A mapping review of Vygotskian formative interventions

 

Una review degli interventi formativi di matrice vygotskijana

 

Daniele Morselli

Facoltà di Scienze della Formazione, Libera Università di Bolzano (Italy) – daniele.morselli@unibz.it

https://orcid.org/0000-0001-7994-9443

 

Mattia Favaretto

Facoltà di Scienze della Formazione, Libera Università di Bolzano (Italy) – mattia.favaretto@student.unibz.it

https://orcid.org/0000-0001-7911-8092

 

ABSTRACT

This contribution presents a mapping review of Change Laboratory and formative interventions within the framework of Historical-Cultural Activity Theory (CHAT) originated by Vygotsky. The aim is to compare the field applications of these participatory methodologies for social change by analysing both the research groups publishing on these topics and the key concepts used in the publications. Using VOSviewer, the contribution analyses co-authorship links and lexical co-occurrences in 287 publications from 1996 to 2022. The results highlight two main research centres, one in Finland led by Engeström and Sannino and the other by Querol and Vilela in Brazil. The subsequent cluster analysis identifies four groupings of terms that recur together, suggesting a historical specialisation of clusters with respect to the four generations of CHAT studies. Within the third generation, one cluster relates Change Laboratory with expansive learning, while another associates formative interventions with transformative agency and doble stimulation. The conclusions provide methodological recommendations and identify research directions for fourth-generation interventions oriented towards equity and social justice.

 

Questo contributo presenta una mapping review degli interventi formativi e di Change Laboratory nell’ambito della Teoria Storico-Culturale dell’Attività (CHAT) originata da Vygotskij. L’obiettivo è di confrontare le applicazioni sul campo di queste metodologie partecipative per il cambiamento sociale, analizzando sia i gruppi di ricerca che pubblicano su questi temi, sia i concetti chiave utilizzati nelle pubblicazioni. Attraverso VOSviewer, il contributo analizza i legami di co-autorialità e le co-occorrenze lessicali in 287 pubblicazioni dal 1996 al 2022. I risultati evidenziano due nuclei di ricerca principali, uno in Finlandia guidato da Engeström e Sannino e l’altro da Querol e Vilela in Brasile. L’analisi dei cluster identifica quattro raggruppamenti di termini che ricorrono assieme, suggerendo una specializzazione storica dei cluster rispetto alle quattro generazioni di studi CHAT. All’interno della terza generazione, un cluster associa il Change Laboratory con l’apprendimento espansivo, mentre un altro gli interventi formativi con l’agency trasformativa e la doppia stimolazione. Le conclusioni forniscono consigli metodologici e individuano direzioni per la ricerca per interventi di quarta generazione orientati all’equità e alla giustizia sociale.

 

KEYWORDS

Change Laboratory, formative interventions, Cultural-Historical Activity Theory (CHAT), mapping review, VOSviewer; Vygotsky

Change Laboratory, interventi formativi, Teoria Storico-Culturale dell’Attività (CHAT), mapping review, VOSviewer; Vygotskij

 

AUTHORSHIP

Conceptualization (D. Morselli); Data curation (D. Morselli; M. Favaretto); Formal analysis (D. Morselli; M. Favaretto); Investigation (D. Morselli, M. Favaretto); Methodology (D. Morselli); Project administration (D. Morselli); Supervision (D. Morselli); Validation (D. Morselli); Visualization (M. Favaretto); Writing – original draft (D. Morselli); Writing – review & editing (M. Favaretto).

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Authors declare no conflicts of interest.

 

RECEIVED

February 3, 2025

 

ACCEPTED

April 6, 2025

 

PUBLISHED

April 30, 2025


 

1. Introduzione

 

Promuovere il cambiamento sociale attraverso metodologie partecipative ed emancipatrici rappresenta una sfida cruciale nel contesto delle pratiche educative e professionali contemporanee (Hopwood, 2024). In un mondo in continua evoluzione, dove le dinamiche sociali, culturali ed economiche si intrecciano in modi complessi e spesso inattesi, è fondamentale adottare approcci che non solo riconoscano, ma valorizzino il contributo attivo delle comunità coinvolte. In questo contesto, l’importanza di un approccio multidisciplinare che integri teoria e pratica risulta evidente: le comunità non sono semplici destinatari di interventi dall’alto, ma protagonisti attivi nel processo di trasformazione. Oltre ad arricchire l’esperienza formativa, l’adozione di tali pratiche partecipative contribuisce anche a costruire un futuro più giusto e sostenibile, dove ogni voce è ascoltata e ogni esperienza conta.

Nell’ambito della Teoria Storico-Culturale dell’Attività (Cultural-Historical Activity Theory – CHAT), il Change Laboratory è una metodologia consolidata per promuovere le trasformazioni sistemiche e il cambiamento sociale (Engeström et al., 1996; Virkkunen & Newnham, 2013). Come metodologia di intervento formativo, si inserisce coerentemente in questo quadro, offrendo uno spazio di apprendimento collettivo dove le contraddizioni emergenti possono essere affrontate in modo collaborativo e creativo. Da quasi 30 anni ormai, le comunità di ricerca in tutto il mondo utilizzano il Change Laboratory, che Engeström (2011) ha identificato come una tipologia di intervento formativo, insieme alla Quinta Dimensione e alla Clinica dell’Attività (Sannino, 2011).

Malgrado Engeström (2011) abbia definito con chiarezza gli interventi formativi, il rapporto tra questi e il Change Laboratory rimane quantomai ambiguo per almeno due ordini di motivi. In primo luogo, poiché gli studi sulla Clinica dell’Attività e sulla Quinta Dimensione pubblicati a livello internazionale dopo il 2011 sono molto scarsi, la maggior parte degli interventi formativi sono di Change Laboratory. In secondo luogo, i gruppi di ricerca non sempre fanno riferimento a criteri specifici per definire la tipologia del loro intervento sul campo, aumentando così l’incertezza sulle differenze tra interventi formativi e di Change Laboratory.

Si avverte, inoltre, il bisogno di una revisione della letteratura sugli interventi vygotskijani, dato che il loro numero è in costante aumento. Una prima review (Engeström e Sannino, 2010) ha effettuato una panoramica ragionata degli studi di apprendimento espansivo. Recentemente sono apparse due revisioni sul Change Laboratory, una incentrata sulla sua applicazione nel continente africano (Winberg et al., 2023), e l’altra in contesti educativi (Hopwood, 2024). Su questa rivista, invece, Morselli (2019a) ha già effettuato una panoramica ragionata sugli studi di matrice vygotskijana. Questo articolo, infine, presenta una mapping review degli studi sul Change Laboratory e sugli interventi formativi pubblicati a livello globale tra il 1996 e il 2022. Parafrasando Bateson (1979/2000), questa analisi tenta di confrontare la categoria (l’intervento formativo) con uno dei suoi elementi (il Change Laboratory), consapevoli dei rischi logici che questo comporta.

 

RQ: Quali sono le differenze nell’applicazione degli interventi formativi e di Change Laboratory?

 

Il contributo presenta dapprima il Change Laboratory e gli interventi formativi all’interno della cornice delle quattro generazioni di CHAT. Nella sezione metodologica spiega il processo di selezione degli articoli, mentre nell’analisi dei risultati mostra le elaborazioni grafiche effettuate con VOSviewer. Seguono l’interpretazione di queste elaborazioni e le conclusioni sulle più interessanti direzioni di ricerca trasformativa condotta attraverso gli interventi formativi e di Change Laboratory.

 

2. Le quattro generazioni di study vygotskijani

 

La CHAT costituisce un framework multidisciplinare attraverso cui analizzare come le pratiche sociali e culturali influenzano l’apprendimento e il comportamento umano. Le sue quattro generazioni rappresentano un’evoluzione straordinaria nel modo di analizzare l’attività umana, ciascuna focalizzata su un’unità di analisi specifica: dall’atto mediato individuale in Vygotskij, al sistema di attività collettivo di Leont’ev, fino al sistema di attività inserito nel suo network di Engeström e alle attività cross-settoriali e multilivello di Sannino. Ogni generazione ha ampliato i confini della comprensione delle dinamiche culturali e storiche che modellano le nostre azioni. In questo contesto, il Change Laboratory e gli interventi formativi rappresentano un punto di arrivo particolarmente significativo nello sviluppo degli studi vygotskijani.

Iniziando con le fondamenta poste da Lev Vygotskij negli anni ‘20, la scuola Storico Culturale ha cercato di comprendere come le funzioni psichiche superiori siano influenzate dai contesti sociali e culturali (Morselli, 2019a). Vygotskij (1981), infatti, sosteneva che la psiche non fosse un’entità ideale, ma un prodotto dell’evoluzione sociale e culturale, enfatizzando l’importanza dell’interazione sociale nel processo di apprendimento e sviluppo. In questo contesto l’atto mediato rappresenta il processo attraverso il quale strumenti e segni facilitano l’interazione e l’apprendimento umano, fungendo da canali vitali tra gli individui e l’ambiente che li circonda. Sostenuta da Leont’ev (1981), la seconda generazione ha come unità di analisi l’organizzazione vista come un sistema di attività collettivo. L’apprendimento si configura come un’attività socialmente mediata dalle relazioni tra i seguenti componenti: il soggetto che apprende, gli strumenti con cui agisce, la comunità, la divisione del lavoro e le regole che ne guidano le interazioni (Sannino & Engeström, 2018). Un sistema di attività è sempre diretto verso un oggetto. Esso costituisce la materia prima o il problema che i soggetti cercano di trasformare attraverso l’uso di strumenti e risorse e, allo stesso tempo, rappresenta il punto focale che motiva e orienta le azioni dei partecipanti.

La terza generazione di studi estende l’unità di analisi al sistema di attività visto nella rete di attività che con esso interagiscono (Dochy et al., 2021), e si concentra sull’apprendimento espansivo, una forma di apprendimento organizzativo e collettivo che emerge quando alcuni membri di un’organizzazione mettono in discussione lo stato attuale dell’attività, e cominciano a deviare dalle regole stabilite. Mentre più soggetti si uniscono allo sforzo di cambiamento, questi iniziano a cooperare, e progettano un nuovo concetto per la loro attività, lo implementano perché questo progressivamente diventi la nuova prassi. La terza generazione elabora strumenti per facilitare il cambiamento sociale e organizzativo (Sannino, 2011), e culmina nel Change Laboratory, un approccio laboratoriale innovativo e partecipativo che promuove cicli di apprendimento espansivo nelle organizzazioni (Virkkunen & Newnham, 2013). Durante questi laboratori di cambiamento, facilitati dai ricercatori, 15-20 partecipanti analizzano le sfide della loro attività lavorative; partecipando a otto-dieci incontri a cadenza settimanale (oltre a quelli di follow-up) della durata di un paio d’ore, immaginano e progettano, e più tardi implementano nuovi modelli organizzativi.

Successivamente, Engeström (2011) ha introdotto gli interventi formativi, una tipologia d’interventi radicalmente diversa rispetto alle forme tradizionali di ricerca educativa contraddistinte da un approccio top-down e prescrittivo. Il fatto che gli interventi formativi siano basati sulla doppia stimolazione vygotskijana, infatti, determina almeno quattro differenze dagli interventi lineari del Gold Standard americano (Engeström & Sannino, 2010): nel punto di partenza, nel processo, nel risultato e nel ruolo del ricercatore. Negli interventi lineari i contenuti e gli obiettivi dell’intervento sono chiari dal principio. Gli interventi formativi, invece, mettono i partecipanti di fronte a un oggetto complesso e contraddittorio, che essi analizzano e trasformano costruendo un nuovo concetto, la cui essenza si rivela solo durante i laboratori (Engeström, 2011). In secondo luogo, negli interventi del Gold Standard ci si aspetta che i soggetti eseguano l’intervento senza esitazione né critiche, e le difficoltà di esecuzione siano interpretate come criticità da correggere del disegno di ricerca. Negli interventi formativi, invece, i contenuti e il corso dell’intervento sono soggetti a continua negoziazione, e la forma che assume l’intervento è determinata dai partecipanti. Il risultato non è immediatamente generalizzabile ad altri contesti, ma costituisce un punto di partenza per soluzioni specifiche adattate al nuovo contesto. Il ruolo del ricercatore, infine, non è quello di imporre il suo disegno di ricerca, quanto far sì che i partecipanti assumano progressivamente la guida dell’intervento, così che possano sviluppare un’agency collettiva e trasformativa (Morselli, 2019a).

La doppia stimolazione vygotskijana è dunque alla base degli interventi formativi (Engeström & Sannino, 2010). Secondo il pensiero originario di Vygotskij (1997), essa consiste nel mettere i soggetti in situazioni problematiche che superano le loro capacità mentali effettive, fornendo loro due serie di stimoli (Morselli, 2019b): una prima serie costituita dagli oggetti della loro attività spontanea, e una seconda serie di stimoli ausiliari che aiutano nella risoluzione dei problemi. Nel Change Laboratory questo processo è più complesso poiché collettivo e distribuito nel tempo (Engeström, 2011). Durante le sessioni, il ricercatore mostra ai partecipanti i materiali mirror che assurgono a primi stimoli (Virkkunen & Newham, 2013). Si tratta di materiali raccolti sul campo (filmati, interviste, documenti, statistiche, etc.) che mostrano i problemi che pervadono il sistema di attività. La loro discussione guidata dal ricercatore aiuta i partecipanti a costruire una rappresentazione condivisa del primo stimolo (Morselli, 2019b), cioè il problema che si vuole affrontare. In seguito, il ricercatore propone strumenti teorici e/o concettuali che aiutano i partecipanti a ri-mediare in senso vygotskijano la situazione problematica. Questi stimoli potrebbero essere il ciclo di apprendimento espansivo o il triangolo dell’attività umana (Engeström, 2011). Questi, tuttavia, non costituiscono un punto di arrivo, dato che prima o poi i partecipanti costruiscono il loro secondo stimolo, cioè la soluzione che meglio si adatta al loro contesto e al loro problema. Attraverso questo processo, inoltre, i partecipanti sviluppano progressivamente forme di agency collettiva e trasformativa, passando da forme resistenza, opposizione e individualismo a cooperazione, senso d’iniziativa e progettualità.

Il Change Laboratory rappresenta il culmine della terza generazione, ma funge anche da trampolino per interventi di quarta generazione. L’unità di analisi si sposta ai sistemi di attività che devono coalizzarsi per affrontare critical challenges (Sannino, 2020): sfide quali la povertà, il cambiamento climatico o le pandemie, infatti, comportano ampie ramificazioni sociali e, pertanto, collegano un gran numero di sistemi di attività (Engeström & Sannino, 2021). Poiché queste sfide permeano e influenzano gli oggetti di innumerevoli attività, non possono essere trattate come questioni isolate da controllare tramite mezzi tecnici: per affrontarle efficacemente è necessario ripensare radicalmente le nostre società capitalistiche. È così che, ispirandosi al lascito sociologico di Wright (2013), la quarta generazione parla di utopie reali per l’equità e la giustizia sociale, utilizzando il potere delle utopie di orientare l’azione umana attraverso la responsabilità collettiva e l’ottimismo, e contrastando le narrative imperanti di impossibilità e vittimismo (Sannino, 2020).

La quarta generazione ha come unità d’analisi le coalizioni eterogenee (Engeström & Sannino, 2021), ovvero alleanze tra soggetti operanti in diversi settori sociali e livelli di governance, ognuno con prospettive, competenze e risorse uniche (Spinuzzi, 2021). Queste possono includere comunità locali, istituzioni educative, aziende private, agenzie di servizi pubblici, associazioni non governative e organi politici decisionali. Gli interventi richiedono un’espansione radicale delle relazioni sociali per costruire dialogo e collaborazione tra molti sistemi di attività e i loro attori (Engeström & Sannino, 2021). Per fare ciò, l’ultima generazione di studi vygotskijani promuove Change Laboratory multipli e interconnessi, dai livelli locali a quelli municipali, regionali, nazionali e transnazionali, con follow-up prolungati (Sannino, 2020).

 

3. Metodologia

 

La mapping review è impiegata per categorizzare gli studi esistenti su un determinato argomento (Peters et al., 2015). Essa risulta utile in campi caratterizzati da una letteratura ampia e diversificata, poiché offre una panoramica strutturata e visiva delle evidenze disponibili (Levac et al., 2010). Lo scopo è esplorativo: mentre le revisioni sistematiche rispondono a domande specifiche, le mapping review indagano temi più ampi e articolati; aiutano inoltre a evidenziare le aree in cui la ricerca è limitata o inesistente, suggerendo nuove direzioni per futuri approfondimenti. Gli studi analizzati in questa mapping review provengono da EBSCO (424 contributi), Web of Science (1251), Scopus (707) e ProQuest (461). La stringa di ricerca è: (“change lab*” or “formative intervention”) and (“activity theory” or “CHAT” or “expansive learning” or “activity system” or “contradiction” or “double stimulation” or “ascending” or “germ cell” or “transformative agency” or “object”). Altri 17 documenti sono stati recuperati dalla mailing list gestita da CRADLE[1] dal 2016. La Tabella 1 illustra i criteri di inclusione e di esclusione dei contributi.

 

Criteri di inclusione

Criteri di esclusione

Motivazioni

Articoli in rivista

Atti di conferenze

Capitoli di libri

Libri monografici

Tesi di dottorato

Letteratura grigia

Pubblicazioni comparabili in termini di lunghezza e procedure di revisione

Interventi formativi in ambito CHAT

No interventi formativi, no CHAT.

Solo una menzione in bibliografia o nel testo, ma argomento diverso

Selezionare solo gli interventi formativi che si riferiscono al quadro teorico CHAT

Change Laboratory in ambito CHAT

No Change Laboratory, no CHAT.

Solo una menzione in bibliografia o nel testo, ma argomento diverso

Selezionare solo i Change Laboratory che si riferiscono al quadro teorico CHAT

Tabella 1. Criteri di inclusione ed esclusione.

 

Questa revisione della letteratura è stata condotta tra luglio e agosto 2023 attraverso ricerche separate dai due Autori, assicurando così rigore nel processo di selezione. In caso di discordanza si procedeva e discutere le regole di inclusione ed esclusione per trovare consenso intersoggettivo (Ravitch & Carl, 2019). Per essere inclusi i contributi dovevano consistere in articoli di riviste scientifiche, atti di conferenze o capitoli di libri incentrati su un Change Laboratory o un intervento formativo riconducibile al quadro teorico della CHAT. L’analisi ha escluso le monografie, le tesi di dottorato e i report perché non comparabili in termini di lunghezza e di procedure di revisione tra pari. Per essere incluso, un record doveva essere in versione full-text, e almeno l’abstract doveva essere in lingua inglese. Una tabella Excel condivisa ha raccolto tutti i record per evitare duplicati. Gli Autori hanno eseguito uno screening iniziale sul titolo, abstract e parole chiave, e solo in caso di dubbi esaminavano il full-text, anche con ricerche per parole chiave.

L’analisi ha successivamente importato in Zotero i 287 full-text classificandoli per anno e, quando necessario, ha integrato manualmente i metadati (autore, anno, titolo, parole chiave, abstract). Gli Autori hanno salvato questi dati bibliografici in formato RIS, che poi è stato importato su VOSviewer, un software open source particolarmente utilizzato nella ricerca per la creazione e visualizzazione di mappe bibliometriche (Eck & Waltman, 2023). VOSviewer permette di analizzare e rappresentare relazioni tra pubblicazioni scientifiche, autori, riviste e altri elementi attraverso criteri precisi, come citazioni, co-citazioni e co-autorialità. Il software si caratterizza per la capacità di visualizzare dati complessi in modo intuitivo, facilitando l’esplorazione di reti di conoscenza. Una prima analisi di co-autorialità ha generato una mappa bibliometrica in cui i nodi rappresentavano i singoli autori e le connessioni i legami di co-autorialità. Le rispettive dimensioni e la densità hanno evidenziato la forza e la struttura di tali interazioni. La seconda analisi di co-occorrenza, invece, ha permesso di individuare i termini più ricorrenti negli abstract, nei titoli e nelle parole chiave dei contributi. I nodi e gli archi della relativa mappa concettuale hanno evidenziato i cluster tematici corrispondenti ai concetti dominanti nel corpus linguistico CHAT.

 

4. Risultati

 

La Figura 1 mostra il numero di pubblicazioni di Change Laboratory e di interventi formativi avvenute tra il 1996 e il 2022. Gli studi sul Change Laboratory hanno registrato una crescita costante fino al 2012, seguita da un leggero calo. Dal 2014 al 2022 il numero di studi ha ripreso ad aumentare esponenzialmente, con una media di 14 pubblicazioni all’anno. Durante questo periodo, gli interventi formativi hanno acquisito una progressiva rilevanza a partire dal 2011, anno in cui Engeström ha pubblicato il primo articolo sul tema.

 

A graph with numbers and lines

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Figura 1. Numero di pubblicazioni su Change Laboratory e interventi formativi tra il 1996 e il 2022 (fonte: Autori).

 

La Figura 2 rappresenta una mappa di co-autorialità realizzata con VOSviewer. Il criterio d’inclusione era di almeno due contributi per autore. Su 456 record, solo il 21,5% (98 contributi) ha pubblicato almeno due volte sul tema CHAT, e di questi, 67 formano cluster di co-autori. Il software ha individuato due nuclei principali; il primo, più grande e interconnesso a livello globale, è basato in Finlandia, e ha come centro Engeström e Sannino. Vi sono nove raggruppamenti ancorati a questo nucleo con autori sia finlandesi (Kerosuo e Virkkunen), che europei (Morselli in Italia e Nøhr in Norvegia), brasiliani (Cenci), sudafricani (Lotz-Sisitka) e statunitensi (Bal). Tutti questi autori tranne i gruppi di Bal e Lotz-Sisitka pubblicano interventi di Change Laboratory. Bal et al. hanno sviluppato un intervento formativo noto come Learning Lab per l’analisi delle disuguaglianze contro i gruppi etnici marginalizzati nel contesto scolastico (Ko et al., 2024). Lotz-Sisitka et al., invece, hanno condotto interventi formativi integrando CHAT con la teoria realista sociale (Lindley & Lotz-Sisitka, 2019). Questo gruppo supporta la co-generazione di conoscenze e pratiche di gestione sostenibile delle risorse alimentari e ambientali da parte delle comunità rurali (Mukwambo et al., 2022). L’altro nucleo principale è composto da autori brasiliani rappresentato da Querol e Vilela. Questo gruppo ha una curatela (Vilela et al., 2020) su alcuni Change Laboratory aventi come comune denominatore la prevenzione degli incidenti sul lavoro. Dato che ciascuno dei 15 capitoli ha da 9 a 11 coautori, il volume tende a ingigantire questo gruppo sulla Figura 2. Oltre a questi due raggruppamenti, vi sono 21 cluster che operano autonomamente.

 

A close-up of a network

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Figura 2. Mappa di co-autorialità delle pubblicazioni su Change Laboratory e interventi formativi (fonte: Autori; software: VOSviewer).

 

La successiva analisi delle co-occorrenze si concentra sui termini presenti nei titoli, parole chiave e abstract. VOSviewer ha considerato i termini che ricorrevano più di 50 volte, individuando così 68 parole chiave. Undici sono state escluse poiché di uso comune (e.g., tempo, uso, modo, ecc.) o direttamente legate al gergo editoriale (e.g., articolo, paper, capitolo, ecc.). I restanti 57 termini hanno formato quattro cluster raffigurati da colori diversi nella Figura 3.

 

A network of colorful dots and lines

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Figura 3. Mappa di co-occorrenza dei termini chiave nelle pubblicazioni su Change Laboratory e interventi formativi (fonte: Autori; software: VOSviewer).

 

Sulla base dell’analisi dei cluster, la Tabella 2 elenca i termini principali e il rispettivo numero di occorrenze nel corpus di dati.

 

Cluster 1

processo 190, Change Laboratory 160, cambiamento 156, apprendimento espansivo 129, lavoro 114, approccio 109, azione 98, strumento 83, concetto 82, modello 80, trasformazione 77

Cluster 2

analisi 148, intervento 141, contraddizione 117, intervento formativo 113, agency trasformativa 87, agency 79, dati 73, doppia stimolazione 56

Cluster 3

pratica 200, sviluppo 189, apprendimento 159, metodologia 106, Teoria Storico-Culturale dell’Attività (CHAT) 119, oggetto 65, conoscenza 61, sistema di attività 60.

Cluster 4

attività 230, insegnante 215, scuola 147, studente 130, educazione 126, progetto 62, bisogno 60, comunità 57, collaborazione 54

Tabella 2. Cluster di termini chiave basati sull’analisi delle co-occorrenze.

 

5. Discussione dei risultati

 

La domanda di ricerca che ha guidato la mapping review è la seguente: Quali sono le differenze nell’applicazione degli interventi formativi e di Change Laboratory?

Va segnalato che a un intervento formativo o di Change Laboratory spesso corrispondono diverse pubblicazioni in cui gli autori analizzano un particolare processo o prodotto dell’intervento. Gli interventi effettivi, cioè, sono molti meno degli articoli pubblicati, così come peraltro già rilevato da Hopwood (2024). La Figura 1 evidenzia il numero e l’interesse crescenti per le pubblicazioni sul Change Laboratory e sugli interventi formativi. Una prima differenziazione riguarda la datazione dei contributi: mentre le prime pubblicazioni sul Change Laboratory risalgono a prima del 2000, gli studi sugli interventi formativi sono apparsi a partire dal 2011. Una seconda importante differenza riguarda la numerosità: le pubblicazioni sui Change Laboratory sono circa il triplo di quelle sugli interventi formativi, che rimangono così un prodotto più residuale.

A seguire, la Figura 2 mostra due nuclei di ricerca principali che pubblicano sistematicamente su questi argomenti, uno basato in Finlandia e l’altro in Brasile, oltre a una serie di autori non connessi tra loro. Tutti questi gruppi pubblicano interventi di Change Laboratory, a parte i gruppi di Bal et al. e Lotz-Sisitka et al. che pubblicano interventi formativi. Gli altri 21 gruppi non collegati hanno pubblicato in modo più occasionale. Si può quindi ipotizzare che ciascun gruppo di ricerca scelga se facilitare Change Laboratory o interventi formativi, e mantenga questa scelta con coerenza nel tempo.

La Figura 3 e la Tabella 2 presentano i quattro cluster di concetti CHAT che risultano dall’analisi di co-occorrenza di CHAT, titoli e parole chiave dei documenti analizzati. Il cluster 1 evidenza gli studi di terza generazione, associando il Change Laboratory allo studio dell’apprendimento espansivo. Anche il cluster 2 si riferisce alla terza generazione, ma si focalizza sugli interventi formativi, che vengono associati alla doppia stimolazione e all’agency, temi di ricerca più recenti, come ad esempio Haapasaari et al. (2016), che hanno categorizzato i vari stadi di sviluppo dell’agency trasformativa. Il cluster 3 potrebbe riguardare gli studi più classici, possibilmente di seconda generazione, data la centralità dei concetti di sistema di attività e del suo oggetto.

Il cluster 4, infine, indica i contesti di questi interventi, in particolare il loro utilizzo in ambito educativo, che appare preponderante rispetto ad altri setting quali quello ospedaliero e medico universitario, le organizzazioni private, e le associazioni non governative. Questo cluster rispecchia la dimensione partecipativa degli interventi formativi, che riguardano insegnanti, studenti e la più ampia comunità educante. Data questa enfasi sulla comunità e sulla partecipazione, si può ipotizzare che questo cluster anticipi gli studi di quarta generazione. Rispetto alla domanda di ricerca, l’analisi dei cluster suggerisce che il Change Laboratory sia maggiormente utilizzato per esaminare le dinamiche di apprendimento espansivo, mentre gli interventi formativi indaghino temi di costituzione più recente come lo sviluppo dell’agency trasformativa e collettiva, spesso attraverso il meccanismo della doppia stimolazione.

 

6. Conclusioni

 

Negli ultimi anni, la letteratura sul Change Laboratory e sugli interventi formativi ha conosciuto un’espansione straordinaria, rivelando nuove opportunità per gli interventi vygotskijani per l’innovazione e il cambiamento sociale (Sannino, 2011). Questo contributo ha eseguito per la prima volta una mapping review degli studi pubblicati (articoli, capitoli di libri e atti di conferenze) dal 1996 al 2022. L’analisi ha confrontato la categoria (gli interventi formativi) con un suo elemento (il Change Laboratory), un’operazione che, come Bateson (1979/2000) giustamente rileva, presenta criticità dal punto di vista logico. L’analisi, tuttavia, ha evidenziato differenze empiriche nel loro utilizzo, mantenendo la distinzione dal punto di vista teorico così come proposto da Engeström (2011).

La Figura 1 suggerisce che l’interesse per gli interventi formativi sia più recente. È possibile che in futuro i gruppi di ricerca CHAT sviluppino nuove tipologie di interventi in ambito sociale, educativo e organizzativo. Un esempio significativo è il Learning Lab, uno spazio di ricerca e sperimentazione all’interno delle istituzioni educative in cui sviluppare strategie compensative per ridurre le disuguaglianze che colpiscono i gruppi etnici marginalizzati (Ko et al., 2024). Affiancando il Change Laboratory, il Learning Lab si afferma come un elemento innovativo che amplia la categoria degli interventi formativi, e quindi contribuisce a differenziare la categoria dai suoi elementi.

Per chiarezza metodologica si rileva perciò opportuno che i gruppi di ricercatori non scrivano genericamente che hanno facilitato un intervento formativo, ma proprio come il gruppo di Bal e Ko, ne specifichino le caratteristiche. I gruppi di ricerca potrebbero conferire un nome distintivo al loro intervento, ed esplicitare somiglianze e differenze con altri interventi formativi quali il Change Laboratory, la Clinica dell’Attività o la Quinta Dimensione. Per esempio, Lémonie et al. (2021), facilitano un intervento formativo a cavallo fra terza e quarta generazione in un distratto scolastico, situandolo tra la Clinica dell’Attività e il Change Laboratory. Così facendo, la differenza tra intervento formativo e di Change Laboratory rimarrà quella voluta originariamente da Engeström (2011), dove il primo è la categoria e il secondo un suo elemento.

Successivamente, l’analisi bibliografica (Figura 2) suggerisce due principali nuclei di ricerca, mentre i rimanenti ricercatori pubblicano in modo più isolato e sporadico. Se ci fosse una maggiore cooperazione fra gruppi di ricerca isolati, si potrebbero meglio analizzare i diversi interventi in forma comparativa. Questo permetterebbe sia di analizzare diversi processi di sviluppo, come l’apprendimento espansivo o l’agency trasformativa, sia di individuare quali approcci e strategie risultano efficaci in ciascun contesto, illustrandone le ragioni teorico-pratiche. In linea con lo spirito di CHAT, che mira a integrare teoria e prassi (Sannino, 2011), si rafforzerebbero così le basi teoriche degli interventi formativi, migliorando allo stesso tempo anche l’efficacia delle loro applicazioni, È quindi auspicabile che anche i gruppi di ricerca più autonomi si integrino nella rete attraverso analisi e pubblicazioni congiunte.

Infine, l’analisi testuale (Figura 3) ha identificato quattro cluster di concetti che co-occorrono sistematicamente. Questa analisi suggerisce una progressiva specializzazione degli studi di terza generazione CHAT: se i Change Laboratory si focalizzano sui processi di apprendimento espansivo, gli interventi formativi indagano lo sviluppo dell’agency trasformativa, in particolare attraverso la doppia stimolazione vygotskijana. Ulteriori ricerche dovranno confermare la validità dei cluster identificati e approfondirne l’evoluzione storica, con l’obiettivo di mettere in luce sia gli usi più consolidati che quelli emergenti. Mentre, infatti, l’analisi dei cluster ha evidenziato le linee di ricerca più diffuse, è altrettanto importante prestare attenzione a quelle non ancora rappresentate. Tra queste spiccano la co-creazione di nuovi concetti culturali (Engeström, 2024) e le forme innovative di agency, come l’agency relazionale e la posizionalità attivista-trasformativa (Hopwood & Sannino, 2023), che vanno a integrare lo studio dell’agency collettivo-trasformativo (Morselli, 2019a).

Gli studi di quarta generazione orienteranno la ricerca CHAT verso ulteriori direzioni: la facilitazione di Change Laboratory multipli e interconnessi; la formazione e il consolidamento di coalizioni eterogenee e reti di sistemi d’attività che fungono da nuova unità d’analisi; la promozione di utopie reali di equità e giustizia sociale di fronte ai critical challenge generati dal capitalismo (Sannino, 2020). Ed è di fronte all’attuale paralisi dell’immaginario globale (Fisher, 2018) che le utopie reali permettono di riorientare concretamente gli sforzi di cambiamento sociale. Esse giocano, infatti, il ruolo fondamentale di secondo stimolo vygotskijano che supporta la risoluzione collettiva delle sfide sociali critiche con la creazione di alternative sostenibili allo status quo che possano superare gli attuali modelli di sviluppo economico. Da ciò consegue la necessità di favorire la cooperazione tra gli attori coinvolti, in particolare negli studi di quarta generazione, che riconoscono un ruolo centrale a comunità e società civile (Favaretto, 2024).

In conclusione, la crescente rilevanza degli studi di terza e quarta generazione, con l’affermazione sul campo di Change Laboratory e interventi formativi, rappresenta una rivoluzione nel panorama della ricerca educativa contemporanea. Questi approcci non solo favoriscono il cambiamento sociale, ma si configurano anche come strumenti indispensabili per affrontare le sfide emergenti della nostra epoca. È cruciale che tali interventi coniughino rigore metodologico e teorico (Marcelli & Morselli, 2022), evitando approcci superficiali che potrebbero comprometterne il potenziale trasformativo. Come dimostrato dalla co-autorialità di Figura 2, infatti, quasi l’80% degli autori ha pubblicato solo uno studio sugli interventi formativi o di Change Laboratory. Da un lato questo genera perplessità sul loro rigore metodologico, e dall’altro impone un invito all’azione per diffondere e facilitare tali interventi a livello globale. La necessità di una ricerca continua in questo ambito diviene così imprescindibile: solo un’analisi approfondita e riflessiva può assicurare che gli interventi formativi non si limitino a essere pratiche estemporanee, ma diventino catalizzatori di cambiamenti duraturi e significativi. In un contesto in cui giustizia sociale, equità e sostenibilità diventano temi sempre più pressanti, è essenziale che la ricerca educativa continui a esplorare e sviluppare interventi formativi guidati da una visione critica, responsabile e rigorosa.

 

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[1] Centre for Research on Activity, Development and Learning, il principale gruppo di ricerca sulla CHAT dell’Università di Helsinki.