ospedaliere mentre guarivano i corpi, cercavano anche di migliorare il tessuto morale della società, insegnando che la salute pubblica era un dovere comune e che la prevenzione delle malattie era parte di un più ampio impegno verso il bene comune. Inoltre, divennero luoghi in cui si assicuravano nuove conoscenze e pratiche sanitarie, che venivano poi trasmesse alla popolazione. Il processo di educazione continua rafforzava la coesione sociale e creava una base di conoscenze condivise che avrebbe influenzato le pratiche sanitarie nei secoli successivi. Le comunità ospedaliere furono, quindi, agenti di cambiamento capaci di diffondere nuovi paradigmi di salute che integravano le scoperte mediche con le esigenze spirituali e sociali del tempo. Queste istituzioni si trasformarono in catalizzatori di un cambiamento culturale che promuoveva una visione integrata della salute, in cui il benessere fisico, spirituale e sociale erano interconnessi. Il loro contributo all’educazione sanitaria ha posto le basi per un approccio alla salute che avrebbe continuato a evolversi, influenzando la medicina e la sanità pubblica ben oltre il periodo medievale.
L’analisi delle metodologie formative adottate all’interno delle comunità ospedaliere padane nel Medioevo rivela un approccio innovativo e integrato alla formazione sanitaria, che coniugava conoscenze pratiche e teoriche in un contesto in cui l’apprendimento era indissolubilmente legato alla pratica quotidiana della cura. Queste comunità, gestite spesso da ordini religiosi, non erano solo luoghi di assistenza medica, ma anche centri di formazione, dove il sapere veniva trasmesso in modo diretto e operativo. La formazione del personale medico si basava su un sistema di apprendimento che potremmo definire oggi “sul campo”. I giovani novizi, spesso destinati a diventare medici o infermieri, acquisivano le loro competenze attraverso un lungo periodo di pratica accanto a figure più esperte. Secondo Henderson et al. (2007) e Horden (2008) l’esperienza diretta nel trattamento dei malati era considerata fondamentale per la formazione, permettendo ai novizi di apprendere non solo le tecniche mediche, ma anche l’arte del prendersi cura, che includeva l’aspetto morale e spirituale della cura del paziente. Accanto alla pratica, c’era un’integrazione con la conoscenza teorica, che veniva trasmessa attraverso lezioni e testi medici, spesso provenienti dalla tradizione classica e araba. I testi erano studiati non solo per le loro indicazioni pratiche, ma anche per la loro visione complessiva della medicina, che considerava il corpo umano come parte di un ordine naturale e divino. La combinazione di studio teorico e pratica quotidiana garantiva una formazione completa, che preparava il personale medico ad affrontare le sfide della cura in un contesto difficile e spesso imprevedibile.
Cossar (2009) ci offre lo studio più interessante sull’intersezione tra religione, comunità, classe sociale e potere politico all’interno della città–stato italiana del Medioevo. Fu Arnaldo da Brescia (1090–1155) che articolò l’idea di un attivismo apostolico laico incentrato sulla cittadinanza, mentre il papato, sotto la guida di papi intellettuali come Innocenzo III (1161 – 1216), utilizzò la giustificazione accademica per affermare l’autorità papale su tutti gli affari ecclesiastici e su molti affari temporali come gli ospedali (Vauchez & Bornstein, 1993). Infatti, per comprendere la natura dell’attività di beneficenza del periodo, è necessario collocarla nel contesto delle lotte di potere in via di sviluppo tra queste autorità, che esigevano azioni politiche e sociali attraverso la carità, quando le istituzioni di beneficenza, come gli ospedali, create da questi gruppi, strutturano la gestione secondo linee simili a quelle di queste organizzazioni comunali. Di conseguenza, anche gli ospedali necessitano della partecipazione dei cittadini e di reti sociali indipendenti. Oltre al personale medico, anche i laici che frequentavano le comunità ospedaliere, come i pellegrini e i poveri, venivano coinvolti in un processo educativo (Cardini, & Russo, 2019). La trasmissione di conoscenze sanitarie a queste persone era parte della missione di queste istituzioni, che vedevano nella diffusione delle pratiche igieniche e della prevenzione un modo per migliorare la salute della comunità nel suo insieme (Gualdaroni & Marcelli, 2023). Gli ospedali padani, dunque, si distinguevano non solo per l’assistenza diretta ai malati, ma anche per il loro ruolo nel promuovere un’educazione sanitaria diffusa, che contribuiva a elevare il livello di consapevolezza sanitaria tra la popolazione.
Le metodologie formative adottate all’interno delle comunità ospedaliere della Padania medievale furono, quindi, caratterizzate da un approccio pragmatico e integrato, che metteva al centro l’esperienza pratica, senza trascurare l’importanza della conoscenza teorica. Si trattava di un modello formativo che rispondeva alle esigenze immediate della cura e poneva le basi per un sistema di educazione sanitaria che avrebbe avuto un impatto duraturo sulla società. La capacità di queste comunità di adattarsi e innovare in ambito educativo è una testimonianza della loro importanza non solo come luoghi di cura, ma come veri e propri centri di sapere e formazione sanitaria.
Il contributo delle comunità ospedaliere padane alla diffusione delle pratiche igieniche e alla prevenzione delle malattie fu un elemento centrale nello sviluppo della salute pubblica nel Medioevo. In un’epoca in cui la conoscenza delle cause delle malattie era ancora limitata e spesso legata a concezioni religiose o superstiziose, queste comunità svolsero un ruolo pionieristico nel promuovere l’igiene e la prevenzione come strumenti essenziali per il benessere collettivo.
Le comunità ospedaliere, con la loro duplice funzione di luoghi di cura e di educazione, si trovarono naturalmente ad affrontare le problematiche igieniche che affliggevano la popolazione. In un contesto urbano spesso caratterizzato da condizioni sanitarie precarie, le istituzioni compresero presto l’importanza di mantenere ambienti puliti e salubri non solo per curare i malati, ma anche per prevenire la diffusione delle malattie. Attraverso la loro pratica quotidiana e la gestione delle strutture, gli ospedali padani svilupparono e applicarono principi igienici che sarebbero diventati fondamentali nel controllo delle epidemie e nella riduzione del rischio di contagio. Per Dock et al. (1920) i principi igienici, adottati all’interno delle comunità includevano: la regolamentazione della pulizia degli ambienti, la separazione dei malati per evitare il contagio, e la gestione accurata dei rifiuti. Inoltre, le comunità ospedaliere padane si impegnarono nella promozione di abitudini igieniche tra i pazienti e i visitatori, educandoli su pratiche come il lavaggio delle mani, la pulizia personale e l’importanza dell’aria fresca. Si parla di un tipo di educazione alla salute che, pur rudimentale rispetto agli standard moderni, costituì un importante passo avanti nella diffusione di una cultura della prevenzione.
L’influenza delle comunità ospedaliere non si limitava ai confini delle loro strutture. Attraverso il contatto con i pellegrini, i poveri e gli abitanti delle città, gli insegnamenti igienici si diffusero progressivamente nella popolazione generale. Gli ospedali, spesso situati in posizioni strategiche all’interno delle città, divennero centri di diffusione di conoscenze igieniche che lentamente iniziarono a permeare la società medievale, contribuendo a una maggiore consapevolezza della relazione tra igiene e salute. Il lavoro di prevenzione fu particolarmente significativo durante le frequenti epidemie che colpivano la regione. In questi momenti di crisi, le pratiche igieniche promosse dagli ospedali si rivelarono essenziali per limitare la diffusione delle malattie. La separazione dei malati, la gestione dei cadaveri e la pulizia degli spazi pubblici furono alcune delle misure che contribuirono a contenere l’impatto delle epidemie, dimostrando l’efficacia delle strategie preventive adottate (Davis, 2019). In effetti, le istituzioni non solo risposero alle esigenze sanitarie immediate, ma gettarono anche le basi per un approccio più consapevole e sistematico alla gestione della salute pubblica, influenzando profondamente la società medievale e gettando le fondamenta per i futuri sviluppi nella medicina e nella sanità pubblica.
Durante il Medioevo l’interazione tra le comunità ospedaliere e la società padana rappresenta un esempio significativo di come istituzioni sanitarie possano influenzare e modellare non solo la salute pubblica, ma anche il tessuto sociale e culturale di un’intera regione, perché le comunità erano profondamente integrate nel contesto sociale della Padania e avevano un impatto che andava ben oltre le mura dei loro edifici. L’interazione tra le comunità ospedaliere e la società padana si manifestava attraverso una rete di relazioni che coinvolgeva non solo i malati e i poveri, ma anche i membri delle classi più abbienti, i quali spesso contribuivano al sostegno economico di queste istituzioni. Le comunità ospedaliere non erano isolate, ma parte integrante del tessuto sociale, e la loro esistenza era resa possibile grazie al sostegno della comunità locale, che vedeva in esse un riflesso dei valori cristiani di carità e solidarietà. In questo modo, le comunità ospedaliere divennero agenti di cambiamento sociale, influenzando tanto il modo in cui le persone si prendevano cura della propria salute, quanto il modo in cui la società concepiva il concetto stesso di benessere collettivo (Conejo da Pena & Bridgewater Mateu, 2023). L’impatto fu profondo e duraturo: la cultura della salute e della cura che contribuirono a creare si radicò profondamente nella mentalità collettiva, influenzando le pratiche sanitarie e il modo in cui la società percepiva il ruolo della medicina, migliorando le condizioni di vita della popolazione, contribuendo a plasmare l’evoluzione delle strutture sociali e delle politiche pubbliche, creando un modello di assistenza sanitaria che avrebbe avuto un’influenza duratura nei secoli successivi.
Le comunità ospedaliere, essendo strettamente legate agli ordini religiosi, intrattenevano un rapporto profondo con la Chiesa, che rappresentava non solo un’autorità spirituale, ma anche un potere sociale e politico di primo piano. Gli ospedali medievali, fondati e spesso gestiti da ordini monastici o confraternite religiose, beneficiavano del supporto della Chiesa non solo in termini di risorse materiali, ma anche attraverso la legittimazione delle loro attività. Questo legame permetteva agli ospedali di svolgere il loro ruolo caritativo e assistenziale con un’autorità morale che rafforzava la loro posizione nella società. La relazione con le istituzioni civili, come le amministrazioni comunali e i governi cittadini, era altrettanto stretta, poiché collaboravano con le autorità civili per affrontare problemi come le epidemie e le condizioni sanitarie urbane (Barnhouse, 2023). Tale collaborazione spesso si traduceva in iniziative congiunte per migliorare l’igiene pubblica, regolamentare la gestione dei rifiuti e organizzare interventi durante le crisi sanitarie, come le frequenti pestilenze (Stevens–Crawshaw, 2016). Plague Hospitals: Public Health for the City in Early Modern
Venice, New York, Routledge.. Le interazioni con le istituzioni sociali, come le corporazioni di mestieri e le confraternite laiche, completavano il quadro di queste relazioni. Le corporazioni, che erano fondamentali per l’economia urbana, si rendevano conto dell’importanza di mantenere una forza lavoro sana e spesso sostenevano le attività delle comunità ospedaliere attraverso donazioni e altre forme di supporto, quindi, riconoscevano che il benessere della popolazione era strettamente legato alla prosperità economica della città, creando un circolo virtuoso in cui la salute pubblica diventava un interesse comune.
Ricordano Bianchi e Silvano (2020) che le relazioni tra le comunità ospedaliere e le diverse istituzioni favorirono una diffusione più ampia delle pratiche di cura e una maggiore consapevolezza sanitaria tra la popolazione. La collaborazione con la Chiesa garantiva un’influenza morale e spirituale che rafforzava l’accettazione delle pratiche sanitarie promosse dagli ospedali. Il supporto delle istituzioni civili e sociali, d’altra parte, forniva le risorse necessarie per attuare queste pratiche su larga scala, rendendole parte integrante della vita quotidiana. Si trattò di relazioni essenziali per il progresso delle pratiche sanitarie e la promozione della salute pubblica, che crearono una rete di supporto che consolidò il ruolo centrale degli ospedali come motori del cambiamento sociale e sanitario nella regione. L’evoluzione della consapevolezza sanitaria e delle pratiche di cura nella Padania medievale fu, in gran parte, il risultato di queste collaborazioni interistituzionali, che riuscirono a integrare la salute pubblica nella più ampia struttura della società.
L’impatto delle comunità ospedaliere sulle politiche pubbliche si manifestò anche nella codificazione di regolamenti igienici e sanitari. Le città della Padania, in crescita e sempre più dense, dovevano far fronte a problemi come la gestione dei rifiuti, la qualità dell’acqua e la prevenzione delle malattie infettive. Le comunità ospedaliere, con la loro esperienza nella cura dei malati e nella prevenzione delle malattie, fornivano consulenza e orientamenti che influenzavano la stesura di queste normative. Spesso, le disposizioni che regolamentavano l’igiene urbana e la gestione delle emergenze sanitarie traevano ispirazione diretta dalle pratiche osservate negli ospedali. Inoltre, la crescente consapevolezza dell’importanza della salute pubblica portò le autorità civili a collaborare sempre più strettamente con le comunità ospedaliere per sviluppare strategie di prevenzione e contenimento delle epidemie:
“Dai più alti circoli intellettuali alle comuni associazioni dei lavoratori il discorso ruotava attorno a questi temi. I secoli XI e XII furono testimoni di una fioritura paneuropea di attività pie tra tutti gli individui della società e crearono una rinascita del discorso teologico cristiano e un riordino istituzionale” (Vauchez & Bornstein, 1993, p. 180).
Queste collaborazioni non solo rafforzarono le capacità di risposta delle città, ma favorirono anche un approccio più sistematico alla salute pubblica, con l’introduzione di politiche mirate alla protezione della popolazione. Le comunità ospedaliere, con la loro autorità morale e la loro competenza tecnica, divennero interlocutori privilegiati delle autorità civili, contribuendo a integrare la dimensione sanitaria nelle politiche pubbliche (Bowers, 2007).
Il contributo delle comunità ospedaliere si estese anche all’influenza culturale sulle politiche sanitarie. Il loro operato quotidiano, basato su principi di carità e responsabilità sociale, permeò le politiche pubbliche con un ethos di servizio alla comunità. Le normative sanitarie ispirate dalle pratiche ospedaliere non erano semplicemente regolamenti tecnici, ma riflettevano un impegno collettivo per il bene comune, in cui la salute della popolazione era considerata un valore fondamentale da proteggere. L’eredità di questa influenza si ritrova nella progressiva istituzionalizzazione delle pratiche sanitarie e nell’integrazione della salute pubblica come pilastro centrale delle politiche urbane e regionali della Padania medievale.
Per il caso di studio all’interno di questo articolo, ho scelto di concentrarmi sulla Ca’ Granda di Milano, una delle comunità ospedaliere più significative e influenti della Padania medievale. La Ca’ Granda, ufficialmente conosciuta come Ospedale Maggiore, fu fondata nel 1456 per volere del Duca di Milano, Francesco Sforza, con l’intento di creare un’istituzione in grado di fornire cure mediche alla popolazione indigente della città e dei dintorni.
La scelta di questo ospedale come oggetto del caso di studio è motivata non solo dalla sua importanza storica e dalla sua rilevanza come centro di cura, ma soprattutto per il suo ruolo pionieristico nell’ambito dell’educazione sanitaria e della formazione del personale medico. La Ca’ Granda, infatti, rappresenta un esempio paradigmatico di come un’istituzione ospedaliera potesse diventare un centro nevralgico per la diffusione delle pratiche sanitarie e per la formazione delle nuove generazioni di medici e infermieri.
Le motivazioni educative che hanno guidato la scelta della Ca’ Granda risiedono nella sua struttura organizzativa e nella sua capacità di integrare formazione teorica e pratica in modo innovativo per l’epoca: l’ospedale, fin dalle sue origini, si distinse per l’attenzione alla qualità della formazione del personale medico, adottando metodologie avanzate che combinavano l’apprendimento diretto attraverso l’assistenza ai pazienti con lo studio dei testi medici più avanzati del tempo. Questa dualità tra teoria e pratica è stata determinante per la formazione di medici capaci di rispondere alle esigenze sanitarie di una popolazione in crescita e sempre più urbanizzata. Inoltre, la Ca’ Granda fu un modello di come le comunità ospedaliere potessero interagire con le altre istituzioni sociali e politiche della città. Il suo legame stretto con le autorità ducali e con la Chiesa ne fece un punto di riferimento non solo per le cure mediche, ma anche per l’elaborazione e la diffusione di normative sanitarie che influenzarono profondamente le politiche pubbliche milanesi. La collaborazione tra l’ospedale e le istituzioni civili e religiose garantì una diffusione capillare delle pratiche igieniche e preventive, contribuendo a innalzare il livello di consapevolezza sanitaria tra la popolazione. Infine, la scelta della Ca’ Granda è motivata dal suo impatto duraturo sulla storia della medicina e dell’educazione sanitaria non solo a Milano, ma in tutta la Padania e oltre. La sua struttura e organizzazione divennero un modello per la fondazione di altri ospedali in Italia e in Europa, rendendola un esempio emblematico di come un’istituzione sanitaria possa diventare un motore di progresso educativo e sociale. Attraverso l’analisi della Ca’ Granda, si può dunque comprendere non solo l’importanza delle comunità ospedaliere nella Padania medievale, ma anche il loro ruolo cruciale nella costruzione di una tradizione educativa che avrebbe influenzato profondamente le pratiche sanitarie dei secoli successivi.
Ci supporta, nell’analisi, il volume di Mayall Brasher (2017). La Ca’ Granda di Milano, fondata nel 1456 per iniziativa del Duca Francesco Sforza, rappresenta una delle istituzioni ospedaliere più importanti della Padania medievale e un esempio illuminante di come un ospedale potesse trasformarsi in un centro nevralgico di educazione sanitaria e di promozione del benessere pubblico. La sua storia e la sua evoluzione riflettono l’interazione tra esigenze sanitarie, dinamiche sociali e politiche, e lo sviluppo di pratiche educative innovative. Fin dalla sua fondazione, fu concepita non solo come un luogo di cura per i malati indigenti, ma come un’istituzione con una missione educativa e sociale. La sua costruzione, affidata all’architetto Filarete, era espressione di un progetto ambizioso che mirava a dotare Milano di un ospedale all’avanguardia, sia dal punto di vista architettonico che organizzativo. L’ampia struttura, caratterizzata da lunghi corridoi e da padiglioni disposti in modo razionale, rispondeva non solo alla necessità di ospitare un numero crescente di pazienti, ma anche a quella di garantire condizioni igieniche adeguate, un’innovazione importante per l’epoca.
La Ca’ Granda divenne presto un punto di riferimento per la formazione del personale medico. Le prassi educative adottate al suo interno erano basate su un modello integrato che combinava l’apprendimento teorico con la pratica clinica quotidiana. I medici e gli studenti di medicina che operavano nell’ospedale avevano l’opportunità di confrontarsi direttamente con le malattie e le problematiche sanitarie della popolazione, imparando a gestire casi complessi sotto la supervisione di medici esperti. Questa metodologia migliorava la qualità delle cure offerte ai pazienti, mentre contribuiva a formare una nuova generazione di medici capaci di affrontare le sfide sanitarie del tempo con competenza e professionalità.
L’impatto della Ca’ Granda sulla comunità locale fu profondo e duraturo. L’ospedale non si limitava a curare i malati, ma si impegnava anche nella prevenzione delle malattie e nella diffusione di pratiche igieniche tra la popolazione. Le sue iniziative educative, rivolte non solo al personale medico ma anche ai cittadini, contribuirono a innalzare il livello di consapevolezza sanitaria e a promuovere comportamenti che avrebbero ridotto la diffusione delle malattie. La Ca’ Granda, attraverso la sua interazione con le autorità civili e religiose, influenzò significativamente le politiche sanitarie locali, diventando un modello per altre istituzioni simili nella regione. Infatti, l’importanza della Ca’ Granda non si limitava al contesto milanese, la sua reputazione si diffuse in tutta la Padania e oltre, facendo di questo ospedale un punto di riferimento per la sanità e l’educazione medica in tutta Europa. La sua capacità di combinare innovazione architettonica, efficacia organizzativa e impegno educativo ne fece un esempio di eccellenza che avrebbe lasciato un’impronta duratura nella storia della medicina.
In sintesi, la Ca’ Granda di Milano rappresenta un caso esemplare di come un’istituzione ospedaliera possa svolgere un ruolo focale non solo nella cura dei malati, ma anche nell’educazione sanitaria e nella promozione del benessere pubblico. La sua storia, le sue strutture avanzate, le sue prassi educative innovative e il suo impatto sulla comunità locale sono testimonianze del contributo fondamentale che le comunità ospedaliere hanno dato alla società medievale e alla nascita di un sistema di salute pubblica più organizzato e consapevole.
Il modello della Ca’ Granda di Milano offre preziose lezioni che vanno ben oltre il contesto specifico della sua epoca, offrendo spunti di riflessione su come le istituzioni sanitarie possano giocare un ruolo cruciale nella promozione della salute pubblica e nell’educazione sanitaria. Questo ospedale, con la sua struttura avanzata e le sue prassi educative, dimostra che un approccio integrato alla cura e alla formazione non solo migliora l’efficacia delle cure mediche, ma può anche avere un impatto significativo sul benessere della comunità in generale.
Una delle principali lezioni che emergono dall’analisi della Ca’ Granda è l’importanza di concepire gli ospedali non solo come luoghi di cura, ma come centri di formazione e di diffusione del sapere medico. Questo orientamento olistico, che unisce la pratica clinica all’educazione, ha dimostrato di essere efficace non solo nel migliorare le competenze del personale medico, ma anche nel promuovere una cultura della prevenzione e della salute tra la popolazione. La formazione pratica degli studenti di medicina all’interno dell’ospedale, combinata con lo studio teorico, ha creato un modello di educazione medica che potrebbe essere applicato con successo anche in contesti moderni, dove la formazione sul campo è essenziale per preparare professionisti competenti e capaci.
Inoltre, la Ca’ Granda dimostra come un’istituzione sanitaria possa diventare un attore centrale nel dialogo con le autorità civili e religiose per influenzare le politiche pubbliche in materia di salute. Questo modello di collaborazione interistituzionale ha il potenziale per essere applicato in diversi contesti geografici e temporali, suggerendo che un forte legame tra ospedali, governi e comunità locali è cruciale per lo sviluppo di politiche sanitarie efficaci e sostenibili. La capacità della Ca’ Granda di influenzare le normative sanitarie e di promuovere pratiche igieniche tra la popolazione è un esempio di come gli ospedali possano andare oltre il loro ruolo tradizionale, contribuendo in modo significativo alla salute pubblica. La capacità di un ospedale di agire come un centro di benessere complessivo, piuttosto che limitarsi alla cura delle malattie, rappresenta un modello che può essere adattato e applicato in diverse realtà, promuovendo una visione della salute come equilibrio tra corpo, mente e ambiente sociale:
“La ‘cura del corpo’ cominciò ad avere la precedenza sulla ‘cura dell’anima’. Il risultato istituzionale di questo cambiamento è stata la medicalizzazione dell’ospedale” (Henderson, 2006, p. 27–28).
Certamente, il modello della Ca’ Granda di Milano non è solo un capitolo importante della storia della medicina medievale, ma offre anche insegnamenti preziosi per il presente e il futuro. Le sue pratiche innovative, la sua influenza sulle politiche sanitarie e la sua visione olistica della salute rappresentano un esempio di come un’istituzione sanitaria possa trasformarsi in un motore di progresso sociale e sanitario. La riflessione su questo modello suggerisce che molti dei principi sviluppati dalla Ca’ Granda possono essere applicati in contesti diversi, contribuendo a migliorare la qualità delle cure, a rafforzare le politiche pubbliche e a promuovere una cultura della salute integrata e sostenibile.
L’analisi delle comunità ospedaliere civili e religiose nella Padania medievale rivela un’eredità che si estende ben oltre il periodo in cui queste istituzioni fiorirono, influenzando profondamente lo sviluppo della sanità pubblica e dell’educazione sanitaria nei secoli successivi. Le comunità ospedaliere, attraverso il loro impegno quotidiano nella cura dei malati e nella formazione del personale medico, hanno contribuito a forgiare un modello di assistenza sanitaria che ha lasciato un’impronta duratura sulla società, modellando sia le pratiche mediche che l’approccio alla salute pubblica. Esse rappresentano un punto di svolta nella storia della sanità, poiché per la prima volta si assistette a un’integrazione sistematica tra cura, prevenzione e educazione: approccio integrato alla salute, che includeva la formazione continua del personale e l’educazione della popolazione e che gettò le basi per l’evoluzione futura delle politiche sanitarie e dell’educazione medica.
L’influenza di queste comunità ospedaliere non si esaurì con la fine del Medioevo, ma continuò a manifestarsi attraverso la trasmissione dei loro principi e delle loro pratiche alle generazioni successive, poiché l’idea che un ospedale potesse essere non solo un luogo di cura, ma anche un centro di formazione e di promozione della salute pubblica, fu ereditata e sviluppata dalle istituzioni sanitarie dei periodi successivi, diventando un pilastro dell’organizzazione sanitaria moderna. Le pratiche introdotte dalle comunità ospedaliere padane, come la formazione pratica dei medici e l’attenzione all’igiene, vennero assimilate e perfezionate nel corso dei secoli, contribuendo a formare il quadro di riferimento della medicina contemporanea. La capacità delle comunità ospedaliere di adattarsi alle esigenze sanitarie del tempo, di collaborare con le autorità civili e religiose e di educare la popolazione, rappresenta un modello di resilienza e innovazione che ha trovato eco nelle successive riforme sanitarie e nei sistemi di educazione medica. La loro eredità non si riflette solo nelle istituzioni ospedaliere odierne, ma anche nel modo in cui la società percepisce il ruolo della sanità come elemento centrale del benessere collettivo.
Le comunità ospedaliere padane hanno anche contribuito a formare un ethos di responsabilità sociale nella sanità, un’eredità che si riflette nel concetto moderno di sanità pubblica: vedevano la cura dei malati come un dovere non solo individuale, ma collettivo, in cui l’educazione sanitaria esercitava un ruolo cruciale nel rafforzare il tessuto sociale. La loro esperienza ha dimostrato che un sistema sanitario efficace deve coinvolgere attivamente la comunità, educandola e responsabilizzandola nella gestione della propria salute:
“Oggi, magari discutendo di politica economica sanitaria, la maggior parte delle persone concorderebbe sul fatto che l’ospedale funziona come uno dei “primi doveri di una società organizzata” 1 come servizio pubblico per i membri della comunità che ne hanno bisogno. Questo ideale non è una concezione recente. Emerse già nel XII secolo nell’Europa occidentale in comunità che stavano attraversando sconvolgimenti economici, sociali e politici. Durante l’Alto Medioevo, il dibattito su chi fosse la responsabilità di prendersi cura dei malati e degli indigenti, nonché la preoccupazione del pubblico per la povertà e la criminalità, portarono a un grande esperimento nella creazione di un sistema di assistenza sociale per i poveri e i malati. Uno che è servito da modello per le istituzioni di servizi sociali che esistono ancora oggi. In Italia , l’ emergere di istituzioni per la cura dei bisognosi coincise con l’ascesa delle città e la nascita del capitalismo europeo” (Mayall Brasher, 2017, p. 1).
In questo contesto, le comunità ospedaliere della Padania medievale possono essere viste come precursori di un approccio alla salute che integra cura, prevenzione e educazione in un’unica visione olistica (Gazzini, 2012). Eredità che continua a influenzare il modo in cui concepiamo l’organizzazione della sanità pubblica e la formazione dei professionisti della salute, dimostrando che le lezioni apprese da queste antiche istituzioni sono ancora rilevanti e applicabili nel contesto contemporaneo. Il loro contributo alla costruzione di una cultura della salute integrata è un patrimonio che continua a vivere, arricchendo la nostra comprensione del ruolo delle istituzioni sanitarie nella società: l’idea di un’assistenza sanitaria che non si limiti alla cura delle malattie, ma che promuova anche la prevenzione e l’educazione alla salute, è oggi più rilevante che mai. Inoltre, il concetto di cura integrata, che considera l’individuo nella sua totalità, è oggi alla base di molti modelli di assistenza sanitaria moderna, in particolare quelli orientati alla medicina preventiva e alla gestione delle malattie croniche.
Sono questi i motivi per i quali le comunità ospedaliere della Padania medievale hanno lasciato un’eredità che continua a influenzare il modo in cui pensiamo e pratichiamo la medicina e l’assistenza sanitaria oggi. Il loro modello di cura integrata e di educazione alla salute, che univa medicina, prevenzione, educazione e spiritualità, rappresenta un paradigma che ha attraversato i secoli, adattandosi e rinnovandosi, ma mantenendo intatti i principi fondamentali di una sanità orientata al benessere globale dell’individuo e della comunità. Come attesta lo studio attuale di Mortari & Saiani (2013) e di Jéhanno (2016), il modello non solo ha segnato un’epoca, ma continua a offrire ispirazione e guida per affrontare le sfide della salute pubblica nel mondo contemporaneo.
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[1] Numerosa è la documentazione notarile di città della Lombardia che testimonia la fondazione di ospedali nella zona. Questi includono riferimenti indiretti alle reali origini degli ospedali da successivi documenti rilevanti e un discreto numero di carte fondative o testamenti fondativi per specifici ospedali che ne annotano direttamente la nascita istituzionale. Consulta Vignati (1879); Albini (1990; 2004).