Transversal Skills and Professional Motivation in Qualifying Courses for Secondary School: An Exploratory Investigation
Competenze trasversali e motivazione professionale nei percorsi abilitanti per la scuola secondaria: Un’indagine esplorativa
Gianluca Amatori
Università Europea di Roma (Italy) – gianluca.amatori@unier.it
https://orcid.org/0000-0002-2477-2422
Maria Buccolo
Università Europea di Roma (Italy) – maria.buccolo@unier.it
https://orcid.org/0000-0002-8527-3301
Alessia Travaglini
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo (Italy) – alessia.travaglini@uniurb.it
https://orcid.org/0009-0000-7712-4288
Teacher training represents a crucial challenge for the construction of equitable, inclusive and accessible school contexts. Training courses tend to focus on increasing knowledge instead of examining the factors that help people cope with uncertainty and stress. The paper intends to examine the profile of teachers participating in the qualifying courses for lower and upper secondary schools (30–36 and 60 credits), with particular attention to emotional and motivational aspects. The exploratory research, conducted through a qualitative-quantitative approach, highlights that students acknowledge the importance of transversal skills in professional action, feeling vulnerable to situations of anxiety, fear and shame. These results stress the importance of developing training courses that promote adequate reflection on all dimensions, including relational, cognitive and social aspects.
La formazione dei docenti rappresenta una sfida cruciale per la costruzione di contesti scolastici equi, inclusivi e accessibili. Ciò nonostante, i percorsi formativi sono maggiormente orientati agli aspetti più propriamente disciplinari, tralasciando la centralità dei fattori che consentono di agire in condizioni di incertezza e di stress. Sulla base di tali considerazioni, il contributo si pone l’obiettivo di indagare il profilo delle/i docenti frequentanti i percorsi abilitanti per la scuola secondaria di primo e secondo grado (30–36 e 60 CFU), ponendo una particolare attenzione agli aspetti emotivi e motivazionali. Da una prima indagine esplorativa, condotta attraverso un approccio di tipo quali-quantitativo, le/i corsiste riconoscono l’importanza delle competenze trasversali nell’agire professionale, percependosi vulnerabili rispetto a situazioni di ansia, paura e vergogna. Ne consegue la necessità di implementare percorsi formativi che promuovano una riflessione adeguata su tutte le dimensioni – relazionali, cognitive, sociali, ecc. – che investono la professione docente.
Transversal skills, Professional motivation, Training, Skills, University
Competenze trasversali, Motivazione professionale, Formazione, Competenze, Percorsi universitari
This paper is the result of the joint contribution by listed Authors. Section §1 (G. Amatori), Section §2 (M. Buccolo), Section §3 (G. Amatori), Sections §4–5 (A. Travaglini), Sections §6–7 (M. Buccolo), Section §9 (G. Amatori, M. Buccolo, A. Travaglini).
January 30, 2025
April 6, 2025
April 19, 2025
Una questione sicuramente cruciale è quella relativa alla formazione dei docenti, sulla quale si è, ricorsivamente, attivato un profondo e proficuo dibattito che ha coinvolto pedagogisti, legislatori, docenti, esponenti delle forze politiche e sindacali, ecc., descrivendo in modo ricorsivo situazioni di criticità, e mancanza di chiarezza, che ha generato in molti casi la predisposizione di quadri normativi poco organici e coesi (Baldacci, 2023; Bocci, 2021; Lombardi, Testa & Travaglini, 2024; Pellerey, 2006; Trinchero, 2018). Attualmente, un punto di riferimento imprescindibile è dato dal Decreto Ministeriale n. 621 del 22 Aprile 2024, che segna un passaggio significativo nel delineare i percorsi formativi abilitanti rivolti alle/i futuri docenti, concludendo – almeno momentaneamente – l’iter avviato in precedenza dalla Legge 79/2022, costituente la conversione in legge del D.L. 36/2022. Nello specifico, il decreto suddetto istituisce cinque diverse tipologie di percorsi formativi, che risultano così configurati:
1. percorso universitario di 60 CFU, rivolto alle/gli aspiranti docenti laureati, nonché alle/gli studentesse/i iscritte/i a un corso di laurea magistrale. Tale titolo è condizione imprescindibile per la partecipazione al concorso.
2. percorso universitario di 36 CFU, rivolto ad aspiranti docenti in possesso dei 24 CFU, nonché vincitori del relativo concorso;
3. percorso universitario di 30 CFU, che contempla diverse casistiche. Quest’ultimo, infatti, riguarda:
a. docenti in possesso di un’altra abilitazione oppure che hanno prestato servizio a scuola per almeno tre anni, di cui uno nella specifica classe di concorso in cui intenda conseguire l’abilitazione;
b. coloro che necessitano di completare l’iter di assunzione, risultando vincitori di un concorso a cattedra;
c. coloro che devono completare il percorso formativo, avendo già conseguito i 24 CFU;
d. coloro che si accingono a partecipare al concorso per il quale è condizione imprescindibile aver conseguito i 30 CFU che, di per sé, non sono abilitanti.
La ratio del legislatore è pertanto quella di operare una differenziazione dell’offerta formativa, attraverso un sistema di riconoscimenti ed esoneri che conduce ad ampliare – o, al contrario, a ridurre – i percorsi formativi in relazione alle esperienze pregresse delle/i corsisti.
È significativo osservare come il testo menzionato non entri direttamente in merito rispetto a questioni salienti che riguardano la professione docenti – per le quali si rinvia al D.Lgs. 59/2017. Più che altro, il documento si esprime in merito alla modalità di erogazione della formazione – che può avvenire anche online purché in modalità sincrona – ai costi massimi da richiedere ai corsisti, nonché alle modalità di frequenza del tirocinio diretto, da svolgersi sotto la supervisione di personale docente in servizio.
Tale decreto è poi corredato da due allegati che riguardano la ripartizione dei posti assegnati a ciascuna Università, Accademia o Conservatorio (Legge 79/2022, Allegato A) – calcolati sulla base del fabbisogno ministeriale – e la tabella di valutazione dei titoli dei candidati, necessaria ai fini della costituzione di graduatorie di merito.
A nostro avviso, affinché la formazione possa essere realmente efficace, in termini di acquisizione di competenze significative, è necessario che tenga in considerazione anche aspetti non riconducibili esclusivamente ai saperi disciplinali, in quanto la professione docente, per definizione, è attraversata dalla complessità. Nel corso del presente contributo cercheremo quindi di focalizzare l’attenzione – dando voce alle esperienze e ai vissuti dei corsisti frequentati i corsi abilitanti per la scuola secondaria attivati dall’Università Europea di Roma – sull’intreccio tra le competenze trasversali, e fattori, tanto complessi quanto rilevanti, quali la motivazione e i bisogni emotivi.
Uno dei concetti cardine su cui si orienta la formazione è quello di competenza, termine che risulta di difficile definizione e circoscrizione, contemplando in sé una molteplicità di fattori. Secondo Le Boterf (2002), ad esempio, il termine competenza rappresenta la risultante di diversi fattori, interni ed esterni all’individuo. Ne consegue che il compito del professionista è quello di consentire a tale combinazione di emergere in modo significativo per l’individuo (Buccolo, 2024). Le risorse, a loro volta, indicano un patrimonio che riguarda e attraversa non solo l’individuo, ma anche la collettività più estesa: essere competenti allora significa, per rimanere nel solco tracciato da Le Boterf (2008), saper integrare diverse dimensioni: saper agire, voler agire e poter agire. La prima allude alla capacità di saper combinare e mobilitare le diverse risorse a disposizione, la seconda riguarda in modo più diretto la motivazione individuale, mentre la terza si riferisce più propriamente al contesto nel quale è inserito il professionista (Buccolo, 2024). Ciò implica che la formazione di un professionista non può essere scissa da un’attenzione costante al contesto più ampio di riferimento che potrebbe, paradossalmente, depauperare gli sforzi formativi compiuti dal soggetto che apprende. Non a caso Pineau (1985) descrive la formazione come un processo che attraversa tre dimensioni: l’autoformazione, l’etero-formazione e l’ecoformazione. In altre parole, la formazione acquisisce realmente significatività se consente all’individuo di lavorare con gli altri e per gli altri, all’interno di un contesto collaborativo (Travaglini, 2025). Pertanto, proporre percorsi formativi che non tengano sufficientemente conto delle competenze da acquisire, che dovrebbero gradualmente comporre l’habitus professionale del soggetto che apprende, delle motivazioni sottostanti che guidano le azioni del docente, nonché delle spinte sociali che fanno solo apparentemente da sfondo all’azione del docente, significa considerare l’individuo in modo settoriale, guardando solo a una dimensione dell’agire umano. Marcuse (1967), nella famosa opera “L’uomo a una dimensione”, critica fortemente la tendenza a guardare la realtà umana secondo un’unica prospettiva – ad esempio, quella di tipo consumistico, che considera l’individuo in base alla prestazione da questi dimostrata – invitando piuttosto a soffermarsi su tutto ciò che va oltre il mero criterio di efficienza, descritto secondo criteri meramente quantitativi. Così afferma infatti lo studioso: “il concetto filosofico uomo allude alle facoltà umane pienamente sviluppate che lo distinguono, e che appaiono come possibilità realizzabili a partire dalle condizioni in cui gli uomini vivono realmente” (p. 219). È in tale prospettiva che, pertanto, risultano centrali le competenze trasversali che – come suggerito dall’uso stesso del termine “trasversale” – riguardano ciò che attraversa l’intera vita dell’individuo, considerando gli ambiti professionali e non. Nello specifico, le competenze trasversali possono essere suddivise in tre macroaree:
“relazionarsi in modo adeguato con l’ambiente fisico, tecnico e sociale; affrontare e gestire operativamente l’ambiente, il compito e il ruolo sia mentalmente, sia a livello della condotta finale; diagnosticare le caratteristiche dell’ambiente, del compito e del ruolo assegnato” (Pellerey, 2006, p. 68).
Queste – definite anche soft skills – “possono essere applicate in aree, geografie, lavori e contesti diversi, si esercitano nelle relazioni lavorative e interpersonali, sono essenziali per la sopravvivenza in contesti caratterizzati da cambiamenti veloci e profondi, possono essere allenate” (Amicucci, 2019, p. 40). Nel corso degli anni sono state proposte diverse classificazioni delle competenze trasversali, che hanno dato rilievo a elementi tra loro diversificate: ad esempio, l’OECD nel 2003 ha stilato una lista di nove competenze trasversali, divenute poi 22 nel 2011 nell’ambito della ricerca Transferability of skills across economic sectors. Role and importance for employment at European levels (Biasin & Pacquola, 2019). Il framework LifeComp (Sala et al., 2020; tr. it. Marcelli, 2024) individua, invece, nove competenze trasversali, che riguardano l’area sociale, l’area personale e l’area “imparare a imparare”, che possono essere acquisite nei contesti formali e non formali, risultando centrali per consentire all’individuo di partecipare in modo positivo alla vita sociale. Al di là dei differenti repertori individuati dalle numerose ricerche, l’idea di fondo è che l’acquisizione di competenze risenta fortemente degli aspetti motivazionali ed emotivi. Per quel che concerne il primo aspetto – le motivazioni che conducono gli individui alla scelta di divenire docenti – si tratta di una questione centrale sul quale si è costruito, nel corso del tempo, un profondo dibattito (Lisimberti, 2007; Watt & Richardson, 2008). In generale, le motivazioni che conducono alla scelta di una professione possono essere dettate da fattori di diverso tipo: la motivazione può essere infatti di tipo valoriale, oppure dettata dalle aspettative di successo, sulle quali non sono ininfluenti, a loro volta, questioni legate alla stabilità lavorativa ed economica (Viola et al., 2021). Nel contesto italiano, sono stati effettuati diversi studi volti a indagare le motivazioni degli aspiranti docenti iscritti in percorsi di formazione iniziale. In generale, emerge una differenziazione tra le percezione tra futuri docenti curricolari e specializzati per il sostegno: i primi sembrerebbero essere mossi soprattutto dal desiderio di raggiungere una stabilità lavorativa (Mura, 2014), mentre sui secondi sembrerebbero incidere maggiormente i fattori di tipo intrinseco, quali la percezione che tale professione abbia un indiscusso valore sociale (Viola et al., 2021; De Mutiis & Amatori, 2023), il ruolo centrale di valori altruistici (Viola & Capodanno, 2022) oppure il desiderio di acquisire competenze significative (Bocci et al., 2021; De Mutiis & Amatori, 2023). Non a caso, i docenti che si percepiscono maggiormente autoefficaci si impegnano in modo più proficuo e continuativo nel proprio contesto lavorativo, mostrando un maggior livello di coinvolgimento e di affezione al lavoro (Caprara et al., 2002).
La motivazione, inoltre, risulta estremamente associata alla soddisfazione lavorativa, nonché – aspetto di non secondaria importanza – al voler agire efficacemente nei diversi contesti, fattore questo che si situa in maniera intermedia tra il saper agire e il poter agire (Le Boterf, 2022). In altre parole, più un docente si sente motivato allo svolgimento della professione scelta, più cercherà di acquisire quelle competenze che, a loro volta, lo mettono nella condizione di promuovere interventi didattici inclusivi, adeguati ed efficaci (Buccolo et al., 2021). Inoltre, le/i docenti motivati sono maggiormente disponibili a conoscere sé stessi, partendo dalle proprie emozioni e dai propri vissuti, con l’obiettivo di instaurare relazioni efficaci con le/gli allieve/i (Buccolo, 2019). Sulle motivazioni, inoltre, possono incidere fattori famigliari oppure i modelli sociali di riferimento: ad esempio, coloro che hanno i genitori docenti risultano maggiormente orientati a intraprendere tale scelta professionale (Buccolo & Travaglini, 2024).
In definitiva, possiamo quindi ritenere che i tre elementi qui descritti – competenze trasversali, motivazioni professionali ed emozioni – se integrate opportunamente tra di loro, creano le condizioni favorevoli per consentire al professionista, compatibilmente con le situazioni contestuali, di agire in modo conforme in linea con le proprie intenzionalità e capacità. Come evidenzia Mortari (2024), si tratta di un processo non semplice in quanto la costruzione di un contesto inclusivo richiede al docente “la passione per il sapere, e insieme la capacità di cogliere le specificità di ciascun allievo, di comprendere i bisogni, le eventuali fragilità e difficoltà, per poi disegnare percorsi attenti al profilo originale di ciascuno” (Mortari, 2024, p. 22).
Sulla base di tali premesse, presentiamo in questa sede gli esiti di una ricerca esplorativa volta a indagare il profilo degli aspiranti docenti frequentanti i percorsi abilitanti volti al conseguimento dei 30–36 e 60 CFU, con l’obiettivo di individuare le criticità e le potenzialità di tali proposte formative.
Per esplorare la relazione tra le competenze, aspettative e motivazioni professionali delle/ docenti in formazione è stata strutturata la presente ricerca esplorativa, che si pone l’obiettivo di indagare il modo in cui le/i futuri docenti si percepiscono in relazione a tali variabili. Nello specifico, sono state poste le seguenti domande di ricerca, diversificate in relazione ai differenti percorsi formativi.
1. Quali competenze trasversali sono riconosciute significative dalle/i corsisti ai fini dello svolgimento del ruolo di docente?
2. Quali motivazioni hanno condotto alla scelta di divenire docente?
a. Quali motivazioni hanno suscitato il desiderio di modificare la propria classe di concorso/grado di scuola in cui si insegna?
3. Quali sono le emozioni vissute generalmente nel contesto scolastico?
4. Quali aspetti si desidera approfondire all’interno del percorso formativo?
1. Quali competenze trasversali sono riconosciute significative dalle/i corsisti ai fini dello svolgimento del ruolo di docente?
2. Quali motivazioni hanno condotto alla scelta di divenire docente?
3. Quali sono le emozioni che immaginano si possano vivere nel contesto scolastico?
4. Quali aspetti si desidera approfondire all’interno del percorso formativo?
Come si evince da quanto riportato, la differenziazione riguarda le domande n. 2 e 3: per quel che concerne la n. 2, abbiamo ritenuto importante discriminare coloro che aspirano a divenire docenti da quanti, invece, desiderano insegnare in un’altra classe di concorso oppure grado di istruzione; analogamente, la domanda n. 3 è stata posta in due modalità differenti per discernere le emozioni e i vissuti effettivamente provati dalle/i docenti nel corso della propria attività di insegnamento da quelli ipotizzati da quanti, al contrario, non hanno maturato ancora esperienze in aula.
Nell’individuazione delle domande di ricerca, siamo stati orientati dall’ipotesi di fondo che un docente tanto più si percepisce competente – soprattutto per quel che concerne le competenze trasversali, che riguardano, come visto precedentemente, la relazione con gli altri, la gestione degli imprevisti, la capacità di portare a termini percorsi innovativi, ecc. – tanto più avverte il contesto scolastico come un luogo in cui poter esprimere al meglio le proprie risorse.
In linea con il framework teorico illustrato nel precedente paragrafo, per esplorare le aspettative e il profilo autopercepito delle/i docenti in formazione è stato elaborato un questionario di tipo quali-quantitativo – con opportune differenziazioni in relazione al percorso formativo di riferimento – strutturato come da Tabella 1.
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Dimensione indagata |
30–36 CFU |
60 CFU |
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1. Ambito socio-anagrafico |
Sette item volti a indagare: genere, età, titolo di studio, scuola presso la quale si insegna, tipologia di docenza (curricolare o specializzazione al sostegno), classe di concorso di appartenenza, grado di scuola nella quale si desidera insegnare |
Sette item volti a indagare: genere, età, titolo di studio, professione attuale, eventuale esperienza di insegnamento, classe di concorso di appartenenza, grado di scuola nella quale si desidera insegnare. |
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2. Competenze trasversali |
Due item volti a indagare le competenze trasversali acquisite e quelle da potenziare; due domande aperte di approfondimento. |
Due item volti a indagare le competenze trasversali acquisite e quelle da potenziare; due domande aperte di approfondimento. |
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3. Motivazioni professionali |
Quattro item strutturati volti a indagare: le motivazioni che hanno condotto alla scelta di divenire docenti e di modificare classe di concorso/grado di scuola; i modelli educativi di riferimento; i copioni di vita elaborati nel corso dell’infanzia. |
Tre item strutturati volti a indagare: le motivazioni che hanno condotto alla scelta di divenire docenti; i modelli educativi di riferimento; i copioni di vita elaborati nel corso dell’infanzia. |
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4. Le emozioni |
Un item strutturato volto a rilevare le emozioni vissute abitualmente nel contesto scolastico. |
Un item strutturato volto a rilevare le emozioni associate al ruolo di docente. |
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5. Le aspettative |
Un item strutturato volto a indagare le aspettative formative in seguito alla frequenza del corso; una domanda aperta volta a rilevare il modo in cui i corsisti si percepiscono, a distanza di dieci anni. |
Un item strutturato volto a indagare le aspettative formative in seguito alla frequenza del corso; una domanda aperta volta a rilevare il modo in cui i corsisti si percepiscono, a distanza di dieci anni. |
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6. Libere osservazioni |
Una domanda aperta |
Una domanda aperta |
Tabella 1. Schema dei questionari somministrati alle/i corsiste/i dei differenti percorsi.
I questionari sono stati diffusi attraverso la piattaforma Google Moduli in concomintanza con l’avvio delle attività didattico-formative: tale scelta è stata dettata dal desiderio di poter osservare il profilo dei corsisti prima che avessero luogo i processi diretti di insegnamento-apprendimento.
Procediamo ora con l’illustrare i risultati in merito a ciascuna area di riferimento e a ciascun percorso formativo.
Hanno risposto complessivamente al questionario 406 corsiste/i: di queste/i, il 65% si riconosce nel genere femminile e il 35% in quello maschile. Per quel che concerne l’età, si riscontra la seguente distribuzione: meno di 30 (7,6%); 31–40 (38,9%); 41–50 (38,2%); 51–60 (14,5%); 61 e oltre (0,7%). Inoltre, la maggior parte delle/gli intervistate/i lavora nella scuola secondaria di secondo grado (39,9%); a seguire, troviamo la scuola secondaria di primo grado (32,3%), e la scuola primaria (3,7%). A queste/i poi si aggiungono coloro (24,1%) che dichiarano di non ricoprire nessun incarico di insegnamento. Per quel che concerne la tipologia di cattedra, l’81,5% insegna in qualità di docenti curricolari, mentre il 18,5% sono docenti specializzati per le attività di sostegno.
In relazione al titolo di studio, il 55,7% dichiara di possedere una laurea, mentre la parte rimanente possiede, in aggiunta alla laurea, il master di primo (24,1%) e secondo livello (12,1%) e il dottorato di ricerca (7,6%). In aggiunta, annoveriamo due persone, pari allo 0,5%, che si esprimono utilizzando l’opzione “altro”.
In relazione alla distribuzione delle/i docenti in relazione alle classi di concorso, si assiste a una situazione piuttosto eterogenea, che vede tuttavia una prevalenza delle/gli aspiranti della scuola secondaria di primo grado, più precisamente delle discipline “Tecnologia” (17%) e “Discipline letterarie” (18,2%): nella secondaria di secondo grado, invece, si riscontra un leggere prevalenza delle discipline scientifiche (Matematica = 10,3%; Matematica e fisica = 9,4%) seguite da “Scienze motorie” (7,4%) e dalle “Discipline letterarie” (7,1%).
A livello complessivo, invece, la maggior parte delle/i partecipanti desidera insegnare nella scuola secondaria di secondo grado (59,4%), contro il 40,6% che, al contrario, predilige la secondaria di primo grado.
Tale gruppo si presenta, rispetto a quello precedente, più giovane dal punto di vista anagrafico: infatti, il 31,9% ha meno di 30 anni, il 40,6% si trova all’interno della fascia 31–40, il 21,3% ha un’età compresa tra i 41 e i 50 anni, mentre il 6,3% si colloca nella classe 51–60. Ciò è dovuto al fatto che all’interno di tale gruppo vi sono persone che hanno conseguito da poco la laurea e che pertanto non hanno ancora alle spalle un percorso lavorativo significativo. Di queste/i, la maggior parte (35,7%) lavora come docente supplente, il 20,3% si dichiara disoccupato, il 13% inoccupato, mentre il rimanente si distribuisce tra le seguenti professioni: dipendente presso un’azienda privata (11,6%); dipendente nella pubblica amministrazione (5,3%); libero professionista/consulente (13%); dirigente privato (13%). Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a una prevalenza del genere femminile (61,8% vs. il 38,2%).
In relazione al titolo di studio, la distribuzione ripercorre quanto riscontrato per i 30–36 CFU: laurea (56,5%); master di primo (25,6%) e secondo livello (9,7%); dottorato di ricerca (7,7%); altro (0,5%).
Per quel che concerne la distribuzione dei docenti tra le classi di concorso, in questo caso si assiste a una netta predominanza di Discipline letterarie nella scuola secondaria di primo grado (38,2%), seguita da Tecnologia (9,2%), mentre nella scuola secondaria di secondo grado riscontriamo una maggiore eterogeneità: anche all’interno di questo gruppo, in analogia con il precedente, il numero più ampio dei frequentanti desidera svolgere un’attività di insegnamento nell’ambito di Scienze motorie (12,6%), Matematica e fisica (10,6%) e Discipline letterarie (6,8%).
Inoltre, il 46,9% predilige la scuola secondaria di primo grado, mentre il rimanente (53,1%) opta per la scuola secondaria di secondo grado.
Tale sezione è stata esplorata attraverso due item strutturati e due domande aperte, nelle quali si chiedeva alle/i corsisti di motivare le scelte effettuate.
In primis, queste/i sono state/i invitate/i a riflettere su quali competenze trasversali, indicate all’interno di un elenco prestabilito, ritenessero di possedere in misura maggiore.
Nel gruppo delle/i corsiste/i frequentanti il percorso da 30–36 CFU è emersa la seguente gerarchia: ascolto attivo (70,9%); problem solving (64,5%); comunicazione (63,5%); pensiero critico (43,3%); gestione degli imprevisti (27,6%); resilienza (27,1%); altro (2,7%).
È interessante osservare come le opzioni si concentrino maggiormente sulle capacità legate all’ascolto attivo e alle competenze comunicative e di problem solving, mentre il pensiero critico e la resilienza appaiano in secondo piano. Probabilmente, riconoscere in sé stessi il possesso di competenze comunicative potrebbe essere stato un fattore decisivo che ha orientato le/i corsiste/i alla scelta di divenire docenti, mentre gli aspetti legati alla resilienza e alla gestione degli imprevisti appaiono in secondo piano.
Tale aspetto è stato confermato anche dall’analisi qualitativa, condotta attraverso il software IRaMuTeQ, che risulta particolarmente idoneo per l’analisi discorsiva (Camargo & Justo, 2013): a tal proposito abbiamo proceduto con il rilevare sia i termini maggiormente utilizzati dalle/i rispondenti, sia i cluster di risposta emergenti (Figure 1 e 2).
Per quel che concerne il primo aspetto, riportando le frequenze assolute del loro utilizzo, le prime dieci voci maggiormente ricorrenti sono state: ascolto (116); cercare (107); comunicazione (95); ragazzo (95); ascoltare (91); alunno (90); problema (88); attivo (88); studente (78); esperienza (76).

Figura 1. Cluster delle risposte ottenute in relazione alle motivazioni riportate in merito alla domanda: Quali competenze pensi di possedere? (30–36 CFU).
All’interno del gruppo dei 60 CFU, si riscontra invece la seguente situazione: ascolto attivo (74,9%); comunicazione (66,7%); problem solving (54,1%); pensiero critico (51,2%); gestione degli imprevisti (27,5%); resilienza (24,6%); altro (5,8%).
Anche in questo caso, le/i intervistate/i si percepiscono maggiormente competenti nell’ambito dell’ascolto attivo e della comunicazione: rispetto al gruppo precedente, le abilità di problem solving e la gestione degli imprevisti sono riconosciute come aree di particolare criticità.
Dal punto di vista qualitativo, il software IRaMuTeQ evidenzia che i primi dieci termini maggiormente presenti sono: ascolto (83); competenza (57); capacità (54); cercare (53); attivo (52); persona (52); ascoltare (51); comunicazione (51); pensiero (50); potere (49).
La relativa suddivisione in cluster è invece la seguente:

Figura 2. Cluster delle risposte ottenute in relazione alle motivazioni riportate in merito alla domanda: Quali competenze pensi di possedere? (60 CFU).
Entrambi i gruppi assegnano una centralità al tema dell’ascolto che tuttavia, per quel che concerne le/i corsisti del percorso da 60 CFU, è affiancato da una serie di altre tematiche riconosciute come significative: a tal proposito, l’analisi dei cluster evidenzia la presenza di un numero più elevato di raggruppamenti, che fanno riferimento ad altri aspetti qui richiamati come il pensiero critico, la resilienza, la risoluzione dei problemi, ecc.
Allo stesso tempo, le competenze comunicative e di ascolto sono ritenute strettamente correlate con la capacità di affrontare e di risolvere gli imprevisti, come emerge dalle motivazioni riportate in relazione alla domanda: Tra le seguenti competenze trasversali che caratterizzano la professionalità docente, quali pensi di possedere (max tre)?
“Sono docente di sostegno e mi capita spesso di dover gestire degli imprevisti, in particolare crisi comportamentali di alunni con disabilità. Non sempre è facile rimanere lucidi e trovare la strategia più opportuna per affrontare certe situazioni però, con il tempo e l'esperienza, sto imparando ad essere flessibile e ad "abbracciare" senza giudizio il malessere di ragazzi e/o colleghi”.
“Ho sviluppato le mie capacità di ascolto per potermi prima creare una una idea su ciò che mi si sta dicendo e cercando di valutare ogni aspetto, pro e contro e, se si tratta di una qualsiasi problematica, tendo a valutare ogni aspetto per capire quale sia la strada migliore da intraprendere, sulla base delle mie esperienze e conoscenze e sulla base di ciò che so della persona che mi sta parlando. Cerco quindi di ridurre al minimo lo sforzo per la risoluzione di un problema, cerando di lavorare con quello che ho a disposizione”.
“Credo di possedere grande capacità di osservazione e di critica, in caso di imprevisti cerco istintivamente soluzioni alternative e valide e risolvere quanto prima”.
“Ritengo l’Ascolto Attivo importante in quanto consente di creare un ambiente empatico con il singolo e con l'intero gruppo; il Problem Solving è un aspetto che prediligo in quanto dà la possibilità ai discenti di sviluppare capacità di autonomia e migliorare i processi cognitivi e la Resilienza penso sia una componente essenziale per affrontare qualsiasi tipologia di problematica si presenti nel percorso di apprendimento e nel percorso di vita in generale”.
In seguito, le/i corsiste/i sono state/i invitate/i a riflettere sulle competenze da acquisire e da implementare. A tal proposito, sono stati ottenuti nei seguenti gruppi, i seguenti esiti, considerati dal punto di vista quantitativo e qualitativo.
Alla domanda Quali competenze desideri acquisire ulteriormente in questo percorso (max 3)?, sono emersi i seguenti aspetti, che riportiamo in ordine discendente: pensiero creativo (42,9%); gestione degli imprevisti (37,9%); capacità decisionale (30,3%); comunicazione (28,1%); pensiero critico (22,9%); resilienza (19%); ascolto attivo (17%); problem solving (16,7%); altro (8,6%),
In questo caso, le criticità maggiori si concentrano nell’area del pensiero creativo e della gestione degli imprevisti. Tale risultato si presta a una duplice riflessione: da un lato, sembra ribadire la percezione che la professione docente sia un lavoro che comporti dei rischi, per i quali sia necessario ricorrere all’esercizio della creatività. Dall’altro, sorprende che le/i corsisti abbiano riconosciuto come carente proprio il pensiero critico: trattandosi di docenti in possesso di una laurea magistrale o specialistica, ci saremmo aspettati che tale competenza non fosse avvertita come carente, in quanto già ampiamente sviluppata in conseguenza dei pregressi iter formativi.
Tale aspetto è confermato anche dall’analisi qualitativa, che ha evidenziato le seguenti ricorrenze: volere (107); capacità (10); potere (93); imprevisto (82); migliorare (75); competenza (66); situazione (58); creativo (53); credere (51); situazione (49).
L’analisi dei cluster in questo caso rileva una maggiore variabilità di risposte, come emerge dalla Figura 3.

Figura 3. Cluster delle motivazioni riportate in merito alla domanda: Quali competenze desideri acquisire ulteriormente in questo percorso (max 3)? Gruppo 30–36 CFU.
Anche in questo caso, la gestione degli imprevisti risulta centrale: in linea con quanto già osservato, a questa, sono associati a termini quali “resilienza”, “sfida”, “difficoltà”, “stress”, “formare”, ecc. Così affermano, ad esempio, due corsiste:
“Devo allenare queste due competenze perché tendo a farmi condizionare da ciò che mi accade intorno. Ascolto e flessibilità perciò devono andare di pari passo con fermezza, capacità decisionale e coraggio di rimanere fedeli a ciò che si è.”
“Spero di acquisire più competenze per quanto riguarda i criteri di valutazione e quindi la ‘capacità decisionale’ sugli obiettivi da raggiungere con i ragazzi, inoltre più competenze per la gestione degli imprevisti e perché no la resilienza (dal punto di vista psicologico).”
Per quel che concerne le/i corsiste frequentanti il corso da 60 CFU, l’analisi quantitativa evidenzia la seguente situazione: capacità decisionale (42%); gestione degli imprevisti (41,5%); pensiero creativo (36,7%); comunicazione (23,7%); pensiero critico (20,8%); resilienza (19,8%); ascolto attivo (18,4%); problem solving (15,9%); altro (14%),
Rispetto al gruppo precedente, in questo caso si evidenzia una maggiore difficoltà nell’area che riguarda la capacità decisionale e l’assunzione degli imprevisti: tale situazione è probabilmente dettata dal fatto che ci troviamo di fronte ad aspirante/i docenti che hanno avuto una scarsa possibilità di lavorare nel contesto scolastico. Pertanto, è inevitabile che considerino particolarmente difficile l’assunzione di decisioni in un contesto che, per definizione, si presenta altamente complesso.
Tali osservazioni sono confermate anche dall’analisi qualitativa. A tal proposito, le parole maggiormente ricorrenti sono: capacità (82); potere (77); migliorare (58); volere (56); imprevisto (50); pensiero (43); creativo (39); acquisire (37); studente (36), decisionale (36).
La Figura 4 illustra i cluster emergenti.

Figura 4. Cluster delle motivazioni riportate in merito alla domanda: Quali competenze desideri acquisire ulteriormente in questo percorso (max 3)? Gruppo 60 CFU.
Anche in questo caso, riportiamo alcune considerazioni espresse dalle/i corsiste/i:
“Vorrei acquisire ulteriormente le capacità di problem solving, di gestione degli imprevisti e capacità decisionale, perché le reputo delle competenze necessarie per affrontare al meglio eventuali situazioni di stress, che potrebbero sorgere sia nella vita quotidiana che in ambito scolastico”.
“Di natura impulsiva mi auguro di potenziare gli aspetti relativi all'ascolto imparando a decentrarmi per dare spazio all'altro. Debole, inoltre, anche la mia capacità di reagire agli imprevisti e di gestirli. Auspico il corso mi offra strumenti per affrontare meglio le situazioni nuove. A non aver timore di ciò che non governo appieno e ad allenarmi anche nella capacità di assumere decisioni senza tentennamenti e incertezze di fronte alle ipotesi indefinite e alle troppe incertezze che caratterizzano questo tempo”.
Tale area è stata indagata attraverso il ricorso a quattro item strutturati, grazie ai quali le/i corsiste/i sono state/i invitate/i a riflettere sia sulle motivazioni che hanno condotto alla scelta di divenire docenti prima – e di cambiare cattedra/grado di insegnamento poi – sia sugli eventuali modelli che abbiano contribuito, nel passato, a maturare tale decisione.
In primis, le/i corsiste/i dovevano rispondere alla domanda Perché hai scelto di fare questa professione?, individuando un’opzione tra: a) perché mi piace lavorare con le/i bambine/i o i ragazze/i; b) per avere un lavoro stabile; c) perché un membro della mia famiglia è un/a docente; d) altro.
A tal proposito, si osserva un andamento tutto sommato omogeneo. Infatti, in entrambi i gruppi prevale la percentuale – nello specifico, l’84,2% delle/i corsisti del 30–36 CFU e il 79,7 dei 60 CFU – di coloro che fanno riferimento al desiderio di lavorare con soggetti in formazione. A seguire, in netta minoranza, troviamo l’opzione b, che risulta maggiormente marcata nel gruppo riguardanti i 60 CFU: a tal proposito, il 3,4% fa riferimento alla necessità di avere un lavoro stabile, contro il 2% dell’altro gruppo. L’opzione c riguarda invece lo 0,7 del 30–36 CFU e il 2,9 dei 60 CFU. Inoltre, in entrambi in una percentuale tutto sommato non marginale (12,2% del primo gruppo e 14% del secondo gruppo) risponde utilizzando la voce altro, non sentendosi probabilmente rappresentati dalle opzioni suggerite, preferiscono rispondere utilizzando la voce “altro”: tale risultato suggerisce ulteriori approfondimenti per le successive ricerche.
Successivamente, le/i corsiste/i dei 60 CFU sono state/i inoltre invitate/i a riflettere sulle motivazioni che hanno animato il desiderio di cambiare classe di concorso/grado di scuola. In questo caso, sono state ottenute le seguenti risposte: per seguire meglio le discipline per cui ho studiato (30,5%); per vivere una nuova esperienza lavorativa (21,9%); per cambiare ambiente di lavoro (1%); altro (46,3%). Anche in questo caso, risulta decisamente elevato il numero di coloro che rispondono facendo riferimento a ulteriori questioni, che andrebbero sicuramente indagate in studi successivi.
Per quel che concerne i modelli di riferimento che, in qualche modo, orientano o hanno orientato l’agire professionale, abbiamo invitato le/i rispondenti a individuare i copioni di vita elaborati nel corso dell’infanzia e i modelli educativi di riferimento. Per individuare le diverse opzioni da presentare alle/i corsiste/i, sono stati presi come riferimento i classici giochi che vedono coinvolgere le bambine e i bambini in qualità di parrucchiere/i, militari, vigili del fuoco, ecc. Si tratta di attività ludiche che, seppur non predittive delle professioni che saranno scelte in età adulta, alimentano un immaginario proiettivo che rappresenta uno stimolo per lo sviluppo cognitivo e affettivo (Cera, 2009).
I risultati riscontrati all’interno di ciascuna area per ciascun gruppo sono riportati in Tabella 2.
|
Copioni di vita elaborati nel coso dell’infanzia |
30–36 CFU |
60 CFU |
|
Architetta/o |
9,1% |
4,3% |
|
Cassiera/e |
0,5% |
1,9% |
|
Docente |
32,8% |
43,5% |
|
Ingegnere |
11,3% |
4,3% |
|
Militare |
2,5% |
2,9% |
|
Negoziante |
0,5% |
0,0% |
|
Parrucchiera/e |
1,7% |
0,5% |
|
Vigile del fuoco |
1,7% |
1,9% |
|
Altro |
39,9% |
40,6% |
Tabella 2. Risposte alla domanda: Nel tuo copione di vita, da bambina/o volevi essere… Frequenze percentuali riferite ai due gruppi indagati.
Per entrambi i gruppi considerati, sorprende che una percentuale piuttosto alta di rispondenti (il 32,8% dei 30–36 CFU; il 43,5% dei 60 CFU) dichiari di essersi immaginata/o come docente, a partire dall’infanzia.
Ulteriori modelli di riferimento sono dati dalle figure provenienti dalla storia dell’educazione, nonché dai media. Come evidenzia Bocci (2005), l’insegnante è spesso un protagonista delle narrazioni cinematografiche, letterarie, ecc., incarnando spesso le difficoltà e le potenzialità di un sistema che, pur essendo riconosciuto centrale ai fini dello sviluppo di un paese, stenta a trovare una propria identità.
Pertanto, chiedere alle/i rispondenti di individuare i modelli educativi di riferimento, nella prospettiva della ricerca assolve al compito di identificare i valori di fondo e le prassi che animano l’agire delle/i futuri docenti, aprendo contemporaneamente lo sguardo ai cambiamenti sociali in atto.
Per tale ragione, abbiamo ritenuto opportuno inserire tra le diverse opzioni, accanto a figure rinomate quali Montessori, don Milani, o il ben noto professor Keating – protagonista indiscusso del film L’attimo fuggente (Weir, 1989) – il contemporaneo Vincenzo Schettini, il professore influencer autore del programma La fisica che ci piace. Inoltre, abbiamo contemplato la possibilità che le/i rispondenti fossero stati influenzati positivamente dai/lle docenti, dei/lle quali erano state/i allieve/i in prima persona.
Di seguito i risultati ottenuti in relazione a tale area (Tabella 3).
|
Figure di riferimento |
30–36 CFU |
60 CFU |
|
Uno o più tra quelle/i che sono state/i le/i mie/i docenti |
28,1% |
33,3% |
|
Don Milani, della scuola di Barbiana |
12,6% |
10,1% |
|
Il professor Keating del film “L’attimo fuggente” |
26,6% |
22,2% |
|
Vincenzo Schettini, il professore influencer della “Fisica che ci piace” |
6,7% |
7,2% |
|
Paolo Villaggio nel film “Io speriamo che me la cavo” |
6,7% |
5,3% |
|
Maria Montessori |
9,6% |
33,3% |
|
Nessuna/o di queste/o |
9,9% |
7,7% |
Tabella 3. Risposte alla domanda: Il tuo mito o modello di educatore prevalente è… Frequenze percentuali riferite ai due gruppi indagati.
Come si evince dalla tabella riportata, nel primo gruppo risultano preponderanti i docenti incontrati nel proprio percorso scolastico e il professor Keating, protagonista del film L’attimo fuggente: si tratta di un’opera cinematografica che ha avuto un notevole eco mediatico fino all’inizio del nuovo secolo. Non sorprende quindi che una parte non trascurabile delle/gli intervistate/i nate/i tra gli anni Settanta e Ottanta abbia riconosciuto nel protagonista, interpretato magistralmente da Robin Williams, un punto indiscutibile di riferimento. Tale domanda era stata posta dalle ricercatrice nel corso di un precedente contributo di ricerca, centrato sulle studentesse del primo anno del corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria (Buccolo & Travaglini, 2024): in tal caso, ad esempio, la figura del docente influencer aveva ricevuto una considerazione maggiore rispetto a quanto osservato in questa circostanza. Ciò potrebbe essere dettato dal fatto che, nello studio precedente, le rispondenti avevano un’età media pari a 24 anni e pertanto erano maggiormente esposte all’influenza dei social.
In linea con quanto evidenziato nel secondo paragrafo, abbiamo ritenuto opportuno invitare le/i rispondenti a riflettere sulle emozioni vissute – o, per coloro che non avessero avuto esperienza diretta di insegnamento, ipotizzate – proprie del contesto scolastico: in particolare, era nostro interesse verificare una eventuale diversificazione tra le/i corsiste/i frequentanti i due differenti percorsi. La Tabella 4 illustra i risultati delle due rivelazioni.
|
Emozioni |
30–36 CFU |
60 CFU |
|
Paura |
9,1% |
28,5% |
|
Felicità |
74,9% |
64,7% |
|
Euforia |
22,4% |
16,9% |
|
Stupore |
60,8% |
44,4% |
|
Ansia |
26,8% |
52,2% |
|
Confusione |
12,8% |
20,3% |
|
Indifferenza |
1,2% |
8,2% |
|
Eccitazione |
24,9% |
19,3% |
|
Tristezza |
5,4% |
9,2% |
|
Rabbia |
11,1% |
15,0% |
|
Noia |
2,5% |
15,5% |
|
Apatia |
1,2% |
8,2% |
|
Disgusto |
1,0% |
0,0% |
|
Disprezzo |
1,0% |
0,5% |
|
Invidia |
1,5% |
3,4% |
|
Vergogna |
1,0% |
10,6% |
|
Niente |
0,2% |
0,0% |
|
Altro |
16,3% |
7,7% |
Tabella 4. Risposte alla domanda: Quali sono le emozioni che associ al contesto scolastico? Frequenze percentuali riferite ai due gruppi indagati.
A tal proposito, è significativo osservare come nel secondo gruppo – accanto a emozioni positive come la felicità e lo stupore – siano riconosciute in misura maggiore situazioni spiacevoli riconducibili a stati di ansia, paura e vergogna, che raggiungono dimensioni non trascurabili.
Tale area riguarda, in modo più specifico, le aspettative maturate in relazione alla frequenza del percorso accademico. Per esplorare tale dimensione, le/i corsiste/i sono state invitate a riflettere sulle tematiche che avrebbero desiderato approfondire all’interno del corso. In questo caso le opzioni erano: a) conoscere alcune metodologie innovative da applicare nel contesto scolastico; b) conoscere bene il sistema scolastico e i modelli educativi di riferimento; c) approfondire teorie pedagogiche e pratiche educative; d) approfondire le basi teoriche della pedagogia; e) non ho aspettative.
In entrambi i gruppi, il desiderio di approfondire le questioni metodologiche è apparso predominante (59,9% dei 30–36 CFU vs. il 53,1% dei 0 CFU); a seguire, troviamo l’opzione c (28,6% nei primi vs. il 29% nei secondi); b (5,9% vs. il 13,5% dei 60 CFU) e d (2,7% vs. 3,9%). Di contro, una piccola percentuale di entrambi i gruppi (3% vs. 0,5%) dichiara di non avere aspettative.
A nostro avviso, era inoltre interessante chiedere alle/i corsiste/i di descrivere, utilizzando al massimo due parole o aggettivi, come si autopercepissero fra dieci anni. A tal proposito, le parole emergenti sono state “sereno”, “soddisfare”, “docente”, “realizzare”, “insegnante”: emerge in definitiva, a livello diffuso, una situazione di generale positività, che deriva anche dall’auspicio, espresso in modo piuttosto chiaro, di divenire docenti di ruolo soddisfatti e felici.
In sintesi, i risultati riportati evidenziano la centralità delle competenze trasversali ai fini della risoluzione delle situazioni di criticità e della gestione degli imprevisti. Si tratta di dimensioni che, come evidenziato in più occasioni dalle/gli intervistate/i, non sono sufficientemente implementate dai percorsi accademici: per tale ragione, è necessario che i corsi abilitanti si configurino come un’occasione privilegiata per avviare una riflessione anche su queste tematiche.
Inoltre, sarebbe opportuno prevedere una diversificazione tra i percorsi rivolti all’acquisizione dei 30–36 CFU e quelli finalizzati ai 60 CFU: in quest’ultimo caso, infatti, ci troviamo di fronte a futuri docenti che non hanno esperienza didattica, risultando quindi maggiormente vulnerabili di fronte a vissuti di ansia e preoccupazione. Pertanto, discriminare i percorsi solamente dal punto di vista quantitativo – in termini di CFU da acquisire – senza interrogarsi, dal punto di vista qualitativo, sul significato che assume, nel proprio progetto di vita, divenire docenti, rappresenta una scelta che non assicura la qualità della formazione.
Ci auguriamo pertanto che questa prima ricerca di natura esplorativa – che, in quanto tale, necessita di ulteriori approfondimenti – possa rappresentare uno stimolo per introdurre in modo più mirato percorsi autoriflessivi, volti a consentire alle/i futuri docenti di individuare i fattori interni ed esterni a sé stessi che contribuiscono a promuovere percorsi didattici di qualità.
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