The Potential of Qualitative Research in Initial Teacher Education: An Exploratory Study of the Attitudes of Learners of Foreign Languages

 

Il potenziale della ricerca qualitativa nella formazione iniziale degli insegnanti: Un’indagine esplorativa degli atteggiamenti degli studenti di lingue

 

Monica Banzato

Università Ca’ Foscari Venezia, Italia – banzato@unive.it

https://orcid.org/0000-0002-6294-6868

 

ABSTRACT

This study investigates the cognitive, affective and behavioural attitudes towards qualitative educational research of prospective language teachers enrolled in a teacher education Masters programme. The data, collected using Papanastasiou’s (2005) Attitude Towards Research (ATR) scale and analysed using an independent t-test, showed no statistically significant differences between students with and without previous experience of teaching educational research. Systematic reviews of the literature (Early, 2014; Matos et al., 2023; Wang et al., 2023) indicate that studies predominantly focus on quantitative research teaching and often find ambivalent or negative attitudes. The results of the present study, on the other hand, show a general appreciation of qualitative research, which is seen as relevant both during the course of study and for future teaching careers. This initial exposure to qualitative educational research, thanks to more accessible methods and language, could foster a culture of evidence-based research and support the development of critical and reflective skills that are essential for teaching professionalism.

 

Questo studio esplora gli atteggiamenti cognitivi, affettivi e comportamentali verso gli insegnamenti di ricerca educativa qualitativa tra futuri insegnanti di lingue iscritti a un corso di laurea magistrale orientamento all’insegnamento. I dati, raccolti tramite la scala Attitude Towards Research (ATR) di Papanastasiou (2005) e analizzati con un t-test indipendente, non evidenziano differenze statisticamente significative tra studenti con e senza esperienza pregressa in insegnamenti di ricerca educativa. Le revisioni sistematiche della letteratura (Early, 2014; Matos et al., 2023; Wang et al., 2023) indicano che gli studi si concentrano prevalentemente su insegnamenti di ricerca quantitativa, spesso rilevando atteggiamenti ambivalenti o negativi. I risultati del presente studio, invece, evidenziano un generale apprezzamento per la ricerca qualitativa, considerata rilevante sia durante il percorso di studi che per la futura carriera docente. Questa prima esposizione alla ricerca educativa qualitativa, grazie a metodi e linguaggi più accessibili, potrebbe favorire una cultura della ricerca basata su evidenze, supportando lo sviluppo di competenze critiche e riflessive indispensabili per la professionalità docente.

 

KEYWORDS

Attitudes towards research, Qualitative educational research, Initial teacher education, Language learners

Atteggiamenti verso la ricerca, Ricerca educativa qualitativa, Formazione iniziale degli insegnanti, Studenti di lingue

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Author declares no conflicts of interest that could affect the integrity of the research or its interpretation.

 

RECEIVED

October 14, 2024

 

ACCEPTED

December 4, 2024

 

PUBLISHED

December 31, 2024

 


 

1. Introduzione

 

L’importanza cruciale di una solida formazione nella ricerca per la preparazione di insegnanti di alta qualità è sostenuta dalla comunità educativa e pedagogica, sin dai tempi di Dewey (1929) (Dewey, 2008; De Bartolomeis, 1953; Visalberghi, 1965; Margiotta, 1999; Calvani, 2007; Pellegrini et al., 2018). A partire dal Processo di Bologna del 1999, le politiche europee hanno intrapreso un percorso di valorizzazione e rafforzamento della ricerca nell’alta formazione professionale, assegnando un ruolo centrale alle università e agli istituti superiori. In linea con queste direttive, si è osservata una progressiva integrazione di insegnamenti di ricerca nei diversi corsi di laurea professionalizzanti nei Paesi europei. Tuttavia, nei percorsi di formazione iniziale degli insegnanti, tale integrazione appare ancora lenta, scarsa e disomogenea. Ove presente, esiste una considerevole variabilità tra le istituzioni di istruzione superiore riguardo all’approccio e ai metodi adottati per la formazione iniziale degli insegnanti alla ricerca, sia a livello di laurea che post-laurea (van der Linden et al., 2012; Earley, 2014; Matos et al., 2023). L’inclusione della ricerca nei percorsi formativi degli insegnanti, sia a livello di laurea magistrale che nelle scuole di formazione iniziale, rappresenta pertanto ancora una sfida di rilevanza significativa (Wang et al., 2023).

Nonostante l’ampio e intenso dibattito sulle competenze degli insegnanti, uno dei temi centrali resta il potenziamento della loro professionalità anche attraverso la promozione di una cultura della ricerca (Papanastasiou, 2005; Wang et al., 2023; Margiotta, 1999; Pellegrini et al., 2018). Una solida base di conoscenze e un approccio alla ricerca, infatti, sono considerati elementi chiave per il miglioramento della professionalità docente (Flores, 2017; 2108; Menter & Flores, 2021). Questo permette agli insegnanti di poter valorizzare la propria esperienza e il contesto di insegnamento specifico (Brooks, 2021). Lo sviluppo di un pensiero basato sulla ricerca tra gli insegnanti contribuisce a colmare il divario tra teoria e pratica nella formazione, con un conseguente miglioramento della loro attività professionale (Margiotta, 1999; Calvani, 2007; Pellegrini et al., 2018; Wang et al., 2023).

Diversi studi hanno evidenziato come gli insegnanti, sia in servizio che in formazione iniziale, manifestino atteggiamenti negativi verso l’integrazione della ricerca educativa nella loro pratica professionale (Papanastasiou, 2005; Nind, 2020; Menter et al., 2021). Questi atteggiamenti sfavorevoli verso l’utilizzo della ricerca nell’insegnamento possono rappresentare una delle sfide significative nell’innovazione delle pratiche didattiche orientate a una cultura basata su evidenze. Le revisioni sistematiche della letteratura (Early, 2014; Matos et al., 2023; Wang et al., 2023) evidenziano una carenza di studi sulla formazione iniziale degli insegnanti focalizzati sullo sviluppo di competenze specifiche per promuovere una cultura della ricerca. All’interno di questo già limitato corpo di ricerche, Early (2014), Matos et al., (2023), Wang (2023) mostrano come le indagini si concentrino maggiormente su insegnamenti di metodologia quantitativa, rispetto alla qualitativa, nella formazione iniziale, sebbene anche questi risultino numericamente contenuti data la scarsa diffusione di tali insegnamenti nei percorsi di formazione.

Le ricerche sugli atteggiamenti verso la ricerca qualitativa sono ancora meno numerose, ma offrono un potenziale interessante da approfondire per comprendere le ricadute sulle percezioni e sulle esperienze degli insegnanti. Le lacune evidenziate dalla letteratura suggeriscono la necessità di ulteriori studi per comprendere meglio come i futuri insegnanti percepiscono e utilizzano la ricerca qualitativa nel loro percorso formativo e professionale. In particolare, sarebbe utile indagare come queste percezioni influenzano le loro pratiche didattiche e quali strategie formative potrebbero essere più efficaci nel promuovere un atteggiamento positivo verso la ricerca tra i futuri insegnanti.

Il presente lavoro illustra uno studio esplorativo condotto all’interno di un corso opzionale di Ricerca educativa qualitativa per studenti di laurea magistrale in lingue straniere, con curriculum orientato all’insegnamento. Gli studenti, per lo più aspiranti insegnanti, possono frequentare anche corsi di metodologie di ricerca per la didattica delle lingue e statistica per la ricerca linguistica. Questo studio valuta l’impatto del corso di ricerca educativa qualitativa sugli atteggiamenti verso la ricerca, confrontando coloro che hanno già seguito corsi di ricerca con coloro che non li hanno ancora seguiti. L’analisi della letteratura non rileva studi che analizzino gli atteggiamenti degli studenti su queste variabili (vedere sezione 2: Letteratura di ricerca). Nel dettaglio, questo studio analizza le disparità negli atteggiamenti cognitivi, affettivi e comportamentali (vedere sezione 3: Metodi e strumenti) verso la ricerca educativa qualitativa tra studenti del gruppo ‘Ricerca’ (con esperienza formativa) e del gruppo ‘NonRicerca’ (senza esperienza formativa), dopo aver completato le lezioni dell’insegnamento. Nello specifico si cerca di rispondere alle seguenti domande:

1. Come variano gli atteggiamenti cognitivi dei partecipanti appartenenti ai gruppi ‘Ricerca’ e ‘NonRicerca’ nei confronti della ricerca educativa, sia in termini positivi che negativi?

2. Quali differenze emergono negli atteggiamenti affettivi degli studenti nei gruppi ‘Ricerca’ e ‘NonRicerca’ nei confronti della ricerca educativa, sia in termini positivi che negativi?

3. In che modo si differenziano gli atteggiamenti comportamentali dei partecipanti appartenenti ai gruppi ‘Ricerca’ e ‘NonRicerca’ nei confronti della ricerca educativa, sia in termini positivi che negativi?

 

2. Letteratura di ricerca

 

Nonostante in Italia esista una ricca letteratura teorica e metodologica sulle attitudini alla ricerca (Battini et al., 2022; Moretti et al. 2023), risultano ancora limitati gli studi empirici che indagano gli atteggiamenti degli studenti verso gli insegnamenti di ricerca educativa nella formazione iniziale degli insegnanti. L’analisi preliminare della letteratura scientifica, condotta attraverso la consultazione dei principali database internazionali come ERIC, PsycINFO, MEDLINE e SCOPUS, ha evidenziato come, nel panorama internazionale, gli studi empirici sugli atteggiamenti verso gli insegnamenti di ricerca siano complessivamente scarsi. In particolare, mentre esistono alcune indagini focalizzate sugli atteggiamenti verso la ricerca quantitativa, risultano ancora più rare le ricerche relative alle attitudini verso la ricerca qualitativa nell’ambito della formazione docente. I contributi più significativi su questa tematica provengono prevalentemente da ambiti disciplinari affini come la psicologia e le scienze sociali, dove si registra un crescente interesse verso l’approccio qualitativo. Tale lacuna nella letteratura, particolarmente evidente per quanto concerne la ricerca qualitativa, ha evidenziato la necessità di approfondire il tema nell’ambito della formazione degli insegnanti, motivando il presente studio.

L’analisi della letteratura ha rivelato una configurazione articolata di criticità relative agli atteggiamenti degli studenti nei confronti degli insegnamenti di ricerca educativa. In particolare, si manifestano dinamiche significative concernenti l’ansia, la preparazione di base e le difficoltà di apprendimento già nella fase antecedente all’avvio delle lezioni, delineando una situazione problematica che investe l’intero percorso formativo. Per quanto riguarda gli atteggiamenti emotivi, Howard e Brady (2017) hanno evidenziato come l’ansia derivi principalmente dalle difficoltà di padroneggiare concetti complessi. Ricerche successive hanno approfondito questa dimensione, collegandola specificamente all’utilizzo dei metodi sperimentali e statistici (Nind, 2020; Nind et al., 2018; Matusiak et al., 2020).

La preparazione pregressa degli studenti emerge come elemento critico per l’approccio a questi insegnamenti. Saeed et al. (2021) hanno rilevato la presenza di preconcetti negativi, sia tra docenti e sia tra studenti, riconducibili principalmente alle limitate esperienze pregresse di insegnamenti di ricerca. La natura intrinsecamente astratta dei fondamenti ontologici e epistemologici della ricerca educativa rappresenta un ostacolo aggiuntivo all’apprendimento (Talbott et al., 2020; Ananth et al., 2020). Infatti, nello studio di Turner et al. (2018), emerge una chiara tendenza degli studenti a orientarsi verso i metodi qualitativi, scelta motivata dalla percezione di maggiore complessità associata alle metodologie quantitative.

La comprensione degli aspetti teorici e concettuali della ricerca costituisce una sfida significativa nel processo di apprendimento metodologico. King (2018) rileva come la ricerca sia frequentemente percepita dagli studenti come una “materia arida”. Le difficoltà nella comprensione delle concezioni e dei paradigmi filosofici ed epistemologici sottostanti (Ivankova, 2010) contribuiscono ad accrescere la complessità dell’apprendimento (Schweizer et al., 2011), generando una diffusa insicurezza nella padronanza metodologica (Saeed et al., 2021).

Il presente studio è stato approfondito mediante un’analisi ulteriore della letteratura sulle indagini comparative, che confrontano diverse variabili tra gruppi di studenti. Gli studi sulle attitudini verso la ricerca educativa mostrano risultati contrastanti, ma alcuni segni positivi. Shaukat et al. (2014) hanno rilevato che gli studenti con un livello di studio più alto (laurea magistrale o dottorato) tendono ad avere un atteggiamento più positivo e proattivo verso la ricerca rispetto a quelli con un livello di studio più basso (laurea triennale), percependo la ricerca come più utile, rilevante e con minor ansia associata. Siemens et al. (2010) hanno rilevato che gli studenti del quarto anno di discipline scientifiche sono più coinvolti nella ricerca rispetto ai loro colleghi del secondo anno.

Per quanto riguarda le differenze di genere, alcuni studi, come quello di Saleem et al. (2015), indicano che gli studenti hanno atteggiamenti più positivi verso la ricerca rispetto alle studentesse, mentre altri, come Memarpour et al. (2015), mostrano che le studentesse possiedono una migliore conoscenza della ricerca e tenacia nel perseverare negli obiettivi. Da analisi più approfondite di Butt e Shams (2013) hanno anch’essi rilevato atteggiamenti negativi negli studenti nella formazione iniziale insegnanti, ma hanno trovato che le studentesse con formazione scientifica hanno atteggiamenti più positivi rispetto agli studenti con una formazione di base umanistica.

Molti studenti, nonostante trovino che la ricerca sia difficile e dispendiosa in termini di tempo, ritengono che sia importante per chi prosegue negli studi e nelle future carriere lavorative (Guillen-Gamez, 2020). Bolin et al. (2012) evidenziano che molti studenti provano ansia per i moduli di metodologia della ricerca. van der Linden et al. (2015), riportano un’interessante esperienza di un corso introduttivo alla ricerca educativa per studenti iscritti al secondo anno di un percorso di formazione iniziale degli insegnanti: i risultati hanno mostrato che la conoscenza degli insegnanti tirocinanti è cresciuta durante il corso introduttivo e che le loro attitudini cognitive, affettive sulla ricerca sono diventate più positive, mentre le loro convinzioni negative sulla ricerca sono diminuite. Sulla stessa linea, anche lo studio Abdun et al. (2019) conferma una associazione tra atteggiamento cognitivo e affettivo verso la ricerca e intenzione di condurre ricerca, se si sostiene la motivazione degli studenti durante il corso.

La letteratura mostra risultati variabili anche in relazione all’età, con alcuni studi che indicano atteggiamenti più positivi tra gli studenti più giovani (Halabi, 2016; Ünver et al., 2018). Altri studi hanno approfondito le differenze tra insegnanti in servizio e studenti iscritti a corsi di formazione iniziale e hanno trovato che gli insegnanti, con titoli di studio più alti e in ambito scientifico, mostrano un atteggiamento più positivo verso la ricerca rispetto agli studenti di ambito umanistico (Jegstad, 2021; Rasool et al., 2023; Firdoos, 2023). Nel complesso, emerge che fattori come il livello di istruzione, il genere, l’età e il percorso formativo (scientifico e umanistico) influenzano significativamente l’atteggiamento degli studenti verso la ricerca educativa. Questi risultati potrebbero non essere conclusivi, in quanto servono ulteriori indagini ed evidenze a supporto. Tuttavia, non appaiono essere presenti indagini che approfondiscano le variabili presentate in questo studio esplorativo.

 

3. Metodi e strumenti

 

Questo studio esamina l’impatto di un insegnamento universitario sulla formazione degli atteggiamenti degli studenti verso la ricerca educativa qualitativa. La valutazione è stata condotta attraverso una versione modificata della scala Attitudes Toward Research (ATR) di Papanastasiou (2005), adattata specificatamente al contesto della ricerca qualitativa.

Sul piano metodologico, lo studio si discosta dal modello originale di Papanastasiou (2005), incentrato sulle funzioni della ricerca, per adottare il modello teorico tri-dimensionale degli atteggiamenti di Ajzen (1993). Tale scelta deriva dalla capacità di questo approccio di fornire una prospettiva più articolata nella comprensione degli atteggiamenti, analizzandoli attraverso le dimensioni cognitive, affettive e comportamentali.

Mentre l’approccio funzionale di Papanastasiou si concentra sulla valutazione dell’utilità pratica percepita della ricerca (“a cosa mi serve”), il modello di Ajzen consente di esplorare dimensioni più profonde, ovvero: la componente cognitiva che indaga “cosa penso della ricerca educativa”, includendo le convinzioni e le credenze sulla validità e l’importanza della ricerca educativa qualitativa; la componente affettiva che esamina “cosa provo verso la ricerca”, considerando le risposte emotive e i sentimenti associati all’attività di ricerca; la componente comportamentale che analizza “come agisco/agirei rispetto alla ricerca”, focalizzandosi sulle predisposizioni all’azione e sulle intenzioni degli studenti verso l’impegno nella ricerca educativa.

Questa prospettiva teorica permette un’analisi multidimensionale che cattura la complessità degli atteggiamenti nei confronti degli insegnamenti di ricerca educativa, configurandosi come preliminare all’analisi funzionale. L’approccio metodologico adottato mira quindi a comprendere non solo il pensiero degli studenti sulla ricerca, ma anche i processi di formazione e strutturazione dei loro atteggiamenti nelle dimensioni.

Ogni dimensione è stata ulteriormente suddivisa in atteggiamenti positivi e negativi, creando sei categorie nel questionario: atteggiamenti cognitivi, affettivi e comportamentali positivi e negativi. Alcuni item sono stati modificati da una formulazione impersonale (‘La ricerca è piacevole’) a una formulazione personale (‘Penso che la ricerca sia piacevole’), in linea con le indicazioni di Bandura (2006) e Pajares (1996) per aumentare il coinvolgimento dei rispondenti.

Il questionario finale comprende 24 item, rispetto ai 32 dell’originale, eliminando quelli non pertinenti come gli atteggiamenti verso la matematica e la statistica. È stata utilizzata una scala Likert a cinque punti, dove 1 corrisponde a ‘per niente d’accordo’ e 5 a ‘completamente d’accordo’. Prima di completare il questionario, i partecipanti hanno fornito informazioni demografiche quali genere, età, lingua madre, occupazione (studente o studente lavoratore), aspirazioni professionali post-laurea e partecipazione ad altri corsi di metodologie di ricerca.

Questa revisione della scala ATR e la sua applicazione mirano a offrire una comprensione più dettagliata delle attitudini degli studenti verso la ricerca educativa qualitativa, aiutando a individuare potenziali miglioramenti nella didattica della ricerca educativa.

 

4. Partecipanti e risultati

 

4.1. Partecipanti

 

Lo studio ha utilizzato un campionamento non probabilistico di convenienza (convenience sampling) (Etikan et al., 2016), coinvolgendo gli studenti iscritti a un corso di Ricerca Educativa. Dal gruppo iniziale di 54 studenti, 32 hanno partecipato volontariamente alla ricerca attraverso la compilazione di un questionario autosomministrato al termine del corso. I dati raccolti, con il consenso informato dei partecipanti, mostrano che l’età media dei rispondenti è di 24,56 anni (DS = 3,98).

Il campione è composto da 1 studente (3%) e 31 studentesse (97%). Tra questi, 21 (65,62%) sono studenti a tempo pieno, mentre 11 (34,37%) sono studenti lavoratori. Per quanto riguarda l’ambito di studio, 29 (90,62%) sono iscritti alla laurea magistrale in Lingue Straniere, mentre 3 (9,37%) provengono da lauree umanistiche come Filosofia, Storia e Arte. Le domande del questionario riguardavano: a) le aspirazioni professionali post-laurea, con la maggioranza (24 studenti, 75%) che intende diventare insegnanti nelle scuole superiori (4 studenti, 12,5 %) che puntano a carriere diverse come mediatori, traduttori o interpreti, e 4 studenti (12,5 %) che non hanno ancora deciso; b) le esperienze di studio precedenti in ricerca, dove 11 studenti (34,37 %) avevano seguito corsi di ricerca nell’ambito della didattica delle lingue e frequentato un corso di statistica per la linguistica nello stesso semestre, mentre 21 studenti (65,62 %) non avevano esperienze di studio specifiche in ricerca educativa, statistica o nell’ambito disciplinare. Questa composizione del campione ha permesso di utilizzare le esperienze precedenti in ricerca come variabile per esplorare le differenze negli atteggiamenti verso la ricerca educativa. Di conseguenza, i partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo ‘Ricerca’ e il gruppo ‘NonRicerca’, per analizzare eventuali differenze negli atteggiamenti positivi e negativi verso la ricerca educativa.

 

4.2. Analisi di affidabilità e normalità del campione

 

Prima di esaminare in dettaglio i risultati, è stata valutata l’affidabilità delle risposte al questionario mediante il calcolo del coefficiente alfa di Cronbach. I risultati complessivi per l’insieme dei 24 item sono stati positivi, con un coefficiente α pari a 0,850, indicativo di una buona coerenza interna. Disgregando gli item per le dimensioni abbiamo ottenuto un α di 0,843 per gli atteggiamenti cognitivi (singoli item positivi: α 0,922; item negativi: 0,964); per gli atteggiamenti affettivi un α di 0,714 (item positivi: α 0,894; item negativi: 0,904); per gli atteggiamenti comportamentali α è stato di 0,735 (item positivi: α 0,911; item negativi: α 0,804).

Precisamente, poiché il nostro campione è composto da meno di 50 soggetti, per verificare se la distribuzione è normale, è stato scelto il test di Shapiro-Wilk, ottenendo un valore di sig. pari a 0,215; per le singole categorie cognitive positive e negative, 0,121; affettive positive e negative, 0.416; comportamentali positive e negative 0,745. Si conferma la normale distribuzione dei dati.

 

4.3. Analisi delle risposte dell’intero questionario in base ai gruppi ‘Ricerca’ e ‘NonRicerca’

 

Atteggiamenti generali. Un test t-test è stato condotto per valutare le differenze tra le medie totali degli atteggiamenti verso la ricerca educativa qualitativa tra il gruppo ‘Ricerca’ e il gruppo ‘NonRicerca’. I risultati indicano che non vi è una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 3,44, SD = 0,41) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,35, SD = 0,59), [t(30) = 0,425, p = 0,674 > 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -0,324 a 0,494 e ha indicato una differenza media di 0,085. Poiché il valore p è maggiore di 0,05, non possiamo rifiutare l’ipotesi nulla che non vi sia alcuna differenza significativa tra le medie dei campioni (vedi Figura 1).

Atteggiamenti cognitivi positivi e negativi. I risultati del test t-test indicano una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 3,93, SD = 0,49) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,33, SD = 0,72), [t(30) = 2,432, p = 0,021 < 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da 0,095 a 1,091 e ha indicato una differenza media di 0,593. Poiché il valore p è minore di 0,05, possiamo rifiutare l’ipotesi nulla che non vi sia alcuna differenza significativa tra le medie dei campioni.

Atteggiamenti cognitivi positivi. I risultati t-test non indicano una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 4,40, SD = 0,36) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,90, SD = 0,89), [t(30) = 1,787, p = 0,084 < 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -0,072 a 1,081, con una differenza media di 0,504.

Atteggiamenti cognitivi negativi. Anche per questi risultati, il t-test indica una differenza non significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 3,45, SD = 0,83) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 2,77, SD = 1,28), [t(30) = 1,590, p = 0,122 > 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -,194 a 1,560, con una differenza media di 0,683.

Atteggiamenti affettivi positivi e negativi. Anche in questo caso, i risultati del t-test non mostrano una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 2,95, SD = 0,32) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,29, SD = 0,79), [t(30) = -1,367, p = 0,182]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie variava da -0,854 a 0,169, con una differenza media di -0,342.

Atteggiamenti affettivi positivi. Un t-test è stato eseguito per valutare le differenze negli atteggiamenti affettivi positivi verso la ricerca educativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 4,24, SD = 0,52) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,71, SD = 1,03). I risultati non mostrano differenze significative [t(30) = 1,583, p = 0,124], con un intervallo di confidenza al 95% tra -0,153 e 1,208 e una differenza media di 0,527.

Atteggiamenti affettivi negativi. I risultati del t-test mostrano invece una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 1,66, SD = 0,45) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 2,87, SD = 1,17), [t(30) = -3,286, p = 0,003 < 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -1,80 a -0,45, con una differenza media di -1,21.

Atteggiamenti comportamentali positivi e negativi. I risultati indicano che non vi è una differenza significativa tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 3,44, SD = 0,56) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,44, SD = 0,77), [t(30) = -0,003, p = 0,997 > 0,05]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -0,536 a 0,535, con una differenza media di -0,00091.

Atteggiamenti comportamentali positivi. I risultati rivelano che non ci sono differenze significative tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 4,29, SD = 0,54) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,77, SD = 0,98) [t(30) = 1,623, p = 0,115]. L’intervallo di confidenza al 95% per la differenza tra le medie varia da -0,13 a 1,17, con una differenza media di 0,52.

Atteggiamenti comportamentali negativi. I risultati evidenziano che non ci sono differenze significative tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 2,63, SD = 0,84) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,17, SD = 1,13) [t(26,241) = -1,499, p = 0,146]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -1,26 a 0,20, con una differenza media di -0,53.

Atteggiamenti comportamentali negativi. I risultati rivelano che non ci sono differenze significative tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 2,58, SD = 0,56) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 2,93, SD = 0,72) [t(30) = -1,402, p = 0,171]. L’intervallo di confidenza al 95% della differenza tra le medie varia da -0,86 a 0,16, con una differenza media di -0,35.

 

Immagine che contiene diagramma, Rettangolo, linea, testo

Descrizione generata automaticamente

Figura 1. Box plot delle medie totali degli atteggiamenti verso la ricerca educativa qualitativa per i gruppi ‘Ricerca’ e ‘NonRicerca’. Entrambi i gruppi mostrano una distribuzione simile delle medie, con il gruppo Ricerca leggermente più centrato verso valori superiori. Tuttavia, le differenze tra i due gruppi non risultano significative.

 

5. Discussione

 

I risultati del questionario mostrano poche differenze significative tra il gruppo ‘Ricerca’ (M = 3,44) e il gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,35) nelle varie categorie di risposte. Questo può essere interpretato positivamente, poiché suggerisce che la ricerca educativa qualitativa potrebbe ridurre le disuguaglianze riscontrate in studi precedenti (Papanastasiou, 2005; Moberg et al., 2019; Maqsood et al., 2019). La deviazione standard più bassa nel gruppo ‘Ricerca’ (DS = 0,53) rispetto al gruppo ‘NonRicerca’ (DS = 0,88) evidenzia l’importanza delle esperienze didattiche di ricerca nel modellare gli atteggiamenti degli studenti. Questi risultati differiscono dalle indagini di Papanastasiou (2005), Howard e Brady (2017), Nind (2020), Nind et al. (2018), Matusiak et al. (2020), e Sousa et al. (2020), suggerendo che entrambi i gruppi beneficiano della ricerca qualitativa, promuovendo atteggiamenti più consapevoli e proattivi. Tuttavia, il gruppo ‘Ricerca’ sembra essere in vantaggio su alcuni aspetti, come verrà discusso in dettaglio successivamente. In generale, l’approccio qualitativo favorisce una maggiore consapevolezza e apprezzamento della ricerca educativa sia nello studio che nella pratica didattica futura.

I risultati sugli atteggiamenti cognitivi positivi mostrano medie elevate senza differenze significative tra i gruppi, sebbene il gruppo ‘Ricerca’ mostri atteggiamenti leggermente più positivi. Entrambi i gruppi condividono un alto interesse per la ricerca (M = 4,55; M = 4,43) e la ritengono piuttosto divertente (M = 4,45; M = 4,10). Concordano, purtroppo, sul fatto che la ricerca sia poco collegata allo studio nell’ambito dell’insegnamento (M = 4,00; M = 3,86), poiché le pedagogie/didattiche sono teoriche e con pochi riferimenti a ricerche scientifiche. Tuttavia, il gruppo ‘Ricerca’ percepisce la ricerca educativa come più utile professionalmente (M = 4,00; M = 3,52) e per la carriera di insegnamento (M = 4,36; M = 3,95), ritenendo che dovrebbe essere insegnata a tutti i futuri insegnanti. Questi risultati sono in linea con Sabzwari et al. (2009) degli studenti in ambito scientifico, che evidenziano l’impatto positivo dell’esposizione alla ricerca sugli atteggiamenti degli studenti. Per quanto riguarda gli atteggiamenti cognitivi negativi, il gruppo ‘Ricerca’ trova la ricerca più accessibile rispetto al gruppo ‘NonRicerca’ (M = 2,55; M = 3,10). Tali valori risultano essere più positivi rispetto ai risultati di Papanastasiou (2005), Butt et al. (2013), e Abun et al. (2019). Tuttavia, il gruppo ‘NonRicerca’ percepisce maggiore difficoltà nell’applicazione pratica della ricerca (M = 3,19; M = 2,82) e preferirebbe insegnare senza ricerca (M = 3,10; M = 2,64). Considera inoltre la ricerca meno utile nella vita lavorativa (M = 3,19; M = 2,82) e nello studio (M = 3,29; M = 2,64). Queste differenze suggeriscono che il gruppo ‘NonRicerca’ esprima maggiore perplessità sull’applicabilità della ricerca nello studio e nel lavoro, pur mantenendosi su valori medi.

I risultati sugli atteggiamenti affettivi positivi indicano che non ci sono differenze significative tra i due gruppi, sebbene evidenzino una leggera superiorità del gruppo ‘Ricerca’ (M = 4,00) rispetto al gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,81) nell’apprezzamento della ricerca, suggerendo un maggiore coinvolgimento e un sentimento positivo verso la disciplina (M = 3,91; M = 3,52). Questi risultati sono in linea con le ricerche precedenti (Butt & Shams, 2013; Shaukat et al., 2014; Siemens et al., 2010; Firdoos, 2023), che sottolineano come l’esposizione alla ricerca nel tempo (come gli studenti delle discipline scientifiche) possa influenzare positivamente gli atteggiamenti degli studenti. Per quanto riguarda gli atteggiamenti affettivi negativi, entrambi i gruppi hanno mostrato livelli significativamente inferiori di ansia e stress rispetto alle ricerche precedenti (Nind, 2020; Nind et al., 2018; Matusiak et al., 2020). In particolare, il gruppo ‘NonRicerca’ ha manifestato una leggera nervosità (M = 2,95) rispetto al gruppo ‘Ricerca’ (M = 2,00), sebbene i valori siano comunque contenuti. Questi risultati suggeriscono che la ricerca qualitativa, essendo più intuitiva e comprensibile rispetto a quella quantitativa, possa potenzialmente ridurre le emozioni negative e aumentare la familiarità e la confidenza con i processi di ricerca. Questi risultati, più incoraggianti rispetto agli studi precedenti, sottolineano l’importanza di integrare esperienze di ricerca qualitativa nei programmi di formazione per insegnanti per favorire una percezione più positiva della ricerca e facilitare il passaggio dalla teoria alla pratica (Matos et al., 2023; Wang et al., 2023).

Sebbene non siano emerse differenze significative negli atteggiamenti comportamentali generali tra i due gruppi, un’analisi più approfondita delle loro pratiche di aggiornamento e utilizzo della ricerca nella futura pratica didattica di insegnanti ha rivelato alcune interessanti sfumature. I partecipanti del gruppo ‘Ricerca’ hanno mostrato una maggiore propensione a consultare materiali scientifici e a cercare soluzioni nelle pubblicazioni di ricerca in caso di difficoltà didattiche (M = 4,55), rispetto al gruppo ‘NonRicerca’ (M = 3,95). In particolare, il gruppo ‘Ricerca’ ha anche espresso una preferenza più marcata per l’aggiornamento tramite divulgatori scientifici (M = 4,55; M = 3,95).

Al contrario, i partecipanti del gruppo ‘NonRicerca’ hanno indicato una minore propensione a utilizzare la ricerca nella loro pratica professionale, percependola come un po’ meno rilevante (M = 3,43) e più difficile da applicare (M = 3,56). Questi risultati sono in linea con quelli riportati da precedenti studi (Papanastasiou, 2005; Shaukat et al., 2014; Moberg et al., 2019; Abdun et al., 2019; Firdoos, 2023), i quali suggeriscono una generale diffidenza nei confronti della ricerca da parte di una parte degli insegnanti. È importante sottolineare che, sebbene le differenze tra i due gruppi siano risultate non statisticamente significative per alcune variabili, i partecipanti del gruppo ‘NonRicerca’ hanno comunque espresso un atteggiamento generalmente positivo nei confronti della ricerca, seppur con alcune riserve.

I risultati del presente studio mostrano un’evoluzione positiva rispetto alle precedenti ricerche. Mentre studi precedenti (vedi sezione 2) hanno evidenziato una percezione più negativa della ricerca quantitativa, specialmente tra studenti con studi umanistici, i dati del presente studio suggeriscono che un approccio qualitativo potrebbe facilitare un apprendimento graduale dei processi di ricerca, promuovendo atteggiamenti più positivi. Nonostante i limiti alla generalizzabilità dei risultati, i dati suggeriscono che l’esperienza con la ricerca qualitativa possa essere potenzialmente efficace nel ridurre o nel contenere le percezioni negative, sia tra gli studenti con pregressa esperienza in ambito di ricerca sia tra coloro che ne sono privi. Ciò suggerisce che l’integrazione di approcci qualitativi nei programmi di formazione degli insegnanti potrebbe favorire una visione più positiva della ricerca educativa e sostenere la crescita professionale dei futuri docenti.

 

6. Implicazioni e conclusioni

 

Da questo studio esplorativo emerge che gli insegnamenti di ricerca educativa qualitativa potrebbero rappresentare un approccio particolarmente efficace per gli studenti, migliorando la loro comprensione, aumentando l’apprezzamento e la rilevanza percepita nei confronti della ricerca educativa, sia durante il percorso di studi che nella prospettiva di una futura carriera docente. Rispetto agli insegnamenti di metodologia quantitativa, spesso percepiti dagli studenti come più complessi (Ivankova, 2010), impegnativi (Saeed et al., 2021) e distanti dalle loro esperienze di studio (Siemens et al., 2010), gli insegnamenti di metodologia qualitativa, caratterizzati da approcci interpretativi più vicini al contesto didattico, risultano essere più intuitivi e concreti (van der Linden et al., 2015). L’insegnamento dei metodi qualitativi appare facilitare la comprensione delle connessioni tra teoria e pratica, promuovendo una visione più approfondita e articolata dell’agire educativo (Margiotta, 1999; Calvani, 2007; Pellegrini et al., 2018). Inoltre, gli insegnamenti di ricerca qualitativa avrebbero il vantaggio di introdurre gradualmente gli studenti a una mentalità di ricerca e a una cultura dell’evidenza, oltre a sviluppare competenze di base come la pianificazione, l’analisi e l’interpretazione dei dati basati su evidenze, consentendo loro di esplorare la complessità dei fenomeni educativi e di sviluppare visioni critiche e riflessive.

L’indagine rivela che gli insegnamenti di ricerca qualitativa sono in grado di offrire agli studenti un’esperienza nel complesso gratificante e coinvolgente, stimolando la loro motivazione e interesse per l’approccio scientifico. Nonostante alcune perplessità mostrate dagli studenti del gruppo ‘NonRicerca’ riguardo alla consultazione dei materiali e all’applicazione pratica, i partecipanti in generale non associano gli insegnamenti di metodologia qualitativa ad ansia e stress, favorendo così una familiarizzazione con gli approcci scientifici con minori resistenze emotive, discostandosi dai risultati rilevati nelle precedenti indagini come quelle di Howard e Brady (2017), Shaukat et al. (2014), Bolin et al. (2012), van der Linden et al. (2015). Questo risultato suggerisce che l’approccio didattico alla metodologia qualitativa risulta più accessibile e capace di promuovere una comprensione profonda dei processi di insegnamento e apprendimento. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche longitudinali per valutare a lungo termine gli effetti di tali esperienze formative e verificarne l’applicazione in ambito professionale. Sebbene l’esposizione agli insegnamenti di metodologia qualitativa sembri ridurre le emozioni negative associate alla ricerca, è importante identificare i sottogruppi di studenti che potrebbero necessitare di un supporto più mirato per massimizzare i benefici di questa esperienza formativa.

Tra i limiti principali di questo studio è rappresentato dalla dimensione non omogenea dei campioni tra i gruppi. Per ottenere risultati statistici più accurati, le future ricerche dovrebbero concentrarsi su campioni più uniformi. Inoltre, le risposte degli studenti potrebbero essere influenzate dal loro livello individuale di comprensione degli elementi della scala utilizzata. La mancanza di analisi qualitativa delle risposte aperte o di interviste limita la nostra comprensione approfondita di questo campione. Le ricerche future dovrebbero adottare un approccio più completo, esaminando non solo l’atteggiamento verso la ricerca in relazione all’esposizione ai corsi di ricerca educativa, ma anche la partecipazione attiva degli studenti in comunità di ricerca sul campo con insegnanti impegnati in attività di ricerca.

Le future direzioni di ricerca che emergono da questo studio esplorativo sulla ricerca qualitativa suggeriscono diverse vie di sviluppo. In primo luogo, la ricerca qualitativa potrebbe fungere da ponte verso la ricerca educativa quantitativa, che spesso è vista come l’aspetto più impegnativo, come si apprende dalla letteratura. Stabilire una solida base nei metodi qualitativi potrebbe facilitare la transizione alla ricerca quantitativa e successivamente ai mix methods, in ottica di dialogo e complementarità dei paradigmi di ricerca, oltre che di una visione ontologica ed epistemologica completa, fornendo agli studenti le necessarie capacità analitiche e la comprensione concettuale. Questa ipotesi merita di essere approfondita e convalidata, anche se al momento risulta piuttosto difficile, poiché le normative nazionali italiane sulla formazione iniziale degli insegnanti non includono ancora in modo esplicito l’integrazione della ricerca educativa nei programmi, sia presenti ma anche in quelli passati. Introdurre questa disciplina, anche sottoforma di insegnamenti opzionali o di laboratori, potrebbe diminuire quello iato tra ricerca e insegnamento che tuttora permane un problema diffuso, come rilevato da Matos et al. (2023) e Wang et al. (2023). Questo approccio potrebbe non solo promuove la crescita professionale, ma migliorare anche la capacità di affrontare le sfide educative con consapevolezza e autonomia. Studi futuri potrebbero esplorare queste strategie in modo più approfondito per comprendere meglio il loro impatto sulla formazione degli insegnanti e sulla futura professionalità docente.

 

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