Thinking, Reflecting, Transforming: Methodological Innovation in Primary School for Teacher Training
Pensare, riflettere, trasformare: L’innovazione metodologica nella scuola primaria per la formazione degli insegnanti
Francesca Anello
Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione (SPPEFF), Università degli studi di Palermo (Palermo, Italy) – francesca.anello@unipa.it
https://orcid.org/0000-0002-6830-695X
Gabriella Ferrara
Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione (SPPEFF), Università degli studi di Palermo (Palermo, Italy) – gabriella.ferrara@unipa.it
https://orcid.org/0000-0003-2673-4988
The strategic importance of innovation and research for the ongoing professional training of teachers has been affirmed by national and supranational legislation. Through research-action, simultaneously with a didactic experiment on spaced learning, we aimed to verify if and how the methodological innovation was valid, effective and significant, to improve the critical awareness in 104 teachers regarding the exercise of designing, decision making, problem solving. The teachers’ action, carried out in five primary schools in Palermo from September 2023 to June 2024, was preceded by the checking of pupils’ abilities in the Italian language, mathematics and science, and by guided planning. We systematically shared and monitored teaching activities. The analysis of the skills envisaged by the program was carried out with quantitative (rating scale, questionnaire) and qualitative (focus groups, work units) tools. The most relevant outcomes of the research-training show a growth in professional competences and sensemaking: predicting action plans, dealing with problems, choosing alternatives in emerging situations.
L’importanza strategica dell’innovazione e della ricerca nella formazione continua degli insegnanti è stata affermata dalla normativa nazionale e sovranazionale. Attraverso una ricerca-azione, simultaneamente ad una sperimentazione didattica sullo spaced learning, ci si è proposti di verificare se e come l’innovazione metodologica fosse valida, efficace e significativa, per migliorare in 104 insegnanti la consapevolezza critica riguardo all’esercizio di abilità di designing, decision making, problem solving. L’azione degli insegnanti, realizzata in cinque scuole primarie di Palermo da settembre 2023 a giugno 2024, è stata preceduta dalla rilevazione delle capacità degli alunni in italiano, matematica e scienze, e dalla pianificazione guidata. Le attività didattiche sono state condivise e sistematicamente controllate. La rilevazione delle abilità previste dal programma è stata effettuata con strumenti quantitativi (rating scale, questionario) e qualitativi (focus group, unità di lavoro). Gli esiti più rilevanti della ricerca-formazione mostrano una crescita di capacità professionali e sensemaking: prevedere piani di azione, affrontare problemi, scegliere alternative in situazioni emergenti.
Sensemaking, Critical awareness, Ongoing teacher training, Alternative methodology
Costruzione di senso, consapevolezza critica, formazione continua degli insegnanti, metodologia alternativa
The Authors declare no conflicts of interest
AUTHORSHIP
The paper is the result of the joint contribution of all Authors. Authorship is distributed as follows: Section 1 (G. Ferrara), Section 2 (F. Anello), Section 3 (F. Anello), Section 4 (G. Ferrara), Section 4.1 (G. Ferrara), Section 4.2 (G. Ferrara), Section 4.3 (F. Anello), Section 5 (F. Anello), Section 6 (G. Ferrara), Section 7 (F. Anello).
September 1, 2024
October 16, 2024
December 31, 2024
Nel profilo culturale e professionale del docente la formazione iniziale e in servizio, l’aggiornamento continuo, la ricerca empirica e sperimentale, sono aspetti qualificanti del suo conoscere ed essere, del suo agire in prospettiva critica e costruttiva, originale ed alternativa.
La consapevolezza della mediazione didattica è il centro del lavoro educativo in classe; essa va coltivata a scuola, e in tutti i contesti educativi e formativi, attraverso pratiche che incrementino la riflessione dell’insegnante prima-durante-dopo l’attività rivolta agli alunni, che focalizzino sul rapporto che l’azione produce, non in modo causale né casuale, sugli apprendimenti degli alunni.
Lo sviluppo di autovalutazione critica del processo di insegnamento, dell’utilizzo consapevole di mediatori per il raggiungimento di esiti auspicati, è un tema fondamentale nella formazione degli insegnanti. In una (tras-)formazione docente autentica, è possibile collocare i processi almeno su tre vertici tematici: sperimentazione didattica, ricerca-azione, innovazione metodologica.
Mirare ad un aggiornamento continuo e destrutturante di prassi-concetti-metodi, così come suggerisce Mezirow (2000–2018) significa migliorare negli insegnanti le capacità di affrontare problemi, di ricercare possibili soluzioni, di scegliere alternative strategiche, di prevedere traiettorie insolite, di valutare effetti e risultati.
La triade prima evidenziata costituisce il nucleo della ricerca presentata in questo articolo.
Si è ipotizzato che un centinaio di insegnanti di scuola primaria di Palermo, mentre progettano, sviluppano e valutano in classe usando lo spaced learning (apprendimento intervallato), migliorano la capacità di pensare in modo consapevole, di riflettere sull’azione didattica in fieri, di padroneggiare in modo critico la nuova metodologia (significatività, efficacia, fattibilità, trasferibilità, alternatività).
L’aggiornamento degli insegnanti e la loro partecipazione attiva alla ricerca rivestono un ruolo chiave perché l’innovazione sia radicale. L’innovazione metodologica può e deve essere affrontata con buon senso, affinchè le modalità didattiche diverse non sostituiscano, necessariamente, le modalità tradizionali ma possano essere progressivamente introdotte ed elaborate nella pratica.
Inoltre, è opportuno che gli insegnanti si approprino di tali modalità, che ne abbiano padronanza d’uso e competenza, che non le considerino forme occasionali ed episodiche di didattica. L’innovazione è un orientamento di lavoro trasformativo, che esige collegialità, cioè deve rappresentare una scelta condivisa fra insegnanti.
In continuità con la sperimentazione che è stata realizzata sull’uso dello spaced learning nella scuola primaria, si è cercato di saldare la scissione spesso esistente tra ricerca e pratica didattica, con una ricerca-azione.
Come è noto, la ricerca-azione presenta alcuni momenti simili a quelli dell’esperimento, in quanto si sviluppa come alternativa allo stesso, per correggerne aspetti ritenuti eccessivamente semplificanti e artificiali.
Nel presente contributo sono analizzati e discussi gli esiti di una ricerca-azione realizzata, come indagine esplorativa, in cinque scuole di Palermo da settembre 2023 a giugno 2024. Per promuovere, nel gruppo di insegnanti partecipanti, aree di abilità e competenze riconducibili alla consapevolezza professionale, alla riflessività e alla trasformabilità, è stato scelto il modello di Jonassen (2000, 2011).
Si sottolineano alcune ricadute che la collaborazione con i soggetti interessati ha prodotto sulla consapevolezza metodologico-didattica e sulla costruzione di senso (sensemaking). Indubbiamente, sarà necessario apportare correttivi al progetto di ricerca-azione che proseguirà nei prossimi due anni, parallelamente all’azione sperimentale.
L’attuale riflessione pedagogica e didattica insiste sull’importanza che bambini e ragazzi siano capaci di leggere, comprendere, interpretare la realtà e interagire con essa, che non imparino solo conoscenze ma che sappiano fare, agire ed essere con ciò che sanno. Da alcuni anni diverse prospettive di studio e di ricerca hanno cercato di recuperare e valorizzare pratiche capaci di sviluppare queste dimensioni.
L’obiettivo della formazione in servizio degli insegnanti è, quindi, quello di farli lavorare su sé stessi, orientandoli alla mediazione come base del processo di insegnamento-apprendimento (Damiano, 2013), per sviluppare abilità focalizzate sulla conoscenza di strategie innovative e sulla padronanza di metodologie alternative (Kelley, 2007; Kelley & Whatson, 2013).
L’insegnante acquisisce modelli teorici e impara molto dall’esperienza diretta: questo secondo gli studiosi più autorevoli non può avvenire in maniera rigida, senza consapevolezza dell’agire in situazione. Egli deve sperimentarsi come praticante riflessivo e critico (Schön, 1983, 1987; Altet, 2003; Bru et al., 2004).
Per comprendere l’eterogeneità delle variabili implicate, e intervenire in modo adeguato, l’insegnante impara a padroneggiare abilità argomentative e metacognitive. Reinterpretando gli studi sul thinking about thinking (Flavell, 1979; Cross & Paris, 1988; Paris & Winograd, 1990; Schraw & Moshman, 1995; Schraw et al., 2006), la riflessione e l’autovalutazione sono strumenti essenziali per la formazione del senso critico e della consapevolezza negli insegnanti (Halpern, 1998; Willingham, 2007; Melacarne et al., 2008).
Questo può portare al raggiungimento di traguardi quali: la promozione di una esplorazione autoriflessiva delle dimensioni implicite alla base della professione; l’assunzione di un atteggiamento auto-valutativo capace di attivare l’autoregolazione sistemica nel processo didattico; la crescita di una disposizione funzionale alla progettualità creativa, alla soluzione di problemi autentici, alla scelta di alternative efficaci per l’azione.
Nel lavoro di insegnamento a scuola è basilare mobilitare competenze auto-valutative e valutative, organizzative e gestionali: progettare con chiarezza; strutturare l’ambiente di apprendimento; favorire la costruzione sociale dell’apprendimento; pianificare attività differenziate; monitorare e valutare in modo sistematico (Perrenoud, 2001, 2012; Cottini, 2008; Trinchero, 2012; Calvani & Menichetti, 2015; Brown & Green, 2019).
Per lo sviluppo di competenze negli insegnanti e la formazione continua, l’importanza strategica di sperimentazione, innovazione e ricerca-azione, è richiamata da diversi riferimenti normativi nazionali e sovranazionali (Council of the European Union, 2021; EU Commission, 2017; ET2020 Working Group…, 2015; Eurydice, 2015). La formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale (Legge 107/205, art. 1, comma 124).
Più recentemente, nello specifico della scuola secondaria, si precisa la necessità di una adeguata formazione iniziale e continua dei docenti (DL 36/2022, Art. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 79/2022).
Il DPR 419/1974 regola le sperimentazioni nella scuola, intese come ricerca e realizzazione di innovazioni sia sul piano metodologico-didattico, sia degli ordinamenti e delle strutture esistenti.
La sperimentazione classica fatica a seguire le esigenze della ricerca pedagogico-didattica condotta in uno specifico contesto scolastico, con gli innumerevoli vincoli: è difficile isolare le variabili che davvero generano i cambiamenti, tenendo sotto controllo ogni interferenza, senza creare situazioni poi difficilmente trasferibili ai contesti ordinari. Inoltre, i metodi di ricerca quantitativa, mostrano limiti quando si applicano a fenomeni complessi, di natura sociale ed educativa (Coggi & Ricchiardi, 2005).
Il piano sperimentale classico fatica a seguire le esigenze che ha la ricerca condotta in un contesto educativo con diversi fattori e condizioni. Tali esigenze sono state avvertite anche dagli sperimentalisti classici, i quali hanno formulato nuovi disegni, detti quasi-sperimentali (Zanniello, 2000) o piani d’esperimento parziali.
La ricerca-azione è invece importante quando si tratta di conoscere una situazione e/o per modificarla, viene attivata nel momento in cui si studia un processo o un fatto e, attraverso le conoscenze che si hanno di essi, si modula e si organizza l’azione susseguente. In modo simultaneo, si analizza, si conosce, si prende coscienza e si modifica una situazione, si verifica e si trasforma per migliorare. Uno degli elementi che tramuta una ricerca conoscitiva in ricerca-azione è l’intenzionalità di cambiamento e la razionalità con cui viene progettata, nonché la consapevolezza delle ipotesi e degli obiettivi di tutti gli attori.
A differenza della sperimentazione classica in cui gli insegnanti hanno una posizione più passiva e una comprensione parziale, nella ricerca con azione-intervento gli insegnanti fanno parte, con il ricercatore, del gruppo di ricerca, all’interno del quale occorre condividere conoscenze e competenze (Scurati & Zanniello, 1993; Barbier, 1996).
La ricerca-azione cerca di saldare la scissione che esiste tra ricerca educativa e pratica pedagogico-didattica. È nota l’insoddisfazione per lo scarso utilizzo che si fa dei risultati della ricerca pedagogica in campo scolastico, sia in Italia sia all’estero. Il problema è imputabile sia al linguaggio tecnico con cui viene divulgata la ricerca, sia allo scarso livello di formazione alla ricerca che hanno avuto tradizionalmente gli insegnanti.
Un altro elemento di differenziazione con l’indagine sperimentale è che una ricerca con intervento è progettata e condotta in modo collettivo. È primitivo pensare che un ricercatore da solo, studi, prenda coscienza e, soprattutto, modifichi situazioni altrui. La forza metabletica di un’azione sta proprio nella rete di connessioni che si riescono ad instaurare tra proponenti ed utenti; la ricerca-azione attiva rapporti di collaborazione e di scambio in una comunità educativa: tra ricercatori, insegnanti, genitori e alunni.
Gli studi di Bradbury (2022) su Action Reasearch Transformations (ART) si concentrano proprio sul rapporto fondamentale che essa instaura con il meaning making, inteso come processo con cui le persone interpretano situazioni, eventi, obiettivi, discorsi, costruiscono il senso e danno significato alle relazioni e al sé, alla luce di loro precedenti conoscenze ed esperienze. La ricerca-azione consente un plus che è la trasformazione, non solo pedagogica e didattica, ma anche etica e sociale (www.ActionReaserchPlus.com).
L’insieme di processi attraverso i quali gli esseri umani attribuiscono un significato alle esperienze collettive è stato teorizzato come sensemaking da Weick (1988, 2004)[1]; in prospettiva socio-psicologica, lo studioso precisa che è necessario attribuire a questo approccio la stessa attenzione riservata al concetto di decision making, per concentrarci sui processi che costituiscono il significato delle scelte stesse, il motore capace di tradurre le decisioni in comportamenti, anche in situazioni di crisi.
Si può studiare lo sviluppo consapevole e la costruzione di senso di un’esperienza di ricerca negli insegnanti alla luce del modello di Jonassen (2000), da noi scelto come framework per indagare sulle loro abilità e competenze professionali. Secondo la teoria dello studioso, i processi di pensiero critico e creativo sono interconnessi e si combinano, in modo trasversale, attraverso le abilità di pensiero di base (concettuale), in grandi processi orientati all’azione e caratteristici del pensiero complesso. Le tre principali abilità del pensiero complesso comprendono il designing, il decision making e il problem solving.
Per Jonassen il designing comprende le seguenti abilità: immaginare un obiettivo (rappresentare, visualizzare, intuire); formulare un obiettivo (prevedere, individuare relazioni causali, ipotizzare); generare un prodotto (pianificare, concretizzare); valutare il prodotto (determinare i criteri, accertare le informazioni, comparare); revisionare il prodotto (estendere, modificare).
Il decision making si riferisce alla consapevolezza e alla manipolazione di criteri oggettivi e soggettivi allo scopo di prendere una decisione. Il processo di scelta richiama abilità quali: identificare un caso-problema o una questione (identificare l’idea principale, fare supposizioni, riconoscere gli errori); generare le alternative (cambiare categorie, ipotizzare); valutare le conseguenze (classificare, confrontare, identificare le relazioni causali, fare previsioni); fare una scelta (riassumere, inferire, concretizzare); valutare le scelte (vagliare l’informazione, verificare).
Jonassen sostiene che il problem solving “implica il perseguimento sistematico di un obiettivo, che di solito è la soluzione di un problema che una situazione presenta” (Jonassen, 2000, p. 30). Fronteggiare una situazione-problema comporta abilità come: sentire/percepire il problema (visualizzare, individuare ipotesi); ricercare il problema (accertare le informazioni, riconoscere errori); formulare il problema (inferire, ipotizzare, individuare le idee principali); trovare alternative (espandere, estendere, modificare, prevedere, indagare); scegliere la soluzione (valutare l’informazione, determinare i criteri, definire le priorità); costruire livelli di accettazione della soluzione (cambiare categorie, identificare relazioni causali, predire).
Le aree del suindicato modello sono interagenti e l’esercizio delle abilità è concepito in modo trasversale.
Si è considerato sostenibile l’applicabilità del modello descritto in una ricerca-azione mirata alla formazione di consapevolezza metodologica innovativa e alla promozione di capacità di pensiero, riflessione e trasformazione dell’insegnante in servizio.
Per verificare la validità e l’efficacia dello studio e attuazione di un’innovazione didattica nell’incrementare la competenza professionale degli insegnanti di scuola primaria, è stata realizzata una ricerca-azione in continuità con un intervento sperimentale sull’implementazione dello spaced learning.
Si è ipotizzato che gli insegnanti, mentre progettano, valutano e riflettono sulla pratica dello spaced learning in classi di scuola primaria, migliorano la loro capacità critica, la competenza didattica e la padronanza nell’uso della nuova metodologia.
La ricerca-azione ha inteso rilevare se e come l’innovazione metodologica spaced learning è adeguata a stimolare negli insegnanti in servizio maggiore consapevolezza professionale, riguardo alla mobilitazione e all’esercizio delle abilità di pianificare (designing), di scegliere e prendere decisioni (decision making), di affrontare e risolvere problemi (problem solving).
Gli insegnanti, che realizzano l’azione didattica in classe terza, quarta e quinta primaria, intervallando i contenuti con il movimento fisico e gli esercizi motori, mobilitano capacità quali: confrontare dati, formulare ipotesi, prevedere azioni, concretizzare piani, valutare informazioni, visualizzare soluzioni, selezionare alternative, verificare esiti e prodotti.
La fase di formazione del gruppo degli insegnanti, con la condivisione degli obiettivi e della modalità dell’azione, è stato un momento cruciale. Gli insegnanti hanno cercato di fornire ai ricercatori tutte le informazioni necessarie per la comprensione delle difficoltà individuate e/o emergenti, e le possibili azioni risolutive, mentre i ricercatori hanno offerto loro conoscenze di metodologia della ricerca, connesse alle necessità che emergevano nello studio.
Il tentativo faticoso, ma riuscito, è stato quello di definire mete comuni, flessibili, a lungo termine, significative, realistiche e giustificate. Il gruppo, inoltre, è stato formato alla ricerca, attraverso l’analisi di esperienze precedenti di ricerca-azione. Gli insegnanti sono stati sensibilizzati a controllare, in modo semplice, le dinamiche che si instauravano nel gruppo.
Costituito il gruppo, è stata definita in maniera più precisa la metodologia da approfondire e usare, anche attraverso sondaggi esplorativi per consentire di comprenderla meglio. In seguito, sono stati individuati gli obiettivi, le problematicità e le possibili azioni risolutive.
L’azione sul campo degli insegnanti è stata preceduta dall’analisi delle capacità linguistiche, matematiche e scientifiche degli alunni frequentanti le classi in cui loro lavoravano (prove di rilevazione iniziale) e dalla pianificazione guidata (design); la stessa è continuata con attività di sperimentazione e controllo.
Utilizzando lo strumento della progettazione didattica nelle sue varie fasi, il compito assegnato agli insegnanti ha riguardato la costruzione, l’attuazione e il controllo di 40 attività didattiche/lezioni, su contenuti di lingua italiana (15 di comprensione del testo e grammatica), di matematica (15 di calcolo, numerazione, misurazione, soluzione di problemi), di scienze (10 di osservazione e indagine dell’ambiente naturale e artificiale), ciascuna della durata complessiva di 120 minuti.
Per la strutturazione di attività/lezione, gli insegnanti sono stati orientati all’approfondimento dei cinque principi di Merrill (2001): problem, activation, demonstration, application, integration. È stato costruito insieme agli insegnanti uno schema, per la strutturazione delle unità di lavoro (attività/lezione), come di seguito presentato (Tabella 1).
I ricercatori universitari hanno dedicato 10 mesi, da settembre 2023 a giugno 2024, per pianificare, monitorare e valutare il processo di ricerca e la formazione degli insegnanti di scuola primaria.
Tempi, sequenza e step |
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120 minuti complessivi |
15 minuti per gestione della classe e motivazione |
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100 minuti di azione + 5 minuti per chiusura |
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PROBLEM |
step 1 |
30 minuti |
step 2 |
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step … |
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ACTIVATION |
step 1 |
|
step 2 |
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step … |
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Attività motoria e/o giochi di movimento |
Numero dell’attività svolta: |
intervallo di 10 minuti |
|
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DEMOSTRACTION |
step 1 |
30 minuti |
step 2 |
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step … |
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APPLICATION |
step 1 |
|
step 2 |
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step … |
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|
Attività motorie e/o giochi di movimento |
Numero dell’attività svolta: |
intervallo di 10 minuti |
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INTEGRATION |
step 1 |
20 minuti |
step 1 |
||
step … |
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|
5 minuti chiusura |
Tabella 1. Schema di strutturazione della attività/lezione.
Le sette sessioni di riflessione condivisa e partecipata, della durata di due ore e articolate ogni 40–60 giorni, hanno offerto agli insegnanti l’opportunità di entrare in contatto con la metodologia, smussando reticenze e paure di non riuscita (micro- e meso-contesto, famiglie, sovraccarico di impegni), di sperimentare lo spessore dei problemi e di affrontarli in prospettiva comunitaria, di ipotizzare una soluzione per casi particolari e concreti, per valutare specifiche condizioni di fattibilità.
I ricercatori hanno controllato una serie di condizioni, affinché gli interrogativi fossero effettivamente sollevati, le riflessioni si sviluppassero, provocando la ricerca di significative risposte, gli errori fossero interpretati quali dispositivi efficaci per il miglioramento. Si è trattato di un esercizio senza il quale i contributi scientifici sulla metodologia innovativa e sulle procedure attuative sarebbero rimasti astratti e frammentati, mentre la dimensione pratica, con i suoi fatti e i suoi fenomeni, poteva risultare di difficile lettura e analisi.
La rilevazione delle abilità previste dal programma formativo è stata effettuata con strumenti quantitativi (questionario, rating scale) e qualitativi (focus group, unità di lavoro).
Le fasi della ricerca-azione, individuato il gruppo di ricerca, sono state le seguenti: a) costruzione delle ipotesi; b) individuazione di contenuti e attività; c) scelta e costruzione degli strumenti; d) organizzazione dell’indagine; e) rilevazione iniziale; f) verifica periodica e finale; g) raccolta e analisi dei dati; h) valutazione finale; i) formulazione di strategie di intervento e sviluppi.
Il tema di ricerca relativo alla metodologia innovativa spaced learning è stato definito e contestualizzato con gli insegnanti che partecipavano alla sperimentazione.
Per identificare la situazione di partenza e di arrivo degli alunni delle classi sperimentali e di controllo sono state effettuate più rilevazioni.
La valutazione finale ha inteso accertare negli insegnanti il sensemaking, circa l’adeguatezza e l’efficacia dell’innovazione didattica, nonché verificare se l’uso della tecnica spaced learning mobilitava in loro le abilità previste dal programma formativo, per ricalibrare l’intervento e ritornare sul problema con le nuove conoscenze.
La rilevazione dei dati su sensemaking e consapevolezza critica ha privilegiato mixed methods, secondo gli studi di Greene (2007), Creswell e Plano (2011), Del Gobbo (2021).
Nel corso della ricerca sono stati impiegati strumenti di analisi sia quantitativi sia qualitativi.
Gli strumenti per l’analisi quantitativa sono stati una scala di valutazione e un questionario, somministrati agli insegnanti per mezzo di Google Forms.
La rilevazione delle abilità critiche, decisionali e di costruzione di senso, progettuali e valutative, previste dal programma formativo, è stata effettuata con la rating scale TFS-RS17, costruita e validata da Anello e Ferrara (2018). La scala rileva le capacità di autoriflessione e autovalutazione degli insegnanti, indaga in particolare le loro capacità di: affrontare problemi, prevedere piani d’azione, scegliere e diversificare metodologie, trasformare i costrutti teorici in pratica, applicare e verificare soluzioni, controllare gli effetti, riflettere su alternative.
Questi erano infatti i traguardi, gli obiettivi relativi alle capacità professionali definite per la formazione in servizio, come già detto all’inizio.
Lo strumento si presenta come un elenco di comportamenti auto-analizzabili, formalizzati da descrittori di competenza che indicano, per ciascun comportamento, l’intensità di presentazione del tratto osservato lungo una scala espressa con avverbi.
La scala di valutazione TFS-RS17 prevede quattro sottoscale (indicatori), che collegano le componenti complesse del pensiero critico indicate da Jonassen (2000) con le abilità implicate nella progettazione e valutazione didattica: Osservazione Problemica (OP); Previsione Operativa (PO); Mediazione Strategica (MS); Elaborazione Riflessiva (ER). Per ogni abilità sono previsti dieci indici o descrittori di competenza, per un totale di 40.
Gli indici della scala di valutazione sono stati usati dagli insegnanti per riflettere mentre progettavano l’attività di apprendimento e agivano in classe insegnando italiano, matematica e scienze, usando la tecnica innovativa dello spaced learning.
Come prevede lo strumento, si è attribuito un punteggio a ciascun livello di intensità come di seguito indicato: per niente = punti 0; solo in parte = punti 1; abbastanza = punti 2; del tutto = punti 3. Il punteggio massimo possibile è pari a 120.
La scala di auto-valutazione è stata usata da 104 insegnanti, distribuiti in gruppo sperimentale e di controllo, per confrontare possibili differenze tra chi aveva partecipato alla ricerca e chi non ne aveva preso parte.
La rilevazione è avvenuta a conclusione del percorso, a metà maggio 2024. Essa ha poi focalizzato l’attenzione sui descrittori di competenza dello strumento che più si riferivano alle abilità di Designing (DSG: 8 indici), Decision Making (DMK: 8 indici) e Problem Solving (PSV: 8 indici), caratteristici nel modello di Jonassen (2000, 2011). Il punteggio massimo possibile per ciascuna area è 24.
Il questionario con 15 domande, somministrato al gruppo sperimentale a giugno 2024, ha avuto lo scopo di indagare il percorso didattico realizzato da settembre 2023 a maggio 2024 attraverso lo spaced learning, in termini di regolarità, chiarezza, adeguatezza ed efficacia per migliorare gli apprendimenti, utilità, riproducibilità della tecnica innovativa, interesse e applicazioni future.
Gli strumenti per l’analisi qualitativa, usati per la riflessione condivisa, sono stati il gruppo di discussione con massimo 25 partecipanti (focus group) e la SWOT Analysis.
Il campione, non probabilistico, si è costituito per libera adesione delle scuole alle quali sono state proposte la sperimentazione didattica e la ricerca-azione; complessivamente, è composto da 104 insegnanti di scuola primaria che lavorano in classi terze, quarte e quinte. Di questi, 54 insegnanti hanno aderito al gruppo sperimentale (GS) e 50 al gruppo di controllo (GC).
Le informazioni riferibili al campione sono mostrate e comparate nei grafici seguenti.
La Figura 1 presenta le percentuali riguardo all’età degli insegnanti del GS e del GC; la Figura 2 presenta le percentuali relative al titolo di studio degli insegnanti del GS e del GC.
Figura 1. Età insegnanti.
Nella distribuzione degli insegnanti rispetto all’età, si rileva che i due gruppi si presentano omogenei con lievi differenze soprattutto nelle fasce d’età 23–27 anni e 36–42 anni.
Figura 2. Titolo di studio degli insegnanti.
Anche per quanto riguarda il titolo di studio i due gruppi sono omogenei.
Non si è inteso valutare tutti i risultati della formazione degli insegnanti, in considerazione del fatto che si tratta di un progetto pluriennale e quanto realizzato nell’anno scolastico 2023-2024 è da intendere come avvio. Di seguito saranno presentati gli esiti più significativi.
Dei 40 descrittori di competenza, che riguardano le abilità degli insegnanti di progettare piani d’azione, di applicare e validare prassi, di trasformare in modo critico i costrutti teorici della metodologia in expertise, saranno presi in esame le aree di sviluppo più rilevanti delle abilità previste dallo strumento TFS-RS17.
Si riportano i risultati più chiaramente riconducibili agli effetti della ricerca-azione, con lo scopo di esaminare gli esiti del gruppo sperimentale più attribuibili all’azione formativa prima descritta, in rapporto al gruppo di controllo.
Indicatori (rating scale TFS-RS17) |
Media |
Dev.St. |
Moda |
Mediana |
Min |
Max |
OP (max 30) |
25.48 |
2.85 |
25 |
25.00 |
20 |
30 |
PO (max 30) |
27.24 |
2.94 |
30 |
28.00 |
20 |
30 |
MS (max 30) |
25.81 |
2.66 |
26 |
26.00 |
19 |
30 |
EC (max 30) |
22.31 |
4.37 |
26 |
21.00 |
14 |
30 |
CC (max 120) |
100.85 |
11.04 |
105 |
100.00 |
76 |
120 |
Tabella 2. Valori di tendenza centrale – Consapevolezza Critica GS (n = 54). Legenda: OP = Osservazione Problemica, PO = Previsione Operativa, MS = Mediazione Strategica, ER = Elaborazione Riflessiva, CC = Consapevolezza Critica.
Anche se non è possibile confrontare i dati dell’autovalutazione con una baseline, i dati finali in Tabella 2 mostrano in media buoni livelli di competenza nella previsione e organizzazione di azioni/attività, nella conduzione del processo di insegnamento e nella mediazione strategica, anche con modalità comunicative incoraggianti e stimolanti. Gli insegnanti partecipanti alla ricerca manifestano un buon livello anche riguardo all’osservazione del contesto, all’analisi di variabili e bisogni, all’elaborazione di senso e alla riflessione sull’agire-agito-agire.
È probabile che l’utilizzo di una metodologia nuova e altamente strutturata come quella dello spaced learning abbia rinforzato le loro capacità organizzative, progettuali, gestionali, valutative, di trasformazione della pratica.
Confrontando le singole risposte dei due gruppi, emergono alcune importanti differenze tra gli insegnanti del gruppo sperimentale (GS) e del gruppo di controllo (GC) (si veda Tabella 4, inclusa nei materiali addizionali).
Il 74% degli insegnanti del GS “individua le dinamiche interne al gruppo classe in relazione a stili di insegnamento e modalità di conduzione” (item 3) del tutto, mentre solo il 16% degli insegnanti del GC manifesta lo stesso esito. Inoltre, il 24% del GS identifica abbastanza le dinamiche di cui sopra rispetto al 34% degli insegnanti del GC.
Il 54% degli insegnanti del GS “specifica le caratteristiche del contesto d’azione a livello socioculturale ed organizzativo” (item 4) del tutto, mentre solo il 14% degli insegnanti del GC mostra lo stesso esito. Il 43% del GS indica tali caratteristiche abbastanza e di frequente, fa lo stesso il 36% del GC, ma il 38% degli insegnanti del GC specifica, solo in parte, le caratteristiche contestuali e organizzative.
L’80% degli insegnanti del GS “identifica il/i bisogno/i formativo/i e/o problema-ipotesi su cui intervenire” (item 5) del tutto. Il 38% del GC identifica abbastanza i bisogni formativi degli alunni, ma il 16% del gruppo non lo fa mai.
Il 68% degli insegnanti del GS “indica gli scopi generali che si possono conseguire attraverso un’azione strutturata” (item 6) in modo completo, mentre solo il 18% degli insegnanti del GC mostra tale risultato. Inoltre, il 28% del GS indica abbastanza tali scopi, rispetto al 44% del GC. Il 6% del GC non identifica assolutamente gli scopi per un’azione didattica organizzata e strutturata.
L’85% degli insegnanti del GS “definisce le finalità, le ragioni e/o la motivazione dell’intervento didattico” (item 8) del tutto, mentre solo il 6% degli insegnanti del GC precisa obiettivi e ragioni dell’attività didattica. Inoltre, il 15% del GS definisce abbastanza tali finalità. Il 18% degli insegnanti del GC non specifica mai scopi e motivi dell’azione didattica.
L’89% degli insegnanti del GS costantemente “utilizza modalità comunicative che incoraggiano la curiosità, l’attenzione e l’espressione dell’alunno” (item 19), ma solo il 20% degli insegnanti del GC adotta queste modalità con la stessa intensità. Il 34% del GC usa una comunicazione incoraggiante e facilitante solo in parte, mentre il 14% non utilizza mai una modalità comunicativa proattiva e stimolante.
Il 63% degli insegnanti del GS “diversifica le azioni e le attività in base a necessità impreviste e/o imprevedibili” (item 22) del tutto, rispetto al 18% degli insegnanti del GC. Il 34% del GC solo in parte opera azioni differenti in base alle necessità e il 18% non agisce mai in tale prospettiva.
Si evidenzia che gli insegnanti del GS mobilitano e sviluppano le abilità ipotizzate dal programma di formazione con maggiore intensità, rispetto al gruppo di controllo; tendono ad essere molto più sistematici e costanti nell’adozione di strategie didattiche che promuovono la curiosità degli alunni, la personalizzazione dell’insegnamento in risposta a necessità impreviste e l’identificazione dei bisogni formativi e delle ipotesi di intervento. I dati mostrano una maggiore propensione del GS a definire le finalità dell’intervento didattico, a specificare le caratteristiche del contesto socioculturale e a indicare gli scopi generali raggiungibili attraverso un’azione strutturata.
In generale, il GS si distingue per un approccio più “pensante” e orientato al trasformative learning, in grado di creare un ambiente educativo dinamico meglio rispondente alle esigenze degli alunni e alle situazioni emergenti o impreviste.
I risultati mostrano un interessante esercizio delle capacità attese tra gli insegnanti che hanno partecipato, rispetto a quelli che non hanno preso parte alla ricerca (Tabella 3).
Confrontando i dati del GS e del GC. si notano differenze in tutte le misure di tendenza centrale; gli insegnanti del GS mostrano valori più elevati relativi alle abilità di designing, di decision making, di problem solving. Il test t di Student conferma che c’è una differenza significativa tra le medie dei due gruppi.
TFS-RS17 |
Media |
Dv Standard |
Moda |
Mediana |
t-test |
Sig. (2-code) |
||||
GS |
GC |
GS |
GC |
GS |
GC |
GS |
GC |
|||
DSG (max 24) |
21.04 |
13.70 |
2.50 |
4.25 |
22 |
15 |
21.52 |
14.17 |
10.816 |
.000 |
DMK (max 24) |
20.80 |
14.18 |
2.43 |
4.20 |
20 |
14 |
20.69 |
14.33 |
9.903 |
.000 |
PSV (max 24) |
19.51 |
14.60 |
2.43 |
4.31 |
19 |
17 |
19.21 |
15.00 |
7.230 |
.000 |
SENSEMAKING |
61.35 |
42.48 |
6.45 |
11.53 |
55 |
47 |
62.33 |
45.25 |
10.398 |
.000 |
Tabella 3. Designing, decision making, problem solving GS (n=54) e GC (n=50).
I momenti condivisi di analisi e focalizzazione hanno offerto agli insegnanti, progressivamente, l’opportunità di comprendere ed applicare la metodologia innovativa. mitigando riluttanze e dubbi di non riuscita (contesto, famiglie, sovraccarico di impegno). di verificare lo spessore dei problemi e di affrontarli in prospettiva comunitaria, di proporre una o più soluzioni per casi particolari e concreti, per valutare specifiche condizioni di fattibilità.
Gli insegnanti del GS rispondono in modo positivo alle domande relative al percorso di formazione. Il 61% (pari a 33 soggetti) afferma che ha svolto in modo abbastanza regolare e costante l’azione metodologica innovativa, anche se il 76% (41 soggetti) manifesta la necessità di ulteriori approfondimenti e chiarimenti sulle fasi del lavoro.
La maggior parte degli insegnanti valuta il percorso sperimentale, sia la metodologia spaced learning, sia le attività motorie usate nell’intervallo da 3 a 5, in una distribuzione pentenaria dove 1 sta per il livello basso. Il 60% del campione afferma che lo spaced learning ha migliorato l’apprendimento linguistico degli alunni, il 70% degli insegnanti dichiara che ha migliorato l’apprendimento matematico, il 60% dice che gli alunni hanno accresciuto le loro abilità scientifiche. La riproducibilità dell’azione metodologica innovativa ottiene il consenso del 60% del GS, mentre l’utilità è valutata come elevata dal 70% degli insegnanti. I partecipanti alla ricerca esprimono notevole soddisfazione e interesse circa l’applicazione presente (57%) e futura (77%) della tecnica spaced learning nella didattica. Gli intervalli tra un’attività e la successiva sono considerati validi dal 58% degli insegnanti; le attività motorie proposte sono ritenute adeguate dal 63%, nonostante le difficoltà nell’esecuzione delle stesse dovute agli spazi e/o agli arredi scolastici.
In fase di valutazione intermedia del percorso di spaced learning l’analisi secondo la matrice SWOT (Strengths, Weaknesses, Opportunities, Threats) ha permesso agli insegnanti di identificare le variabili interne controllabili, cioè i punti di forza e di debolezza, ma anche le risorse esterne intese come elementi non controllabili, quali le opportunità, i rischi e le minacce.
Dalle risposte degli insegnanti che hanno partecipato alla ricerca è emerso che la metodologia offre molteplici vantaggi, soprattutto in termini di coinvolgimento degli allievi alle azioni sia disciplinari sia motorie.
La tecnica degli intervalli distraenti stimola l’interesse, promuove attrattività verso la situazione alternativa, potenzia la memorizzazione e facilita l’apprendimento.
Gli insegnanti precisano che sia loro sia i bambini hanno vissuto i momenti di pausa come momento di forte inclusione e di condivisione, entusiasmo e pro-attività.
La metodologia è stata riconosciuta in grado di catalizzare l’impegno e facilitare l’attivazione dei bambini nello studio della disciplina (italiano, matematica, scienze). per la scansione e modulazione dell’insegnamento-apprendimento.
Molto importanti sono state le ricadute che la metodologia ha avuto per la conoscenza della metodologia di ricerca, per la co-costruzione di significati, per la professionalizzazione.
Tra i punti di debolezza, gli insegnanti hanno sottolineato l’“ansia da prestazione” e le preoccupazioni legate alla difficoltà di raggiungere i risultati in tempi ridotti e talvolta limitati. La maggior parte degli insegnanti ha incontrato problemi nell’adattare l’azione motoria agli spazi fisici della scuola e alla preparazione dei materiali.
Tra le variabili esterne positive, gli insegnanti affermano l’opportunità di reiterare la sperimentazione, dato che l’innovazione ha incuriosito i colleghi della stessa scuola non partecipanti alla sperimentazione. Gli insegnanti evidenziano che il lavoro condotto ha ottenuto un apprezzamento dei genitori verso la metodologia alternativa e ha permesso di utilizzare spazi scolastici in modo innovativo e spesso inimmaginabile.
Non sono mancati elementi di rischio legati alla difficoltà iniziale di ottenere l’adesione di alcuni genitori degli alunni, l’assenza di spazi idonei, la discontinuità di frequenza di alcuni bambini e i tempi stabiliti di osservazione dei processi.
In fase di valutazione del percorso di spaced learning, nelle sette sessioni di focus group ci si è avvalsi di quattro domande[2]: “Quali pensi siano i pro e i contro della metodologia dello spaced learning? Secondo te, dove si può migliorare per fornire un percorso di ricerca e azione migliore? Quali fattori ti hanno spinto a partecipare alla ricerca e ad usare lo spaced learning? Qual è la probabilità di raccomandare la metodologia dello spaced learning ai tuoi colleghi e ad altri insegnanti?”.
Si riporta in sintesi quanto emerso dalla discussione degli insegnanti.
La metodologia dello spaced learning rappresenta un’innovativa modalità didattica che alterna brevi periodi di apprendimento intenso a pause regolari, permettendo agli alunni di assimilare meglio le conoscenze. Tra i principali vantaggi della metodologia emergono lo sviluppo dell’autocontrollo e dell’autoregolazione negli alunni, che acquisiscono una maggiore consapevolezza nell’esecuzione dei compiti. L’approccio intervallato incentiva la motivazione e prolunga i tempi di attenzione, favorendo un maggiore coinvolgimento dei bambini. Un fattore positivo è la pianificazione delle attività, così la metodologia può includere alunni con disabilità, rendendo l’ambiente di apprendimento più adatto e/o adattato.
Lo spaced learning presenta alcune criticità. La gestione consecutiva di due attività motorie risulta complicata, il tempo disponibile per lo svolgimento delle attività non sempre è rispondente a bisogni o necessità didattiche. Inoltre, l’allestimento di uno spazio esterno adeguato può rappresentare un ostacolo, nei contesti scolastici con infrastrutture limitate.
Un altro svantaggio è la difficoltà nel riprendere la lezione dopo gli esercizi motori, quando c’è una fragile gestione della classe o un sovraccarico nella giornata scolastica.
Diversi fattori hanno motivato gli insegnanti a partecipare alla ricerca e ad utilizzare la metodologia dello spaced learning. La curiosità scientifica ha rappresentato un forte incentivo, spingendo gli insegnanti a esplorare e sperimentare approcci innovativi. La sperimentazione è stata intesa come una privilegiata opportunità di crescita, infatti ha sollecitato gli insegnanti ad arricchire la pratica professionale. Un ulteriore valore è stato il lavoro in team, per la condivisione di idee e strategie e la creazione di un ambiente collaborativo e di supporto reciproco.
I risultati positivi ottenuti attraverso l’implementazione dello spaced learning suggeriscono che la metodologia è efficace e funziona bene. Molti insegnanti sono inclini a raccomandarla ai colleghi, in particolare agli insegnanti neofiti, che possono beneficiare di un approccio strutturato e ben definito. La metodologia non solo favorisce il benessere dell’alunno, promuovendo la sua esperienza di apprendimento. ma contribuisce al benessere dell’insegnante. riducendo lo stress e facilitando organizzazione e conduzione delle lezioni.
L’analisi dei dati e la formulazione di strategie di intervento è il punto che principalmente ha qualificato la ricerca-azione. L’interazione si è fatta esplicita e partecipata; il processo di cambiamento, innescato sin dall’inizio, è diventato più evidente. La restituzione dei dati e la formulazione partecipata delle strategie di intervento non è stato un orpello posto come decorazione finale alla ricerca. Ha costituito una parte integrante, l’atto riassuntivo senza il quale l’intero processo sarebbe stato poco utile e del tutto ingiustificato.
La socializzazione dei dati è avvenuta in incontri attivi e mirati sulle interpretazioni e le eventuali soluzioni dei problemi oggetto di studio.
La ricerca-azione ha inteso rilevare se e come l’innovazione metodologica spaced learning è efficace per sviluppare negli insegnanti, in servizio nella scuola primaria, maggiore consapevolezza professionale, per quanto riguarda l’esercizio e la padronanza delle abilità di pianificare (designing), di scegliere e prendere decisioni (decision making), di affrontare e risolvere problemi (problem solving).
Gli insegnanti che progettano e realizzano l’azione didattica in classe terza, quarta e quinta primaria, intervallando i contenuti con il movimento fisico e gli esercizi motori, mobilitano le capacità di: confrontare dati, formulare ipotesi, prevedere azioni, concretizzare piani, valutare informazioni, visualizzare soluzioni, selezionare alternative, verificare esiti e prodotti.
I dati raccolti e analizzati confermano che gli insegnanti hanno potenziato la capacità di pensare, riflettere e trasformare attraverso l’uso efficace e sistematico di un’innovazione metodologica nell’insegnamento linguistico, matematico e scientifico.
Osservare in modo curioso e non giudicante, ricavare significati inaspettati, modulare ciò che accade e allenare lo sguardo a vedere ciò che non si era previsto, sono alcune evidenze emerse dall’attività formativa.
La ricerca-azione, richiamando le ricerche valutative (evaluation), è stata finalizzata a controllare i risultati raggiunti nella professionalità degli insegnanti con un’innovazione didattica. Essa è stata condotta in stretta collaborazione con i soggetti interessati, per verificare l’efficacia e l’efficienza della tecnica spaced learning nell’insegnamento ordinario.
Il lavoro in team con gli insegnanti ha prodotto il vantaggio di ampliare, graduare e affinare lo sguardo attraverso cui il ricercatore guardava la realtà.
I risultati di apprendimento, conseguiti dagli alunni nel percorso didattico realizzato, saranno oggetto di un altro contributo in fase di pubblicazione.
Nel profilo culturale e professionale del docente la formazione iniziale e in servizio, l’aggiornamento continuo, la ricerca anche sperimentale, diventano gli aspetti qualificanti del suo conoscere e del suo essere, in prospettiva professionale originale e alternativa.
In sintesi, lo spaced learning emerge come una pratica didattica promettente che può apportare significativi benefici nel contesto educativo.
La flessibilità nel condurre la ricerca è stata utile, in corso d’opera, al fine di rimodulare l’iniziativa progettuale che si stava portando avanti, in modo da decidere se e come riproporla, quali elementi modificare.
L’andamento ciclico, a spirale, della ricerca-azione ha permesso di utilizzare la verifica finale come l’inizio per un intervento più mirato, da proseguire nei prossimi due anni.
Per migliorare l’implementazione dello spaced learning, è necessario apportare qualche modifica al percorso di ricerca-azione. In primo luogo, è importante adattare le prove iniziali e finali (procedura di semplificazione) per gli alunni con difficoltà o in condizione disabilità. In secondo luogo, è consigliabile organizzare incontri anche per specifica disciplina, garantendo continuità e progressione con una calendarizzazione accurata.
La numerosità ridotta di insegnanti che hanno partecipato e le variabili di un campione non probabilistico inducono a non generalizzare i dati che sono emersi.
Trattandosi di una fase esplorativa, è possibile evidenziare solo alcuni effetti che la collaborazione con le parti interessate ha prodotto riguardo alla validità e all’efficacia del progetto, anche per apportare correttivi all’iniziativa e decidere come riproporla.
Gli strumenti usati per l’autoanalisi e la riflessione degli insegnanti possono essere migliorati, per indagare più in profondità anche disposizioni ed atteggiamenti.
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[1] La teoria del sensemaking, o creazione di senso, è stata descritta da Weick (1979) riguardo alle organizzazioni, che esistono nelle menti dei loro membri come mappe cognitive o immagini di particolari dell’esperienza.
[2] Nel focus group le domande sono state rivolte oralmente agli insegnanti partecipanti; la raccolta delle loro risposte è avvenuta attraverso annotazione manuale di due ricercatori, osservatori indipendenti. Il ricercatore conduttore della discussione ha più volte ripreso le idee emerse per la loro riformulazione e precisazione. Per facilitare la visibilità delle informazioni emerse, le risposte annotate sono state trascritte dai ricercatori in formato digitale e proiettate a schermo: ciò ha facilitato un’elaborazione di senso più consapevole ed efficace.