Inside the Scene: Perceptions and Relationships between Teachers through Forum Theatre

 

Dentro la Scena: Percezioni e Relazioni tra Insegnanti attraverso il Teatro Forum

 

Daniel Boccacci

Università di Ferrara – daniel.boccacci@unife.it

https://orcid.org/0000-0002-6509-7865

 

ABSTRACT

The relationship between teachers, a fundamental resource for every educational-school system, can find a possibility of profound and creative reflection in theatrical experience. Inspired by the principles of Augusto Boal's Forum Theatre, this work reflects on the experience of the Inside the Scene project, conceived within the EURESIS laboratory (University of Ferrara) and aimed at training compulsory school teachers. Through the intense metaphorical, emotional and interactive force of the stage action, the teachers involved were oriented to rethink their experiences, impulses, “internal oppressors” and senses about their professional role. The participants experienced the importance of re-elaborating the self in terms of openness towards other colleagues. The reflection that sparked the project pushes us to encourage pedagogical research and teacher training towards a dialogue with the world and resources of theatre to enhance, within its strength of total expressiveness and introspection, an empathetic and relational professional teaching model.

 

La relazione tra insegnanti, risorsa fondamentale per ogni sistema educativo-scolastico, può incontrare una possibilità di rispecchiamento profondo e creativo nell’esperienza teatrale. Ispirato dai principi del Teatro Forum di Augusto Boal, questo lavoro riflette sull’esperienza del progetto Dentro la scena, ideato all’interno del laboratorio EURESIS (Università di Ferrara) e rivolto alla formazione insegnanti della scuola dell’obbligo. Attraverso l’intensa forza metaforica, emozionale e interattiva dell’azione scenica, i docenti coinvolti sono stati orientati a ripensare vissuti, slanci, “oppressori interni” e sensi sul proprio ruolo professionale. I partecipanti hanno esperito l’importanza della rielaborazione del sé in chiave di apertura verso gli altri colleghi. La riflessione, che ha suscitato il progetto, spinge a incentivare la ricerca pedagogica e la formazione degli insegnanti verso un dialogo con il mondo e le risorse del teatro per valorizzare, entro la sua forza di espressività e introspezione totali, un modello professionale docente empatico e relazionale.

 

KEYWORDS

Teacher education, Theatre, Augusto Boal, Teacher relation

Formazione docente, Teatro, Augusto Boal, Relazione docente

 

CONFLICTS OF INTEREST

The Author declares no conflicts of interest.

 

SUBMITTED

May 31, 2024

 

ACCEPTED

August 14, 2024

 

PUBLISHED

September 21, 2024


 

1. Introduzione

 

Gli appelli accademici sulla rivalutazione del ruolo dell’insegnante si moltiplicano nella letteratura internazionale, in relazione a un contesto sociale di mandati e aspettative crescenti nei confronti della scuola (competenze, affettività, violenza di genere, inclusione, intercultura, cyberbullismo, giustizia, pace, ecc.). Considerata centro professionale della vita educativa, la figura del docente è attraversata da una molteplicità di pratiche discorsive, che ingaggiano qualità personali, sociali, etiche, psicologiche, disciplinari e didattiche (Lanckshear & Knobel, 2004; Blanchard-Laville, 2013; Clandinin & Husu, 2017; Baldacci et. al, 2020). È altrettanto diffusa l’idea che la formazione docente, iniziale e continua, sia la chiave per sviluppare queste risorse e qualificare il sistema scolastico in rapporto alle sfide della multiforme società odierna (Fullan, 2003; Vaillant & Marcelo, 2015; Salazar-Gómez & Tobón, 2018).

Prima ancora del soggetto insegnate, tuttavia, la relazione è l’unità logica fondamentale al centro della teoria e della prassi educativa. Non si può trascurare questo fattore di base senza compromettere l’esistenza stessa dell’educazione. Il rapporto fondamentale che si instaura nell’esperienza educativa è notoriamente quello tra educatore ed educando. Il modo di concepirlo genera le differenti forme della teoria educativa. (De Giacinto, 1977; Gramigna, 2012). 

Nel presente lavoro si evidenzia, tuttavia, l’importanza della relazione tra gli insegnanti e si ritiene che essa sia una dimensione fondamentale per la formazione del docente. Questa sfida incontra una possibilità di rispecchiamento profondo e creativo nell’esperienza teatrale. L’espressività e l’introspezione totale del teatro sono uno spazio costruttivo per comprendere e rielaborare azioni, emozioni e pensieri di chi svolge la professione (Kaplan et. al. 2006; Riva, 2006; Antonacci et al., 2015; Cappa, 2016; Antonacci & Cappa, 2022).

All’interno di un approccio metacomunicativo, che si ispira al teatro di Augusto Boal, questo lavoro riflette sulla realizzazione del progetto Dentro la scena, ideato all’interno di EURESIS, (Laboratorio di Epistemologia della Formazione) dell’Università di Ferrara (Kayne & Ragusa, 1998; Placier et. al., 2005). L’attività è stata realizzata presso l’Istituto Comprensivo Franco Maria Ricci di Fontanellato (Parma) e ha coinvolto 22 insegnanti (dieci provenienti dalla scuola primaria e dodici dalla secondaria di primo grado), impegnati direttamente in pratiche sceniche per ripensare vissuti, emozioni, identità e sensi sul proprio ruolo professionale.

Il progetto è stato pensato come formazione integrale nel connettere la varietà delle dimensioni umane (corporea, intellettuale, emozionale, etica, spirituale, sociale, civile, ecc.) e ha perseguito il fine di sviluppare le sensibilità relazionali ed empatiche tra insegnanti. Per questo scopo l’attività non si è basata sulla trasmissione di contenuti teorici, ma sulla riflessione in rapporto alla comunicazione e allo stare insieme a scuola, crogiolo di vissuti, funzioni, ruoli, regole e cultura.

Coordinati dal sottoscritto e dal regista e attore Piergiorgio Gallicani, i sei incontri del laboratorio scandiscono l’ordine dei paragrafi del presente articolo.

Dopo l’introduzione del corso, nel secondo incontro, tramite un focus group stimolato dal confronto sul racconto Pinocchio alla rovescia (Alves, 2022), gli insegnanti hanno espresso prime percezioni personali sulla propria professione. In particolare, sono stati invitati a raccontare un problema o una domanda irrisolta sull’essere docente, accompagnati da un sogno o da un’immagine ideale. Nel terzo e nel quarto incontro i partecipanti hanno scritto collettivamente alcuni copioni, relativi a un problema professionale comune irrisolto. Nel quinto incontro gli insegnanti hanno rappresentato uno di questi testi, intitolato Lo scrutinio, che ha seguito le modalità del Teatro Forum. Nel sesto incontro il gruppo si è riunito un'ultima volta per discutere sulla propria esperienza all’interno del laboratorio. Il progetto è terminato con interviste individuali non strutturate rivolte ai partecipanti. (Richards, 2009).

 

2. Insegnanti spett-attori

 

Il Teatro dell’Oppresso, con cui si definiscono diverse linee di lavoro di Boal, rivolge la sua forza di sguardo metaforico-creativo su problemi, conflitti e oppressioni in precisi contesti della società (Boal, 2011; 2020), similmente ad altre tipologie di Teatro Sociale, tra cui il Teatro di Guerra, il Teatro di comunità, lo Psicodramma (Bernardi, 2004; Conte, 2012). Le articolazioni del Teatro Sociale del drammaturgo brasiliano sono il Teatro Giornalistico, il Teatro Legislativo, il Teatro Invisibile, l'Arcobaleno del Desiderio, il Teatro Immagine, il Teatro Forum (Capobianco & Vittoria, 2012). Quest’ultimo, nell’intrecciare vissuti personali e sociali rende il pubblico protagonista dell'azione drammatica e intende, “attraverso questa trasformazione, aiutare lo spettatore a preparare azioni reali che conducano alla propria liberazione” (Boal, 2011, p. 56).

L’ideale emancipativo, che si realizza attraverso l’esperienza fortemente interattiva, rappresenta la prospettiva epistemologica che il Teatro Forum condivide con un tipo di pedagogia critica e riflessiva. Sia l’esperienza educativa che teatrale incentivano non solo ad osservare l'azione, ma a viverla con mente, corpo ed emozioni (Howard, 2004). Nel Teatro Forum lo spettatore, o meglio lo spett-attore, non solo discute il contenuto rappresentato, ma può entrare in scena, esperendo nel contesto la sua proposta di intervento. In questo modo la realtà rappresentata viene esplorata in modo creativo e trasformativo attraverso differenti interpretazioni e soluzioni date (Rossi Ghiglione & Pagliarino, 2007; Teixeira & Teruel, 2009; Capobianco & Vittoria, 2012; Giorgino, 2016).

Le persone coinvolte nella realizzazione del Teatro Forum, gli insegnanti nel caso del laboratorio Dentro la scena, si preparano per creare un breve scritto, adatto a un’azione teatrale che rappresenti la ricerca di soluzioni relative a un problema o un conflitto inizialmente identificato all’interno del gruppo degli stessi partecipanti. Gli attori, quindi, possono essere scelti proprio tra coloro che identificano concrete figure di oppressione (con una vittima e un abusatore, ad esempio), ma anche situazioni conflittuali (ad esempio una cultura emarginante o un ambiente discriminante o persecutorio).  Lo spazio e il linguaggio scenico devono diventare un’opportunità di riflessione per capire e cercare alternative al nodo problematico rappresentato.

Sulla base di questi principi del Teatro Forum, il momento teatrale del laboratorio è stato scandito in queste fasi. La prima riguarda la scrittura della trama: gli insegnanti condividono un’esperienza conflittuale o insostenibile in riferimento alla propria storia di vita, sulla quale scrivere un copione. In particolare, la scrittura intende esplicitare: coloro o il contesto che costringe a ottenere qualcosa; cosa viene eventualmente negato; quali sono le diverse figure coinvolte (personaggi) e con quali ruoli e responsabilità in rapporto alla situazione conflittuale. Il testo deve definire anche una soluzione ideale del conflitto, quali sono i passaggi fondamentali per lo sviluppo degli eventi e quale esperienza, volontaria o meno, potrebbe verificarsi e deviare il corso della storia.

La seconda fase riguarda le prove: gli insegnanti imparano il copione e lo recitano con l’aiuto di un facilitatore. Rispetto all’autorità più dirigenziale del regista, questa figura, svolta dall’attore Piergiorgio Gallicani nel caso del progetto, ha un ruolo più flessibile, di supporto e coaching. In particolare, può consigliare sugli atteggiamenti, le emozioni e le intenzioni da dover trasmettere oppure aiutare a trovare il tono giusto della voce o definire l’organizzazione spaziale (movimento e posizione) oppure ancora può intervenire per esplicitare il ritmo e la gestione dei tempi delle azioni. La terza fase riguarda la rappresentazione di un conflitto irrisolto: gli insegnanti-attori mettono in scena una situazione concreta in cui emerge un conflitto tra personaggi protagonisti (persone o realtà di oppressione) e antagonisti (persone o forze oppressive). Il pubblico, costituito da altri insegnanti partecipanti del progetto, assiste allo sviluppo della storia.

La quarta fase riguarda la rappresentazione-Forum: la performance teatrale suscita una discussione con il pubblico. Viene, quindi, rieseguita la situazione conflittuale di partenza, ma con un ruolo attivo degli spettatori, che, alla luce di quanto espresso nel Forum, intervengono sulla scena aggiungendosi o sostituendosi agli attori: possono bloccare il corso della storia e, in veste di personaggi nuovi o già presenti, hanno la libertà di partecipare, cercando di proporre elementi di risoluzione del conflitto e di rimozione degli ostacoli, che hanno impedito ai protagonisti di raggiungere i propri scopi. Chi è rimasto sulla scena dall’inizio dovrà improvvisare la trama in base alle azioni e ai contenuti sviluppati dai nuovi attori. In questa fase il facilitatore e il pubblico possono discutere su quanto le alternative proposte siano possibili, pertinenti ed efficaci. La fine della storia, decretata dal pubblico stesso, può portare a un generale consenso sulla positività o problematicità delle proposte risolutive (Howard, 2004; Teixeira & Teruel, 2009; Capobianco & Vittoria, 2012; Giorgino, 2016).

 

3. Verso la metafora teatrale

 

Dopo un primo incontro preliminare, il secondo è iniziato con la lettura di Pinocchio alla rovescia, racconto che Rubem Alves ha voluto rivolgere a genitori e a insegnanti, come è precisato nel sottotitolo della versione originale in portoghese. L’attività ha sollecitato un intenso ripensamento dell’esperienza professionale. Il protagonista del racconto, un bambino di nome Felipe, pieno di curiosità ed entusiasmo, è stupito dal tipo di scuola normalizzante in cui è costretto a vivere, ma alla fine cede a quel sistema, percorrendo al contrario la storia di Collodi. Felipe diventa un burattino nel seguire le aspettative dei genitori, che lo vogliono a scuola tutto concentrato su se stesso per ottenere il meglio nella sua futura professione. Cede anche a insegnanti che, piegati dalle preoccupazioni di una normalità formale (voti, titoli, certificazioni), smorzano la curiosità del bambino (Alves, 2022).

La lettura e il dibattito, che ha suscitato il testo di Alves, sono stati momenti propedeutici per far esprimere agli insegnanti un problema che sentivano personalmente irrisolto. Sono emerse queste affermazioni:

 

“(1) Come posso assecondare il desiderio di stare con alunni non rumorosi e, nello stesso tempo, stimolarli ad avere un pensiero critico anche verso i comportamenti disciplinati? (2) Perché è così difficile spiegare le discipline matematiche a chi predilige quelle umanistiche? (3) Si può avere una scuola più improntata sulle esperienze? (4) Perché siamo così attaccati al linguaggio verbale? (5) Si può essere amici degli alunni? (6) Di fronte ai cambiamenti tecnologici e sociali contemporanei come fa un insegnante a costruire il percorso educativo tra il patrimonio del passato e l’innovazione? (7) La scuola promuove la giustizia sociale? (8) Che cos’è una scuola di qualità? (9) Perché non riesco a trasmettere come vorrei i principi pedagogici che mi ispirano, in particolare il dialogo, senso di responsabilità e l’impegno? (10) Come realizzare consapevolezza sull’importanza del processo rispetto ai risultati (formali)? (11) Come si fa ad essere preparati – o a prepararsi – per insegnare? (12) Perché troppo spesso c’è grande conflittualità tra genitori e insegnanti? (13) Perché non si riesce a comprendere che vi è un solo progetto educativo (i vari ordini di scuola non sono cassetti)?” (Laboratorio teatrale, 2024).

 

Successivamente gli stessi insegnanti hanno raccontato esperienze personali legate a quei nodi per loro irrisolti e importanti. Da quelle storie è nato un confronto in cui ciascuno ha espresso somiglianze, differenze, mediazioni e, in generale, ha condiviso problematiche comuni. Sulla base del confronto e in riferimento al rapporto tra Felipe e l’uccello azzurro, simbolo di educazione curiosa e creativa, i partecipanti sono stati invitati a esprimere un desiderio su di sé-insegnante, preferibilmente tramite un’immagine zoomorfa o comunque metaforica. Questo è quanto è emerso:

 

“(1) Una gazza ladra, astuta e che indica l’utilità dell’insegnamento; (2) un maestro-uccello, cioè che fa sognare;(3) una maestra che non fa “fiatare” nessuno; (4) l’insegnante che ha sempre tutte le risposte; (5) un insegnante molto empatico; (6) una farfalla, che insegna con leggerezza e semplicità; (7) un delfino, empatico e gioioso; (8) un professore che fa appassionare; (9) una scimmia, non imbrigliata dagli schemi culturali; (10) un camaleonte per saper sorprendere i miei allievi e sapermi adattare alle varie circostanze; (11) un giardiniere, che cura e vede spuntare vari fiori (i giovani), ognuno con le sue forme e colori” (Laboratorio teatrale, 2024).

 

La metafora è un importante strumento che sviluppa la mente per poter analizzare e costruire consapevolezza e conoscenza. L’esercizio metaforico è stato già un ingresso nel mondo del linguaggio teatrale.

Il teatro è metafora, costruzione simbolica che realizza quello spostamento analogico dalla vita a un termine altro. La traslazione ha l’effetto di sospendere il rituale dell’esistenza, impregnata di abitudini, ruoli, automatismi, e può diventare uno strumento formidabile di conoscenza, che si sviluppa a partire dalla riflessione sui sensi del vissuto. Lo spostamento metaforico non si limita a “fotografare” l’esperienza, ma permette di illuminare nessi imprevisti e disparati, che la coerenza logica della routine non consente. Il traslato sviluppa un percorso che ha molto a che vedere con quello che definiamo con la parola creatività. La metafora teatrale aiuta a uscire da uno spazio semantico consueto, a immaginare nuovi percorsi esistenziali, a sviluppare invenzione. Se ne abbiamo consapevolezza, può diventare il centro strategico di intervento formativo (Gramigna, 2021).

Il traslato teatrale non è una fantasia inconsistente, ma mantiene costante l’intensa relazionalità della vita, che è continua interconnessione tra mente, parole e cose. L’etimologia stessa di dramma, dal greco δρᾶμα (drâma) che significa “azione” o “atto”, sottolinea proprio l’onnipresenza della prassi. L’agire teatrale non è spettacolo di pura estetica, è un’esperienza disvelata che orienta, come il senso della parola tedesca di erfahrung, riconosciuta, non a caso nella teoria educativa attivista di Dewey. Erfahrung deriva dal verbo erfahren, che significa “scoprire” o “apprendere attraverso l'esperienza” (Dewey & Suhr, 1995). L’azione teatrale è l’esperienza che diventa contenuto educativo (Dewey, 2014). In questo processo dell’educazione attraverso l’azione è fondamentale lo sguardo riflessivo. Anche in questo caso il vocabolario scenico è in piena sintonia.  La parola stessa di teatro, dal greco théatron ovvero luogo deputato alla vista (thea), rimanda all’osservazione dell’esperienza. La dinamica teatrale si realizza nel guardare (spettacolo) l’esistenza (azioni in scena). Se il théatron indica un occhio poetico-riflessivo sul vissuto, il drama sollecita una teoria, che non rimane un intellettualismo, ma vive nell’azione scenica, nelle persone stesse che la praticano e si riverbera in quelle che la osservano. Questa teoria-pratica significa proprio erfahrung che comporta cambiamento o per lo meno una più convinta e consapevole condotta di vita da parte di chi ha vissuto l’esperienza stessa (attori e spettatori).

Anche il teatro di Boal, pur chiaramente mimetico della realtà, rappresenta un’interruzione e un trasferimento verso un altro che crea consapevolezza e orienta verso azioni di cambiamento.

 

4. Scrivere il conflitto

 

Il terzo e il quarto incontro sono stati caratterizzati dalla stesura dei copioni. Gli insegnanti sono stati suddivisi in tre gruppi, ciascuno dei quali, con il supporto del facilitatore, ha individuato un tema conflittuale e irrisolto, tra quelli che erano stati oggetto di confronto durante il secondo incontro. Il tema della difficoltà relazionale è emerso come centrale, declinato dentro differenti contesti: la complessità ed estensione di compiti del proprio mestiere, la difficoltà della valutazione collegiale, le gerarchie culturali e simboliche sostanziali tra insegnanti di discipline diverse.

Dopo aver approfondito con racconti personali questi nuclei tematici, ciascun gruppo ha iniziato la fase di scrittura di una storia. La condizione collettiva ha reso più complesso il lavoro narrativo, in quanto formato da continue mediazioni e dal bisogno di flessibilità sulle scelte per rendere il racconto condiviso, coeso e coerente. Ogni gruppo ha trovato utile nominare un coordinatore per la fase progettuale e iniziale della stesura, anche se non ci sono state difficoltà nel far convergere singoli racconti di esperienze in un contenuto rappresentativo.  Alla fine di una prima scrittura è stato altrettanto utile individuare un revisore per garantire la realizzazione unitaria del testo. Una volta concluso, è stato trascritto con un linguaggio più scenico. Anche questa fase è stata coordinata dal facilitatore, che ha aiutato a pensare come tradurre parole in linguaggio del corpo (posizioni, gesti ed espressioni) e a inserire sulla scena degli oggetti (ad esempio una copia della Divina Commedia e un mantello per l’insegnante di Lettere, un tubo per l’insegnante di Tecnologia), che contribuissero a comunicare situazioni e significati specifici. La maggior parte del lavoro di questa fase, in realtà, è stata occupata dalla eliminazione di sequenze descrittive dei testi originari e dall’inserimento sia di qualche didascalia sia soprattutto di dialoghi e monologhi, pensati da una parte per stimolare interazioni con il pubblico, dall’altra per adeguarsi a un tipo di ritmo più elevato rispetto a quello di un racconto per la sola lettura.

Sono così nati tre copioni, di cui il primo s’intitola Una giornata ordinaria, incentrato sull’eccessivo carico extra-didattico e sul ritmo frenetico dell’insegnante contemporaneo. Ecco un estratto:

 

“Già le 6:30! Devo alzarmi in fretta. Lorenzo ha finito i compiti? Devo fare quel recupero in 1^C e le fotocopie! Quel genitore mi ha chiesto un colloquio? Ho compilato il registro elettronico? Respira ce la puoi fare, Anna. […] Accendo il pc. Quanti giudizi da rivedere! E voti da inserire nel registro elettronico... A proposito, devo inviare alla segreteria scolastica quel documento importante. Ah, guarda un po’, che sorpresa, due genitori mi hanno scritto alle undici di ieri sera… ‘Gentile professoressa, sono la mamma di Tommaso. Si potrebbe avere un colloquio con lo psicologo dello Sportello d’ascolto della scuola?’ Ah sì, Tommaso è stato già a colloquio con lo specialista (gelosie con il fratello, rapporti conflittuali con alcuni compagni di classe…); ora anche la madre desidera un confronto. Bene, scriviamo al dott. Dorbelli” (Laboratorio teatrale, 2024).

 

Il secondo copione, che s’intitola La bomba atomica, rappresenta un esame orale della scuola secondaria di primo grado. La storia si focalizza sulla convinzione latente o consapevole tra insegnanti di una diversità d’importanza e di prestigio, che esisterebbe per ragioni storico-culturali tra le discipline scolastiche e i loro docenti rappresentanti. Ecco un estratto:

 

“[Entrano i professori e si presentano] ‘Io sono il docente di Matematica’. ‘Io sono il docente di Inglese’. [Incede lentamente e sale su una sedia; potrebbe tenere sotto un braccio una copia della Divina Commedia e una specie di toga; poi spalanca le braccia declama] ‘Io sono il docente di Lettere!’ [Con tono dimesso e un tubo in mano] ‘Io sono il docente di Tecnologia’. I docenti si siedono, arriva lo studente, si fa accomodare su una sedia, uno di loro gli chiede: ‘Da quale argomento vuoi incominciare?’ Lui risponde: ‘Dalla bomba atomica’; quindi illustra brevemente, poi dichiara che le bombe sganciate sulle città di Hiroshima e Nagasaki erano a idrogeno. La docente di Lettere commenta prontamente: ‘Benissimo!’ La docente di Tecnologia tra sé e sé dice: ‘Ma no’. Arriva il secondo alunno [Si ripete la stessa scena, ma il malcontento della docente di Tecnologia aumenta]. Arriva il terzo alunno [Stesso discorso, ma quando dice che la bomba utilizzata era ad idrogeno, la docente di tecnologia esprime il suo dissenso]” (Laboratorio teatrale, 2024).

 

Il terzo copione, che s’intitola Lo scrutinio, inscena la difficoltà nel valutare gli alunni durante momenti collegiali, oltre che per gerarchie culturali di prestigio tra le discipline, anche a causa di diffuse e radicate differenze di criteri tra gli insegnanti, spesso in conflitto per rigide dicotomie (conoscenze e competenze; abilità cognitive e pratiche; processi ed esiti; aspetto formativo e sommativo; dimensione oggettiva e soggettiva). Ecco un estratto:

 

“Docente 1: ‘Davide C.: Italiano 6, Matematica 6, Storia 5, Geografia 5, Inglese 6, Francese 5, Scienze 5, Tecnologia 9.’

Docente 2: ‘Ehhh? Ma sei sicura?’

Docente 3: ‘Sì, è bravissimo! Ha un’incredibile capacità di vedere la concretezza delle cose, sa costruire e aggiustare tutto e ha una fantastica abilità nel vedere dall’alto, sa valutare le planimetrie in un attimo e capisce al volo dove ci sono degli errori.’

Docente 2: ‘Ma chi, Davide? Ma se non studia niente ed è sempre a giocare e ridere con Mattia B.!’

Docente 1: ‘E poi non fa mai i compiti! Avrà già 8 note didattiche e 3 disciplinari.’

Docente 3: ‘Con me è il migliore.’

Docente 2: ‘Beh, vabbè, ma nelle tue materie non c’è da studiare; se lo metti davanti a una pagina fa anche fatica a leggere!’” (Laboratorio teatrale, 2024).

 

5. Lo scrutinio

 

Il quinto incontro è stato occupato dalla rappresentazione di uno dei tre copioni, nella forma del Teatro Forum. Il pubblico era costituito da tutti gli insegnanti del corso non impegnati a recitare. La scelta di mettere in scena Lo scrutinio è stata condivisa dai tre gruppi, che hanno considerato il tema del copione molto rappresentativo, capace cioè di abbracciare in buona parte anche i nuclei tematici presenti negli altri due testi e, in particolare, la questione delle relazioni tra insegnanti.

Lo scrutinio è stato recitato da quattro docenti di scuola secondaria. La scena era essenziale e costituita da un’aula scolastica reale, con banchi, sedie e una cattedra intorno alla quale si sono seduti gli attori.

La storia si concentra su una situazione conflittuale nella scuola secondaria durante una valutazione del consiglio dei docenti. Il conflitto verte sul comportamento e sul rendimento di un ragazzo di nome Davide. Il coordinatore (insegnante 1) e il professore di Tecnologia (insegnante 3), a fronte di diverse insufficienze e note didattiche e disciplinari, riconoscono le abilità dell’alunno, elencando i suoi voti positivi in alcune materie e sottolineando le sue abilità pratiche e intuitive.

Tuttavia, un altro collega (insegnante 2), che sembra rappresentare la maggioranza del consiglio, è scettico riguardo a queste valutazioni, evidenziando che Davide non studia molto, non fa i compiti e ha già ricevuto note disciplinari. La discussione mette in risalto il contrasto tra gli insegnanti a causa delle loro valutazioni soggettive.

La rappresentazione ha suscitato commenti tra attori e spettatori. Tra questi ultimi sono emerse tre proposte alternative alla situazione conflittuale, subito messe in scena dai proponenti, che si sono sostituiti a turno all’insegnante di Tecnologia. La prima rappresentazione alternativa è stata indirizzata verso una migliore performance argomentativa del docente. Attraverso il richiamo a principi personalisti (complessità umana, unicità dell’allievo, specificità degli interessi, unione esperienze e riflessione), sistemati con ordine logico e chiarezza, l’attore ha cercato di sviluppare un discorso più convincente in una prospettiva competitiva rispetto alle valutazioni dei colleghi.

Nella seconda alternativa l’insegnante di Tecnologia ha voluto valorizzare la dimensione corale e interattiva dello scrutinio, richiamando la necessità di ascoltare tutti i docenti e non solo quelli messi in scena. A tal proposito ha stimolato colleghi taciturni ad esprimersi, sottolineando che in diverse discipline l’allievo aveva dimostrato una certa positività di interesse e rendimento.

Nella terza alternativa l’insegnante di Tecnologia ha enfatizzato il valore formativo e propositivo della valutazione, chiedendo un nuovo tipo di coinvolgimento del ragazzo per fargli elaborare una relazione interdisciplinare con compiti specifici, in cui potessero emergere le caratteristiche e le abilità personali.

Il Teatro Forum, come è emerso nelle interviste individuali, ha favorito una maturazione da parte dei partecipanti. In particolare il dramma interattivo de Lo scrutinio, avvertito come testimonianza di una situazione tipica su questioni centrali della valutazione, ha fatto riflettere in profondità sulla relazione tra colleghi. Innanzitutto, c’è stato un riconoscimento generale sulla presenza di momenti di chiusura in situazioni fondamentali dell’educazione. Un certo numero di insegnanti pensa che il proprio campo disciplinare debba dettare il metro di giudizio. I commenti soprattutto hanno evidenziato la difficoltà di immaginare diversamente gli studenti rispetto alla propria visione, specialmente da parte di chi crede di insegnare discipline storicamente considerate più importanti (Italiano e Matematica su tutte).

La rappresentazione ha fatto emergere anche una certa difficoltà a interagire tra insegnanti che ragionano per conoscenze e per competenze. L’esperienza ha condotto in modo pragmatico i partecipanti a riflettere sulle tensioni che si scatenano sopra una delle dicotomie scolastiche più accese negli ultimi decenni a livello internazionale (Perrenoud, 2017). Gli insegnanti in conflitto (pro conoscenze da una parte e pro competenze dall’altra), senza un adeguato tempo per il confronto, nel mezzo di uno spazio come lo scrutinio, troppo spesso reso procedurale per l’elevato numero degli alunni, non riescono a comunicare tra loro in quanto portatori implicitamente di due differenti visioni del mondo e dell’istruzione: quella che privilegia le conoscenze è stabile, circoscritta, chiara, e retta da riferimenti che si credono universalmente condivisi; quella che privilegia le competenze è mutevole, ampia e molteplice. 

Inoltre, dall’esperienza teatrale è emersa la fatica da parte di alcuni insegnanti ad ammettere che un alunno dallo scarso rendimento generale e da comportamenti scorretti o problematici, sia in realtà già in grado di esprimere competenze importanti nella vita, come quelle di sapersi orientare in luoghi complessi (sia naturali come un bosco sia artificiali come un grande spazio ospedaliero), e di riuscire a sfruttare mappe e planimetrie, anche sofisticate, come proprio riferimento senso-motorio.

In definitiva il Teatro Forum, penetrando nel cuore delle dinamiche di un’importante esperienza collettiva della scuola come quella dello scrutinio, ha aiutato a riflettere sullo stile docente eco-logico che non può essere improvvisato, ma sviluppato attraverso un’autentica formazione sulle abilità relazionali che trascendono le singole discipline e tecniche didattiche.

 

6. Conclusioni

 

I momenti scenici del progetto, la discussione corale e le interviste individuali post-performance hanno evidenziato come l’esperienza teatrale permetta di scavare in profondità il vissuto dei docenti e li aiuti a individuare temi chiave dentro la complessità relazionale del mestiere. Il corso, lungi dall’essere mosso da preoccupazioni di prestazione estetizzante, ha rafforzato la convinzione che pensare e agire teatralmente siano forze di spostamento della routine docente, che, dalla rielaborazione del sé, può portare all’apertura verso gli altri.  L’insegnamento come una prova in scena costantemente ricominciata, come un gioco del mascherare e smascherare, non è mai una monade rigida, ma si svolge all’interno di un sistema di relazioni, che si sono via via resi più complesse negli anni, come hanno mostrato le scene, costruite dai partecipanti, sulla valutazione didattica e sull’intensità di impegni quotidiani. Il groviglio relazionale, in cui l’insegnamento si inserisce giornalmente, viene scandito da un insieme di azioni, valori, emozioni, “norme”, aspettative e dinamiche latenti con cui il singolo insegnante e il suo stile operativo sono sempre in rapporto. La rappresentazione scenica ha permesso di far emergere alcuni significati impliciti vissuti, considerati condizionanti da parte degli insegnanti all’interno del contesto scolastico. Queste precomprensioni culturali, nel corso dell’attività di formazione, sono state fatte interagire con le diverse prospettive che i docenti coltivano.  In questo modo il teatro ha reso esperienziale l’importanza di una strategia del dialogo, considerando sempre se stessi e le proprie azioni didattiche maggiormente dipendenti da un orientamento intersoggettivo attraverso la capacità di ascolto, di comunicazione, di rispetto dei diversi punti di vista e della valorizzazione degli altri.

Queste qualità richiedono cura e tempo, anche nella formazione. A tal proposito il progetto non ambiva a creare trasformazioni immediate nei partecipanti. Ciononostante alcuni di loro, nelle interviste conclusive, hanno affermato di sentirsi più sensibili verso uno stile professionale maggiormente consapevole dell’aspetto relazionale. Alcuni hanno espresso esplicitamente anche il desiderio di raccontare di più e meglio, dentro e fuori il mondo scolastico, la complessità del proprio mestiere, spesso svalutato. Costoro si sono convinti che narrare le proprie storie crei comprensione e autocomprensione. Altri partecipanti, inoltre, hanno voluto esprimere il senso di consapevolezza acquisita sulla forza implicita della cultura e della storia, che influenzano gli ideali, a loro volta determinanti sulle scelte e le azioni degli insegnanti.

Boal definì “oppressori interni” quelle tensioni dominanti che avvengono nell’interiorità dell’individuo, come le paure, le insicurezze, il senso di inferiorità, l’autocensura delle proprie idee ed emozioni, senso di colpa e vergogna, credenze personali (Gigli et al., p. 78). Queste forze egemoniche negli insegnanti, come in qualsiasi altra persona, non provengono da un’entità esterna circoscritta, ma crescono nella mente attraverso le esperienze di vita e l’interiorizzazione delle norme sociali. Il Teatro dell'Oppresso si è posto come pratica emancipatoria da queste oppressioni, attraverso l’esplorazione in un ambiente sicuro e creativo per il confronto.

Mettendo in atto pubblicamente tensioni, conflitti irrisolti e paure personali, gli insegnanti hanno imparato che si può promuovere l’attenzione relazionale, iniziando dal proprio pensiero e raccontandolo agli altri. Dentro la scena, e non attraverso una teoria, gli insegnanti hanno vissuto un’esperienza per agire alternativamente rispetto a prestazioni e relazioni rigide e chiuse.

Le ricadute professionali di questo progetto di formazione non sono né misurabili né definibili nel tempo, come è possibile nel caso di acquisizione di abilità specifiche (skills linguistici, di calcolo, di procedure), spesso oggetto di traninig della professione docente (Gramigna, 2012). Tuttavia il laboratorio ha orientato i partecipanti verso l’acquisizione di una consapevolezza e di un “saper essere”, che sono fondamentali per la vita dei docenti. Dall’esperienza intensa dell’azione scenica, gli insegnanti si muovono nella concreta vita professionale in termini costruttivi e trasformativi, saldano bisogni e desideri con l’agire quotidiano, fondono la teoria di una proposta pedagogica con la prassi, centrando in questo modo la ragione d’essere della riflessione educativa come pensiero agente. La speranza del progetto è quella di aprire nuove strade nella ricerca pedagogica e nella formazione degli insegnanti attraverso il teatro, in modo da promuovere l’aspetto relazionale come centro della formazione continua della propria professionalità.

 

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